Venerabile P. Leone Giovanni Dehon Fondatore dei

Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù

 

SUI DOLORI DEL CUOR DI GESU’ NELLA SUA PASSIONE (p. Dehon)

E uno dei ladroni pendenti lo bestemmiava dicendo: Se tu sei il Cristo, salva te stesso, e l’altro rispondeva sgridandolo e dicendo: Nemmeno tu temi Dio trovandoti nello stesso supplizio? E quanto a noi con giustizia: perchè riceviamo quel che era dovuto alle nostre azioni: ma questi nulla ha fatto di male (S.  Luca, XXIII, 39).

1° Introduzione. Se la vista delle sofferenze fisiche di Gesù suscita una viva compassione, quale impressione pungente non deve produrre il sentimento dei dolori del suo Cuore!
2° Introduzione. Datemi, Signore, una tenera compassione per le vostre sofferenze.

1. Gesù ci ha, rivelato le mistiche sofferenze del suo Cuore. La meditazione delle sofferenze di nostro Signore nella sua Passione suscita nelle anime amanti una tenera compassione. La vista del suo corpo flagellato, ‘del suo viso improntato d’un dolore indicibile, stringe il cuore e strappa le lagrime. Nostro Signore è sensibilissimo a questi affettuosi slanci del cuore, e li ricambia amorosamente. Ma se la vista delle sofferenze del suo corpo suscita tanto la compassione delle anime tenere, quale impressione pungente non deve produrre in esse il sentimento dei dolori del suo Cuore? Quantunque siano state intensissime le sofferenze del suo corpo lacerato, sfigurato, esse sono un nulla in confronto delle pene del suo Cuore; pene indicibili che un cuore umano non può comprendere. I dolori del Cuor di Gesù non sono cessati, quantunque egli sia inaccessibile alle sofferenze fisiche, ma continuano in una maniera misteriosa. Ed è per questi dolori che egli desidera una consolazione. I carnefici del Calvario non l’hanno crocifisso che una volta, perchè hanno esaurito il loro furore; ma altri carnefici, più crudeli di quelli, perchè hanno conosciuto nostro Signore, e sono stati da lui trattati da amici, s’applicano con ardore a torturare continuamente il suo Cuore.

2. Il suo dolore viene accresciuto dalla nostra ingratitudine. Mentre il suo corpo era inchiodato sulla croce, egli vedeva l’inutilità del sacrificio per un grande numero di anime, e questa vista causava al suo Cuore angosce inesprimibili. Vedeva che questa follia d’amore, di cui dava così splendide prove, sarebbe da molti incompresa. Vedeva l’abuso sacrilego che tante anime avrebbero fatto del suo sangue così generosamente versato per loro; ma ciò che più l’affliggeva, l’angoscia che rendeva la sua agonia così dolorosa e così pungente, era la vista di anime a lui consacrate, alle quali riservava tanti privilegi d’amore, e che si sarebbero servite di questi privilegi stessi per rinnovare le torture del suo Cuore. Vedeva fra queste, anime preposte da lui alla cura del suo gregge, da lui arricchite dei più insigni favori, volgere contro di lui tutto ciò che lui ha fatto per loro. Eppure che cosa ha fatto per suscitare a tal punto contro di sè questa insana ferocia? In che cosa le ha contristate? Popule meus, quid feci tibi, aut in quo contristavi te? Egli non ha per loro che preferenze, attenzioni delicate: le ha scelte, separate dalla moltitudine per farle partecipi delle sue grazie. Si è dato a loro intieramente. Se sono sacerdoti, egli ha dato loro il potere di far discendere sull’altare la sua adorabile persona, di tenere fra le mani la sua carne santissima, li ha fatti distributori delle grazie acquistate a prezzo del suo sangue prezioso. In cambio di questa missione privilegiata, egli ha premura di distribuir loro i tesori d’amore del suo Cuore. Da questo sacro Cuore sgorga l’amore, e quest’amore vuole assolutamente spandersi nei cuori ben preparati. Ma quale crudele disillusione prova sovente! Gli ingrati d’oggi possono, come i carnefici del Calvario, valersi di questa scusa che essi non sanno quello che si fanno?
I loro colpi sono tanto più crudeli per il Cuor di Gesù, in quanto vengono da anime da cui egli aveva maggior diritto di trovare corrispondenza.

