“Discite a me”

Serie di meditazioni sulla vita eucaristica del Cuore di Gesù

di p. Dehon

Fondatore dei Sacerdoti del S. Cuore di Gesù

 

 

MISTERO DI AMORE


Mire d’amore del S. Cuore di Gesù

Osservate Gesù, assiso per l’ultima volta al banchetto della pace, che tramuta il pane prodotto dalla dura terra e dal duro lavoro, nel corpo che sarà offerto eternamente per voi. Ammiratene lo sguardo rivolto al cielo, il sembiante atteggiato ad ineffabile dolcezza. Versa in un’estasi d’amore perchè alfine può attuare l’ideale della sua vita. Ha voluto dischiuderci una sorgente di grazie, d’onde potremo attingere celesti benedizioni; ha voluto darsi a noi. E poiché con l’istituzione dell’Eucaristia asseconda il suo vivo desiderio e l’ardente sua brama, si sente come inebriato di gioia e di amore.

 

I. Il S. Cuore ho voluto istiture l’Eucaristia per comunicarci le sue grazie.
« Ardentemente ho bramato di mangiare questa Pasqua con voi
». Gesù ha sospirato durante la sua vita di fare quest’ultima Pasqua, quest’ultimo convito co’ suoi discepoli, perché nuovi e grandi misteri voleva loro comunicare per la salute di tutti i fedeli. Gli premeva d’aprire questa fonte di vita e di iniziare questa intimità con noi.
Nell’Eucaristia il suo Cuore divino ci offre la sorgente di ogni grazia. Non è quindi un particolare favore, un dono speciale che ci presenta con Essa, ma bensì l’insieme di tutti i favori che possono sgorgare dal cuore generoso d’un Dio. Per quanto siano numerosi e svariati i bisogni d’un’anima, quivi riscontreranno opportuno aiuto, appropriato rimedio.
Anime provate dalle tentazioni e oppresse da disgrazie, anime disorientate e pericolanti, anime fiacche e bisognose di sollievo, sappiate valervi di questo farmaco divino.
Anime espansive che avete bisogno di affetto, avvicinatevi a questo Pane di vita, cibatevi a questo celeste Banchetto.
Quivi saranno appagate le vostre brame. Negli altri ripieghi manca spesso l’occasione, l’opportunità, il facile accesso; ma in questo ammirabile sacramento, Gesù è sempre a vostra disposizione, sempre inclinato ad assecondarvi.

II. Con l’offrirci questa fonte di grazie Gesù ci ha dato più di quanto potevamo desiderare.

Tutti i beni che ci arreca l’Eucaristia sono frutti meravigliosi, ma Nostro Signore non ha voluto elargirci soltanto i frutti della sua carità, ma volle regalarci l’albero stesso che li produce. Egli si dà tutto a noi, senza riserva alcuna: la sua umanità tutta santa con i meriti della sua vita mortale, la sua divinità con tutti i tesori della sua sapienza, della sua potenza della sua bontà. Non pone alcun limite ai desideri che abbiamo di arricchirci all‘infuori di quelli che vi poniamo noi con le nostre disposizioni.
Gli uomini si accattivano la benevolenza altrui valendosi di piccoli doni, Gesù non potrà forse conquidere i nostri cuori con la dedizione di tutto se stesso a noi?

III. Gesù ha voluto unirsi intimamente a noi.

Nostro Signore ha voluto darci nell‘Eucaristia tutte le sue grazie, anzi la stessa sorgente della grazia, e fornirci così la più eloquente prova del suo amore benevolo che non ha riscontro; ma, non pago di ciò, volle in questo sacramento porgerci una palese testimonianza d’amore, d’amicizia e d’intimità. Ha voluto stare con noi conversare con noi, affin di metterci in grado di ricorrere a Lui con la più dolce familiarità, come già fu concesso agli apostoli e soprattutto a S. Giovanni.
Solo la liberalità del suo amore lo indusse a tanto, e, come dice S. Dionigio. sembra che Egli non abbia più freno quando si tratta dell’amicizia per noi. E’ desso quel mercante del Vangelo che vende tutti i suoi beni per acquistare una perla ch‘Egli ritiene peregrina e di gran prezzo. E questa perla è il nostro misero cuore che a noi chiede con dolce istanza. Vuoi esser tutto nostro, perché noi, a nostra volta, diveniamo cosa tutta sua.

Risoluzione e preghiera.

O Gesù, la vostra amicizia mi confonde; l’anima mia ne è umiliata e confusa. Che ho mai fatto sin qui per corrispondere a tanto vostro amore? Prendetevi, o Gesù, questo mio cuore, riponetelo nel vostro, onde più non abbia a palpitare che in Voi e per Voi.

II.

Il Cuore di Gesù nell’Eucaristia

Il primo prodigio che ci colpisce nel mistero dell’Incarnazione è la dimora di Dio con noi, quasi fosse uno di noi: <<Emmanuel: Deus nobiscum», « Et Verbum caro factum est et habitavit in nobis ». Per la Sua onnipotenza, Dio abita sempre con noi, ma l’infinito lo separa dalla nostra povera umanità. Iddio non possiede un cuore d’uomo per sentire, per esperienza, che cosa è la compassione, ed ecco appunto il Verbo che rende ciò possibile assumendo la natura umana, e divenendo così nostro amico, nostro compagno, nostro fratello. Questi sono i secreti che ci han disvelati Betlemme e Nazaret. Là, abbiamo veduto l’Onnipotente, la sapienza eterna farsi vezzoso, delicato Bambino; umile, docile tanto da divenire il servo delle sue creature durante tutta la sua vita terrena fino alla morte. Non era invero nostro servo, Quegli che trascorreva i suoi giorni sanando le malattie dell’anima nostra e del nostro corpo? Oh! quanto son mai vere quelle parole « Il figlio dell’Uomo è venuto per servire e non per essere servito ». Tali sono i prodigi che ha compiuti questo adorabile Cuore! Egli non pensò che ad innalzare noi e null‘altro desiderò che abbassare se stesso fino a noi. Neppure il mistero dell’Ascensione sarebbe riuscito a porre un limite a questo annichilamento. Gesù col salire al Cielo doveva esser tolto al nostro sguardo; una gloria più fulgida di quella del Tabor Lo doveva rivestire; un trono posto alla destra del Padre l’avrebbe accolto; il titolo di Re e la dignità di giudice l’avrebbero insignito. Con tanta esaltazione come avrebbe l’uomo potuto continuare a vedere in Lui un fratello? Per lo meno doveva avvenire di noi quel che toccò ai figli di Giacobbe di fronte a Giuseppe, divenuto vicere d’Egitto. Nel vedere il proprio fratello elevato a tanta potenza e maestà furono presi da timore. Il buon Gesù pensò ad eliminare pur questo inconveniente, volle assicurati i suoi rapporti d’amico nei riguardi nostri, le sue relazioni di affettuoso e tenero fratello con noi anche per dopo la sua dipartita da questa terra, istituendo l‘Eucaristia.
 

I.    Mediante la istituzione della Eucaristia Nostro Signore opera un’estensione del mistero dell’Incarnazione.

Non esistendo più sulla terra l’umanità santa di Dio, la sorgente di grazie si sarebbe disseccata, esaurita o trasportata ad una lontananza incommensurabile, giacché, ricordiamolo, ogni grazia proviene dal S. Cuore di Gesù, dal quale scorre come il sangue materiale, e si identifica con esso e col suo amore.
Ora, se questo Cuore s’allontanasse da noi, sia pur lasciandoci tutti gli altri sacramenti, che solitudine sarebbe quaggiù per noi! che isolamento! che vuoto! Il più tenero dei fratelli, il più affettuoso degli amici non ci sarebbe più accanto! Il suo Cuore d’uomo più non ascolterebbe da vicino i nostri sospiri, più non gusterebbe l’amarezza delle nostre lagrime! Che sarebbe allora di noi?
Ma questo amabilissimo Cuore ha saputo rimediare a tutto, ed a fine di rimaner sempre con noi, ha escogitato il sacramento dell’amore. Noi non vediamo Gesù, ma egli è là; soltanto i dimessi veli eucaristici ci separano da Lui, ma noi abbiamo per altro la fede che li lacera, ed un cuore sempre pronto ad Unirsi e perdersi nel Cuore di Gesù divenuto il Cuore del più tenero tra i nostri fratelli, del più affettuoso tra i nostri amici. Valendosi di questo ripiego Gesù attuò la promessa «
non  vi lascerò orfani»! Sotto questo aspetto l’Eucaristia si può considerare una estensione della Incarnazione. Anzi il Sacramento dell’Eucaristia unisce Gesù a noi più che il mistero dell’Incarnazione, giacché le condizioni della vita mortale non avrebbero permesso al Salvatore di essere presente su tutti i punti dello spazio ed in tutti i cuori che avrebbero voluto e desiderato la sua visita, mentre colla istituzione della Eucaristia noi troviamo il Cuore di Gesù dappertutto; lo troviamo in tutte le chiese; e se la nostra leggerezza e la nostra indifferenza non impedissero la effusione di quest’amore insaziabile nel dono di se stesso, ci sarebbe concesso, come già nei primi tempi del cristianesimo, di custodirlo nelle nostre case e di portarlo sempre sul nostro cuore. Tale sarebbe la condiscendenza di questo Cuore generoso, se la Chiesa non avesse preso a rivendicare e tutelare il rispetto che gli è dovuto. Ma se un tale privilegio non ci è concesso, possiamo però, quando lo desideriamo e senza grave incomodo, accostarci al Cuore eucaristico, parlargli, fargli le nostre confidenze, e conquistarlo per disporre di Lui a nostro piacimento. Nella S. Eucaristia infatti, il suo Cuore s’è reso più dipendente da noi di quel che non fosse a Betlemme ed a Nazaret. E’ invero facile abbracciare ed accarezzare un fanciullo, ma è ancor più facile prendere un pezzetto di pane e farne quell’uso che si vuole. E quando si pensa che sotto questa debole apparenza vi è il Cuore di Gesù, quando si pensa a quest’amore che ha voluto dipendere da noi sino a tal punto, come non piangere con il Curato d ‘Ars ed esclamare con Lui: «Io faccio di Lui ciò che voglio, io lo depongo ove mi garba?!» E pensare che il privilegio di disporre della santa umanità è uno dei privilegi più preziosi riservati alle mani del sacerdote, il quale moltiplica questo sacramento su tutti i punti della terra. Ovunque pertanto noi troviamo il Cuore del nostro fratello, del nostro amico Gesù sempre pronto a riceverci, sempre pronto a consolarci, sempre pronto a colmarci di grazie, a illuminarci, a perdonarci.

 

II. Nella santa comunione si riproducono in certo modo in noi gli effetti dell'Incarnazione.

In che consiste infatti tale mistero ineffabile? In questo: che l’uomo diventa Dio per la unione ipostatica della natura divina alla natura umana. Ora, non conveniva al Verbo di incarnarsi in ciascuno di noi. Tuttavia il Cuore di Gesù, desideroso di unirsi a noi, nell‘eccesso del suo amore disse: fra tutti i miei tesori, ve n’ha uno, il più prezioso, la mia divinità, che diventa inaccessibile ai miei fratelli ed amici; essi non godono alla pari di me dell’unione ipostatica. Ebbene, darò loro la mia carne, li inebrierò dei mio sangue, porrò nel loro cuore il mio, ed allora la mia divinità santa si unirà ad essi in un modo tutto particolare, quantunque non ipostatico. E’ in questa guisa che la Eucaristia, pel tramite della S. Comunione, ci fa partecipi del mistero dell’Incarnazione e lo estende a tutti i figli di Adamo, che vorranno mettersi in istato di profittarne.
Che v’ha di più grande, di più bello, di più tenero?

Associarsi alla divinità coll’unirci alla umanità santa di Gesù ed al suo Cuore divino, questo è lo scopo della S. Comunione. Per tal guisa questo Cuore amante non pago della qualità di fratello, d’amico o di padre, vuol divenire lo sposo delle nostre anime, ed il cuore del nostro cuore.
La mia carne, Egli dice, è veramente cibo ed il sangue mio veramente è bevanda (Joa., VI. 56). Nutrirsi di Dio, dissetarsi nel Signore, incorporarsi a Gesù Cristo, divenire una stessa cosa con Lui, Oh! che singolare privilegio! Oh! come l’Incarnazione eucaristica è veramente un compimento mirabile dei mistero sublime dell‘Incarnazione!

Risoluzione e preghiera

O Gesù, che per la S. Eucaristia ci ponete nella possibilità di trovare ad ogni piè sospinto un cuore di fratello e d‘amico, sempre disposto a ricevere, a consolare, ad illuminare, a rialzare, a perdonare, perché non ci è dato di moltiplicare i nostri cuori onde offrirli tutti al vostro che si moltiplica per noi? Accordateci almeno di sottrarre al mondo i nostri affetti, di strapparli a noi stessi ond’abbiano ad essere tutti ed unicamente per Voi, che tanto ci amate.

 

III.

Il S. Cuore di Gesù nell’Eucaristia
rinnova la sua Passione


E’ la fede che ce lo insegna. S. Paolo infatti scrive: « Tutte le volte che mangerete di questo pane e berrete di questo vino annunzierete la morte del Signore ». La Chiesa dal canto suo ci insegna che i Sacrificio della messa è sostanzialmente il sacrificio stesso della Croce.
Noi, per ora, ci limitiamo a meditare come in questo Sacramento il S. Cuore rinnovi in certo qual modo la Sua Passione sia nell‘Eucaristia conservata che nella Comunione e rileveremo, per ciò stesso, come Egli ci dia in questo modo una prova del suo più tenero e più grande amore.

I. Gesù nell'Eucaristia si trova i uno stato ed in uno spirito di vittima.

E’ vero che nell’Eucaristia non v’è più traccia delle circostanze accidentali della Passione, ne vi è più indizio di pene; ma vi è però l’essenziale, il Cuore, che ci ha tanto amati da sacrificarsi per noi, che ha sofferto per le nostre ingratitudini nell‘Orto degli Ulivi, che ha patito pei nostri peccati e che sul Calvario fu trapassato più dall’amore che dalla lancia. Che se più non soffre, gode però d’aver patito per ciascuno di noi, d’aver avuto commiserazione per le nostre miserie e di aver sopportato ogni nostro languore, ogni nostra afflizione.
Non si considera abbastanza la gioia che prova ora il S. Cuore di Gesù d’essersi assoggettato per noi ad una dolorosa agonia, gioia che con sì grande benevolenza ha manifestato a S. Margherita Maria. Le disse infatti che perseverava sempre nell’intenzione di soffrire per noi e di morire un’altra volta per quelli che amava e che ama tuttora. Ciò non è più necessario, tuttavia una tale affermazione vale a dimo
strarci che persiste ancora nel Cuor di nostro Signore una disposizione d’immolazione mediante l’amore. Ed è appunto per questa disposizione che Egli offre ognora al Padre i suoi meriti, le sue sofferenze e la sua stessa morte per noi, e che rinnova lo spirito della Passione, pur non verificandosi più il fatto cruento esteriore che non fu che accidentale e passeggero. Or questa oblazione costante delle sue passate sofferenze, questa gioia amorosa e continua che gli procura il ricordo d’aver patito t di esser morto per noi, costituiscono appunto il Cuore sacro di Gesù nello stato perpetuo di vittima eucaristica, anche all’infuori del Santo Sacrificio della Messa.

II . Noi dobbiamo unirci a questa disposizione d‘immolazione.
La nostra unione a questo stato sublime, soprattutto nella S. Comunione, fa dire a S. Paolo che noi dobbiamo annunziare la morte del Signore ed ecco in quale guisa:
Il S. Cuore di Gesù gode d’aver sofferto per noi, orbene, dal canto nostro, dobbiamo noi pure soffrire per lui con gioia, non però col preferire tale o tal ‘altra croce che è di nostro gusto, ma coll’accettare generosamente e con letizia tutto ciò che a Dio parrà opportuno inviarci. Egli infatti si compiace di veder che noi rinnoviamo sulla terra la sua vita mortale e sofferente; e gode, quando, per amor suo, noi portiamo quella croce di cui ha voluto per primo gustare l’opprimente peso per amor nostro. Orbene, non scegliamo da noi la croce, perché la vittima non s’immola, ma si lascia immolare, paghi d'accettare con trasporto quella che ci verrà assegnata dalla Provvidenza divina, sia dessa interna od esterna.
Vi è una gran differenza tra la vittima di giustizia e la vittima eucaristica. Quella è scelta dal Divin Salvatore per uno scopo speciale di espiazione ed è relativamente assai rara, mentre la disposizione della immolazione eucaristica deve esistere sempre in un cuore consacrato a quello divino di Gesù.

 

III . In questa disposizione attingeremo una forza eroica.
Questa disposizione ci procura le più elette grazie del S. Cuore di Gesù, grazie che la S. Comunione ravvalora e corrobora ancor di più. Sì, è soltanto l’Eucaristia, non solamente onorata ed amata, ma ancor ricevuta, che ha suscitato nella chiesa quei prodigi di forza e di generosità che soggiogano la nostra ammirazione. I martiri, dice S. Giovanni Crisostomo, si nutrivano della carne di Cristo, si abbeveravano del suo Sangue, e si dipartivano dalla sacra mensa come leoni.
Il S. Cuore mentre soffriva nella persona di coloro che erano pronti a tutto patire per lui, inebriava della sua carità tali eroi in guisa da renderli insensibili ai tormenti più spaventosi. E’ per questo che il levita Lorenzo sfidò sulla graticola dei supplizi d’inferno e che a Lione, Pontieco, quindicenne appena, spaventato dapprima dalla prospettiva di crudeli tormenti, una volta ricevuto l’euearistico Sacramento, si sentì in grado di sopportare il martirio coraggiosamente. Adunque non saranno soltanto le gioie ineffabili della mensa divina che noi proveremo ricevendo nella S. Comunione il Cuore eucaristico di Gesù, ma per ciò stesso arriveremo ad acquistare ben anco l’eroismo del martirio.
O divin Cuore di Gesù, inebriato d’amore per gli uomini, Voi vi siete assoggettato ad ogni sorta di pene per noi, e noi, dopo esserci inebriati del vostro amore nulla potremo soffrire per voi O Cuore amabile, Voi rendete presente nell’Eucaristia la vostra Passione. L’amaro calice a cui vi dissetaste durante la vostra vita mortale si mescola con il calice del vostro sangue e del vostro amore. Ah! quanto soave e delizioso è mai desso! Riescano
i veri discepoli del vostro Cuore a dissetarvi e ad abbeverare con esso l’umanità sitibonda e stremata di forze! Non è quivi che la Chiesa attinge la sua energia Acquistiamoci pertanto a questa fonte di salute con fiducia grande, con ardente carità e con santo trasporto. Inabissiamoci tutti nel Cuore Eucaristico di Gesù, diamoci tutti a Lui, giacché Egli s’è dato tutto a noi senza riserva alcuna.
Ah! che l’amore verso il S. Cuore di Gesù ci divampi; allora più nulla noi paventeremo, e affronteremo tutto, perché, al dire di S. Paolo: l’amore è più forte della morte e dell’inferno.

Preghiera e risoluzione.

Spesso mi nutro della vostra Carne e del vostro Sangue, o mio divin Maestro; mi serva questa partecipazione al divino banchetto d’aiuto a ritrarre in me anche le disposizioni sante da cui è animato il vostro Cuore Eucaristico e ad uniformarmi allo spirito d’immolazione che gli è proprio. Mi umilio del poco spirito che, per la mia tiepidezza, ho ricavato sino ad ora dalle lezioni di virtù e di santità che, tra i veli eucaristici, mi siete venuto impartendo, e ve ne chiedo perdono. Cessi d’ora innanzi ogni freddezza ed ogni languore per me e progredisca sempre animoso nel vostro santo servizio.

IV.

Vita gloriosa del S. Cuore di Gesù nell’Eucaristia e frutti che possiamo ricavare dalla considerazione di essa.

Che il Cuore di Gesù viva una vita di gloria e di beatitudine nel S.mo Sacramento è una verità impercettibile per noi che nell’Eucaristia vediamo il Cuore di Gesù Cristo in una mancanza totale di tutti i beni sensibili della terra.
Facciamoci pertanto ad approfondire questa verità onde le anime nostre abbiano anche da essa a trarre frutti di santificazione.

I. Vita gloriosa del  S. Cuore nell’Eucaristia.

Il Sacro Cuore di Gesù raggiante più che il sole ed infiammato ed acceso di carità rapisce in un’estasi eterna gli angeli ed i santi. Egli, al dire di S. Giovanni, è il sole della celeste Gerusalemme: orbene, tale è pure nel tabernacolo, e non già in figura ma in realtà. In Lui risiede la sacrosanta Triade; e la Vergine Santa, S. Giuseppe, gli Angeli ed i Santi ne forman la corte. Da questo Cuore divino sgorgano torrenti di letizia, fiumi di pace. Egli è beato d’infinita beatitudine, perché infinito è il suo amore e la sua unione con la divinità. E da questa beatitudine solamente ci separano le meschine specie eucaristiche! Accostiamoci pertanto al Santo tabernacolo, umiliamoci in profonde adorazioni innanzi al Cuore Eucaristico di Gesù e dischiudiamogli il nostro cuore ond‘egli possa discendervi e portarvi i germi di quella beatitudine e felicità di cui siamo tanto sitibondi, germi che noi scorgiamo in quelle qualità gloriose che il Cuore di Gesù non può, per l’amore che nutre per noi, non partecipare all’anima che gli si comunica e che noi riassumiamo tutte nello snodamento dalle creature e la gioia spirituale.

 

II. Frutti dell’Eucaristia


A. Lo snodamento dalle creature. - Lo snodamento dice molto di più del semplice distacco dalle creature, giacché il distacco dà l’idea d’un‘operazione dolorosa, trattandosi di tagliare, di strappare, di lacerare mentre il cuore snodato non ha più impedimenti e ostacoli che si oppongono, per Cui non cessa di cantare «La queus contritus est et nos liberati sumus»:
i miei legami sono spezzati, ed io sono liberato. Essendo sciolto da ogni vincolo, guida tutto a suo garbo nelle sfere più radiose dell’amore divino, perché non è tenuto più a nulla quaggiù. Talvolta si vale delle creature, se ne giova, ma senza aderirvi, senza attaccarsi ad esse. Suo cibo è l’amore del Cuore di Gesù, nella cui divina bontà trova pur la sua bevanda. La sua conversazione non è più sulla terra, ma in cielo.
Non dà che uno sguardo distratto alle cose di quaggiù, e per l’appunto nella stretta misura che il dovere e le necessità assolute della vita lo esigono. Ah, quanto è desiderabile un tale stato, ma pur quanto è mai raro! Tuttavia non è al di sopra della misericordia del S. Cuore e neppure superiore alle nostre forze. Il perfetto amico del S. Cuore non deve esser soltanto distaccato, giacché col puro e solo distacco si è sempre disposti ad affezionarsi, e ad aderire a qualche cosa; ma deve avere il cuore snodato, sciolto da ogni legame, onde possa immergersi nell’amore di questo Cuore divino e vivervi come in suo natural elemento; deve circondarsi di questa celeste atmosfera come dell’aria; progredire nelle ascensioni dello spirito, inoltrarsi nelle sfere dell’amore, cioè nella contemplazione, giacché contemplazione e distacco dalle creature è tutt’uno. Noi conosciamo già i mezzi per giungere a tempo il desiderio ardente, la mortificazio
ne delle passioni, la continua elevazione della nostra mente e dei nostri affetti al Cuore di Gesù e sopratutto le comunioni ferventi ed i colloqui infuocati con il divin Cuore nascosto sotto le specie eucaristiche.

Nulla è più atto della S. Comunione a svincolare il nostro cuore; giacché nel ricevere il Cuore Eucaristico di Gesù noi riceviamo un fuoco che ci eleva assai presto al disopra di noi stessi e ci trasporta ben lontano dalle creature. Che se la Comunione non produce in noi questi effetti meravigliosi, ciò avviene perché il nostro cuore è distratto dalla sua presenza.
Noi ci siamo attaccati alle cose di quaggiù, alle creature, a noi stessi e nel frattempo vogliamo restare uniti anche al Cuore Eucaristico di Gesù. Da qui deriva la mancanza di desideri, il languore che ci abbatte, l’avidità che ci esaurisce; noi non abbiamo più fame e sete dell’amore e non siamo né satollati né dissetati.
Ah, desideriamo il Cuore Eucaristico di Gesù! Rimpiangiamo di non desiderarlo abbastanza; dimentichiamo tutto e gettiamoci vieppiù nel Cuore del divin Maestro, facciamo in guisa che ogni manifestazione della nostra vita sia come una comunione spirituale ed un perpetuo ringraziamento,
ed allora ci sentiremo svincolati da tutto quanto ci attornia quaggiù, per cui potrà dirsi anche di noi: E’ risuscitato, non andate a cercare tra i morti chi è vivo; ed una volta risuscitato il Cristo più non muore. E’ morto già per il peccato, ma ora la vita che vive la vive per Iddio: «Quod autem vivit, vivit Deo» il che significa, in altre parole, che la comunione fervente ci pone in una specie di impeccabilità, spezzando tutti i lacci che ci legavano al peccato, e ricolmando il nostro cuore del divin amore.
B)
La gioia spirituale. - Un altro frutto che si ritrae dalla considerazione dell’Eucaristia è la gioia, e non già quella che nasce dall’impassibilità, ma quella che deriva dall’unione al S. Cuore di Gesù, gioia che consiste in una celeste dilatazione del Cuore ed in una pace sovrabbondante. Questa letizia divina è il soffio dello spirito di fortezza che ci sosterrà nelle più grandi prove, essendo il soffio dell’amore. Ond’è che più noi vivremo in un’atmosfera celeste e più leggera ci parrà la croce, giacché, non vi è una croce piccola o grande, ma solo un grande o un piccolo amore.
E quale è la nostra gioia spirituale? è quella che forma il gaudio del S. Cuore, cioè il suo amore. Se la gioia penetra così
poco nel cuor nostro, si è appunto perché non è sufficientemente distaccato dalle creature; nulla rattrista l’animo quanto il peso della sensualità e dell’amor proprio. Ah, quanto risponde a verità il cantico dei Serafini, udito da S. Margherita Maria:
« L’amore del Cuore rallegra »; fa sussultare di gioia, anche quando ci si trova tra le più dolorose pene, come dice S. Paolo, che è l’apostolo della croce e della santa letizia.
Nel por fine a queste considerazioni, giova osservare che in particolare il Sacerdote non deve esser soltanto distaccato, ma svincolato. Allorché i fanciulli israeli furon precipitati nella fornace ardente, l‘Angelo del Signore discese con essi e passeggiava liberamente in mezzo alle fiamme senza che da esse venisse menomamente sfiorato. Così il Sacerdote del Signore si trova qualche volta in mezzo alle fiamme, se non altro allorché esercita il suo ministero nel confessionale, od in circostanze analoghe; orbene, se continuerà a vivere della vita terrena, fosse pur pio, ben lungi dal portar soccorso alle anime, finirà per soccombere egli stesso.
Si rendano pertanto conto della eccellenza della loro vocazione, la quale li rende simili agli angeli e si studino di corrispondere del loro meglio ad essa senza
scrupoli, bensì con una grande confidenza nel Cuore Eucaristico così puro, e così segregato dai peccatori, come dice S. Paolo - Hebr. VII, 26. Desse sia l’unico cibo dell’anima e del corpo loro.

Risoluzione e preghiera.

Buon Maestro, io sarò assiduo ai vostri Tabernacoli ed al celeste Banchetto in cui vengono imbanditi il vostro Corpo ed il vostro Sangue prezioso. E’ infatti ai piedi di quell’umile vostra dimora soltanto ch’io potrò persuadermi della vanità di quanto quaggiù mi attornia e lusinga, come, unicamente cibandomi a questa mensa divina, io potrò procurarmi l’incitamento ed il coraggio per giungere con facilità e prestezza a quel distacco, da cui dipende la mia santificazione quaggiù, e la mia eterna felicità lassù.
Benedite, o Signore, questo mio proposito e fate ch’io sia ad esso fedele. Così sia.

V.

Il Cuore Eucaristico di Gesù sorgente di tutte le grazie

La Chiesa è davvero il Paradiso di Dio sulla terra. Essa è fecondata da una moltitudine di canali i quali tutti, scaturendo da una sola e unica sorgente, dal Cuore di Gesù, le apportano la grazia. Egli che ha creata la grazia mediante il suo sacrificio d’amore e d‘immolazione; e, questo Cuore, che è nascosto sotto i veli eucaristici, vi rinnova tali misteri e diventa il cuore mistico del suo corpo mistico che è la Santa Chiesa. Nella guisa stessa in cui il cuore materiale distribuisce il sangue e la vita a tutte le parti del corpo, così il Cuore eucaristico dissemina nel corpo mistico tutte le energie del suo amore e della sua grazia, ed esercita sulla Chiesa un influsso reale d’illuminazione e di santificazione.

 

I.                    Il Cuore di Gesù sorgente di illuminazione.

Mediante l’influsso d‘illuminazione, il Sacro Cuore dirige la S. Chiesa ed agisce sul suo capo visibile, onde comunicargli l’infallibilità dottrinale. Lo Spirito Santo difatti attinge dal Cuore di Gesù, tutte le grazie d’illuminazione e di santificazione, ed agisce su di esse come il moto sul Sangue, come l’artefice sulla materia. Siccome poi il Cuore Sacratissimo di Gesù fu plasmato per opera dello Spirito Vivificatore, così pure al divino Paraclito dovrà attribuirsi la missione di formare il Cuore mistico che deve animare il corpo mistico di Gesù: la Chiesa. Ond’è che l’influsso della grazia può giustamente ascriversi tanto al Cuore di Gesù quanto allo Spirito Santo...
Per quanto riguarda poi la dottrina e il governo della Chiesa, Nostro Signore nel darle un capo visibile, non s’è inibita la sua influenza reale su di essa, anzi noi vediamo che, a mezzo del suo Cuore Eucaristico, influisce incessantemente su di essa e sul suo Capo visibile, giusta le parole  <<
Io sarò in mezzo a voi sino alla consumazione dei secoli ». Né ciò egli fa soltanto per un’influenza lontana, remota, ma anche per una presenza sensibile e reale ed un‘azione efficace che scaturisce dal divin Cuore, ospite dei nostri tabernacoli.
E l’influsso diretto di questo Cuore divino si esercita sulla Chiesa non solo per la conservazione gelosa del deposito della fede, riservata specialmente al Pontefice infallibile, ma ancora esso opera sul suo organismo e cioè sul clero e sugli ordini religiosi.
L’influsso pertanto che esercita sull’organismo non unicamente alla illuminazione e alla dottrina, ma pure alla santificazione del Corpo mistico della Chiesa, Come vedremo.

II. Il Cuore di Gesù sorgente di Santificazione.

La santificazione della Chiesa e di ciascun membro di essa avviene sopratutto a mezzo dei sette Sacramenti, che sono altrettanti rivi per cui scorre la vita dell’amore.
Ora, il Cuore di Gesù ha escogitato i divini sacramenti, li ha istituiti, e vi ha deposto la grazia divina, irrorandoli del suo sangue e dell’unzione del suo amore; ed a fine di diffondere la sua grazia con più effusione, s’è fatto egli stesso sacramento. S. Tomaso ci dice anzi che l‘Eucaristia è il centro intorno a cui gravitano ed ove convergono tutti gli altri sacramenti.
Il primo ed il più importante di essi, dal punto di vista della salute eterna, è il Battesimo. Nascosto sotto le acque lustrali, lo Spirito del Cuor di Gesù immerge l’anima nel bagno salutare, la purifica dalla macchia originale e da tutte le colpe attuali, se ve ne fossero; le imprime un celeste carattere che la trasforma in croce vivente, e vi depone l’abito delle virtù teologali: la fede, la speranza, la carità; l’adorna dei suoi ammirabili doni e la nutrisce dei suoi frutti preziosi. Dal giorno in cui l’anima riceve questo sacramento comincia a far parte della famiglia di Dio medesimo che può chiamar Padre. Gesù Cristo le diventa fratello, lo Spirito Santo suscita in essa la preghiera, i desideri ed i gemiti ineffabili, e le fa dire:
« Dacci il nostro pane quotidiano, la grazia, l’amore, il Cuore di Gesù nell’Eucaristia, giacché è di Lui che noi abbiam fame e sete
».
La Cresima è il sacramento che ci fa perfetti cristiani e soldati di Gesù Cristo.
L’unzione santa con il profumo dell’amore è ivi contrassegnata dal segno della Croce. Il Cuore di Gesù viene ad imprimersi nell’anima per lasciarvi, con una forza ed una dolcezza tutta nuova, lo Spirito di carità con l’abbondanza dei suoi carismi e dei suoi doni.
La dedicazione del tempio vivente è fatta: il S. Cuore potrà d’ora in poi riposarvi, e vi si riposerà infatti per la santa Comunione. La sua Umanità non fa che passarvi, ma lo spirito del suo Cuore resterà per sempre in quest’anima a fin di farvi crescere il Cristo e di prepararla come si deve alla Comunione eterna.
E’ pure da questo divin Cuore che sgorgan le acque salutari del perdono, onde lavare, nella misericordia inesauribile di Dio, l’anima che ha avuta la sfortuna di perdere la grazia battesimale, e rimetterla in
istato di potersi nuovamente nutrire del pane di vita.
E’ ancora questo Cuore che forma i sacri vincoli del matrimonio, simbolo della sua unione con la Chiesa. E finalmente è
desso che si trasforma in deliziosa unzione per consolare e fortificare l’anima del morente, su quale versa un‘onda della sua infinita misericordia per sommergere in quell’ora estrema le macchie contratte per condurlo al gaudio perpetuo.

III. Il Sacerdozio di Gesù.

Ora consideriamo il S. Cuore eucaristico in un altro sacramento nel quale riscontrasi in modo particolare la sua impronta e dove esso appare con il carattere sacerdotale: è il sacramento dell’Ordine al quale si lega tutto l’organismo della Chiesa e la santificazione dei fedeli.
Quest‘ammirabile sacramento dà al sacerdote il potere di formare il Cuore eucaristico di Gesù e di deporlo nelle anime. Per esso, l’uomo che ne riveste il carattere, viene ad esser associato al Sacerdozio di Gesù e di conseguenza diviene davvero un altro Cristo, non esistendo due sacerdozi, ma un solo, quello di Gesù Cristo; ed il Cuore di Gesù scendendo nelle mani e nel cuore del sacerdote, lo fa ministro dei Sacramenti ed il distributore di ogni grazia.
Se il sacerdote vuol corrispondere alla sua missione sublime è necessario che il Cuore sacerdotale di Gesù possa formarsi in lui e non solo in potenza ed in germe, ma in tutta la sua forza ed il suo splendore: cioè con il carattere di pontefice e di vittima che lo distingue, con lo spirito d’amore e d‘immolazione mediante il quale il Sacerdote si dedica unicamente alla dilezione di questo divin Cuore, immolandogli il suo e consacrandogli le azioni e le opere sacerdotali con i relativi frutti e meriti.

A quest’opera, per dir così, ufficiale, del Sacro Cuore che si manifesta a traverso
i Sacramenti, si aggiunge una azione segreta ed intima che si esercita sulle anime, la quale emana pure dal Cuore eucaristico di Gesù.
Mediante questi suoi ritocchi delicati ed ammirabili, il divin Cuore forma nel segreto dell’anima che ama quella vita d’amore, di cui S. Paolo ce ne traccia i caratteri in termini assai eloquenti:

« La carità è paziente, egli dice, è benigna, non è ambiziosa, non è vanitosa, né personale, non giudica male, tollera i difetti altrui, crede tutto, spera in tutto, sopporta tutto » ciò che in altre parole significa amare unicamente il S. Cuore di Gesù, non vivere che per Lui e della sua vita. Tale è il fine dell’opera misteriosa del Cuore eucaristico nelle anime.
Ma prima di finire queste considerazioni è nostro dovere di rivolgere un pensiero a Maria che pure è il canale delle divine grazie. E’ dessa che ottiene infallibilmente a tutti coloro che la supplicano, la salvezza, la grazia e l’amore del S. Cuore di Gesù. Maria non è l’autrice della grazia è vero, ma la ottiene dal suo Figliuolo mediante la sua potente impetrazione e ce la custodisce E’ impossibile che la S. ma Vergine, la quale ha formato nel proprio seno il Cuore fisico di Gesù, non abbia una cooperazione tutta speciale nella formazione del suo Cuore mistico, sia nella Chiesa che nelle anime nostre. Amiamo pertanto questa buona mamma e preghiamola di spiegare la sua Onnipotenza in favore nostro.

Risoluzione e preghiera.

O mio buon Maestro, voglio abbeverarmi alla purissima sorgente del vostro Cuore divino, ed esser docile alla vostra grazia «Audiam quid loquatur in me Dominus » Benedite questo mio proposito e rendetelo fecondo di buoni frutti.

VI.

Il Cuore di Gesù ha sete di esser amato dagli uomini nel SS. mo Sacramento.

Mentre gli Angeli ed i Santi adorano ed inneggiano all’amore del Cuore Divino, negli splendori della gloria, gli uomini sono invitati di preferenza, ad onorare questo stesso Divin Cuore, sotto i veli eucaristici.

Esso, per dir così, trovasi in cielo specialmente per i beati comprensori, e se ne sta nel Tabernacolo particolarmente per noi. Quivi Ei arde di amore per gli uomini ai quali chiede in compenso di essere riamato.

I. Il Sacro Cuore vuole essere onorato principalmente nella sua vita eucaristica.

Nostro Signore, direi quasi, si annoia nel tabernacolo; Egli ha sete di amore, ci chiama, ci aspetta.
<<Uno dei miei più duri supplizi, così Santa Margherita Maria, lo esperimentai quando, al momento dell’apparizione del Sacro Cuore, udii queste parole: Ho sete, ma di una sete così ardente d’essere amato dagli uomini nel SS. mo Sacramento che questa sete mi consuma; e non trovo nes
suno che si sforzi, come desidero, di refrigerarmi, col rendere un qualche ricambio al mio amore>>.
Santa Margherita Maria per rispondere a questo doloroso lamento si studiò di dare alla divozione del Sacro Cuore di Gesù una forma che si potrebbe chiamare eucaristica.
Non si vuole con questo affermare che essa lasci nell‘oblio le diverse testimonianze che Nostro Signore ci ha dato del suo amore durante la sua vita mortale e quelle ch’Ei darà eternamente agli eletti nel cielo; no. La Santa le esalta tutte, ma ci esorta, con insistenza particolare, ad indirizzare, al Cuore di Gesù, nel SS. mo Sacramento, tutti gli omaggi che siamo tenuti a rendergli, non soltanto per l’amore che ci addimostra nell‘Eucaristia, ma anche per quello da Lui manifestatoci sia nella sua vita nascosta, che in quella operativa, sia nella sua vita di sacrifizio, che, finalmente, in quella di gloria. (Scritti varii, II, 465).
In questo senso Nostro Signore orientava la Santa, come si può dedurre anche dal fatto che d’ordinario, il Sacro Cuore le si mostrava nell’Eucaristia. Pure i lamenti che faceva intendere avevano sopratutto per oggetto gli oltraggi ricevuti nel SS. mo Sacramento, e gli omaggi ch’Egli

dimandava voleva che gli venissero resi innanzi all’Eucaristia o per l’Eucaristia.
Ciò d’altronde, è ben naturale. Ogni dilezione, ogni affetto tende a ravvicinarci all’oggetto amato; ora, è per l’appunto nel Sacramento dell’Altare che ci è dato di ritrovare il Cuore di Gesù vivente a noi vicino.

 

II. Primo frutto della devozione al Sacro Cuore di Gesù nell’Eucaristia: La grazia.

« La grazia e la verità per Gesù Cristo fu fatta ». Così il discepolo prediletto: (Joan, I, 16). Il Cuore di Gesù, vivente nell’Eucaristia, fu mostrato a Santa Margherita Maria come una sorgente di grazie e una fornace di luce.
Il primo frutto della devozione al Sacro Cuore, è la
grazia. E’, Santa Margherita Maria stessa che ci dà assicurazioni al riguardo: non vuole, così la Santa, costituire il suo regno in mezzo a noi se non per accordarci più copiosamente le sue grandi misericordie e le sue preziose grazie di santificazione e di salute. (Vie et Oeuvres, II, 191).
Nell’Eucaristia poi il Cuor di Gesù ci da tutto ciò che possiede, senza alcuna riserva per conquistare i nostri cuori ed
arricchirli di se stesso. Perché tuttavia ciò si possa avverare, bisogna che noi corrispondiamo all’amore del Sacro Cuore, fuggendo tutto ciò che potrebbe farci perdere la vita della grazia, come ci insegna la Vergine di Paray, ed offrendoci a Lui come uno schiavo al suo liberatore, non riservandoci altra libertà all’infuori di quella di amarLo nel disprezzo di tutto il resto.

La confidente del Sacro Cuore ci invita a formulare spesso nelle nostre visite al SS.mo Sacramento degli atti in questo senso.

III. Secondo frutto: La verità.

Il secondo frutto è la verità o la luce. Non poche volte S. Margherita vide questo Sacro Cuore sotto l’aspetto di un sole splendente. Essa ce lo additò come irradiante le anime in due modi: con le sue ispirazioni ed i suoi esempi.
La serva di Dio non si stancò mai di esortare a ricorrere al Cuore del divin Consigliere del tabernacolo in tutti i nostri dubbi, in tutte le nostre incertezze, prima di ogni iniziativa importante e di attendere con fiducia la risposta partecipata a noi, d’ordinario, sotto forma di ispirazione. E’ allo splendore di questa luce
che la Santa camminò nella sua infanzia.
Il Cuore di Gesù nella sua vita ci rischiara ancora con i
suoi esempi.
<<
Ti voglio far leggere nel libro in cui è contenuta la scienza dell’amore >> diceva Nostro Signore a Santa Margherita Maria. Questo libro è il suo Cuore Eucaristico. Gettiamo frequentemente il nostro sguardo su quelle pagine per impararvi ogni virtù, ed in particolare l’umiltà, il silenzio, il distacco da tutto, e, sopratutto, la carità.

 

Preghiera e Risoluzione.

O mio Gesù, amarvi, cercare vicino a voi la grazia, il consiglio, la luce, è adunque cosa così difficile e penosa? Oh! no, io non voglio più rifiutarvi ciò che mi procurerà il mio bene e la mia santificazione, ossia la fuga delle colpe ed il disprezzo di quanto non è Voi.

 

MISTERO DI VITA NASCOSTA
ED OPEROSA DI GESÙ

I.

La solitudine del Cuore di Gesù

 

Ecco un altro dei più grandi e commoventi misteri della vita del Cuore Eucaristico di Gesù. Egli rinnova nell’augusto Sacramento la sua vita di Nazaret e s’inabissa in una profonda solitudine; si seppellisce, per così dire, in un apparente silenzio di cui s’ha riscontro solo in quello che osservava nel Sepolcro.

 

I. La solitudine del Cuore di Gesù nel Tabenaco1o

 

Entriamo in uno dei nostri santuari: Oh, purtroppo! come l’ingratitudine e la indifferenza degli uomini ne fanno spesso un deserto. Ma, quand’anche una moltitudine devota vi si accalcasse, non per questo verrebbe a rompersi la solitudine del Tabernacolo. Il divino Solitario vi rimane, solo, nascosto sotto i veli eucaristici. Che lezione sublime imparte quel silenzio a quanti desiderano di condurre una vita eucaristica! Se vogliono piacere al Cuore Eucaristico di Gesù, essi debbono menare una vita di raccoglimento e di ritiro. Che se poi continuano a ronzare nell’attività irrequieta di questo mondo, la manna eucaristica cadrà invano sui loro cuori agitati perché non potrà riposarvisi né produrvi il benché minimo effetto salutare.

II. Imitazione di questa vita di solitudine.

Ma, in che consiste questa solitudine eucaristica per noi? Essa consiste nel fare del nostro cuore una pisside in cui possa riposare solo il Cuore di Gesù. E così anche quando la nostra bocca, per le esigenze sociali, è costretta a parlare, anche in tali circostanze il nostro cuore, deve essere in silenzio di fronte alle creature, ossia deve essere custodito in guisa che non abbia ad aderire ad esse.
Dobbiamo, anzi, non dirò disprezzare, ma dimenticarci completamente della creatura se non vi è un dovere che ci obbliga di occuparcene. Essa deve per noi essere quasi un nulla. Questo solo inno deve echeggiare nella profondità dei nostri cuori:
«Che bramo?O Dio del mio cuore e Cuore del mio Dio, che altro voglio io in cielo od in terra se non voi? ».
Tali devono essere le aspirazioni del nostro Cuore.
Non permettiamo quindi che le creature si impossesino di esso, liberiamolo da tutte le preoccupazioni che quelle gli procurano, dalle inquietudini che vi suscitano.
Se è d‘uopo trattar con esse, facciamolo unicamente per la gloria e l’amore del Cuore di Gesù. Abbandoniamoci pertanto a Lui e preghiamolo d’agire in noi e in nostra vece.
A’ nostri giorni un simile linguaggio sembra al tutto nuovo; si crede che per lavorare nel servizio di Dio, sia necesario affaccendarsi esageratamente, immischiarci in tutte le miserie umane, per sfruttarle in vantaggio d’un bene. Ciò è frivolo e troppo naturale.
Ricordiamoci che il Santo Curato di Ars, così attivo in apparenza ma in realtà molto ritirato, diceva:
«Bisogna picchiare alla porta del Tabernacolo, piuttosto che a quella, degli uomini, ed è appunto perché non si fa in questo modo che ad onta degli sforzi più grandi non si riesce a nulla».
Qualunque opera che non affonda le proprie radici nel Tabernacolo, nonostante le più splendide riuscite, paragonabili all'ellera di Giona (IV. 6-7), è infeconda di frutti soprannaturali.

 

III. La solitudine ed il silenzio nella Comunione.

Non v’ha nulla che onori di più la solitudine del S. Cuore di N. S. del nostro raccoglimento di fronte a Lui. Soprattutto durante il ringraziamento dopo la Comunione noi dobbiamo evitare ogni frastuono e chiuder gli occhi dell’anima nostra a tutto ciò che è estraneo a questo Cuore divino; e là starcene pronti a ricevere tutte quelle impressioni che a Lui piacerà comunicarci. Lavorare in opere esteriori se così a lui piacerà, riposarci nel suo amore se gli parrà di farci in esso riposare; dobbiamo insomma esser le vittime del suo divin beneplacito e del suo amore.
Il Cuore Eucaristico non vuol vivere ove vi è tumulto, sia materiale che spirituale, ma bensì nel profondo deserto delle specie eucaristiche. Se poi noi vogliamo offrirgli degli olocausti, siamo certi che nulla gli tornerà più gradito dell’olocausto della nostra attività, perché con essa gli sacrifichiamo pure il nostro amor proprio.

Il divino Maestro nell’Eucaristia si è svincolato della vita esteriore! Egli contempla, ama, adora le perfezioni di Dio, s‘immola per la gloria del Padre Suo, al di fuori di ogni cosa creata, come in una vasta Solitudine, in cui le cose terrene non Possono raggiungerlo. Per imitare questa vita divina fa d’uopo dimenticare tutto, anche se stesso.
Domandiamo al S. Cuore di Gesù, come un grande favore di poterci di tempo in tempo appartare in questa solitudine perfetta, sotto gli sguardi di Dio solo, in compagnia del nostro caro Gesù, senza avere altra libertà ed occupazione che quella di amare e di adorare il nostro Dio, disposti a sacrificarci e scomparire per Lui.
Dal suo tabernacolo Gesù non parla ad alcuna creatura; nessun rumore, nessun movimento, vi si ode, ma al cospetto del Padre
suo, questo suo silenzio è assai più profondo, più sublime. Si direbbe che la sua occupazione è il tacere. Egli è tutto preghiera, amore, annientamento immolazione, ma tutto si svolge nel silenzio, nella profondità di sé medesimo e della sua divinità. Che linguaggio eloquente è mai questo silenzio! Esso rende omaggio alle grandezze di Dio, alle sue perfezioni infinite, al suo sovrano dominio e a tutti i Suoi attributi che Gesù stesso decanta con un inno eterno ed incessante tra i misteri d’un arcano silenzio.

Risoluzione.

Nelle adorazioni e sopratutto durante il ringraziamento dopo la santa Comunione, m’adoprerò a far tacere in me la voce delle creature, onde possa meglio unirmi all’umile adorazione di Gesù verso il Padre suo.

II.

Le occupazioni del Cuore Eucaristico di Gesù

Si crederebbe a tutta prima che il Cuore eucaristico di Gesù sia ozioso nei taciti Tabernacoli; che vi si trovi in uno stato di morte e di assoluta insensibilità, ma non è così. Egli vi conduce una vita senza strepito feconda quanto mai, come de l’amore di Dio, parla e non cessa di parlare nonostante il suo silenzio « Vivens ad interpellandum pro nobis » e quel che è più straordinario è che la sua preghiera s’accorda perfettamente col suo silenzio.