3. Gesù prova oggi una tristezza ‘mistica, di cui noi dobbiamo tener conto. Le sofferenze di cuore Gesù le ha sopportate anche durante la sua dolorosa passione, e sono queste che gliel’hanno resa così amara. Il disprezzo dell’amore del suo Padre e del suo è ciò che non può sopportare. Nessuno creda scusarsi del rimprovero di torturargli il Cuore, pensando che la sua Passione venne compiuta da più di venti secoli e che ora Egli è impassibile nella gloria. Gesù non è una statua inerte, non è materia priva di sensibilità. Non ha più sofferenze fisiche, ma vede, sente, ama: prova impressioni capaci di farlo soffrire se potesse ancora provare sofferenze fisiche: questa riflessione ci dovrebbe bastare. I poveri ingrati non solo perdono l’anima, perchè trasgrediscono lo legge divina, perchè calpestano il sangue divino, ma irritano anche Dio Padre, che è un Dio geloso, il quale punisce i disprezzatori dell’amore del suo divin Figliuolo e del suo, i profanatori dei doni dello Spirito Santo: Deus ultionum — Deus non irridetur. Essi irritano, e fanno soffrire il cuore di Gesù, poichè nulla fa soffrire un cuore amante quanto il ricevere l’oltraggio quando ha seminato l’amore, e l’amore è pieno di premure e di delicatezze.
Nostro Signore ha detto a Margherita Maria, che è per questo sopratutto, che egli domanda riparazione: domanda infatti che lo si disarmi con una sovrabbondanza d’amore. Non può più trattenere la amarezza, se non si aiutano queste anime a convertirsi espiando e riparando per loro.
Proposito. — Signore, io vi offro i propositi di santa Margherita Maria: voglio amarvi e riparare per le anime che non vi amano. Ohimè! sono anch’io colpevole, almeno di tiepidezza. Perdonami. D’ora in avanti voglio essere fedele a tutti i miei doveri e compierli per tuo amore, allo scopo di consolare il tuo divin Cuore. Colloquio con il Cuore sofferente di Gesù.

Se riavesse insultato un nemico certamente l’avrei sopportato... ma tu, mio amico e confidente, tu che insieme a me prendevi il dolce cibo, e camminavamo insieme nella casa di Dio! (Salmo XV, 12, 13, 14).

 SUI DOLORI DEL CUORE DI DI GESU' - 2-

1° Introduzione. Le offese degli amici danno maggior dolore di quelle degli estranei.
2° Introduzione. Signore, devo aiutarvi ad estendere il regno del vostro Cuore, venite prima a regnare senza riserva nel mio cuore.

1. Le mancanze delle anime privilegiate sono più sensibili al cuor di Gesù di quelle delle anime comuni.  I peccati delle persone che non conoscono nostro Signore o che lo conoscono poco, non richiamano l’amarezza del suo eterno Padre e la sua, come i peccati degli infelici che hanno abusato delle divine grazie e dei privilegi divini. Pure, malgrado l’offesa fatta a suo Padre, malgrado lo sprezzo che lo colpisce al Cuore, egli li ama, questi infelici, e vorrebbe salvarli. Sì, malgrado le torture che essi infliggono al suo Cuore, vorrebbe ricondurli a sè: Nolo mortem peccatoris sed ut magis convertatur et vivat. Non vuole la loro morte, ma la loro conversione; per questo disarmò il Padre irritato, fece tacere la divina giustizia che lotta con la misericordia del suo adorabile Cuore.
I sacerdoti semplicemente corretti, i fedeli solamente esatti nell’adempimento dei loro doveri possono ottenere per se stessi le grazie necessarie, e salvare l’anima propria, ma saranno impotenti a dare a nostro Signore quel compenso, di cui il suo Cuore ha sete per cancellare l’ingratitudine altrui. Il suo sguardo si ferma su di loro con soddisfazione, ma non trova nelle loro opere il risarcimento che egli cerca per le offese che gli sono più sensibili.