I. La preghiera di Gesù Eucaristia per noi.

Ponderiamo bene l’espressione energica di S. Paolo: Vivens ad interpellamdum pro nobis. Ei vive per intercedere in nostro favore.
Presso di noi la vita è diversa; noi amiamo la vita interiore e la vita esteriore; le nostre occupazioni sono svariate e traggono seco diversità di pensieri, di affetti, e di desideri, di guisa che non v’ha unità nella nostra vita. Or viviamo per studiare, ora per conversare, ora per consacrarci ad altre opere esteriori e così via. Anzi non v’ha unità neppure nella nostra vita spirituale giacché ci sentiamo portati ora verso una virtù, ed ora verso un’altra, a seconda della situazione in cui ci troviamo. Avviene quindi che la pratica del silenzio per noi sembrerà quasi incompatibile con quella dello zelo apostolico che richiede la parola e l’azione, ma non è così per il Cuore di Gesù nell’Eucaristia
Già durante la Sua Vita mortale le sue occupazioni esteriori si fondevano in una unità mirabile con la sua vita interna; nella vita eucaristica invece è finita pure ogni azione esteriore, non rimanendovi che la vita del cuore, vita questa che è assolutamente una, escludendo ogni interruzio
ne, ogni distrazione, ogni molteplicità. « Vivens est» dice S. Paolo, volendo significare con ciò che il S. Cuore di Gesù è assorto in un unico atto: «ad interpellandum pro nobis» cioè per intercedere e pregare per noi; in altre parole, è l’atto d’amore e d’immolazione che si riproduce senza posa. Il Cuore eucaristico di Gesù ci ama e s’immola per noi; dimentica se stesso, né ha interessi propri. Aiutare Dio, amare i fratelli, offrire a Dio per essi tutti i meriti che ha acquistati, tutte le sue pene, tutte le sue sofferenze d’altri tempi, continuar sempre l’Ecce venio e l’atto di amore dell‘Incarnazione, ecco l’azione unica del S. Cuore di Gesù nell’Augusto Sacramento dell‘Altare.
E’ sempre il Cuore che pensa a noi, che non vive se non per noi, che non ha altra missione che d’amarci e di intercedere in nostro favore; e che, nell‘amar noi, nell’intercedere od immolarsi per noi, ama Dio suo padre, essendo l’amor di Dio e del prossimo, sopratutto nel S. Cuore di Gesù, un solo amore, un atto unico. E’ in questa guisa che il Cuore eucaristico continua ad essere il Cuore del nostro Gesù, cioè il Cuore del nostro Salvatore, del nostro Redentore e del nostro Mediatore.

II. Fecondità della vita attiva del Cuore eucaristico di Gesù.

 

Ma che può esprimere l’efficacia della preghiera, della meditazione, dell‘immolazione di questo Cuore divino? Questa preghiera che sale nel silenzio come nube di profumato incenso al trono di Dio, questa mediazione che si svolge incessante in nostro favore, quest’immolazione che si compie nella quiete e nel nascondimento in cui si compendia la vita attiva del Cuore eucaristico, non possono non esser accette, assecondate. Tanta ne è l’efficacia da non esservi limite che circoscrivere la possa. Tutto ci proviene da questa vita attiva che si esplica nei taciti tabernacoli dei nostri altari. Ad essa e non a questo od a quell’altro santo, ad un uomo eminente in virtù, ad un papa insigne, l’uomo interiore suole attribuire le grandi opere della Chiesa, essendo noi nelle mani di Dio semplici suoi strumenti. Da essa deriva e la gloria infinita di Dio e la pace per gli uomini di buona volontà; come pure l’immenso mare di lume, di affetti, di santità, di ricchezza spirituale che si diffonde per il corpo mistico della Chiesa, i santi pensieri che passano per le menti, i salutari movimenti che scuotono i cuori di chi ne subisce l’influenza salutare.
Quanto è ammirabile il Cuore di Gesù per noi nell’Eucaristia, nei suoi Santi e nelle sue opere!

 

III. La nostra vita interiore.

 

Nostro Signore vuole che le anime consacrate al suo Cuore si uniscano a questi atti ineffabili della sua vita eucaristica, non formando più che un sol cuore con lui. Onde per rispondere a questa missione gloriosa debbono penetrarsi dello spirito di essa; un sol atto deve dominarci, sia che siamo chiamati ad attendere alla vita attiva, sia alla contemplativa, un sol atto: l’amore del Cuore di Gesù e l’immolazione a questo divin Cuore per amore.
Poco importa che le occupazioni siano varie, il più si è che abbiano ad essere tutte occupazioni d’amore in cui non vi sia posto alcuno per la sensualità e l’egoismo. Nel nostro cuore non deve esservi una moltitudine di pensieri e di affetti, ma soltanto l’amor del S. Cuore. Le diverse virtù, quali la povertà, la rinunzia, il distacco, la semplicità, lo zelo, l’obbedienza ecc., debbono impegnarsi nel solo atto d’amore. In una parola non abbiamo dinanzi allo sguardo che il S. Cuore di Gesù, non pensiamo che a Lui, non amiamo che Lui. Quando lo visitiamo, quando lo riceviamo, quando l’offriamo nel S. Sacrificio della Messa, quando lo riceviamo in noi nella

santa Comunione, unica nostra aspirazione sia d’unirci vieppiù alla sua vita d’amore. Preghiamolo d’annientare in noi quanto risente ancora della molteplicità della vita umana e terrestre, in guisa da poter ripetere: la mia vita è il S. Cuore di Gesù.

Risoluzione.

Vorrei, o Signore, poter dire con S. Paolo: « Non son io cke vivo, ma è Gesù che vive in me» ma che posso io mai senza il vostro aiuto? Scendete in me, o Gesù! Che il vostro Cuore sia la mia guida, la mia vita!

III.

Vita nascosta del Cuore Eucaristico di Gesù

Oh! Come il Cuore di Gesù predilige il raccoglimento! Egli l’ha praticato a Nazaret per ben trent’anni e tuttora continua a praticarlo nel Tabernacolo.

I. Vita nascosta di Gesù nell’Eucaristia.

A Nazaret la sua divinità si nascondeva nella natura d’un grazioso e povero fanciullo, dedito alle occupazioni di artigiano, ossequente a quanti avevano autorità su di lui e particolarmente a Maria ed a Giuseppe, pieno di dolcezza, d’umiltà e di semplicità per tutti.
Nell’Eucaristia non soltanto la divinità, ma pur l’umanità santa e gloriosa si cela sotto le meschine specie di pane e di vino.

Apparentemente nulla fa di grande, nulla compie di quanto potrebbe attirarg1i onore. Lo si direbbe privo d’iniziativa tanto da esser indotti a crederlo nella necessità di sottostare alla incondizionata dipendenza del più umile sacerdote! Eccolo infatti che alla parola del sacerdote, Egli discende dal cielo e si lascia portare e porre ove a lui aggrada. E’ un nulla per lui quanto sa di gloria esterna e di onore; Egli permette persino che le specie sacramentali vengano trattate senza rispetto da sacerdoti tiepidi e indifferenti, e magari calpestate dagli empi e dagli animali.
Non soffre di ciò, questo è pur vero, preservandonelo il suo stato glorioso, ma queste colpevoli irriverenze costituiscono dei delitti spaventosi da lui pianti in altri tempi con lacrime di sangue.
Che sublime esempio di annientamento! Quale eccelsa attrattiva per la vita nascosta! Non è la necessità o il bisogno, ma è il suo Cuore, che liberamente elegge tanti abbassamenti, tanta viltà di comparsa e di stato e tanta sete di vita nascosta.

Non scordiamoci però che S. Tomaso ci assicura essere celato sotto queste meschine apparenze quanto vi è di più bello, di più grande e di più elevato <Latent res cximiae ».
Sotto le apparenze di poco pane, di poco vino trovasi il Cuore divino di Gesù, lo stesso Dio, l’umanità santa del Salvatore. Né dimentichiamo che in questa vita nascosta Gesù trova le sue delizie: rare volte, anzi rarissime volte, glorifica con prodigi le specie sacramentali. Il prodigio per eccellenza si è che un Dio si nasconda in modo da fare ripetere al profeta: « Si, veramente tu sei un Dio nascosto! Vere tu es Deus abscondibus! ».
Il S. Cuore di Gesù governa la Chiesa dal fondo del suo tabernacolo, in modo che nulla rivela la sapienza con cui la governa, la luce di cui la irradia. Egli vuoi del pari governare ed attirare i nostri cuori mediante le soavi attrattive della vita eucaristica.

II. Imitiamo questa vita.

Anche noi dobbiamo essere come le specie eucaristiche. Il nostro corpo, la nostra anima, la nostra vita esterna, la nostra vita spirituale, tutto insomma quanto vi è in noi, deve perdersi nel Cuore di Gesù.

La nostra vita deve essere, come la sua, totalmente soggetta alla volontà dei nostri superiori. Noi pure dobbiamo esser trattati come l’ostia santa dalle mani e dalla volontà di quanti hanno su di noi autorità. Il distacco, l’umiltà, la povertà, la semplicità, la fuga di tutto ciò che sa di appariscente, l’oblìo di se medesimo, l’astensione da quelle manifestazioni che possono soddisfare il nostro amor proprio, ecco altrettante virtù che debbon formare il velo onde ha da essere avvolto il nostro cuore, sottratto agli occhi degli uomini, perché possa essere oggetto degli sguardi di Gesù solo.
Più il Cuore eucaristico si nasconde al mondo, e più si avvicina a Dio; Ei si perde nel seno della divinità ed ecco perché si ecclissa a tutto ciò che è creatura. Noi dobbiamo perderci nel S. Cuore, se non vogliamo esser divagati da quanto ci circonda.

III. Onoriamo questa vita.

Questo sublime esempio di vita nascosta che la Sapienza incarnata credette, a nostro maggior bene, di darci nel Sacramento dell‘Eucaristia, merita da parte nostra quella venerazione e quell’onore, che proviene anche dal più semplice ed elementare senso di gratitudine e di riconoscenza. Il mezzo poi onde assolvere un compito così doveroso lo possiamo dedurre dalle considerazioni precedenti; e consiste nel consacrarci alle opere eucaristiche, con tutte le nostre forze, giacché S. Tomaso ci assicura che a questo riguardo non si farà mai abbastanza.
Ed anzitutto noi dobbiamo con le nostre adorazioni inneggiare a questo stato d’umiltà in cui il S. Cuore vuol rimanere sepolto per noi; ed è per procurargli questo trionfo che vennero istituite anche le processioni eucarstiche.
Inoltre propaghiamo le opere eucaristiche, comunemente chiamate apostoliche, ossia quelle opere di cui ci si vale per ispirare ai fedeli una grande divozione al divin Sacramento.
Prima fra tutte è la comunione frequente.

L’inferno nulla ha lasciato d ‘intentato per distruggere questa pratica in mezzo a noi.
Diffondiamola, e, nel contempo, caldeggiamo le adorazioni pubbliche, con cui si rende pure un atto di omaggio al Cuore eucaristico di Gesù e si fa un atto solenne di riparazione. E’ una delle pratiche più consolanti della devozione al divin Cuore.
Facciamo inoltre del nostro meglio per non favorire quei discorsi pomposi che, tenuti nel Santuario, hanno per iscopo di metter in vista l’oratore più che i misteri d’amore del Cuore di Gesù.

Risoluzione.

Buon Maestro, vi ho troppo dimenticato; d’ora in poi non sarà più così. Mi adoprerò per giungere a quella vita nascosta di cui voi mi date mirabile esempio nel divin sacramento. In ciò io voglio riporre il secreto della mia santificazione.. Mi assista od aiuti la grazia vostra.

IV.

La conversazione del Cuore Eucaristico di Gesù con l’anima che gli è devota.

Quanto più Gesù è solitario e nascosto, quanto più la sua bocca è silenziosa nel divin Tabernacolo, tanto più il suo Cuore ama dischiudersi ed espandersi nei cuori di quanti lo visitano e lo ricevono con amore nell ‘Augusto Sacramento, sopratutto allorché le anime loro acconsentono per Lui a rinunziare alle vane delizie di questo mondo, a dimenticare se stesse ed immolarsi nel silenzio e nella santa dilezione.

I. Le dolcezze di questa santa conversazione

La conversazione di Gesù non ha nulla di aspro, non offre che soavità, come ci rivela lo Spirito Santo. Io mi sono assìso, dice la sposa dei Cantici (cap. II, 3-4), ossia l’anima eucaristica, all’ombra di Lui che è il mio desiderio. Io mi sono cioè separata dal mondo, appartata da me stessa e mi son riposata nel silenzio dell’amore ed inabissata nella solitudine del Tabernacolo, ed allora i suoi frutti al mio palato furono dolci; i suoi frutti, cioè il suo amore, il Cuore suo medesimo che mi appresta nutrimento e mi stilla bevanda.
Egli mi introdusse nel deposito dei suoi mistici vini; e contro di me pose in ordinanza la carità; ossia mi ha introdotto nel suo Cuore ed ivi non ho trovato che amore. La stessa croce, le spine medesime si sono ivi cangiate in dolcezze.
Venga il mio diletto nel suo giardino, e il frutto mangi dei pomi (cap., V, I). Il giardino del mio prediletto è il mio cuore, questo cuore in cui vi ha con le sue mani divine piantato la dilezione, l’umiltà, la mortificazione.
Venga a raccogliere i piccoli meriti che ho raggranellati con la mia vita di amore e d‘immolazione; venga ad esperimentare il desiderio ardente che ho di possederlo! Le umili ed affettuose aspirazioni della sua sposa sono subito esaudite, anzi prevenute da quel Gesù che per lei ha vissuto una vita di stenti, ha sofferto, ha meritato, è morto su di una croce, perocché al primo invito di Lei risponde con « Egli è già venuto ed ha già raccolto dei frutti del
suo giardino; la mirra e gli aromi, vale a dire le opere di mortificazione della carne, di annegazione di imitazione di Cristo paziente, di misericordia verso il prossimo, raffigurate nel miele, di zelo, simbolizzate nel vino, e d’innocenza indicate nel latte: Son venuto nel mio giardino, sorella mia sposa, io ho raccolto la mia mirra co’ miei aromi: ho mangiato il favo col mio miele, ho bevuto il mio vino col latte mio (1. c.).
Noi pure dobbiamo essere delle anime eucaristiche, sollecite di null‘altro che di ritrovare il Diletto dell’anima nostra; cerchiamolo ancor noi con la affettuosa premura della Sposa dei Cantici, non però nel frastuono e nel turbamento, ma nella quiete e nella calma silenziosa del Tabernacolo. All‘uopo liberiamoci, per quanto i doveri di stato ce lo consentono, dai negozi esteriori, svincoliamoci dalle sollecitudini e dalle cure dell’uomo vecchio. Affrettiamoci però a compiere quest’opera di epurazione, di sgombro, chè la voce del Diletto già da tempo ci stimola a ciò. «Aprimi, sorella mia, amica mia colomba, mia immacolata (c. 1.). Apri a me che sorella ti feci, allorché per tuo amore mi rivestii di umane spoglie, apri a me che a Dio ti riconciliai, e nella sua amicizia ti ritornai coi miei patimenti e con la mia morte; apri a me che ti feci mia colomba, mandando sopra di te lo Spirito Santo, e immacolata ti feci, mediante la partecipazione dei Sacramenti e di tutti i doni e grazie celesti che nella mia Chiesa si dispensano. Aprimi, chè, è da tempo che io picchio alla tua porta, tanto da avere già il capo pieno di rugiada e i miei capelli dell’umido della notte. Ci conquida questa ammirabile pazienza e carità dello Sposo e strappi a sua volta dal nostro labbro il sospiro infuocato della Sposa dei Cantici: Venga il mio diletto nel suo giardino, e il frutto mangi dei pomi.

II. Le prove.

La tribolazione si frammischia pure alle dolcezze di così soavi abboccamenti, di sì dolci colloqui, piacendo a Gesù di sottrarsi di tempo in tempo a noi per mettere a prova il nostro amore. Che dobbiamo fare allora? Chiedere con ansietà informazioni alle sentinelle che stanno a guardia della città, ossia ai ministri di Dio, ai santi del Paradiso, a quanti fanno parte della sua sorte: Avreste mai veduto colui che è l’amore dell’anima mia? (1. c. cap. III, 3); figlie di Gerusalemme, io vi scongiuro che se troverete il mio Diletto, voi gli diciate ch’io d’amore languisco (cap. V., 8).
Siffatto rimpianto della lontananza del Diletto varrà ad abbreviare questa prova tanto angosciosa soprattutto per l’anima davvero eucaristica, chè il buon Gesù le si darà di nuovo a vedere, strappando ad essa l’affettuosa esclamazione:
Io al mio diletto, e a me il Diletto mio (VI, 2).
Tale è il linguaggio adoprato dalla S. Scrittura per descrivere le nozze in cui l’Agnello dà se stesso in cibo alle sue predilette, a quelle anime che sono da lui amate perché lo amano.
E’ a questo divino banchetto che noi troveremo luce, forza, consolazione, con il disgusto, anzi l’oblio di quanto non è il Cuore Eucaristico di Gesù. Che se, malgrado le nostre frequenti comunioni, non abbiamo ancor potuto usufruire di questi mirabili effetti, ricerchiamone la causa in noi stessi.
Forse giacciamo in una paralisi spirituale, forse poltriamo in fatale tiepidezza
?... Suvvia in questi casi presentiamoci all’amoroso Gesù come altrettanti ammalati desiderosi di sanità e di guarigione, proviamo in noi i dolori dell ‘amore se non ci è dato di sentirne gli ardori; inabbissiamoci nel nostro nulla, piangiamo e confidiamo. A noi pure ci verrà intimato: sii guarito.

Ah! Cuore divino, Cuore eucaristico, concedeteci di seguire le vostre orme, traeteci dietro a voi, giacché desideriamo correre dietro all’odore dei vostri profumi; se fa d’uopo, risuscitateci onde abbiamo a vivere sempre e soltanto d’amore per voi.

 

III. Sue condizioni.

Un’anima che vuole disporsi a questa conversazione con Nostro Signore ha da amare la solitudine ed il silenzio; ha da costituire un punto essenziale del suo metodo di vita. Deve trovarvi la propria felicità, il proprio riposo, la propria vita, tanto da riuscirle noioso il dovere attendere a negozi profani.
Senza silenzio, infatti, non si ha raccoglimento, Unione con Dio, rispondenza ai suoi desideri.
Il silenzio esterno si estende pure alle prove, alle contradizioni alle osservazioni che ci possono essere fatte, O mio Dio, comunicate alle anime consacrate al vostro Cuore l’attrattiva per tale silenzio!

Gesù nel Santo Tabernacolo espia con la sua misteriosa taciturnità per tanti discorsi frivoli, tante parole inutili o peccaminose di cui si rendon colpevoli le sue creature. Egli vi è vittima per i peccati di lingua commessi soprattutto dalle anime a lui consacrate e per le quali nutre predilezione.
Imitiamo a questo proposito il Divin Maestro, siamo vittime con Gesù e come Gesù.

Riso1uzione.

Concedetemi, o Signore, di esser libera e sciolta da quanto sa di mondo, affinché possa applicarmi interamente a far tesoro delle parole di verità che sgorgano dal vostro labbro divino.

v.

Il Cuore Eucaristico di Gesù c’insegna la purezza

La castità è chiamata la bella, la santa virtù. E’ davvero bella questa forza sovrumana che solleva dal proprio avvilimento l’uomo, l’innalza al dì sopra delle proprie inclinazioni deprimenti, lo pone in un mondo superiore e lo fa partecipe in qualche modo della natura angelica.

Sì, bella, santa è questa virtù, tanto che il mondo medesimo, con tutta la sua corruzione, non può non ammirarla; <O quam pulchra est casta generatio cum claritate >.
(Sap. IV. 1).

I. Predilezione del Cuore di Gesù per la purezza. Una perla così preziosa non potrà non godere le preferenze del Cuore di Gesù, che ama tutto ciò che è bello, tutto ciò che è nobile, tutto ciò che è grande, e di queste sue attrattive per una virtù sì cara, oltre le prove magnifiche lasciate a noi nella sua dottrina e nella sua condotta, noi abbiamo ancora sicuri indizi nella sua vita eucaristica.
Sbocciato dal virgulto verginale di Jesse, vissuto tra gli incanti dell ‘innocenza e le premure e le attenzioni di anime vergini Egli ha cura di attorniare quel convito nel quale avrebbe istituita l’Eucaristia, epilogo della sua vita di amore, di tutte quelle manifestazioni simboliche atte a dare una ultima eloquente conferma delle sue simpatie per la purezza: la scelta d’una sala spaziosa e addobbata, la lavanda dei piedi, l’uso di vasellame prezioso, come dice la tradizione. Né di minor efficacia a questo riguardo è la prova che deduciamo dall’aver Egli voluto celarsi per compiere i suoi misteri d’amore sotto candidi azzimi.

S. Margherita Maria dice: «Il candor dell’ostia ci insegna che bisogna essere una vittima pura, per essere immolata a Gesù; una vittima senza macchia per possederlo: puro di corpo, di cuore, d’intenzione, di affetto ». (Vol. I. pag. 194).
Consoni adunque a questi ammaestramenti che il Cuore di Gesù ci imparte dall’Ostia santa sono i dettagli, le prescrizioni, le esigenze che mirano ad escludere ogni macchia, ogni impurità, ogni difetto in chi deve comunque avere rapporti con questo Augusto Sacramento. E son parimenti conformi a tali insegnamenti le particolarità minuziose volute riguardo alla forma, alla materia, alla finezza, alla nitidezza di quanto può in qualche modo aver relazione con l’Eucaristia.
Come già su questa terra il Cuore di Gesù ha mostrato le sue predilezioni per le anime candide, così fa ora nel S. Tabernacolo. E’ sulle anime pure che Egli fa scendere di preferenza gli effluvi del suo amore.
E’ in mezzo ad esse che trova le sue delizie, è in loro compagnia che gode passeggiare invisibilmente, ossia sotto le apparenze di una piccola ostia. Ama contemplare questi gigli della terra, posa su di essi uno sguardo di tenerezza, li ricolma delle sue grazie. Sulla loro candida corolla
fa scendere la rugiada divina che mantiene la verginità in tutta la sua freschezza.

II. Chi deve far tesoro di questo insegna mento del Cuore di Gesù nell’Eucaristia. Una virtù così cara al Cuore Eucaristico di Gesù deve essere da parte di chi ama il Divin Cuore, oggetto di predilezione; costui la deve tenere in grande stima, ed aver premura di praticarla nel miglior modo possibile ed a seconda dello stato abbracciato.
La debbono amare le persone coniugate, osservando i propri doveri senza varcare i limiti dei propri diritti, vigilando sulla innocenza dei propri figli e premunendoli da quanto potrebbe offuscarne il candore. A queste condizioni soltanto attireranno sulle proprie famiglie la benevolenza del Cuore di Gesù, e si assicureranno la pace domestica.
La debbono amare quanti vivono liberamente nel mondo evitando tutto ciò che può esporli a cadute, vegliando sui propri sensi, evitando le cattive letture e i ritrovi pericolosi, frequentando spesso i SS. Sacramenti, nutrendo una tenera devozione per la Vergine Santa, ed il glorioso sposo di Lei, S. Giuseppe. Il Cuore di Gesù farà sgorgare certamente le sue elette benedizioni sulle anime che ricorrono a questi ripieghi per sottrarsi ai contagi degli aliti impuri.
Ma, sopratutto la debbono amare le persone consacrate, vivendo tutte ed unicamente per lo Sposo Divino. Anime predestinate, abbiate consapevolezza della vostra dignità. Lo Spirito Santo medesimo vi ammira.
« Oh! quanto è bella la generazione casta ». (Sap. IV. 1.).
Vegliate pertanto sui vostri affetti, rinnovate spesso e sinceramente la vostra consacrazione, totale, assoluta, senza riserva. Sia il vostro cuore un « giardino chiuso » in cui soltanto lo Sposo Celeste abbia il diritto di penetrare. Questa, non dimenticatelo, deve essere una delle più grandi preoccupazioni della vostra vita.
A questa condizione soltanto voi sarete
pure, pure come il Cuore di Gesù, pure come la candida ostia, pure come un giglio di fresco sbocciato.

Preghiera e risoluzione.

O Eucaristico Cuore di Gesù, ho già inteso uscire da codesto tabernacolo una voce tenera e soave, che rispondendo alle grida di miseria, mi ha calmato le angoscie del cuore e mi ha reso la speranza e la pace. Confida, mi ha detto, eccomi a te che mi hai chiamato. Vengo a curarti le piaghe, a mondarti, a risanarti con quel sangue che già sparsi per te: vengo a restituirti la candida stola dell’innocenza, la corona della purezza. Vieni, adunque, dammi il tuo cuore, avvicinalo al mio, anzi immergiti in questa fornace d’amore, le cui fiamme benefiche non consumano se non il peccato e dovunque si appigliano recano purezza e vita.
Questa voce era vostra, o mio Gesù, o mio Dio amatissimo, autore della SS. Eucaristia, ed io docile all’invito son venuto ai piedi del vostro tabernacolo a piangere i miei peccati, a chiedervi quella purezza di cuori a voi sì gradita, quell ‘orrore al peccato che fa fuggire non solo le colpe gravi, ma ancor le più lievi imperfezioni. Datemi, o Gesù, pel vostro adoratissimo Cuore, quell‘innocenza e quella vergine castità che solleva l’uomo al di sopra di se medesimo e di tutte le inclinazioni dei sensi e della natura corrotta, concedetemi questa purezza di anima e di corpo, questa castità che vi attrae verso colui che la possiede e lo rende vostro tabernacolo e santuario, affinché con l’aiuto della grazia vostra io trionfi della mia debolezza, e dopo aver superati i pericoli della vita, possa ricevere dalle vostre mani la corona della verginità e seguir voi, Agnello di Dio, ovunque andiate. Così sia.

VI.

Invito all’amore del Sacro Cuore, nostro Amico, nella Santa Eucaristia.

Il Cantico dei Cantici ci aiuta a comprendere il confidenziale abboccamento di Gesù solitario nel tabernacolo con l’anima da lui visitata e considerata come sua sposa.
Margherita Maria raffigura questo abboccamento al colloquio d’un amico con l’amico in un festino d’amore.
Il celeste Amico chiama l’anima a quel festino; essa risponde all’Amico divino con amorevole confidenza.

I. Dolce invito del celeste Amico.

Questo invito traspare nel colloquio di Nostro Signore con la Samaritana. Era Gesù giunto vicino ad una città della Samaria chiamata Sichar, accanto alla tenuta che fu data da Giacobbe a suo figlio Giuseppe. Quivi era un pozzo, nel quale possiamo ravvisare un simbolo del Sacro Cuore, abisso di amore e di grazie. Il Maestro stanco dal viaggio si pose così a sedere sul margine di esso. Gesù in quel luogo rivolse alla Samaritana quelle parole che Egli ripeté e ripete tuttora a noi, sia pure sotto forma diversa ed in circostanze differenti: Se tu conoscessi il dono di Dio, che è il mio Cuore, mi chiederesti di lasciarti dissetare a questa sorgente di amore ed io ti permetterei di attingere di quest’acqua viva che sgorgherebbe nel tuo cuore come una sorgente di vita per l’eternità. (Cfr. Joan IV).
Rispondiamo a questi accorati accenti col mettere in pratica il consiglio di Santa Margherita Maria: « Entrate nel Sacro Cuore, dice la Santa, come un amico invitato al banchetto di amore. Il nostro unico e perfetto Amico vuol trattarci lautamente e inebriarci del delizioso vino del suo sacro amore. Questo solo può addolcire le nostre amarezze, dandoci disgusto delle false delizie della terra e non lasciandoci gustare altro piacere che dentro il Cuore di questo tenero amico. Il quale ci dice amorosamente: Tutto ciò che è mio, è anche tuo: tue sono le mie piaghe; il mio sangue, i miei dolori son tuoi: il mio amore rende comuni i nostri beni. Lascia dunque ch‘io possegga intero il tuo cuore e scalderò le freddezze ed avviverò i languori che ti fanno così fiacco nel servirmi e così tiepido nell’amarmi
». (Vie et Oeuvres, II, pag. 728).


II. Gesù è il solo vero amico dei nostri cuori.

S. Margherita Maria commenta così l’invito del celeste Amico: Gesù Cristo è l’unico vero amico dei nostri cuori, i quali plasmò unicamente per sé, tanto è vero che non possono trovar riposo e gaudio... che in Lui...
Egli si è addossato i nostri peccati rendendosi nostro garante presso il suo Padre Eterno... Ha voluto morire per meritarci, con gli eccessi del suo amore, una vita immortale e felice.
Ringraziamolo e benediciamolo con quell’ardente carità per la quale dovremmo consumarci di riconoscenza ed offrirgli un continuo sacrifizio di tutto il nostro essere.

«Contemplandolo in questa qualifica di amico, potremo affidargli tutti i segreti del nostro cuore e svelargli le nostre miserie e i nostri bisogni come a colui che può solo rimediarvi, dicendogli: Oh! Voi, amico del mio cuore, colui che voi amate, sta male: deh!, visitatemi e guaritemi, poiché io so che Voi non potete amarmi e nel tempo stesso abbandonarmi nelle mie miserie ». (Scritti vari, 146).
Ah! come sono felici le anime che si sono perfettamente dimenticate, che non hanno amore, attenzioni, pensieri che per questo unico Amico dei nostri cuori!

III. L’amico a sua volta invita l’Amico celeste.

Desumiamo questo invito dagli scritti di S. Margherita Maria.
« O Cuore SS.mo, delizia della divinità; io vi saluto e vi invoco nel mio dolore e vi chiamo per rimedio alla mia fragilità. Cuore misericordiosissimo, Cuore compassionevole... del mio Salvatore, non ricusate di porgere il vostro soccorso al mio, così indegno... Voi, o Dio del mio cuore, mi avete creato per essere l’oggetto dei vostri amori ed il soggetto delle vostre ineffabili bontà....
« Venite, o fedelissimo, tenerissimo, dolcissimo ed amabilissimo fra tutti gli amici, avvicinatevi al mio cuore... vi chiedo, per la vostra incomparabile amicizia e per la vostra parola data, di venirmi a sollevare. Venite e non permettete che io vi dia motivo di allontanarvi...
« Venite, o vita del mio cuore, o anima della mia vita, o unico sostegno dell‘anima mia... Venite per farmi vivere di Voi ed in Voi, ma efficacemente... Venite, o mio Dio, o mio tutto
».


Preghiera e Risoluzione.

O Gesù, Voi mi chiamate con tale insistenza da fare pensare che non possiate rimanere senza di me, e m’invitate a Voi, quantunque nulla vi sia in me che vi possa attirare all’infuori della mia grande miseria. Comprendo però il perché di questo Vostro modo di agire: volete cioè esercitare la Vostra misericordia. Poiché a tanto vi spinge la vostra bontà, venite, o Voi, che io oso chiamare mio celeste Amico, venite e mettete nel mio cuore tanto amore da potervi permettere di trovare in esso qualche gioia e qualche consolazione. Voi, e Voi solo dovete essere l’unico oggetto della mia dilezione.

 

MISTERO DI SACRIFICIO

I.
L’atto del
Sacrificio Eucaristico,
ossia la S. Messa

Già in antecedenza abbiamo detto che il Sacro Cuore di Gesù nell’Eucaristia è sempre nello stato di sacrificio; l‘immolazione consiste per lui nell’offerta continua che fa del suo onore, dei suoi meriti, delle sue azioni e sofferenze e della sua morte in nostro favore.
L’immolazione fu corporale e cruenta, e non ha potuto esserlo che una sola volta, al momento in cui Cristo Gesù morì d’amore sulla croce, ma essa è sempre esistita, in una maniera reale e mistica, nel S.Cuore di Colui che, per parlare con precisione, è l’amore e l’immolazione incarnata.

I. L’atto del sacrificio.

Era opportuno che nella vita eucaristica del Salvatore ci fosse un atto esterno del sacrificio che sensibilizzasse ciò che si svolge nel suo divin Cuore: quest’atto è l’augusto sacrificio della Messa, il quale non è che la rinnovazione mistica e la continuazione di quello della croce, non essendo richiesta necessariamente la morte fisica per una reale immolazione. L ‘essenza del sacrificio, difatti, quando la vittima un essere spirituale, consiste soprattutto nell’oblazione del cuore e non nello sgozzamento della vittima. E’ in questa guisa che la morte di Gesù è rinnovata realmente per mezzo dell‘oblazione che fa di essa il suo Divin Cuore.
Gli elementi che costituiscono il santo sacrificio della Messa sono:
la transubstanziazione, ossia il mutamento della sostanza del pane nel Corpo di Gesù, e della sostanza del vino in quella del suo Sangue; 2° l’offerta che fa il S. Cuore di se stesso, del suo Corpo, del suo Sangue; di tutti i suoi meriti, delle sue azioni, dei suoi misteri e della sua morte sul Calvario; la sostituzione mistica ch’Ei fa di noi in Lui come vittima e come sacerdote; 4° l’atto del sacerdote che opera il prodigio della transubstanziazione ed offre Gesù Cristo a Dio in nome della Chiesa e per la Chiesa.
Siamo grati al buon Dio per questo sacrificio di carità infinita, che, consumato sul monte Calvario, misteriosamente e miracolosamente si rinnova ogni giorno sui nostri altri.

II. La transubstanziazione.

Il primo elemento adunque del santo sacrificio, quello che fa di esso una reale immolazione, è la transubstanziazione: mysterium fidei, dice il sacerdote al momento della consacrazione; appunto perché si tratta del più inesplicabile di tutti i misteri. Il pane ed il vino non si annichilano come qualcuno pretendeva, ma la sostanza dell’uno e dell‘altro si tramuta nel corpo e nel sangue di Gesù. Soltanto le specie, gli accidenti del pane e del vino rimangono. E ciò, per altro, era più che conveniente poiché, ripugnando all ‘uomo di cibarsi di carne umana e di bere sangue umano, Gesù, con molta sapienza diè da mangiare ad esso il suo corpo e per dissetarsi il suo sangue sotto le specie di quegli elementi (pane e vino) che sono nostro cibo naturale.
Ma non potendoci qui inoltrare in tutte le questioni di cui s’occupa in proposito la teologia dogmatica, ci limiteremo a dare solo alcuni schiarimenti utili. Qualcuno pensò che Gesù divenisse presente nella santa Eucaristia solo quanto alla sua
sostanza, visto che Egli sì fa presente in questo sacramento, come sostituendo il suo corpo ed il suo sangue alla sostanza del pane e del vino. Vi fu anche chi pensò che nel pane consacrato Gesù ci fosse con la sola sostanza corporea, e nel vino consacrato con la sola sostanza del suo sangue, dappoiché stando alle forme eucaristiche, Egli alla sostanza del pane sostituisce il suo corpo ed a quella del vino il suo sangue. Ma. ciò non è secondo la fede e San Tommaso dice che la presenza intera del Salvatore è inseparabile ed, indivisibile, essendo impossibile che cose realmente e naturalmente congiunte si trovino disgiunte. Rimane quindi fuori dubbio che l’umanità santa tutta intera unita alla divinità discende sull’altare pel mistero della transubstanziazione.
La transubstanziazione rinnova misticamente: 1°
il mistero dell’Incarnazione, perché, mediante le parole sacramentali, Gesù entra nella sua vita eucaristica, come, mediante il Fiat della Santa Vergine entrò nella sua vita mortale. I veli eucaristici inoltre rappresentano al vivo la vita nascosta di Gesù a Betlemme ed a Nazaret; 2° Il mistero della morte di Gesù mediante il cambiamento di sostanza, quantunque questo mutamento si riferisca solo al pane ed al vino e non già al corpo e sangue di Gesù; 3° il mistero della vita gloriosa, perché il pane ed il vino si mutano nel corpo e sangue elevati allo stato glorioso e perché l’umanità santa glorificata riposa sui nostri altari e nei nostri cuori per la santa Comunione.
Tributiamo i nostri omaggi di amore e di adorazione a Gesù benedetto, vittima di inestimabile valore e supplichiamolo caldamente a volerci dare intelligenza del suo santo sacrificio.

III. L’offerta che il Sacro Cuore di Gesù fa di se stesso.

Il secondo elemento del S. Sacrificio che si congiunge immediatamente alla transubstanziazione è l’offerta che il S. Cuore di Gesù fa di sé, del suo corpo, del suo sangue, dei suoi meriti, dei suoi misteri ed in particolare della sua morte: 1° Quest’offerta parte soprattutto dal S. Cuore di Gesù. La sua bocca divina non parla, ma è il suo Cuore, il suo amore che si offre come già si offriva sul Calvario; 2° Quest’offerta si fa a Dio pel tramite del Cuore SS.mo di Gesù onde procurargli la maggior gloria possibile; e perché il Sacro Cuore di Gesù è unito al Verbo di Dio, l’offerta è infinita, ha un merito infinito e rende a Dio una gloria ed un amore infinito. 3° Quest’offerta si fa per noi, a fin di applicarci tutti i frutti dell’immolazione del S. Cuore di Gesù, frutti che riceviamo, tuttavia, proporzionatamente alle disposizioni più o meno perfette in cui ci troviamo.
Dopo quanto siamo venuti dicendo è facile notare come il S. Cuore di Gesù ha la più grande parte nel sacrificio della Messa. Egli ne è il sacerdote principale, l’altare, la vittima. O Cuore sacerdotale di Gesù, quanto siete degno di amore e di riconoscenza!

Preghiera e risoluzione.

O Cuore divino di Gesù, per onorare la vostra vita d’immolazione nel S. Sacrificio della Messa, io rinnovo l’offerta di tutto me stesso a Voi. Vi dono il mio intelletto perché impari una buona volta a conoscere Voi e Voi solo; la mia memoria perché non si ricordi che di Voi e dei vostri benefizi; la mia volontà onde non tenda che a Voi e Voi unicamente ami; il mio corpo perché abbiate a sacrificarlo ed a santificarlo negli ardori del vostro divin Cuore.
Tutto vi siete dato a me, o Gesù mio, e sacrificato per me, dono e sacrificio che ogni giorno rinnovate sui vostri altari, ed io propongo oggi di voler essere tutto vostro per la vita e per la morte. Così sia.

II.

La Santa Messa
(Continuazione)

I. Frutti del divin sacrificio .

I frutti del divino sacrificio si distinguono in generale, speciale, specialissimo e medio. Essendo la Santa Messa atto di culto sociale, in quanto è latreutico ed eucaristico, dà, a nome di tutti, gloria e grazia a Dio; in quanto è impetratorio e propiziatorio diffonde sopra tutti i tesori della liberalità e misericordia di Dio. Ecco il frutto generale. Ma, come in una stanza ove arde un bel fuoco, sebbene tutti risentano i benefici del calore, in modo particolare li esperimentano però quelli che sono più Vicini al focolare, così in modo particolare, risentono il frutto della Santa Messa gli astanti, coloro che di persona assistono al sacrificio Esco il frutto speciale.
Inoltre, tra i presenti al sacrificio, ha una ragione peculiare di vicinanza ad esso, anzi quasi direi di padronanza, il celebrante, che pertanto deve dalla Messa medesima trarre un frutto particolare. Ecco il frutto specialissimo.
Infine, il sacerdote celebrante, come essere ragionevole e libero, può, con la sua intenzione, far convergere l‘azione grande che va compiendo, verso l’una o l’altra persona determinata, la quale per ciò viene a legarsi più strettamente che non fanno gli altri fedeli. Da questo fatto, detto comunemente applicazione della Messa, l’uomo, per cui la Messa viene applicata non può non percepire un frutto di essa distinto dagli altri. Ecco il frutto della Messa detto frutto medio.
Chiediamo un poco ora a noi medesimi: quante volte abbiamo posto mente a questa prodigiosa fecondità della S. Messa? Riconosciamo che molto spesso forse, e, diciamo pure senza forse, ben poco ci siamo industriati per assicurarci vantaggi così salutari. Per l’innanzi non sia più così, affinché il buon Gesù non abbia a ripetere nei riguardi nostri: quae utilitas in sanguine meo?

 

II. La mirabile sostituzione che il Sacro Cuore fa di noi in Lui.

 

Il Sacro Cuore di Gesù, al momento del S. Sacrificio vede le nostre disposizioni, le nostre preghiere, i nostri voti, le nostre suppliche, i nostri desideri e si sostituisce a noi per chiedere a Dio ciò che bramiamo, se ciò è veramente utile per il bene delle anime nostre. Domanda, sollecita le grazie che noi imploriamo, quasi fossero per Lui. Lo stesso dicasi dei ringraziamenti, delle adorazioni che noi facciamo. Ei li ripete, se li appropria e li rende di valore infinito. In tal modo il Cuore Eucaristico di Gesù viene a compiere un’altra specie di transubstanziazione; cambia in vino d’amore l’acqua delle nostre disposizioni imperfette.
Ah! quanto infelici sono coloro che assistono alla Messa con un’attenzione distratta, con desideri mondani, talvolta peccaminosi. Non si verifica allora nessuna mutazione per essi, di modo che tali disgraziati escono senza vantaggio alcuno da quella chiesa in cui il S. Cuore di Gesù li aspettava per ricolmarli di grazie.
La preghiera, l’azione di grazia, l’atto di amore, di riparazione e l’adorazione che il Sacro Cuore di Gesù fa in nostro nome sono sempre accetti alla Maestà divina, non già in quanto derivano da noi che siam nulla di nulla, ma in quanto provengono dal Cuore stesso di Colui nel quale il Padre ha riposto tutte le sue compiacenze.
E’il gran mistero della mediazione, l’atto sacerdotale del Sacro Cuore di Gesù, pel quale le nostre azioni fatte in istato di grazia, le nostre intenzioni ed i nostri affetti divengono suoi, a seconda tuttavia del grado d’unione che noi abbiamo con Lui.
Ah! apportiamo al S. Sacrificio un solo desiderio, quello cioè di amare il Sacro Cuore di Gesù, d‘immolarci con Lui, di vivere della sua vita e unicamente per suo amore, e saremo sempre esauditi.

III. - La cooperazione del sacerdote.

Il quarto elemento del Sacrificio è la cooperazione del sacerdote; giacché s’egli non pronunzia le parole della consacrazione, se non ha l’intenzione di celebrare, il sacrificio diventa impossibile.
Gesù Cristo è in verità il sacerdote principale, come è la vera vittima, ma Ei associa in modo particolare il prete alla propria azione sacerdotale, e se lo fa cooperatore in guisa che, se quest’ultimo venisse a mancare, il più grande e il più fecondo dei misteri non potrebbe aver luogo.
A completare quanto riguarda il S. Sacrificio, giova fermare brevemente la nostra considerazione anche sui vantaggi immensi che da esso derivano. Ed anzitutto procura ex opere operato, ossia, astrazione fatta dai meriti del celebrante, per Iddio
una gloria infinita, e per la Chiesa un bene incalcolabile.
Questo vantaggio è sì grande che, paragonati con esso, son niente i meriti della Vergine, degli Angeli, dei Santi.
Nei riguardi poi del sacerdote che celebra, dei fedeli pei quali il sacrificio è applicato e di quelli che assistono, giova notare che la S. Messa produce anche
quoad se l’effetto impetratorio, e propiziatorio, ma siccome questo duplice effetto coimplica i rapporti tra Dio e la creatura, e la creatura può resistere, così non sempre quoad nos il S. Sacrificio opera infallibilmente l’effetto impetratorio e propiziatorio; e, anche operandolo, lo comunica a noi in proporzione delle nostre disposizioni. Per assicurarsi la fruizione di questi effetti della Messa, giova molto l’intrecciare alla celebrazione del sacrificio eucaristico l’invocazione dei Santi, come quelli che, santi, ci invitano con la loro virtù al bene, e, amici di Dio, con il loro intervento, in qualche modo suppliscono alla nostra indegnità.
Ci sia di stimolo ad entrare nelle disposizioni volute per beneficiare di tutta la efficacia della Messa il desiderio sincero di rendere al Sacro Cuore di Gesù, mediante il santo Sacrificio, la maggior gloria possibile e il più grande amore che tributar gli si possa.

Preghiera e risoluzione.

O Cuore dolcissimo di Gesù, lo spirito della Santa Messa deve essere quello che avviva la mia vita. Mi sia concesso di unirmi alle disposizioni Vostre nell ‘Eucaristia, così intimamente come le gocce d’acqua si mescolano al vino del sacrificio. A ciò voglio tendere, ed a ciò voglio giungere con efficace volontà, con l’aiuto della grazia Vostra, o Vittima adorabile.

III.

Umiliazioni e mistiche angosce del Cuore Eucaristico di Gesù.

Chi potrebbe scoprire un Dio sotto gli umili veli eucaristici che lo nascondono e lo celano?La sola fede è in grado di farci penetrare i misteri dei suoi incomprensibili abbassamenti e rintracciare le angosce che vi ritrova.

I. Le umiliazioni eucaristiche.

Le meschine specie del pane mi occultano un Dio! Ei potrebbe far pompa della sua onnipotenza, manifestare la gloria, mostrare la Sua sovranità, e, con questi ripieghi, parrebbe almeno agli occhi del mondo, potrebbe farsi più facilmente riconoscere, farsi rispettare dagli uomini e conquiderne più agevolmente le anime; ma non lo fa !... L’opera del Padre suo la vuol attuare e compiere in mezzo ai disprezzi, agli obbrobri, agli avvilimenti, tra le tacite pareti d’un angusto tabernacolo, non rare volte squallido, misero e sudicio. Ivi nulla traspare di quanto potrebbe procurargli onore, nessun indizio traluce della sua divinità, dalla sua sapienza, della sua maestà, della sua regalità.
O virtù sublime, o profonda umiltà che incateni Gesù sotto sì frali apparenze, radicati ognor più nel cuore di chi ti predilige, fa che tutti gli uomini conoscano le celestiali delizie che racchiudi in te.
Uniamoci agli annientamenti di Gesù, la sola vittima degna di Dio e capace di rendergli la gloria che gli si addice.

 

II. Come si deve prender parte alle umiliazioni eucaristiche.

L’anima che vuol far tesoro dei sublimi insegnamenti del Cuore eucaristico di Gesù ed offrirgli se stessa quale ostia di riparazione e di propiziazione, deve partecipare agli annientamenti eucaristici. Si riconosca per un essere degno di noncuranza e disprezzo e non rifugga dalle umiliazioni.
Gesù nell’augusto Sacramento si eclissa sotto le specie più comuni e si offre in cibo alle anime. Può ritrovarsi un più profondo abbassamento, può forse riscontrarsi un esempio migliore della più sincera umiltà? Non è la necessità; è il suo Cuore divino che liberamente elegge tanta umiliazione, tanta viltà, e ciò a nostro ammaestramento. Intendiamo una buona volta che la superbia, la vana stima di noi stessi, il naturale nostro orgoglio, sono il più grande nostro nemico. Di fronte a questo annichilimento d’un Dio, sbarazziamoci da ogni inganno, da ogni illusione.

III. Le mistiche angosce eucaristiche.

Nostro Signore non soffre nell’Eucaristia, essendo divenuto impassibile dopo la sua risurrezione. Ei si mostrò nondimeno talvolta sotto le sembianze della sofferenza. Apparve a S. Margherita Maria tutto coperto di piaghe. « Un giorno, dice la santa, il mio Salvatore si presentò a me come un Ecce homo, tutto piagato e sfigurato, dicendomi: cinque anime consacrate al mio servizio mi han ridotto così col comunicarsi senza fervore ». Ed il buon Maestro le chiedeva di baciare le sue piaghe per raddolcire il suo dolore. Ciò significa che le offese, i peccati che si commettono contro di Lui sono tali che farebbero sanguinare quel Cuore amantissimo, qualora fosse ancor capace di soffrire, come per altro faceva notare S. Paolo (Hebr. VI. 6).
Gli amici dell’Augusto Prigioniero d’amore debbono in qualche guisa provare le sofferenze alle quali Egli non può più andare soggetto. La vista e la meditazione delle mistiche angosce di Gesù-Ostia sono quanto mai opportune per mantenerli costanti nella prova, nella croce.
Queste angosce eucaristiche, Gesù le ha realmente sofferte nel Getsemani, ove previde tutte le sconoscenze, gli insulti che in tutti i tempi, e nei nostri in modo speciale, si sarebbero rivolti contro di Lui: vide questo pauroso mistero di iniquità e di ingratitudine levarsi contro i Misteri più sublimi dell ‘amor suo: questa vista gli procurò spasimi, angosce, agonie mortali specialmente nell’ora del martirio del Cuor suo nel giardino del Getsemani. Le nostre riparazioni gli vennero allora presentate dall’Angelo nel calice della consolazione. Oh! ricolmiamo questo calice delle nostre lacrime, dei nostri pentimenti, delle nostre immolazioni! Possa il buon Maestro trovar tregua ai suoi dolori nel nostro cuore e rintracciarvi un’umiltà, una purezza, un amore atti a consolarlo!

Gesù sconosciuto nel S. Sacramento, Gesù toccato da mani profane e posto in cuori sacrileghi, non sono queste considerazioni idonee forse a risvegliare in noi atti di compassione, di riparazione, d’ammenda verso di Lui?
Rinnoviamo il nostro fervore per tutti gli esercizi eucaristici, la S. Messa, la Comunione, la visita al Ss. mo Sacramento.
E’ sotto i veli eucaristici che Gesù vuole esser amato in modo particolare da noi. «Ho sete, diceva a S. Margherita Maria, ma di una sete sì ardente d’essere amato dagli uomini nel Ss. mo Sacramento; questa sete mi consuma, e non trovo chi si sforzi, come io desidero, di dissetarmi, col rendere qualche corrispondenza al mio amore
».

Riso1uzione e Preghiera.

O mio divin Maestro, voglio richiamare spesso alla mia mente i vostri incomprensibili abbassamenti eucaristici, ritrovare nelle considerazioni frequenti di essi forza e costanza per combattere il mio orgoglio e la mia segreta vanità. Benedite questo mio proposito e ricevetelo come omaggio e riparazione all’amor vostro disprezzato dagli uomini nel più augusto dei Sacramenti.

 

IV.

Povertà Eucaristica

I. Povortà esterna.

La povertà eucaristica venne spinta agli estremi limiti del possibile dalla Vittima santa dei nostri altari!
E’ certo che noi mettiamo a disposizione dell’Ostia divina anche pisside e calici d’oro, tabernacoli preziosi, ma tutto ciò resta fuori di Lui, tutto ciò gli è estraneo. Non ha scelto per sé che le apparenze più fragili e più comuni. « Gesù nella S. Eucaristia, scrive S. Margherita Maria, si è fatto povero. Vi si trova in un tale spogliamento di tutto, da mettersi in stato di ricevere dalle sue creature tutto ciò che vorranno dargli
». Egli potea far precetto nella cristianità, che l’oro e le gemme più belle si tributassero ai suoi tabernacoli, come già nel tempio antico, che Iddio si fece fare da Salomone. Ma in ciò, quantunque non ignorasse lo scapito che ne sarebbe derivato al proprio decoro ed alla propria maestà, preferì abbandonarsi all’arbitrio degli uomini, fossero pure i più avari.
Come è sublime e ricca di salutari ammaestramenti la povertà eucaristica! Fosse più conosciuta e più apprezzata!

II .Povertà interna.

La povertà esterna apre una bella via a quella interna che è l’essenza della virtù della povertà. Gesù ha praticata la povertà interna con la perfezione che Egli solo è capace di raggiungere, perché è in Lui che Dio ha regnato pienamente. Il Regno di Dio non si stabilisce che nel vero povero, che è spoglio di se stesso e delle creature, che muore incessantemente a tutte le cose sensibili, che vive solo dello spirito di Dio, che nulla cerca all’infuori di Lui e dimora nella propria impotenza e dipendenza. Il vero povero d’una sola cosa si preoccupa: di arrivare al puro amore. Non è questo un riflesso del Cuore di Gesù? Un povero religioso ha tuttora qualche preoccupazione circa il vestito, il vitto ed il suo cuore se ne dà pensiero; Gesù-Eucaristia invece non si prende pena alcuna dei veli che lo avvolgono, valgono sì poco agli occhi suoi!
O adorabile Gesù! unico e solo povero in cui Iddio abbia regnato pienamente senza incontrare opposizioni di sorta, chi potrebbe comprendere il prodigio della vostra povertà eucaristica?
Questa povertà unica nel suo genere procura una gloria infinita al Vostro Etemo Padre.
O felice povertà! Sia benedetto il giorno in cui noi, spogli completamente di ogni terrestre preoccupazione, potremo arricchirci di Nostro Signore, del suo Cuore Divino, e farlo vivere e regnare nei nostri cuori

III. Applicazioni.

La povertà eucaristica di Gesù non offre come la sua povertà di Nazaret un esempio sensibile e facile ad imitarsi, ma insinua quello spirito di povertà che troverà la sua attuazione nella nostra vita, a seconda della vocazione di ciascuno.
A noi spetta ricercare quel grado di povertà, anche esterna, che la volontà divina vuole da noi; e se la nostra condizione di vita non richiede la pratica della rigorosa povertà esterna, rimane però sempre da osservarsi la povertà spirituale, il distacco, che è oggetto della prima delle Beatitudini promulgate da N. Signore. « Beati i poveri di spirito, perché di questi è il regno dei cieli
». Resta ancora da praticarsi la povertà interna, il distacco da noi stessi, dalla nostra volontà, dall’amor proprio, l’abbandono di tutto noi stessi a N. Signore, al suo beneplacito, alle sue direttive, manifestantisi per il tramite della Divina Provvidenza.
S. Margherita Maria ci assicura che
l’anima più spoglia e distaccata da tutto possiederà viemmeglio il Cuore di Gesù e troverà in lui la pace e la felicità.

Risoluzione e preghiera.

Cuore amabilissimo di Gesù, possa io imitare i sublimi insegnamenti che continuamente m’impartite dalla vostra prigione d’amore, e diventare alla vostra sequela povero di quella povertà che fa ricchi di Dio.

V.

Obbedienza Eucaristica

I. Obbedienza perfetta di Gesù nella Eucaristia.

Gesù obbedisce a tutti i Sacerdoti, senza eccezione di sorta, senza guardare se sian buoni o cattivi, e da essi lasciasi porre ove più loro aggrada, sia pure in un cuore profano e contaminato dall‘alito del demonio. Non ricusa nemmeno di lasciarsi collocare vicino al suo più implacabile nemico, perché ha una legge inviolabile davanti agli occhi: l’obbedienza all’eterno suo Padre.

« ... ut faciam volutatem ejus qui misit me » (S. Giov. IV, 34). In questa obbedienza Ei trova il suo cibo, il suo riposo, la sua beatitudine, la sua gloria, la sua vita.
Gesù-Eucaristia non ha più vita propria di quella che ha un morto.
L’obbedienza ne è l’unico movimento, quell’obbedienza che procura a Dio una lode infinita. Oh, che esempio! Gesù non ha vita che per l’impulso del Padre suo. La sudditanza che Egli usa è tanto perfetta quant’è infinito l’amore che ha per Lui. Non vive che in Dio, non pone un sol atto, che esca dalla cerchia di questa assoluta dipendenza...
Anche quando si mette a nostra disposizione, anche quando obbedisce agli uomini, non fa che assecondare i voleri del Padre suo, il quale l’ha mandato appunto per attuare la redenzione di essi, ed al quale per altro aveva promesso di comunicarsi a noi. A patto veruno smentisce la sua parola Noi pure quando assecondiamo i nostri superiori ubbidiamo a Dio, perché da Lui ci vien imposta la sottomissione e la docilità ai comandi di chi è preposto al nostro governo, quand‘anche fosse uomo che ha qualità inferiori a quelle possedute da noi, un uomo dappoco, inetto, scapestrato magari, etiam disculis.

II. L’obbedienza a Gesù - Eucaristia glorifica il Padre Celeste e ci merita le grazie.

Quale gloria Gesù rende a Dio, e quale compiacenza Dio trova in questo diletto Figlio, nel vederlo in una attitudine sì umile, ed annichilito! Egli ha presa la forma di schiavo, un Dio! Che sublime esempio! Gesù mio, chi non vorrebbe imitarvi, per l’onore del Padre vostro e la consolazione del vostro Cuore, vittima d’obbedienza?
Perché l’obbedienza sia perfetta e veramente redentrice deve scaturire dal cuore; essa deve avere per principio l’amore. Davide non ci mostra forse il Redentore recante nel mondo la volontà di Dio scolpita nel cuore? (Ps. 39). Noi abbiamo un sicuro indizio della perfezione di un’anima quando possiamo rilevare che essa è
talmente morta alla propria volontà da pretendere o desiderare di compiere non ciò che essa vorrebbe, ma ciò che vogliono coloro che hanno su di essa autorità, O Gesù, chi ci darà delle anime veramente morte a se stesse, per continuare il vostro sacrificio del Calvario e dell’Eucaristia?

III. La pratica dell’obbedienza.

Gesù non riceve altro impulso all’infuori di quello che gli deriva dal celeste Padre. « Io non faccio la mia volontà, diceva, ma quella del Padre mio ». A nostra volta non dobbiamo avere altro movente che non sia lo spirito di Gesù. Ei deve essere il nostro pensiero, la nostra parola, la nostra azione, il nostro movimento, la nostra anima, la nostra vita.
Non son più io che vivo, dobbiamo poter dire, ma è
Gesù, il suo spirito, il suo cuore che vive in me.
Obbedienza totale a Dio, dipendenza da lui solo; che estensione e che profondità in queste due parole! La mia anima è chiamata ad appropriarsi questo campo vasto, a vivervi, a scomparirvi sotto la guida di Gesù e del suo divino Spirito. Gesù nel tabernacolo è come annientato sotto i veli che lo nascondono: l’anima vittima non ha altro modello da seguire.
Io avrò sempre questo esemplare sotto gli occhi; amerò l’obbedienza come l’ha amata Gesù, vivrò in essa senza restrizione di sorta. Voglio stabilire un patto in questo senso con tutta la mia vita personale, con tutti gli atti della mia volontà ed apprezzamenti naturali. Voglio dare un addio alle opere ed ai desideri del vecchio Adamo che avanza sempre pretese e vuol governare.
L’obbedienza a Dio è la vita di Dio in noi, in altre parole è il trionfo di Dio sulle
nostre povere facoltà. « L’anima più obbediente, diceva S. Margherita Maria, farà trionfare il S. Cuore». E com‘era obbediente quest’anima sì santa!
Con quale trasporto parlava di questa virtù! « Per ciò che riguarda l’interno, scriveva, obbedirete fedelmente ai movimenti della grazia... per ciò che riguarda l'esterno, obbedirete amorosamente a coloro che hanno la potestà di comandarvi, pensando a queste parole: Gesù s’è fatto obbediente, ed obbediente sino alla morte: le vostre obbedienze siano compiute per onorare quelle di Gesù nell’Eucaristia. Se voi sarete fedeli a far sempre la volontà di Dio nel tempo, vi sarà dato di assecondare la vostra nella beata eternità
».
« In verità, scrive ancora, mi sembra che tutta la felicità di un'anima consista nel rendersi conforme alla santa volontà di Dio. E’ in ciò che il nostro cuore trova la sua pace, il nostro spirito la sua gioia ed il suo riposo, poiché colui che aderisce a Dio diventa una stessa cosa con lui. Credo poi che questo sia l’unico mezzo per fare la nostra volontà; giacché la sua amorosa bontà si compiace di appagare quella che non gli oppone resistenza alcuna ». (Lettera XX alla M. di Sourdeilles).

Preghiera e risoluzione.

Mio Dio, benedite e rendete feconde queste mie risoluzioni!
Io voglio con fermezza, voglio malgrado tutto, immolare sull’altare del vostro Cuore tutta la mia vita naturale con la sua volontà e libertà.
Mi assecondi la vostra grazia.

VI.


Il Cuore Sacerdotale di Gesù

Gesù è sacerdote. Nel salmo 109, Davide dice: <<Tu sei sacerdote per l’eternità, secondo l’ordine di Melchisedech >>.
Dal momento che una persona divina si incarnava, essa dovea innanzi tutto esser il sacrdote di Dio, perché la glorificazione del nome divino è il fine essenziale delle opere divine, e perché un Dio che si fa uomo deve essere il capo della religione di ogni creatura.
Gesù è sacerdote, ma noi vedremo che nel suo sacerdozio noi dobbiamo soprattutto considerare il suo Cuore.

I. E’ per mezzo del suo Cuore che Gesù esercita principalmente il suo sacerdozio.

E’ il suo amore, infatti, che l’ispira e lo guida nella sua immolazione per la gloria del Padre suo e per la nostra salvezza.
La Chiesa ce lo ricorda nelle sante liturgie. Nell’inno del tempo pasquale, ad regias ogni dapes, ci mostra l’amore sacerdotale, ossia il cuore sacerdotale di Gesù che offre il sacrificio di redenzione. << E’ la carità, è l’amore-prete, che ha versato il sangue ed immolato la carne del divino agnello sulla croce>>.
La vita di Gesù fu tutta un sacrificio d’amore. Ha scelto la povertà ed il lavoro, per la sua vita nascosta; le fatiche i disprezzi e le contradizioni per la sua vita pubblica.
« Poiché amava i suoi, li amò sino alla fine » (S. Giov. 13). Non rifuggì dai suoi nemici, si abbandonò nelle mani dei persecutori, dei carnefici, di Giuda che lo dovea tradire, dei Sacerdoti e di Pilato che lo avrebbero condannato, dei soldati dai quali sarebbe stato flagellato, insultato e crocifisso « E ciò perché il mondo sia testimonio dell’amore che ho pel Padre mio » (San Giov. 14). Anche S. Paolo ci additò nell’amore la fonte del sacrificio redentore.

« Egli mi ha amato e si è sacrificato per me » (Gal. 2).
Nostro Signore disse pure: «La prova più grande d’amore, non è forse quella di dare la propria vita per chi si ama? » (San Giov. 15).
E’ veramente pel suo Cuore che Gesù ha soprattutto esercitato il suo sacerdozio.

II. Il Cuore sacerdotale di Gesù è l’organo d’un culto perfetto d’amore e di riparazione verso il Padre celeste.

La lode infinita che questo Verbo personifica nell’eternità, ei l’ha portata con sé nel mondo. A questa lode eterna si aggiunse l’adorazione, l’azione di grazie, la preghiera dell’umanità che Egli si è assunta. Essendo poi il Cristo, benché puro e perfetto in se stesso, il capo del genere umano decaduto, offrirà al Padre suo pure un sacrifizio d’espiazione per ripararne la gloria oltraggiata! E quale vittima offrirà egli al Padre Suo? Una vittima di valore infinito, una vittima divina, perché essa sola può riparare adeguatamente tanta offesa. Il Cuore di Gesù sacrificherà pertanto se medesimo, Ei sarà sacerdote e vittima. Si immolerà in ostia d’amore, di ringraziamento, di riparazione e d’impetrazione. S’immolerà morendo d’amore, dando la sua vita, nel tempo stesso in cui i suoi carnefici si sarebbero sforzati di sottrargliela. «Io do la vita mia... Nessuno me la toglie, ma io da me stesso la do » (S. Giov. 10).

III. E’ anche per amor nostro che il Cuore sacerdotale di Gesù ha offerto il suo sacrificio.

Sì, l’ha offerto per riscattarci, e per conquidere i nostri cuori ha voluto redimerci con un riscatto così cruento.
Voi avete di certo previsto, o Gesù, che non sarebbe bastato per commuovere i nostri cuori sì impietriti, di significarci il vostro amore e di mostrarcelo attraverso le umiliazioni, per cui vi siete detto: « Io manifesterò ad essi il mio amore con un linguaggio la cui forza li intenerirà. Dopo una vita di infermità, di fatiche, di avvilimenti, di sofferenze, morirò, io, Figlio di Dio, su di una croce
».
Non basta ancora, o Signore; per sciogliere i nostri gelidi cuori, avete voluto per di più moltiplicare su tutta la terra e rendere perpetuo il vostro sacrificio.
Vittima offerta ed accettata sin dal primo istante della vostra concezione, siete rimasto sacerdote e vittima per l’eternità,
in aeternum! Voi l’eravate a Nazaret, al Calvario, e lo siete in cielo, ove gli angeli ed i santi Vi adorano come agnello immacolato.
Ogni cristiano deve essere in data misura sacerdote e vittima; ogni sacerdote della nuova legge deve avere un cuore di sacerdote e di vittima come l’ebbe Gesù.

Preghiera e risoluzione.

O Gesù, sacerdote e vittima, comunicatemi l vostra grazia, rendetemi simile a Voi. Il vostro cuore di sacerdote interceda per me, mi benedica, mi consoli, mi guidi e mi conceda di potere anch’io, a mia volta, immolare il cuore che mi batte in petto, e iminolarlo senza riserva per voi!

VII.

Il Sacerdozio della nuova legge è scaturito dal Cuore di Gesù.

Sino al Giovedì Santo la pienezza del sacerdozio eterno rimase concentrata in N. S. Gesù Cristo, dal cui Cuore divino il cielo ha visto scaturire, in quel giorno, un duplice fiume d’amore e di vita: il sacerdozio e l’Eucaristia, fiume che avrebbe sparso le sue divine acque su tutta la Chiesa di Dio per vivificarla, rigenerarla, santificarla.

I. Presenza mistica di N. Signore nel sacerdote.

In quel giorno vennero costituite quaggiù due presenze di Gesù: la presenza fisica della sua carne e del sangue in milioni di tabernacoli e la presenza morale del sacerdozio in milioni d’anime elette.
La presenza sacerdotale di Gesù ha per fine, prima di tutto, di produrre e di rivelare la sua presenza eucaristica. N. Signore s’unisce moralmente al sacerdote ed abita in lui per la sua grazia, onde renderlo capace di rivelare al mondo i secreti della vita Eucaristica.
Dio segue nella Chiesa una condotta simile a quella che ha usata nella creazione.
Dopo l’opera dei sei giorni, lo si direbbe ritirato; si vela e lascia alle creature la
cura di trasmettere il movimento, l’attività la vita...
Così N. Signore, dopo aver istituito la Eucaristia, costituito il sacerdozio della Chiesa, si ritira in cielo, e con l’Ascensione si nasconde. La terra non lo rivedrà più se non alla fine dei secoli; e, s’ei dimorerà con noi, lo farà in modo invisibile, velato, benché reale. Ai suoi sacerdoti ha lasciato l’incarico di consacrarlo, rivelarlo, distribuirlo, d’esser i propagatori della sua luce, del suo amore, della sua vita.

La provvidenza rischiara, riscalda, vivifica la natura, soprattutto con il sole. Il sacerdozio è il sole soprannaturale di cui si serve Gesù, per illuminare, vivificare, divinizzare le anime! I sacerdoti sono i propagatori di Dio nell’anima. (Sauvè: Jésus intime).

 

II. Esercizio del sacerdozio.

una delle più funeste illusioni si è di scordare nell’osservare la natura, Dio che si nasconde dietro di essa come sotto un velo trasparente.
Del pari l’azione universale, continua, infaticabile del divin sacerdozio che si dissimula sotto l’azione del ministro di Dio, sotto i sacramenti e gli altri mezzi di santificazione vien dimenticata.
N. Signore agisce molto per sé stesso; nessun’anima sfugge alla sua azione, ma Ei opra pur molto a mezzo del sacerdote.
Nasconde la sua divina influenza nella parola sacerdotale, nei sacramenti che il sacerdote amministra, nelle sacre Scritture e negli esempi dei santi che il sacerdote spiega ai fedeli.

Il sacerdote lotta contro l'errore e il male. Che sarebbe della terra se non ci fosse la luce del sacerdozio e la sua azione che si oppongono ovunque al dominio ed ai cattivi istinti della natura! Quante illusioni, quanti errori dissipa, quanti peccati previene!

Ma le grazie positive ch'ei diffonde son assai più meravigliose ancora.

Nella persona del prete è il sacerdozio di Gesù Cristo che battezza, che assolve, che consacra, che benedice gli sposi e benedice le vergini. E' il sacerdozio di Gesù Cristo che porta la fede ai barbari: è lui finalmente che, per santo sacrificio, onora Dio, rallegra gli Angeli, edifica la Chiesa, aiuta i vivi e procura riposo ai defunti.

III. I sacerdoti sono come il cuore della Chiesa.

La grazia sacerdotale fa si che i preti diventino come il cuore della Chiesa, l'organo più intimo e più influente di Gesù, il principale movente che diffonde ovunque la vita. E' duopo che anche il sacerdote dal canto suo faccia in modo d'esser il cuore della Chiesa, con le proprie virtù, con la pietà, fervore e zelo.

Il sacerdozio si perpetua in cielo. Saranno i preti lassù ancor associati all'azione sacerdotale del Cristo e guideranno i cori dei santi? Non lo sappiamo. Ma, se essi furun fedeli sulla terra, vi esprimenteranno più d'ogni altro l'azione del sacerdozio d'amore del Cristo, lassù saranno come il cuore della Chiesa trionfante. (Sauvé; Jésus intime).

Rallegrati, o sacerdote! Esclama S. Caterina da Siena, prega, lavora, soffri con coraggio. Quant'è bella la tua corona! Come sarai amato, e come amerai in cielo! (Dial. 131).

Risoluzione e preghiera.

Non voglio, o Gesù, dimenticare più oltre la presenza morale del vostro sacerdozio nei vostri ministri. Tale ricordo che mi studierò di mantenere sempre vivo in me sia d'incitamento al rispetto del prete e di sprone ad assencondarlo nella sua missione di pace e di amore. Voglio, o Gesù, questa grazia; accordatemela e ve ne sarò eternamente riconoscente.

 

 

MISTERO D’ INGRATITUDINE
PER PARTE DEGLI UOMINI

I.

Lo Scisma

S. Paolo dice che nella notte medesima in cui N. Signore istituì il sacramento dei nostri altari tra gli amici del Salvatore vi fu chi lo tradì accanto ad altri che lo abbandonarono vilmente. D’allora in poi il grande prodigio d‘amore scaturito dal Cuore di Gesù si perpetuò tra una serie di tradimenti e rinnegazioni da un lato, ed una riprovevole negligenza, indifferenza, dimenticanza dall‘altro.
Il Sacramento d‘amore incontrò sempre sul suo cammino disprezzo e freddezza e talvolta i furori d’un odio diabolico. E’ questo un contrasto assai raccapricciante, doloroso di cui dobbiamo renderci conto.
Facciamo quindi dopo aver sin qui meditato l’eccesso d’amore del S. Cuore di Gesù, a considerare l‘eccesso della malizia umana; ciò, se non altro, servirà non poco a farci comprendere la necessità di essere delle anime riparatrici.

I. N.  Signore chiede una riparazione speciale per certi oltraggi.

Gli oltraggi che si recano alla santa Eucaristia è uno dei motivi su cui N. Signore ha maggiormente insistito presso S. Margherita Maria, allorché le chiese l’istituzione della festa e la propagazione della divozione al S. Cuore.
I nostri tabernacoli sono trasformati in altrettanti Getsemani.
Molti insultano l’Ostia Divina ed il flusso d’un’onda limacciosa di profondi disprezzi, di nere ingratitudini si dirige verso il Cuore adorabile che vi palpita, verso quel Cuore che non vive se non per le sue creature e che discende ogni giorno sui sacri altari per portare ad esse il cielo. Tutto ciò addolora Gesù ma ciò che maggiormente Lo disgusta è la freddezza e la indifferenza che incontra talvolta anche in anime a Lui consacrate. La loro ingratitudine è la ferita sempre aperta, sempre sanguinante del Cuore divino di N. Signore.
Pensiamo spesso a questa sofferenza intima del Salvatore, profondamente convinti che se riusciremo a consolare il Cuore Eucaristico di Gesù della angoscia che gli deriva dai suoi amici, ci sarà anche più facile consolarlo degli oltraggi che riceve dalle altre anime. E’ un discepolo, un apostolo, Giuda, che ha inaugurato il tradimento nei riguardi del Cuore del suo Dio, del suo amico, del suo fratello; egli aveva forse ancora le labbra rosseggianti del Sangue divino e già pensava a tradire il suo maestro!

II. Gli scismi fanno soffrire N. Signore.

Gli scismi dell’Oriente continuano in certa misura la loro opera tenebrosa. Non poche anime vi si posson trovare in buona fede, ma che dire di coloro che li hanno incominciati e di quelli che intravedendo la luce, non hanno il coraggio di lasciare l’errore?
Quante offese ne risulta per Gesù-Ostia! I preti di quelle chiese scismatiche sono veramente sacerdoti. Essi consacrano senza dubbio il Corpo ed il Sangue di Cristo. N. Signore è il loro prigioniero, e come il loro schiavo. Si è esposto a ciò per potere visitare le anime di buona volontà che pur si trovano in mezzo a quel gregge errante e comunicarsi ad esse.

I preti dell’Oriente consacrano, ma non hanno gran rispetto per l’Eucaristia, allorché la conservano. La loro divoziorie un po' superstiziosa va piuttosto alle immagini che essi onorano. I popoli si comunicano, ma che valore può avere il più delle volte la loro comunione, avendo una fede incompleta? Professano persino delle false dottrine intorno ai sacramenti, non confessano le loro colpe interne. Che comunioni, che messe! Come mai N. Signore ha potuto esporsi a tutti questi oltraggi? Devesi veramente dire che ci ha amato a dismisura.
Tutte le anime che sono separate dal Vicario di Gesù Cristo sono pure separate dal Cristo, che è la pietra fondamentale della Chiesa.
Vi son dei gradi nella separazione dal Vicario di G. Cristo. Tutti coloro che non gli obbediscono interamente s’allontanano da Cristo, e, senza essere formalmente scismatici, attristano N. Signore. Se essi non imitano il tradimento di Giuda, si mostran però fiacchi come gli altri discepoli, s’allontanano come essi. Gesù-Ostia non deve trovar le sue compiacenze nel discendere in cuori siffatti.

III. Come riparare per questo oltraggio speciale.

 

Anzitutto con l’avere un amore smisurato ed un rispetto grande per l’Eucaristia, e col tributarle un culto interno soprattutto, nutrendo sentimenti d’amore e di compassione per Gesù-Ostia.
Dobbiam poi obbedire doeilmente al Vicario di Gesù Cristo.
Tutti gli scismatici difettano di semplicità, di umiltà, nutrendo una fiducia orgogliosa nella propria coscienza e giudizio.
La divozione al Papa e la docilità a tutte le sue direttive deve esser il carattere proprio di quelle anime che vogliono riparare le offese che procurano al Cuore Eucaristico di Gesù quei ciechi erranti.
Non vi son forse delle salienti analogie fra il Papa e l’Eucaristia? Non è
N. Signore che ci governa a mezzo del suo Vicario? Ei vive in lui mediante un’assistenza speciale.
Ge
insegna, parla per mezzo del suo Vicario. Egli ha detto agli apostoli: « Chi ascolta Voi, ascolta me, e chi disprezza Voi, disprezza inc ». Ciò devesi intendere anche del Papa, al quale S. Pietro ha trasmesso la pienezza dell ‘autorità apostolica.
L’Eucaristia è Gesù che s’immola, Gesù
che dimora con noi, che si dà a noi, che ci ascolta e ci consola.
Il Papa, è Gesù che ci dirige e ci ammaestra.
Nell’Eucaristia, vi è la presenza reale di Gesù; nel Papa vi è la sua autorità ed il suo insegnamento con un‘assistenza speciale.

Risoluzione e Preghiera.

Ammiro, o mio buon Maestro, più che non comprendo, l’immensità dell’amore per il quale date voi stesso agli scismatici. Oh! potessi consolarvi della loro indifferenza e freddezza ed amarvi più di quanto essi vi offendono.

II.

L’ Eresia

L’eresia rinnega il S. Cuore di Gesù in qualcuno dei suoi attributi od in qualcuna delle dottrine che Lo riguardano. Gli antichi eretici rendevano impossibile la divozione al S. Cuore di Gesù. Ario negava la divinità del Verbo ed il S. Cuore di Gesù è il cuore dal Verbo incarnato. Se si ammette l’arianesmo, questo cuore non merita alcuna adorazione. Nestorio, ponendo la duplice personalità, fa del S. Cuore il cuore d’un uomo. Eutiche, confondendo le nature, distrugge la vita propria del Cuore di Gesù. Il monotelismo negando la volontà umana, nega, per ciò stesso, l’amore umano del S. Cuore.
Ma, veniamo alle tre grandi eresie moderne e fermiamoci sopra: il protestantismo, il giansenismo, ed il liberalismo.
Il loro alito pestifero ha fatto soccombere un gran numero di anime; ne risentiamo tutt’ora il fetore, e non rare volte, senza avvedercene, si va soggetti ai suoi miasmi.
Quanti strali lanciati da questi fautori dell’eresia nuova contro la Chiesa sono andati a colpire il S. Cuore di Gesù sin nel suo sacramento d’amore!

I. Le eresie moderne: il protestantismo.

Il protestantismo è il capolavoro del diavolo; esso assale il S. Cuore di Gesù da tutte le parti: nella sua dottrina che rigetta; nella sua Chiesa di cui vuol scalzare le fondamenta; nei sacramenti, intaccandone o la istituzione, necessità e natura, od il numero, o l’efficacia, o l’amministrazione. E’ il sacramento dell‘Eucaristia che essi prendono soprattutto di mira. Il diavolo in persona insinua a Lutero l’abolizione della Messa; Calvino e Zuinglio si scagliano contro il Signore che s’immola sull’altare o dimora nel tabernacolo, come i Giudei si buttarono sull’Umanità santa di Gesù vivente sulla terra per farne scempio. Vi è di più, un non so che di ributtante nella sacrilega apostasia di questi eretici orgogliosi; l’amore che ci dimostra il S. Cuore di Gesù li rende furibondi. Chi potrebbe dire le profanazioni ed i sacrilegi di cui si rendono colpevoli verso il SS.mo Sacramento dell’altare questi monaci, questi preti rinnegati?
Vi è ancora qualche cosa di più triste. La loro dottrina ha deposto nei cuori degli incauti che si sono da essi lasciati abbindolare, un funesto lievito, un germe di impenitenze. Coloro che negano i prodigi d’amore del S. Cuore di Gesù verso di noi non tardano a dar esempio di uno smisurato orgoglio. Questa è la causa delle difficoltà che si incontrano nella conversione degli eretici e dei paesi infetti d’eresia. Ora, chi potrà mai aver il trionfo su questo spirito infernale, se non la divozione al divin Cuore di Gesù e lo spirito di riparazione di cui essa è satura? Soltanto essa potrà far cadere nuovamente la rugiada delle celesti grazie su quei cuori disseccati come il Sahara dal vento infocato d‘una inveterata superbia.

II. Il giansenismo.

Il giansenismo ha forse recato più danno del protestantismo. Quest ‘eresia che affettava il rigorismo più smisurato, si proponeva come fine di annientare la fiducia nei cuori dei fedeli e distoglierli dall‘accostarsi all’Eucaristia, esagerando a tale scopo le disposizioni richieste per la S. Comunione. Volevano uccidere l’amore a forza di rispetto esterno. Contemporanei poi alla divozione del S. Cuore, i fautori di questa eresia hanno lottato contro di essa con l‘accanimento che loro ispirava l‘inferno. Ancor oggi sussistono i germi di questo spirito. Da quanti sacerdoti la vera dottrina della Chiesa intorno alla Santa Eucaristia è stata sì a lungo malamente conosciuta! La confidenza e quindi l’amore non esistevano più che in un piccolo numero di anime, e la Santa Eucaristia veniva trascurata e lasciata in abbandono. Come era possibile a cuori resi così gelidi comprendere l’amore del Cuore Eucaristico di Gesù per noi? Anche ai nostri giorni si trovano, purtroppo, cuori siffatti.
Ecco un campo aperto per le anime buone, una missione riparatrice delle più feconde, delle più difficili che esse debbono intraprendere. Dobbiamo struggerci di amore per il Cuore di Gesù, e una volta imbevuti di questa dilezione piena di compassione per gli oltraggi dei figli ingrati, infedeli, dobbiamo strappare dalle anime le spine della falsa dottrina e combattere con la semplicità del nostro amore le astuzie di Satana.

III. Il liberalismo.

Caterina Emmerich segnalava già in questa eresia contemporanea una afflorescenza del protestantesimo e del giansenismo. Si figurava poi il liberalismo come un fanciullo insolente, non avente per altro del fanciullo che le apparenze esterne, unito in stretti rapporti con i nemici di Dio e pieno di disprezzo per quanto sa di autorità divina od umana.
Non è lo spirito che aleggia a’ nostri giorni Vi son dei liberali cattolici, per non parlar degli altri, che negano o attenuano il sopranaturale, e non ammettono che con la bocca il S. Cuore di Gesù. Ne fanno un’astrazione metafisica e rigettano soprattutto il cuore materiale sotto pretesto di combattere l’amore sensibile, distruggendo l’amore stesso. Questi cuori ulcerati d’orgoglio non possono comprendere che un’anima si inebbrii d’amore pel S. Cuore di Gesù e che quest’amore sia più forte di tutte le follie dell’amore umano e sensuale che essi, in fondo poi, portano in trionfo.
Un’altra dottrina di questa cattedra di pestilenze è la pretenzione ridicola di metter insieme lo spirito del mondo con quello di Dio, Belial con Gesù Cristo, le tenebre con la luce.
Quanta abbondanza d’amore tenero, ingenuo e pieno d’umiltà non occorre per riparare questi oltraggi che si recano al Cuore di Gesù da coloro che si credono suoi amici! Da che proviene, infatti, il languore sconfortante, l’indifferenza smisurata nei riguardi del S. Cuore di N. Signore, soprattutto nell’Eucaristia, se non dallo spirito mondano e liberale che ha infettato un troppo grande numero di anime; non esclusi noi forse?
E’ per combattere questo fanciullo infernale, del quale parla Caterina Emmerich, che noi vogliamo far uso dei mezzi indicati da quell’anima: un amore ingenuo, ma forte e generoso nel tempo stesso: procurare che venga impartita ai fanciulli l’istruzione cristiana in tutta la sua semplicità.

Preghiera e risoluzione.

Cuore divino di Gesù, voglio vivere con semplicità e rettitudine ond’essere più disposto a risarcirvi degli oltraggi che ricevete dagli eretici. Iradii intorno a me la semplicità infantile che tanto piace a Voi e rende così facile l’avvento del vostro regno nei nostri cuori. Non ricusatemi tanta grazia!

III.

L’ingratitudine e l’oblio

L’eresia e lo scisma producono delle spietate ferite nel divin Cuore di Gesù, ma che dire di quelle che inferiscono gli amici, anzi certi sacerdoti e religiosi, fedeli alla loro sublime missione apparentemente soltanto? Se ne è il Salvatore lamentato con Santa Margherita Maria. «Gli altri e tra questi si possono mettere gli eretici e scismatici, colpiscono il mio corpo, ma questi si accaniscono nel dilaniare il mio cuore ».
Ah! Cuore amabilissimo! non dovreste ricevere da noi che ferite di amore, ed al contrario vi straziamo con le nostre ingratitudini ed indifferenze e vi attristiamo col nostro oblio.

I. Negligenze relative alla Santa Messa ed alla Santa Comunione.

Fra questi oltraggi ve ne sono di quelli che devon esser segnalati; ed anzitutto la negligenza con la quale parecchi secerdoti celebrano la santa Messa e l’indifferenza con cui non poche anime dedite, in apparenza, alla pietà, ricevono la Santa Comunione.
In quest’ultima categoria son compresi pure coloro che non frequentano la mensa eucaristica per durezza di cuore o dimenticanza.
Nostro Signore medesimo ci fa notare nel Vangelo quanto questa condotta l’offenda.
Un uomo fece una gran cena e invitò molti; e all’ora della cena mandò un suo servo a dire ai convitati: « Venite ch’è pronto
». Ma presero tutti a scusarsi. Il primo gli disse: « Ho comprato un podere, e bisogna che vada a vederlo, abbimi ti prego, per iscusato ». E un altro disse:
«Ho comprato cinque paia di buoi e vo' a provarli: abbimi ti prego per iscusato
». Un altro ancora disse: «Ho preso moglie e non posso venire ». (Luca XIV-16).
Si avvera così anche per la Santa Eucaristia. Chi ha un debole per la superbia per l’interesse o la voluttà, pur quando non è conscio d’aver commesso un peccato mortale, o si astiene di fatto dalla comunione, o se ne allontana col cuore, in quanto che la fa per abitudine, senza preparazione, senza desiderio, senza sforzi per migliorare la propria condotta, senza ringraziamento, in una parola, lo ripetiamo, senza cuore.
E’ così forse che si deve trattare l’amor nel suo stesso sacramento? Si pensi un po’ al frutto che si ricaverebbe da una messa ben celebrata, da una comunione ben fatta!
Caterina Emmerich ci dipinge assai vivamente queste distrazioni del tutto volontarie, che provengono non dall’immaginazione ma dalla volontà, dal cuore. Ella vide un sacerdote che andava all’altare per celebrare; vi posò il calice, e, quantunque rivestito dei paramenti sacri se n’andò in una casa di campagna che possedeva, per vigilare il bestiame di sua proprietà, senz’altro pensare al S. Sacrificio.
E’ a puntino la parabola degli invitati applicata a coloro che si recano a celebrare i santi misteri con il corpo, ma con lo spirito altrove, tutto assorto nell‘oggetto della propria passione. Che dolore per il Cuore sacerdotale di Gesù! 0v‘è il mio sacerdote, dice egli? Ov’è il mio amico? Ho il cuore e le mani ricolme di grazie per lui.
Non è là, Signore, è dove ama, come dice S. Agostino, ed egli non nutre per Voi molto amore. Il Cuore Eucaristico di Gesù non può più soffrire, ma quale sofferenze ha provato per questa ingratitudine, durante la sua vita mortale, Egli sì tenero, sì buono, sì delicato!

II. L’oblio in cui si lascia il S. Cuore di Gesù durante il giorno.

La seconda ingratitudine che deriva della precedente è la dimenticanza in cui si lascia il S. Cuore di Gesù durante il giorno. Egli è nel suo Tabernacolo, ma lo vi si lascia solo. Dei ministri di Dio, delle persone chiamate alla pietà son lì, vicinissimi alla chiesa, ma non entrano per visitare il loro Dio, il loro fratello ed amico. A che ciò? Non si deve forse prendere anche dello svago? Non è più opportuno assistere a riunioni, andare a ritrovi per tenersi al corrente delle novità del giorno? Spesso per far ciò si affronteranno reali sacrifici, ma per il S. Cuore di Gesù, che è a due passi, non ci si vuol disturbare. Che dire poi se trattasi di un’anima dedicata al S. Cuore. di Gesù, di un ‘anima che per vocazione è stata chiamata ad amarlo, anche per chi non l’ama, a ricordarsene per chi non se ne sovviene, a riparare per chi cade? Essa avrebbe un mezzo facile ed efficacissimo di rispondere alla propria vocazione, la contemplazione, ma una bagatella, un nonnulla la distrae, la divaga. O divin Cuore, dovrete forse ripetere ancora: Ho cercato un consolatore e non lo ho trovato? Oh! no, noi vi consoleremo e vi ameremo.

III. Il languore dello zelo apostolico.

Una terza forma d’ingratitudine si è la trascuratezza nel far conoscere le dovizie del S. Cuore di Gesù alle anime che ci sono affidate o sulle quali abbiamo una influenza. Se almeno si attirassero alla S. Comunione tante anime che languiscono prive di questo pane di vita! Se si depositasse in questi cuori una piccola scintilla di fuoco d’amore per preservarle dal fuoco della voluttà! Ma, se il cuore è di ghiaccio, come è possibile la carità d’un apostolo? N. Signore ha tanto chiesto che si propagasse la divozione al suo divin Core, noi siamo così inerti! Che facciamo, noi apostoli di questo amabile Cuore? Non abbiamo bisogno piuttosto che si ripari anche per noi? Ah! non sia più così! Imitiamo quei sacerdoti veduti da Caterina Emmerich che sostenevano una chiesa sulle proprie spalle, una chiesa in cui si trovava il tabernacolo con il SS.mo Sacramento!
Noi non parliamo più di messe, di comunioni sacrileghe, di tanti peccati che si commettono quando si ricevono i sacra
menti, o nel tempio stesso di Dio dalle anime e dai servi del divin Salvatore, e pertanto, bisogna pur dirlo: che abbominazioni si commettono nel santuario! No, tiriamo il velo su ciò, e preghiamo per ora piuttosto la misericordia incarnata del divin Cuore di Gesù di volersi estendere su tante anime che lo dimenticano e che I ‘offendono con le proprie negligenze, e supplichiamolo di perdonare a noi stessi la trascuratezza da noi usata nel compiere la nostra sublime vocazione di zelatori ed amici del Cuore di Gesù.
Pratichiamo d’ora in poi con il massimo zelo la virtù di religione verso il Cuore eucaristico di Gesù.
Contempliamo Gesù annichilito innanzi al Padre nel santo Sacramento. Gli atti sublimi d’adorazione ch’Ei compie in cuor suo costituiscono e costituiranno sempre l’estasi dei beati. Ei, più d’ogni altro, conosce la grandezza della divinità, l‘esclusivo diritto che essa ha di regnare su tutti gli esseri. Oh! come adempie Gesù con amore e rispetto questo dovere religioso verso Dio, suo Padre, e come invita le anime a ciò fare! Ei vuole che esse partecipino al suo stato di ostia e d’olocausto che è la perfetta adorazione.
E’ in questa vita eucaristica che il S. Cuore vuole soprattutto essere onorato e consolato: « Uno dei miei più rudi supplizi; diceva S. Margherita Maria, lo provavo quando questo divin Cuore mi veniva rappresentato con le seguenti parole: Ho sete, ma d’una sete sì ardente d’essere amato dagli uomini nel S.mo Sacramento, e questa sete mi consuma; e non trovo nessuno che, giusta il mio desiderio, si sforzi di dissetarmi col rendere qualche compenso al mio amore
».
E’ per rispondere a questo doloroso lamento che l’umile verginella di Paray si sforzò di dare alla divozione e alla riparazione al S. Cuore di Gesù una forma che si può chiamare eucaristica.

Preghiera e Risoluzione.

Io sono confuso, o mio buon Maestro, per tutte le mie freddezze e per tutte le mie mancanze. Non so che dirvi: Io credo, adoro; aumentate la mia fede, infiammate il mio cuore, perché divenga alfine vostro, consolatore.

IV.

Lo spirito di riparazione eucaristica

Vi sono tre principali specie di riparazione. L’una consiste a riparare per una determinata persona, praticando tale o tale altra virtù contraria ai vizi che in essa si riscontrano. Questo genere di riparazione va soggetta a illusioni e non può essere, in via ordinaria, consigliata. Tuttavia il S. Cuore di Gesù può esigerla da certe anime altamente favorite da lui.
La seconda specie è contrassegnata da mortificazioni e penitenze esteriori. Questa è sempre necessaria in una certa misura, ma non è il fine precipuo della divozione al S. Cuore. E’ mediante il cuore che bisogna soprattutto riparare le ferite del Cuore. Il Cuore di Gesù nondimeno potrebbe anche domandare delle penitenze esterne rigorosissime a qualche anima che si è a lui dedicata; il direttore spirituale può permettere di compierle quando però vi fosse una prova manifesta della volontà divina, e se la pratica di esse non presentasse alcun pericolo, quello dell’orgoglio ad esempio, della singolarità.
La terza specie è quella della quale vogliamo qui trattare, ossia:

I. La riparazione eucaristica.

La riparazione che è soprattutto richiesta, e verso la quale lo Spirito Santo orienta or più che mai le anime, è la riparazione eucaristica propriamente detta. Essa si basa su due principii: 1° Il Sacro Cuore di Gesù nella S. Eucaristia è il solo vero riparatore così come Egli solo è il vero organo dell’amore e dell’azione di grazie. 2° Noi ci associamo al divin Cuore di Gesù per questo sublime compito della riparazione, avvertendo bene che spetta a noi, aiutati dalla sua grazia, a presentare l’acqua delle nostre disposizioni raccolte nei nostri cuori, e che spetta all’amor suo a trasmutarle in atti di amor generoso, come il vino miracoloso di Cana.
Le disposizioni che dobbiamo avere per ben adempire la nostra missione riparatrice sono negative, cioè mirano ad allontanare gli ostacoli, e positive, ossia pongono degli atti reali. Le prime eliminano l’attacco alle creature con la rinunzia, e l’amor proprio con l’annegazione e l’umiltà. Ogni affetto sregolato, ogni atto derivante da esso ci impedirebbe di corrispondere alla nostra vocazione. Onde facilitare questa rinunzia, che equivale a morire alla natura ed a noi stessi, meditiamo spesso le amabilità e i benefici del buon Maestro. Tali considerazioni ci stimoleranno a formulare atti di amore ardente per il S. Cuore e ci spingeranno a prendere per regola della nostra vita interiore l‘amor Suo.
Le disposizioni positive poi consistono: 1° nell’atto d’abbandono al divin Cuore di Gesù, pel quale noi siamo disposti a ri
cevere tutto ciò che ci manderà per la sua maggior gloria e pel suo amore; 2° nell’esercizio della contemplazione, con la quale noi ci uniamo a lui, allo scopo di adempire tutte le sue volontà e di essere suoi strumenti docili. Queste disposizioni devono poi sempre essere nel nostro cuore e perfezionarvisi quando ci applichiamo a compiere gli atti propri della riparazione eucaristica dei quali ci accingiamo a far parola.

II. La Santa Messa.

Noi abbiamo già parlato della dignità e del merito infinito della santa Messa. Il sacrificio eucaristico è l’atto supremo d’amore, di riparazione e di ringraziamento, e, nel contempo, di adorazione. Formuliamo l’intenzione d’offrire sempre la santa Messa per la maggior gloria del S. Cuore di Gesù e di rendergli per essa il massimo tributo di amore. Associamo nel santo sacrificio dell’altare il nostro cuore a quello divino di Gesù e per esso, con esso immoliamolo ed offriamolo all’Eterno Padre. Questa unione al S. Cuore, il quale è l’amore, la riparazione ed il ringraziamento vivente ed incarnato, si compie in modo più o meno perfetto, a seconda del nostro volere. Tutto il nostro cuore dovrebbe inabbissarsi in questa unione sacerdotale al Cuore di Gesù, prete e vittima. E’ questa una pratica che ci dobbiamo render familiare, pratica sublime, fecondissima, che ci sottrae ognor più a noi stessi, al nostro amor proprio, alla creatura e che ottiene sempre il suo effetto, se ci troviamo in stato di grazia.
L’unione al sacerdozio del S. Cuore di Gesù, l’offerta sacerdotale che noi facciamo di lui e di noi con lui, se la si effettua con amore vero e fiducia grande, cancella all’istante ogni nostro peccato veniale, essendo ciò un atto d’amore perfetto. Essa paralizza ogni nostra cattiva disposizione e ci pone in grado di rendere, in realtà, la maggior gloria, il tributo più grande di amore, una riparazione efficacissima al Cuore di Gesù.
Ex opere operato, ogni Messa quantunque celebrata dal più indegno fra i sacerdoti, è essenzialmente un atto infinito d’amore, di riparazione, di ringraziamento per parte di N. Signore, che ne è il principale offerente; ma quando noi pure ci associamo a queste disposizioni sacerdotali del S. Cuore di Gesù, mediante un atto positivo e personale, noi otteniamo, ex opere operantis, delle grazie incalcolabili destinate a formare il cuore mistico di Gesù nella Chiesa, venendo eliminati per questo atto quegli impedimenti ed ostacoli che impediscono al sacrificio dell’altare di produrre quoad nos, ossia nei riguardi nostri, tutti i suoi effetti.
Forse quante negligenze dobbiamo rimproverarci rispetto alla S. Messa?

III. L’Ora santa e l’adorazione.

Ecco altri due atti propri della riparazione eucaristica. L’Ora Santa, raccomandata da N. Signore a S. Margherita Maria, deve farsi con l’intenzione di riparare i peccati, le dimenticanze, le indifferenze ed ingratitudini dell’anima cristiana. La pratica di essa ci rende veri angeli consolatori del S. Cuore di Gesù. Ah! se potessimo trasformare tutto il cuor nostro in amore di compassione per questo divin Cuore!
Tale sia il nostro costante desiderio. Durante questo devoto esercizio uniamoci alla Vergine Santa, a S. Giovanni, a S. Margherita Maria ed al S. Cuore di Gesù medesimo per piangere e gemere con essi e per essi sulle nostre colpe. Questa unione renderà certamente più efficace la nostra riparazione.
L’adorazione del S. Cuore di Gesù nel suo Sacramento esposto sui nostri altari è pur essa uno dei principali esercizi della riparazione. A tempi nostri, lo Spirito Santo spinge con una forza tutta divina la Chiesa a prendere spesso come oggetto di contemplazione il Santissimo Sacramento esposto alla pubblica adorazione.
Roma, che è la vindice della vera pietà, ha adottato quest’esercizio con un tale splendore da farlo primeggiare fra tutte le altre pratiche. Da Roma si è propagato su tutto l’universo intero. Le esposizioni del Santissimo Sacramento si sono moltiplicate. Parecchi istituti religiosi hanno l’esposizione quotidiana, altri ogni settimana; la Vittima divina è l’oggetto della loro contemplazione.
Gli amici del S. Cuore di Gesù poi non devono scordarsi di considerare nella Umanità santa del Salvatore, la sorgente ed il fondamento di tutto il resto, l’amore, il Cuore medesimo di Gesù.
Non vi è, dopo la S. Messa, esercizio che superi in merito ed in efficacia l‘adorazione eucaristica.
Nel Santissimo Sacramento, la preghiera del Cuore di Gesù, questa preghiera che è tutto amore, riparazione, ringraziamento, è perenne, fervida, onnipossente, in grado quindi di riparare tutto. Sappiamo pertanto unirci ad essa, appropriarcela, deporla nel nostro cuore, onde esso abbia a vivere di questa vita d’amore e d’immolazione e consumarsi in essa.
Tali sono i sentimenti che devono ispirarci quando ci accingiamo ad adorare il Cuore di Gesù nel più augusto dei Sacramenti.
La nostra adorazione non richiede sempre molte parole; vi son pure degli istanti di silenzio fecondo per sé stessi. Nulla di più bello e di più commovente dell’unione al Cuore divino di Gesù sempre taciturno e pur sempre operoso ed eloquente per noi.
S. Alfonso dice che questa preghiera al divin Sacramento produce talvolta delle grazie sensibili come quelle che derivano dalla santa Comunione. In questa taciturna adorazione è l’amico che parla al suo amico degli interessi del suo amore e della sua gloria.
Del resto non possiamo dimenticare che la divozione al S. Cuore di Gesù è nata durante l’adorazione fatta innanzi al Santissimo Sacramento. E’ pel tramite di questo esercizio, che sì bella divozione si propagherà, si fortificherà e diventerà l’organo potente dell’amore, della riparazione e del ringraziamento.

Riso1uzione e preghiera.

Buon Maestro comprendo che questi santi esercizi, queste pratiche devote compiute con tiepidezza non sono riparazioni, ma una nuova offesa al vostro Divin Cuore. Trasformatemi, Signore, rendetemi più fervente, ve ne supplico con tutto l’animo nei riguardi di esse onde possa avvantaggiarmi e gustare i frutti racchiusivi. Così sia.

v.

La riparazione e l’immolazione

La riparazione deve essere unita all’amore nella divozione al S. Cuore.
« Uno dei principali fini della divozione al S. Cuore, così Leone XIII, è la riparazione, che consiste nell’espiare con i nostri omaggi di adorazione, di pietà ed amore il delitto dell’ingratitudine, sì comune fra gli uomini, e nel sedare la collera di Dio mediante il S. Cuore
».
Questa riparazione, deve farsi soprattutto mediante l’amore, che è formalmente opposto alla ingratitudine; ma N. Signore domanda pure a qualche anima la riparazione mediante la sofferenza, quale un olocausto alla sua giustizia.

I. La riparazione mediante l’amore ed i meriti del S.Cuore.

Un giorno Nostro Signore disse a S. Margherita Maria: « E’ vero, mia figlia, che il mio amore mi ha fatto sacrificare tutto per essi (gli uomini) senza esserne ricambiato; ma io voglio che tu coi meriti del mio S. Cuore supplisca alla loro ingratitudine » (vie II pag. 83).
« Per rianimare la carità così intiepidita e quasi spenta nella maggior parte dei cristiani, diceva la Santa Visitandina al P. Croiset, Nostro Signore vuol dare ad essi, con questa divozione, un mezzo di
amare Dio pel tramite di questo Sacro Cuore, per quanto lo desidera e lo merita, e di risanare con ciò le proprie ingratitudini ».

Il culto di riparazione che N. Signore aspetta da noi deve dunque procedere dall’amore, ma da un amore acceso nel Sacro Cuore e proveniente da questa divina fornace; da un amore che non si appaga solo di affetti e sentimenti, ma che si estrinseca negli atti più generosi delle virtù cristiane e che sa affrontare le prove. Attingiamo dal Cuore di Gesù questo prezioso supplemento di carità, che solo può rendergli gradite le nostre riparazioni. Offriamo anzitutto il Cuore stesso di Gesù al Padre Celeste, come vittima di riparazione, ed aggiungiamoci di poi anche la stilla d’acqua dei nostri meschini risarcimenti.

II. Riparazioni speciali.

Nostro Signore ha chiesto a S. Margherita Maria delle speciali riparazioni per i peccati commessi contro l’Eucaristia. «...In ricambio non ricevo dalla maggior parte di essi (gli uomini) se non ingratitudine con le loro irriverenze e sacrilegi e con le freddezze e i disprezzi che hanno per me in questo Sacramento d’amore... ». Per questo Egli chiede all’umile Visitandina che gli sia resa una riparazione per « i mali ricevuti» dal suo Cuore esposto sugli altari (cfr. Mémoire II, pag. 355).
Le ha chiesto pure delle riparazioni per gli oltraggi recati al suo Cuore dalle persone consacrate: « Ecco quel Cuore, disse a S. Margherita Maria, che tanto ha amato gli uomini, che nulla ha risparmiato, fino ad esaurirsi e consumarsi per attestare loro il suo amore; e in ricambio non riceve dalla maggior parte di essi che ingratitudine... Ma ciò che più mi amareggia è che cuori a me consacrati mi trattino ugualmente »
«Quelli, ebbe a dire altra volta, si contentano di battere sul mio corpo; ma questi colpiscono il mio Cuore, che non ha mai cessato di amarli ».

A questa occasione, N. Signore si mostrò tutto sanguinante e coperto di ferite. Ei soffre per le comunioni fatte male, per gli atti di orgoglio e per le tiepidezze delle anime a Lui dedicate.
Quanta compassione non dovrebbero suscitare in noi queste piaghe dolorose di Gesù!

III. Vittima di giustizia .

S. Margherita Maria non fu soltanto una vittima d’amore. N. Signore le ha chiesto pure di offrirsi come vittima di espiazione alla giustizia divina.
Le propose queste due vie: una vita di amore la più felice e una vita sempre crocefissa e tribolata. Invitandola a scegliere a piacimento tra le due, vi si rifiutò dicendo: «Oh mio Signore, io non voglio altro all’infuori di voi, e la scelta che voi stesso farete per me
». Egli allora le elesse la vita crocefissa (vie II, pag. 78).
« Io cerco per il mio cuore, le confidò in altra circostanza, una vittima che voglia sacrificarsi per il compimento dei miei disegni, come un‘ostia di pace>>. La Santa di Paray poi lasciò scritto:

«Il mio diletto Salvatore non mi concesse tregua sino a che non mi fui sottoposta a tutto ciò che desiderava da me, che era di rendermi vittima immolata ad ogni fatta di sofferenze, d’umiliazioni, di contradizioni, di dolori e di disprezzi, senz’altra pretesa che di compiere i suoi disegni ».

Risoluzione e preghiera.

Salvator mio, non vi chiedo il dono di essere una vittima speciale della vostra giustizia, sarebbe troppo temerario; ma vi domando lo spirito di riparazione che si manifesta con una vita di abbandono, di sacrificio e di amore. Concedetemi un tanto dono pel vostro S. Cuore per cui voglio vivere e nel quale voglio morire. Così sia!

VI.

Ostia d’amore

Nostro Signore vuole anche delle vittime di amore la cui più grande premura sia quella di seguire il cammino della dilezione.
Una di queste fu certo Santa Teresa del Bambino Gesù.
Anime così elette praticano, ben inteso, l’abbandono a Dio e il sacrificio; accettano e amano le croci che Dio loro manda, ma non chiedono a Lui di essere guidate specialmente per la via del dolore, sentendosi inclinate piuttosto a volare per quelle dell’amore.

I. Il cammino dell'amore.

« Oh! quanto è soave il cammino d’amore, esclamava la piccola Santa Teresa!…

Non ho più che un’unica brama; amare Gesù alla follìa! L’amore solo mi attrae! Non desidero più né il soffrire, né la morte, eppure li amo entrambi. Lungo tempo ho invocato e la morte e le pene quali messaggeri di gioia... Ho sofferto ed ho creduto di toccare le soglie del Cielo... Nella mia più tenera infanzia pensai che il puccolo fiore verrebbe raccolto nella sua primavera; ma ora il solo abbandono nel mio Signore mi guida, e non conosco altra bussola. Non so chiedere più nulla con ardore, all ‘infuori del compimento perfetto della volontà di Dio nell’anima mia...
« E’ naturale che si possa cadere, che si possano commettere delle infedeltà; ma l’amore
sa trarre profitto da tutto, consuma presto quello che dispiace a Gesù, non lasciando più nell‘intimo del cuore che una umile e profondissima pace ». (Autobiografia della Santa).

II. Vittima d’amore.

<<…capisco che tutte le anime non possono però, così la Santa, assomigliarsi; occorre ve ne siano di varie e differenti famiglie, per onorare ognuna in modo speciale le singole perfezioni divine. Egli ha largito a me la sua Misericordia Infinita, ed io, traverso a questo specchio ineffabile, contemplo gli altri suoi attributi.
Essi mi appariscono allora tutti sfavillanti di Amore, fino la sua Giustizia; e questa forse ancora più degli altri mi sembra rivestita d’amore. Quale gioia ineffabile è mai il pensare che il Signore è giusto, che tien conto delle nostre debolezze, che conosce perfettamente la fragilità della nostra natura! Di che mai potrò io dunque temere? Quel Dio infinitamente giusto, che degnasi di perdonare con tanta misericordia le colpe del figliol prodigo, non deve esser giusto anche verso di me, che sono sempre con lui?
».
« Nel 1895 ottenni la grazia di intendere sempre meglio quanto Gesù desideri di essere amato. Pensavo un giorno alle anime che si offrono vittime alla divina giustizia per istornare, attirandoli sopra di sé, i castighi riserbati ai peccatori. Trovai quest’offerta grande e generosa, ma ero assai lontana dal sentirmi la forza di farla. O mio divino Maestro, esclamai allora dal fondo del mio cuore, non vi sarà dunque che la vostra giustizia che riceverà i suoi olocausti? Il vostro amore misericordioso non ne avrà esso pure bisogno? Egli è dovunque sconosciuto, rigettato...; quei cuori ai quali vorreste farne dono generoso, si volgono alle creature, chiedono la loro

felicità al miserabile affetto di brevi istanti, invece che gettarsi fra le vostre braccia ed accettare la deliziosa fiamma del vostro amore infinito.
O mio Dio! quest’amore disprezzato rimarrà dunque chiuso nel vostro cuore? A me sembra che, se trovaste delle anime, le quali si offrissero
vittime al Vostro Amore, le consumereste rapidamente, e sareste felice di non comprimere punto le fiamme di tenerezza infinita che in voi sono racchiuse ». (Opera citata).

III. L’atto di offerta.

« Ella conosce, così scrive la Santa, Madre mia, le fiamme o piuttosto gli oceani di grazie che inondarono l’anima mia il 9 giugno 1895, compiuta appena la mia donazione. Ma da quel giorno l’amore mi penetra e mi circonda; quest’amore misericordioso mi rinnova, mi purifica ad ogni istante, e non lascia nel mio cuore traccia alcuna di colpa ». (Opera citata).
Citiamo la conclusione della sua offerta:
«Allo scopo di vivere in un atto di amore perfetto,
mi offro come vittima di olocausto al vostro amore misericordioso, supplicandovi di consumarmi senza posa, col lasciare riversar nella mia anima i fiotti di tenerezza infinita rinchiusi in Voi, onde così divenga martire dell ‘amor vostro, o mio Dio. Questo martirio dopo avermi disposta a comparire dinanzi a voi, mi faccia finalmente morire. La mia anima si slanci senza ritardo nell’eterno amplesso della vostra misericordiosa dilezione! Voglio, o mio Diletto, rinnovarvi ad ogni battito di cuore questa offerta un numero infinito di volte, fino a che dileguatesi le ombre, possa ridirvi il mio amore alla vostra presenza in eterno ».
 

Preghiera e risoluzione.

Ed io, o mio adorabile Salvatore, che vi offrirò mai? Suggeritemelo voi, indirizzatemi; voglio almeno, con la grazia vostra, potermi applicare a vivere nello spirito di abbandono di sacrifizio, di amore e di immolazione in unione con la Santa Ostia del tabernacolo. Così sia.

 

 

MISTERO D’AZIONE DI GRAZIA

I.
Carattere dell’azione di grazia

Noi ci siamo accinti a studiare i grandi atti che formano la vita del Cuore di Gesù nell’Eucaristia, e fin qui ci siamo indugiati a contemplare l’amore, l’adorazione, l’impetrazione e la riparazione; ci rimane ora a considerare un ultimo compito sublime che Esso va svolgendo tra le tacite pareti dei nostri tabernacoli, vogliamo alludere all‘azione di grazia. In questa meditazione cercheremo, dopo di aver presentato, con molta opportunità, nel primo punto di essa, una sintesi di quanto è stato sul qui oggetto delle nostre salutari riflessioni, di individuare il carattere dell’azione di grazia nelle divozioni al S. Cuore.

 

I. Tutto si riassume nell’Amore.

Nel S. Cuore di Gesù l’adorazione, l’impetrazione, la riparazione e l’azione di grazia non sono soltanto il fine, ma quasi l’essenza medesima del sacrificio. Nel mistero dell’Incarnazione e della Passione, questi atti interni si sono aggiunti a degli atti esterni; ma nell’Eucaristia, sussiste la vita interna unicamente e gli atti relativi ad essa costituiscono tutta la vita di sacrificio di questo divino Cuore.
Riproduciamo questi medesimi atti in noi stessi ed orientiamoli senz’altro verso il S. Cuore di Gesù. Essi, in fondo, si riassumono tutti nell’amore. Come si può dire che Dio è tutto amore, così può affermarsi che Gesù-Ostia è tutto amore; e, in questo senso, può dirsi parimenti che tutta la vita cristiana, la vita riparatrice in unione al divino Cuore, si riduce alla carità: Caritas est vinculum perfectionis. La riparazione, l’azione di grazia, l’adorazione medesima, sono differenti forme della carità, quando le facciamo secondo le intenzioni di N. Signore e ci abbandoniamo al suo beneplacito.
L’azione di grazia deve terminare ciò che l’oblazione ha iniziato; essa è iniziale quaggiù, ma deve continuare lassù in cielo. In quanto alla riparazione, durerà anche in paradiso, fino a che vi  saranno sulla terra degli uomini, ma senza espiazione.
L’azione di grazia corrisponde direttamente ai misteri dell‘Eucaristia, giacché la parola Eucaristia significa appunto azione di grazia. Si rileva che N. Signore Gesù Cristo rende grazie a Dio in tutti i suoi principali misteri, ma sopratutto nell’istante in cui istituisce l’augusto Sacramento dell‘Altare: gratias egit. Il suo Cuore stesso è una perenne azione di grazia che si è profusa come un olezzo nel Sacramento dell’amore. Anche i sacerdoti quando celebrano la Santa Messa, innalzano le mani e gli occhi al cielo per dire: Gratias agamus Domino Deo nostro: Rendiamo grazie al Signore Dio nostro; offriamo a lui che Egli si aspetta da noi, l’amore cioè del Cuore del suo Unigenito che è l’azione di grazia perenne.

II. L’azione di grazia nel Cuore di Gesù.

Ma, in che consiste quest’atto così importante nel Cuore di Gesù anzitutto e come deve essere nel nostro? Nel S. Cuore di Gesù esso è un atto d’amore reso a Dio per la dilezione dimostrata pel suo divin Figlio e per noi, col concedergli un Cuore capace di rendere al Padre suo una gloria infinita e coll’assicurare agli uomini la partecipazione alla divinità mediante la adozione divina che noi riceviamo in guisa particolare quando ci nutriamo del Sacramento d’amore. Noi troviamo la formola di questa azione di grazie del S. Cuore di Gesù nella preghiera fatta da N. Signore dopo l’ultima Cena, da cui rileviamo queste parole: « E per loro io santifico me stesso, affinché essi pure siano santificati nella verità >>, e cioè:
io mi offro, mi immolo per amore, allo scopo di unirli alla santa oblazione del mio Onore.
«
...Né soltanto prego per questi, ma anche per quelli i quali per la loro parola crederanno in me, che siano tutti uno, come tu sei in me, Padre, e io con te... Io in essi, tu in me; affinché siano perfetti nell’unità; e affinché conosca il mondo che tu mi mandasti e amasti essi come amasti me >>. (Giov. XVII passim).
Queste parole divine, alle quali non si fa abbastanza attenzione, ci rivelano qualche cosa del cantico di ringraziamento del S. Cuore di Gesù. Ei gode di vedere il suo amore vivente nei nostri cuori, esulta della nostra unione, pel tramite dell’amore del suo Cuore, con Dio stesso, della nostra Santificazione in virtù dell’Incarnazione e della Passione, e della sua consumazione per mezzo dell’Eucaristia.
Ecco in quale guisa Ei diventa, nell’augusto Sacramento, l’azione di grazia vivente e perpetua che ama, ripara e santifica.

III. L’azione di grazia nei nostri cuori.

Ma, quale deve essere l’azione di grazia nei nostri cuori?
La Chiesa ci dà traccia sicura al riguardo:
« Gratias agimus tibi propter magnam gloriam tuam: Noi Vi rendiamo grazie per la grande vostra gloria ». Or, la grande gloria di Dio sulla terra è il Cuore sacro di Gesù; è l’amore con il quale N. Signore ama il Padre suo; è parimenti l’amore con cui ama noi: è il triplice ed ineffabile mistero dell’Incarnazione, Passione e dell‘Eucaristia. La gloria di Dio è il sacrificio del divin Cuore di Gesù di fronte al quale ogni altra glorificazione divina, sulla terra, è accessoria ed accidentale.
Ci preme far qui risaltare la connessione intima dell’azione di grazie con la riparazione. Qual è l’oggetto proprio della riparazione? Non è forse l’ingratitudine? Or, che cos’è l’ingratitudine se non la mancanza di riconoscenza e d’azione di grazie? L’azione di grazia quindi lavora dal canto
suo a strappare le spine che traforano il Cuore di Gesù, ed è per se stessa essenzialmente riparatrice.
Ma nell’Eucaristia è il Cuore di Gesù
l’organo di quest’atto veramente divino; dobbiamo pertanto unirci a lui per ripetere con la S. Chiesa: Gratias agamus Domino Deo nostro »: Rendiamo grazie al Signore, Dio nostro per il Cuore di Gesù, nel Cuore di Gesù e col Cuore di Gesù: per Cor Jesu et in Corde Jesu et cum Corde Jesu.

Risoluzione e preghiera.

Mio Dio, concedetemi la grazia di tenermi costantemente unito al Cuore Divino del vostro prediletto Figliolo, onde possa per mezzo di esso e con esso assolvere il meno indegnamente possibile gli obblighi gravi di gratitudine e di riconoscenza che ho contratti con voi per i benefici innumerevoli elargitimi. Così spero, e così sia.

II.

L’azione di grazia in unione al S. Cuore

Dopo la Comunione, ci dice il P. Croiset, dobbiamo entrare in questo Sacro Cuore che è aperto, onde impararvi a pregare e ringraziare il nostro Dio, a lodarlo, ad annientarci alla sua presenza, ma sopratutto ad amarlo. Quante meraviglie non opera in sì preziosi istanti Gesù Cristo in un‘anima pura che nutre una tenera divozione al Sacro Cuore e che lo ama davvero! Profittiamo della divina presenza, teniamoci in un grande raccoglimento, ascoltiamo N. Signore e lasciamo operare la sua grazia.

I. Abbandonarsi all’amore divino: tacere, ammirare, amore, godere.

La prima cosa che deve fare un’anima in un momento così solenne si è di abbandonarsi all’amore del suo divin Salvatore, e deliziarsi dolcemente della sua presenza. D‘ordinario alla presenza di Gesù si sta muti quando lo si ama assai, e ci si limita a testimoniargli la propria dilezione con degli atti interni e ferventi. Santa Maddalena che, presa d’ammirazione, sta immobile ai piedi del Salvatore, è l’immagine delle anime che si sono appena comunicate. Se queste anime parlano è necessario che le parole da esse pronunziate siano l’espressione del loro amore, della loro ammirazione, del loro gaudio, quali sono queste: << Ho trovato colui che il mio cuore ama, lo tengo e non mi separerò mai da lui ». « Mio Dio e mio tutto! ». « Il mio Diletto è tutto mio ed io sono tutto suo >>.  

L’anima sta di poi in ammirazione, ed è presa da un profondo rispetto misto a stupore nel vedere un Dio, innanzi al quale i Serafini tremano, abbassarsi sino a venire ad abitare nel cuore di un povero peccatore. « Dopo aver ricevuto questo pane d’amore, dice S. Margherita Maria, io sto annientata innanzi al mio Dio, ma con sì grande letizia che il mio interno passa talvolta un mezzo quarto d’ora nel silenzio ed in un profondo rispetto per udire la voce di colui che forma tutto il contento dell’anima mia. Nulla è in grado di procurare una più grande gioia di (quella che fornisce) questo Pane d’amore ».

II. Ringraziare mediante il S. Cuore e pel tramite dell’amor suo.

«Voi l’offrirete al Padre Eterno, dice la Visitandina di Paray, quale vostra azione di grazie, di lode, adorazione ed amore, e lo pregherete di riparare in quell’istante a tutti i difetti della vostra vita passata, di compiere in voi tutti i suoi disegni, ed adempirvi tutte le sue volontà ».
Inviterete quindi le creature a benedirlo con voi e gli offrirete l’amore che hanno per lui tutti i Santi ed il fervore col quale tante anime elette fanno le loro comunioni.
Studiandovi poi di far propri i senti
menti del Cuore di Gesù, considererete ciò che può trovarsi in voi che a lui dispiaccia. cercherete di conoscere quali siano i suoi disegni a vostro riguardo, che cosa si attende da voi e quali cose ostacolino in voi l’adempimento della sua volontà.

III. Chiedere sopratutto la grazia di amare il S. Cuore.

Facciamo conoscere al buon Maestro con molta confidenza e sincerità le nostre debolezze, miserie e bisogni. Diciamogli con Santa Marta: « Colui che voi amate è ammalato >>. Signore posso dubitare del vostro amore dopo quello che avete fatto e state facendo per me? Se mi amate, vi reggerà l’animo di vedere le mie infermità senza guarirle? E sopratutto tollererete che io vi ami così poco, lascerete che io mi indugi più oltre ad infiammare il mio cuore del fuoco sacro del vostro divino amore! Ricusatemi pure tutto il resto, ma non mi rifiutate il vostro amore.
Non tralasciamo poi in ogni comunione di compiere pel Cuore di Gesù qualche sacrificio che gli torni gradito, se non altro col metterci di proposito a correggere quello tra i nostri difetti che sappiamo riuscirgli di maggior dispiacere.
Non dimentichiamo inoltre che noi pro
veremo gli effetti sensibili della comunione, solo se ci faremo premura di passare il restante della giornata in un grande raccoglimento interno.
Felici, mille volte felici coloro che si accosteranno al divin Banchetto con queste disposizioni! Come le loro comunioni consoleranno il Cuore di Gesù! Quali frutti meravigliosi di santificazione ne ritrarranno!

Una volta, N. Signore fece vedere a S. Margherita Maria tre persone che si recavano alla Mensa celeste con fervore e le disse: <<Io darò ad esse tre baci: di pace, d’amore, di confidenza ». Questi sono i tre principali frutti della comunione.

Risoluzione e preghiera.

Mio divin Salvatore, mi sia concesso di uniformare a questi consigli il mio ringraziamento, ed i miei sforzi a questo riguardo possano, con la grazia vostra, esser tali da meritare anch ‘io di ricevere da Voi il bacio di pace, di amore e di confidenza. Così sia

III.

Sentimenti che deve determinare l’azione di grazia dopo la S. Messa e la S. Comunione nelle anime consacrate al Cuore di Gesù.

I fedeli, sopratutto i sacerdoti dedicati al Cuore di Gesù devono amare questo divin Cuore non solo riparandone gli oltraggi che la natalizia degli uomini e le loro ingratitudini. Gli procurano, ma anche ringraziandolo del grande amore ch’Ei nutre per essi e dei frutti di santificazione che fa germogliare nelle anime loro. Lo ringrazino specialmente d’aver rivelato alla Chiesa la divozione al suo Cuore amabilissimo, per l’onore che gliene deriva e gli atti d’amore che per essa gli vengon tributati, atti che, iniziati sulla terra, non avranno mai fine e lo consoleranno per tutta la eternità: In servis suis consolabtur Deus. E’ per raccogliere questa efflorescenza della gratitudine e del nostro amore che Gesù è disceso sulla terra, dilezione e riconoscenza a lui dovuta per altro a buon diritto.

I. Sentimenti che ispira l’azione di grazia.

L’azione di grazie dopo la S. Messa e la S. Comunione deve determinare in noi, sopratutto, anime consacrate al Cuore di Gesù, una gioia immensa pel fatto che almeno da noi Esso incomincia ad esser conosciuto, e, nel contempo, profondi atti di lode. Non temiamo a questo riguardo di esagerare, che, per quanto ci si sforzerà, si farà sempre di meno di quanto Ei merita: Quantum potes, tantum aude, quia major omni laude, nec luadare sufficis. Non si riuscirà mai, infatti, ad uguagliare la nostra lode e la nostra dilezione ai benefici provenutici da quel Cuore divino, che non soltanto ci ha lasciato in dolce retaggio la sua Chiesa, la sua Madre Ss.ma, i suoi sacramenti, ma ha voluto comunicare a noi tutto Se stesso. Si può essere più amante e più amabile di così? Quid retribuam Domino? Innalziamo verso il cielo in compenso il calice salutare con quel Cuore adorabile, fornace del più smisurato amore e fonte d’ogni dono perfetto.
Questa effusione farà per conto suo sbocciare un totale oblio di noi stessi: al cospetto di tanta carità, non si ha il tempo di pensare al poco che si crede di fare. Le anime ingrate ed interessate soltanto hanno la spudoratezza di far dei continui ritorni su se stessi. Questo oblio poi susciterà in noi, a sua volta, un desiderio ognor maggiore di mostrarci riconoscenti verso il S. Cuore di Gesù, di esaurirci, consumarci, morire all’uopo per lui, e, conseguentemente, una generosità illimitata.

II. Zelo ed apostolato, gioia e dolcezze spirituali.

I sacerdoti in particolare e tutti quanti si sono consacrati al Cuore di Gesù devono sapersi valere di un mezzo possente per alimentare ed estrinsecare la propria riconoscenza verso il S. Cuore, comunicatosi ad essi nella santa Messa o nella santa Comunione: è la santificazione delle anime con l’adorazione, i sacramenti, la predicazione o conversazione che abbia per oggetto il Cuore adorabile di Gesù. Essi trovano che non basta il proprio cuore, e sentono il bisogno di trascinarne altri col proprio all'amore di Colui che ha sacrificato tutto se stesso per gli uomini. Lanciatisi con la preghiera alla conquista dei cuori, sapranno avere tanta generosità da superare gli ostacoli che loro sarà dato di incontrare e una sconfinata fiducia in quel Cuore divino che nulla sa rifiutare ad anime veramente riconoscenti ed amanti.
I sacerdoti poi di questi frutti di zelo e di apostolato, germogliati dal ringraziamento dopo la santa Messa, esperimenteranno l’efficacia soprattutto nell’amministrazione dei Sacramenti, in ispecie della confessione e dell’estrema unzione ultima prova di tenerezza più che materna del Cuore di Gesù verso chi s’incammina al tramonto della vita.
Un cuore dilatato sotto l’influenza di così salutari e dolci effluvi, infatti, potrà più facilmente far dilatare i cuori di coloro che subiscono la sua azione. Una gioia, finalmente, spirituale, una fiumana di dolcezze celestiali inonderà l’anima di quanti praticano l’azione di grazia col Cuore di Gesù. La dolcezza di quel Cuore divino messa a contatto dei loro cuori nella S. Comunione e dilatati dalla gratitudine per essere stati ammessi a nutrirsi del Pane venuto dal cielo, si farà sentire. La gusteranno essi e la gusteranno in molte maniere: ora, sotto forma di lumi che comunicheranno loro intelligenze consolanti; ora, sotto un aspetto di amore tenero che produrrà in essi soave compiacenza nel Signore, al quale si sentiranno dolcemente stretti e vincolati; ora in guisa di sentimenti di amor generoso che li ingrandirà, li innalzerà al di sopra di sé stessi e li corroborerà di una sicura e riposata confidenza, tanto da sentirsi forti della fortezza e tranquillità della pace di Dio ed ora, finalmente, sotto l’aspetto di amore vivamente acceso, dal quale si sentiranno come struggere in soavi vampe, e liquefare in desideri, in brame ardenti di assecondare quel Cuore adorabile con tutte le proprie forze e potenze.

III. L'azione di grazia nei riguardi del Sacerdote  in particolare.

Il cardinale de Lugo fa rilevare che ogni materia in un sacramento esprime una particolare grazia essenziale. Ora, nella S. Eucaristia, vi è una duplice materia: il pane ed il vino. Una grazia speciale pertanto va unita a ciascuna di queste due specie, quantunque ognuna contenga tutto il Corpo, tutto il Sangue, tutta la Divinità, tutto il Cuore di N. Signore Gesù Cristo.
Vi è una grazia unita alla comunione del calice, distinta da quella del Pane eucaristico e di cui oggi il sacerdote solo può godere, comunicandosi lui solo sotto le specie del vino. Il santo e dotto Cardinale aggiunge che questa grazia consiste nella ebbrezza spirituale: et calix meus inebrians quam praeclarus est, nella gioia intensa e generosa: bonum vinum laetificat cor ho minum, nell’azione di grazia medesima, giacché il sacerdote non trova altro mezzo per esprimere la propria riconoscenza verso l’amore si grande del Salvatore se non assumendo il calice che ne contiene il preziosissimo Sangue: quid retribuam Domino pro omnibus quae retribuit mihi? Calicem salutaris accipiam... E’ questo un singolare privilegio che fa del prete l’organo speciale ed ufficiale dell’azione di grazia, come lo è della riparazione. E’ per questo che lo Spirito Santo rappresenta il Banchetto eucaristico come un canto di letizia, come il concerto d’un festino nuziale: In voce exultationis et confessionis, sonus epulantis. La santa specie del vino produce questa allegrezza e questi trasporti ineffabili, perché rappresentano in modo singolare il S. Cuore di Gesù, da cui è sgorgato il sangue, l’amore.
Questa letizia divina è un insieme di tenerezze e di generosità e può arrivare sino all’estasi.
Essa non teme di manifestarsi all’esterno sotto forma di canti, di trasporti d’ogni fatta o danze magari: così la manifestò Davide al cospetto dell’Arca. Il corpo, l’anima, l’intelligenza, il cuore, tutto si deve dimenticare innanzi al S. Cuore eucaristico e sacerdotale. Giacchè Egli è preso da una santa follia d’amore per noi, perché non dovremmo fare altrettanto noi per Lui?

I preti giansenisti e liberali non raccoglievano né raccolgono nella santa Eucaristia che una profonda tristezza, perché l’orgoglio è signore del loro cuore e mentre gli uni si danno al culto di se stessi gli altri si danno al mondo e quelli e questi al demonio. La comunione per essi non può generare che disgusto e noia.
Il S. Cuore di Gesù non vuol produrre questa gioia, questa letizia, la quale inebriò già i martiri nel momento del martirio, che nelle anime innocenti piene di semplicità e di rettitudine.
Perché i ministri di Dio la esperimentano si poco alle volte? Perché ricercano la letizia di questo mondo, e perché il loro cuore non è avido delle ebbrezze divine di cui parla il Cantico dei Cantici. Più dimenticheranno se stessi e più si inebrieranno ai torrenti di gioia del S. Cuore di Gesù. Perché le anime ferventi si mostrano talvolta più giulive dei sacerdoti? Il S. Cuore dà ad esse, in ricompensa della loro generosità,
ex opere operantis, ciò che ai suoi ministri avrebbe concesso con maggior larghezza, se essi le avessero uguagliate e sorpassate nella via dell’amore.
N. Signore ha detto ciò a S. Teresa e l’ha ripetuto più volte ad altri santi.
Questo tripudio divino trae poi seco una moltitudine di grazie attuali atte a far superare ai sacerdoti gli ostacoli che incontrano nell‘esercizio dei propri ministeri. Certe anime chiamate alla vita di vittima
esperimentano ciò in modo meno sensibile, ma lo esperimentano sempre, e se l'espressione della loro gioia è meno apparente, non è da meno però nel loro cuore. In questo caso la letizia diventa pace, quella pace anzi che supera ogni sentimento.

Risoluzione e preghiera.

 

Vi chiedo, o mio Dio, perdono della freddezza che vi ho manifestato si spesso dopo le mie comunioni a causa della mia cecità spirituale e del mio egoismo. Riconosco ora le finezze del vostro amore e voglio far si che tutta la mia vita non sia più che una continua azione di grazie. Così sia.

IV.

La pratica dell’azione di grazia in certe circostanze della vita

Vi sono certe contingenze che traggono seco necessariamente la pratica dell’azione di grazia. Fissiamo la nostra considerazione su tre di esse Ed anzitutto dobbiamo render grazie con una meditazione o piuttosto una contemplazione speciale dopo la S. Comunione e la celebrazione dei santi misteri.

I. Dopo la S. Comunione

S. Alfonso insiste con forza ed energia su questa orazione di azione di grazie, tanto che fa dipendere da essa l’opera della santificazione, e Caterina Emmerich paragona l’oblio di questo dovere al tradimento di Giuda. Attualmente i sacerdoti ed i fedeli non osano trascurarla troppo facilmente, importa però assai che essi vi attendano con lo spirito ond‘erano animati i santi nel compierla. Tutto si deve riepilogare in una contemplazione calma che fa fondere il nostro cuore come il fuoco fa liquefare ed evaporare l’incenso. Dobbiamo ripetere incessantemente «O amore, o amore, quanto siete amabile! Gratias agimus tibi propter magnam glorian tuam ».
Vorremo noi pure trascurare di ripetere: « Possa il mio cuore immolarsi per questo Cuore che si immola per me ».
Noi abbiamo un modello perfetto della vita eucaristica nella santissima Vergine, durante il suo soggiorno a Gerusalemme ed a Efeso dopo la Pentecoste. Il Cuore immacolato di Maria è il modello perfetto dell’amore che noi dobbiamo avere per il S. Cuore di Gesù sempre vivente per amare. A Nazaret, il Cuore di Maria ci rappresentava l‘amore che viveva teneramente della presenza e delle carezze del S. Cuore di Gesù: sul Calvario, il Cuore addolorato di Maria era il tipo più perfetto della riparazione, quale deve essere praticata da noi; e nella piccola casa di Giovanni, dopo la Pentecoste, questo Cuore materno ed immacolato non visse che d’azione di grazie. Fecti mihi magna qui potens est et sanctum nomen ejus. La Divina Madre raffigurante la Chiesa ed ognuno di noi non cessò di ringraziare il divin Cuore di Gesù per tutti i suoi prodigi d’amore e per quello che li riassume tutti, l’Eucaristia di cui Essa custodiva sempre spiritualmente i frutti nel proprio cuore. Oh, come desiderò che questo Cuore fosse ardentemente conosciuto ed amato! Come benedisse in antecedenza coloro che l‘avrebbero fatto conoscere ed amare! S. Giuseppe non fu chiamato, almeno in una maniera manifesta, alla riparazione; tutta la sua vita trascorse nell‘amore e l’azione di grazie. Egli può quindi, più di ogni altro Santo, apprenderci come dobbiamo contenerci dopo la santa Comunione o dopo la santa Messa. San Giuseppe rendeva grazie annientandosi, dimenticandosi per non vedere il Cuore di Gesù, l’unico oggetto dell’amore suo. Facciamo noi pure così.

II. Dopo una grazia di vocazione.

Vi sono altre occasioni in cui dobbiamo rendere grazie in modo tutto speciale; dopo una conversione ad esempio, o dopo il dono di una vocazione particolare. Come non dovremmo noi effonderci completamente in inni di gratitudine e di riconoscenza alla vista di quest’amore speciale del S. Cuore di Gesù di cui noi esperimentiamo in tal guisa i benefici e salutari effetti?
Non possiamo estenderci su questo punto particolare, giacché le considerazioni ch’esso richiama sono diverse per ogni anima e si diversificano a seconda del favore speciale da essa ricevuto dalla Provvidenza.

III. Dobbiamo effonderci in azioni di grazie pel grande favore concessoci di essere del numero di coloro che conoscono la bella divozione al S. Cuore di Gesù.

Ciò che deve fare eccitare grandemente la nostra dilezione ed entusiasmo è la nostra vocazione alla divozione al S. Cuore. Con ciò, diveniamo un vaso spirituale, Vas spirituale, per il regno dell’amore del S. Cuore in noi; un vaso onorifico, Vas honarabile, per l’insigne onore che questo Cuore ci fa nell’associarci alla sua vita riparatrice e nel contrassegnarci con il segno salutare della sua croce, diventiamo un vaso di pietà e di tenerezza, Vas insigne devotionis, perché noi custodiamo nel nostro cuore la sua vita eucaristica, l’organo eterno dell’azione di grazie sulla terra e nel cielo.
Ma, non consideriamo un tanto favore in noi stessi se non per confonderci d’averne così poco profittato.
Preghiamo questo Divin Cuore che la falange degli amici di questa divozione costituisca veramente un cuore mistico, un vaso spirituale, d’onore e di pietà che sprigioni con abbondanza e senza misura il profumo dell’amore su tutta la Chiesa e su ciascuno dei suoi membri; tale essendo la missione che serba a questa eletta schiera il Divin Cuore di Gesù nella sua bontà e nel suo amore.

Risoluzione e preghiera.

Quid retribuam Domino? Che vi renderò io, o Signore? Come vi mostrerò la mia riconoscenza e la mia gratitudine? Con l’amarvi, o mio Diletto, con sacrificarmi per voi e lavorare indefessamente per trovarvi degli amici. Così sia.

V.

Maria farà di noi dei perfetti discepoli del S. Cuore.

Nel por fine a queste meditazioni eucaristiche non possiamo dispensarci dal parlare della Vergine Santa. E’ nei disegni di Dio che ogni grazia passi per le mani di Maria, tanto le grazie dell’Eucaristia e del S. Cuore quanto ogni altra.
E’ per Maria che S. Margherita Alacoque è giunta al S. Cuore e spesso nei suoi scritti la Visitandina di Paray ci invita a seguirla in questa medesima via.

I. E’ Maria che ha la missione di condurci al S. Cuore.

Sin dalla fanciullezza, Margherita Maria sentì dirsi da N. Signore: «Io ti ho affidato nelle mani della mia Santa Madre, affinché abbia a plasmarti secondo i miei disegni ». Da allora aveva promesso alla Vergine Santa di digiunare nei giorni di sabato e di recitarle ogni giorno qualche preghiera.
Una volta che le era stato ingiunto di chiedere a N. Signore la salute, rispose alla sua istanza Maria SS.ma in questi termini: Fatti animo, figlia mia, nella sanità di cui ti fo dono per parte del mio Figlio; ti rimane ancora una lunga e penosa strada da percorrere
».
Più tardi, N. Signore le fece vedere tre cuori indissolubilmente uniti: i cuori di Gesù e di Maria ed un terzo più piccolo, il cuore di lei. Ciò per indicare che Margherita Maria non doveva separare nel suo amore quei due cuori divini. Questa lezione non la dimenticò mai.
« Non sapremmo fare un atto più gradito a Dio, scriveva la Visitandina di Paray, dell’onorare Maria. Maria ci renderà dei discepoli perfetti del S. Cuore di N. Signore. Questo divin Cuore vuole che si chieda alla Santa Vergine d’interporre la propria mediazione presso di Lui
».

II. L’amore del Cuore di Gesù è il più bel frutto della divozione a Maria.

« E’ per la mediazione della Vergine Santa, narra S. Margherita Maria, che il nostro Padre, S. Francesco di Sales, ha ottenuto al nostro Istituto il S. Cuore di Gesù per protettore validissimo».
Essa vide pure la S. Vergine che trionfava sul demonio con lo strappargli i cuori delle religiose che mancavano alla carità ed allo spirito di bontà.
Che bell’esempio per le comunità reli
giose! Per mezzo di questa buona Mamma potranno ottenere il Cuore di Gesù come speciale patrono e per essa si sentiranno salde contro gli attacchi del demonio.

Bisogna tuttavia che le anime assecondino gli sforzi di Maria, soprattutto col tenere il cuore staccato dalle creature. La S. Vergine, fece vedere alla Visitandina di Paray una corona di anime che desiderava condurre in cielo. Parecchie però restarono attaccate alla terra. Non gliene rimasero che quindici, delle quali cinque soltanto vennero ricevute come spose dal Figlio suo. Quanto importa di dare tutto il nostro cuore a Gesù con l’aiuto di Maria!

III. Omaggio da rendersi a Maria Santissima.

Segnaliamo soltanto qualche pratica specialmente consigliata da Margherita Maria. Essa raccomanda sopratutto tre cose: l’offerta di noi stessi a Maria; l’unione alla S. Vergine nei nostri esercizi di pietà e la corona.
« Al mattino, dice, dopo esserci messi sotto la protezione di Maria, preghiamola di offrirci a Gesù Cristo nel SS.mo Sacramento dell’altare
». Si può recitare con questa intenzione la preghiera tanto conosciuta: O Domina mea, sancta Maria... La confidente del S. Cuore raccomandava pure alle sue novizie la recita della corona quale pratica assai accetta a Nostro Signore, e la S. Vergine la riprese un giorno perciò la recitava stando seduta.

In quanto alla unione a Maria nella vita intima e negli esercizi di pietà possiamo praticarla «facendo, giusta l’avvertimento di S. Margherita Maria, ogni giorno una visita intima alla Santa Vergine sul Monte Calvario per chiederle la sua protezione onde ben portare la croce e morire a noi stessi »

Per quanto concerne la S. Messa, sia nella preparazione che nell’azione di grazia, noi dobbiamo ricordarci i rapporti di Maria con il sacerdozio di Gesù.
Maria quando portava nel suo seno o sulle braccia Gesù, non era forse come un altare sul quale il Cuore divino si offriva a Dio per noi? E non fu la Vergine santa anche vittima con Gesù? Non solo ha somministrato a Lui la carne ed il sangue del suo sacrificio, ma ha veramente condiviso i suoi dolori. La spada di cui parla Simeone nel
giorno della Presentazione non era un mero simbolo. Il Cuore di Maria fu veramente lacerato, torturato. Essa soffrì con Gesù, patì delle sofferenze di Gesù ed offrì essa stessa al Padre eterno per condividere le amarezze del sacrificio di redenzione.
Maria non può disinteressarsi del sacrificio della messa, che è poi lo stesso del sacrificio della croce. Essa è là in ispirito per offrire ancora Gesù, e prende parte al sacrificio più del sacerdote, Con lui Essa adora, ringrazia, ripara, domanda.
Come potremo noi dimenticarci di Maria SS.ma all’altare?

Risoluzione e preghiera.

O Maria, madre mia prediletta, mi consacro a Voi per sempre. Prendetemi sotto la Vostra protezione, presentatemi al Vostro divino Figlio, e chiedetegli per me la grazia d’un ardente amore verso di lui e verso voi. Così sia.

VI.

Quale deve essere quaggiù la ‘vita d’un amico del Sacro Cuore di Gesù

e quale sarà in Cielo.

Un amico del S. Cuore, come abbiamo rilevato nella serie di meditazioni che con la presente intendiamo chiudere, deve far rivivere in se stesso il S. Cuore, e divenire una messa perpetua con la propria vita di amore e di immolazione.

I. Un amico del S. Cuore deve far rivivere in se stesso il Cuore di Gesù.

Ogni devoto del S. Cuore deve ritrarre questo divin Cuore in modo particolare e distinto, a seconda dell‘attrattiva e della chiamata dalla grazia. In tutti però deve rivivere questo Cuore che ama e s’immola sempre, che si dimentica incessantemente, e si dà continuamente; questo Cuore che è, ed è vero, il cuore d’un uomo, ma che è pure il cuore d’un Dio; questo Cuore che non ha cessato di offrirsi a noi e per noi e che è il primo, il più bello ed il più grande dei cuori delle vittime d’amore.
Che verrebbe a fare pertanto la vita terrestre in noi? Che possiamo avere di comune con il mondo ed i suoi piaceri e le sue attrattive? Esso deve essere sì lontano da noi da non vederlo nemmeno più. Vi può mai essere un mondo per chi vive soltanto del Cuore di Gesù, non pensa che a Lui e che può dire davvero: il Cuore di Gesù è il mio cuore?
Facciamoci a possedere il Cuore sacro di Gesù, uniamoci a Lui in modo mistico e reale. Bisogna che il nostro fervore non si rallenti mai, perché il fuoco del S. Cuordi Gesù non diminuisce ne si estingue mai.

 

II. Canfidenza, carità, umiltà.

Ma ciò che sostiene il fervore è la confidenza. Lo portiamo assieme a noi questo divin Cuore ed ei ci porta ed è sempre pronto a dissipare il nostro scoraggiamento con ogni sorta di grazie di cui è fonte.
Stiamo pur certi che Egli non ci verrà mai meno, se per parte nostra non gli diventeremo infedeli. Nostro Signore vuole la nostra confidenza. E come non
dovremmo nutrir fiducia nel suo Cuore tanto potente sì misericordioso?
La sfiducia, lo scoraggiamento dovrebbero esserci sconosciuti e lo saranno se progrediremo nella azione di grazie e nella fiducia nei nostri superiori.
La carità mutua deve parimenti informare la nostra vita. Ricordiamoci delle parole del Vangelo «Vi do un comandamento nuovo, ed è di amarvi gli uni gli altri come vi ho amati. Tutti conosceranno che voi siete miei discepoli, se avrete dell’amore gli uni per gli altri
». Ah! con l’amarci teneramente noi amiamo il S. Cuore di Gesù che vive in noi. Sia però quest’amore tutto sopra naturale. Noi ci dobbiamo amare, affinché il S. Cuore vivente in noi, viva parimenti in tutti i suoi membri.
Per noi l’egoismo non deve esistere; tutto deve essere amore e dilezione, perché noi dobbiamo dimenticare noi stessi per non vivere che del Cuore di Gesù, e il Cuore di Gesù non è che soavità e misericordia. Quando la carità sarà saldamente stabilita nel nostro cuore, noi non penseremo che ad una cosa: consumarci in profumo di riconoscenza e di azione di grazia. Tutto il nostro desiderio sarà di diventare l’eucaristia vivente del Cuore di Gesù come questo divino Cuore è la nostra.
Finalmente dobbiamo aver il coraggio di riconoscere sempre la nostra miseria. Siamo oppressi da un cumulo di grazie e noi ne abbiamo profittato si malamente! Ah! la nostra ingratitudine è pur grande. O Cuore misericordioso di Gesù, se teneste conto di tutte le nostre iniquità ed ingratitudini, non potremmo sussistere; ma Voi stesso siete la sorgente inesauribile d’ogni misericordia e d’ogni riscatto. Fatene rifluire i flutti su di noi. Non guardate la nostra miseria, ma ricordatevi della vostra bontà; si, voi lo farete, perché noi dal canto nostro riconosciamo la nostra indegnità illimitata, lo farete perché siete un Cuore prodigo verso gli umili.

III. Gli amici del S. Cuore in cielo.

E quando un amico del S. Cuore sarà ammesso in paradiso, che farà mai lassù? Se sarà stato perseverante nella propria vocazione, verrà collocato vicino al Cuore di Gesù e sommerso nel torrente di delizie ineffabili che da esso sgorgano.
Se sarà stato assiduo all’esercizio della contemplazione, ammirerà per sempre quel Cuore che è la fonte di esultanza per gli angeli ed i santi. Allora, unito alla Vergine, a S. Giuseppe, ai felici Comprensori, ripeterà l’inno di azione di grazia che già quaggiù si sarà preparato ad intonare:
« Occicus es, o Cor Jesu, et redemisti nos Deus in sanguine tuo..., et fecisti nos Deo nostro regnum et sacerdotes: Voi avete sofferto la morte, o Cuore di Gesù, e ci avete riscattato per mezzo del vostro sangue per farci principi e sacerdoti del vostro regno ».
Sì, questo inno si addirà più a noi che agli altri, perché noi avremo di più amato quel Cuore divino. Ma che sarebbe di noi se mancassimo di generosità e privassimo il Cuore di Gesù della gloria che attende da noi Ah! Sursum corda! Eleviamo i nostri cuori in alto, eleviamoli verso il Cuore di Gesù che, per conquistarli meglio, risiede nella santa Eucaristia e ripetiamo con tutto il nostro amore: Ecce venio.

Risoluzione e preghiera

Rinnovo, o Cuore di Gesù, la consacrazione totale di me stesso, del mio essere e di tutta la mia vita a Voi. Vi amo, sono tutto vostro. Così sia.

 

INDICE

PROEMIO                                                                                                                       pag.           5

VITA DI AMORE

Mire d’amore del Sacro Cuore di Gesù                                                                               "                9
Il Cuor di Gesù nell'Eucaristia                                                                                             "              13
Il Sacro Cuore di Gesù nell'Eucaristia rinnova la sua Passione                                            "              19
Vita gloriosa del Sacro Cuore di Gesù nell’Eucaristia e frutti
che possiamo
ricavare dalla considerazione di essa                                                                                    "              25
Il Cuore Eucaristico di Gesù sorgente di tutte le grazie                                                        "              31
Il Cuore di Gesù ha sete di essere amato dagli uomini nel SS.mo Sacramento                     "              39

 

VITA NASCOSTA ED OPEROSA DI GESU'

La solitudine del Sacro Cuore di Gesù.                                                                                 "              47

Le occupazioni del Cuore Eucaristico di Gesù                                                                      "              52
Vita nascosta del Cuore Eucaristico di Gesù                                                                         "              57
La conversazione del Cuore Eucaristico di Gesù con l’anima che gli è devota                     "              62
Il Cuore Eucaristico di Gesù c’insegna la purezza                                                                "              68

Invito all’amore del Sacro Cuore, nostro Amic, nella Santa Eucaristia                                "              74

MISTERO DI SACRIFICIO


L’atto del sacrificio eucaristico, ossia la Santa Massa                                                           »               81
La Santa Messa (continuazione)                                                                                          »               87
Umiliazione e mistiche angosce del Cuore Eucaristico di Gesù                                             »               92
Povertà Eucaristica                                                                                                             »               97
Obbedienza Eucaristica                                                                                                         »              1
00
Il Cuore Sacerdotale di Gesù                                                                                                 »              105
Il sacerdozio della nuova legge è ma scaturito dal Cuore di Gesù                                            »              109

 

MISTERO DI INGRATITUDINE PER PARTE DEGLI UOMINI

 

Lo scisma                                                                                                                             »              117
L’eresia                                                                                                                                »              122
L’ingratitudine e l’oblio                                                                                                        »              128
Lo spirito di riparazione eucaristica                                                                                      »              134
La riparazione e l’immolazione
                                                                                                                                                                                                                                                                                   »              142
Ostia d’amore                                                                                                                       »              146

 

MISTERO D'AZIONE DI GRAZIA

Carattere dell’azione di grazia                                                                                                                                                                                                                                                                                           »              153
L’azione di grazia in unione al Sacro Cuore                                                                          »              158
Sentimenti che deve determinare l’azione di grazia dopo la santa Messa e la
santa Comunione nelle anime consacrate al Cuore di Gesù                                                    »              163
La pratica dell’azione di grazia in certe circostanze della vita
                                                                                                                                            
»              170
Maria farà di noi dei perfetti discepoli del Sacro Cuore                                                          »              175
Quale deve essere quaggiù la vita di un amico del Sacro Cuore di Gesù
e quale sarà in cielo                                                                                                                »          
    179

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