2.  Nostro Signore attende consolatori generosi. Vorrebbe che di fianco all’abisso d’amarezze, nel quale certe anime immergono il suo Cuore, molte anime generose formassero uno drappello scelto, in cui il suo Cuore avesse il luogo dove trovare una sovrabbondanza d’amore. Questo amore consolerebbe il suo Cuore, ed egli vi potrebbe unire abbondanti grazie di salvezza per gl’ingrati. Quando un’anima si dà a lui con amore, quando specialmente consacra al suo amore la propria vita, diventa fra le sue mani uno strumento di grazie segnalate. Un’anima che procura gioie al suo Cuore, ne glorifica il Padre, disarma la sua amarezza e lo consola: lavora anche alla salvezza dei propri fratelli per cui diventa un canale, da cui Egli si compiace di far scorrere le sue grazie. Tutta la Chiesa ne approfitta. Se i cattivi ostruiscono il canale dal quale devono scorrere i doni di nostro Signore, i semplici fedeli non possono supplirvi. Fanno tutto quanto possono, ma non ricevono la sovrabbondanza che sarebbe necessaria. E’ per questo che nostro Signore domanda cuori che l’amino generosamente, e che facciano del suo amore lo stesso scopo della loro vita.
Egli vuoi stabilire il regno del suo amore per la salvezza del popolo. Ma perchè il suo Cuore regni sulla massa dei fedeli, bisogna prima che egli regni sui loro direttori, i sacerdoti, le anime consacrate, gli educatori, gli uomini dedicati all’apostolato. Domanda un gruppo d’amici che lo consolino, che lo accolgano nei loro cuore, e lo comunichino subito agli altri.

3. Gli apostoli del Sacro Cuore. Ma a chi dovrà anzitutto indirizzarsi se non ai sacerdoti ed a tutte le anime date all’apostolato? Non è giusto che, divorato dai bisogno di essere amato, spinto dal bisogno di essere consolato, egli si rivolga prima a coloro ai quali ha maggiormente dato? Oh, comprendano finalmente questa chiamata i suoi apostoli dai cuore tenero e fervido, e comprendano i dolori di cui lo colmano molti loro fratelli, che per dissetarlo dall’ardente arsura non gli danno che fiele ed aceto! In siti mea potaverunt me aceto. Oh, vadano a lui con semplicità, questi cuori ancora sensibili al vere affetto per nostro Signore, vadano a consacrarsi intieramente a lui: in simplicitate cordis mei obtuli universa.  La prima condizione che occorre ottemperare per entrare nella via dell’amore è darsi a Gesù, com’egli si è dato al suo eterno Padre per lutti, come egli si dà a tutti nei sacramento dell’altare. L’amore non può svilupparsi nei cuori egoisti e freddi. La generosità è la prima condizione del vero amore. Ricordiamo le parole di nostro Signore a Margherita Maria: « Partecipa alle amarezze del mio Cuore, versa lagrime sulla insensibilità di quei cuori che io avevo scelto, perchè si consacrassero al mio amore. Io vengo nel cuore che ti ho dato, affinchè col suo ardore tu ripari le ingiurie che ho ricevute da questi cuori tiepidi e deboli che mi disonorano. Quest’anima che io t’ho data, tu l’offrirai al mio divin Padre, per sviare i castighi che queste anime infedeli hanno meritato... Tu farai questo anche per il mio popolo prediletto ».
Consideriamo detto a noi stessi ciò che nostro Signore diceva ancora a Margherita Maria circa l’apostolato del suo amore: «Voglio che tu mi serva da strumento per attirare tutti i cuori al mio amore ».
Ecco l’ideale della nostra vita: riparare molto, moltissimo, affinchè questo basti non solo alla nostra anima, ma anche ad altre anime che nostro Signore vuoi salvare per mezzo nostro: amare molto anche perchè l’amor nostro prenda possesso sul Cuor di Gesù, ed Egli ispiri lo zelo nostro all’apostolato che noi dobbiamo esercitare.

Proposito. Signore, ma a chi v’indirizzate? Ad un peccatore, di cui l’indegnità è capace d’impedire il compimento dei vostri disegni! Supplite voi a tutto ciò che mi manca: bruciate il mio cuore coi vostri santo amore. Rinuncio a tutti gli affetti che non sono nell’amore e nei desideri del vostro Cuore.  Colloquio coi Cuore offeso di Gesù.

 SULLA GIOIA NEL SACRIFICIO  (p. Dehon)

Allora aiutò dai suoi discepoli e disse loro: Su via dormite e riposatevi; ecco si vicina l’ora, e il Figliuolo dell’uomo sarà dato nelle mani dei peccatori. Alzatevi, andiamo, ecco che si avvicina colui che mi tradirà (S. Matteo, XXVI, 45).

1° Introduzione. Gesù si alza e si avanza generosamente verso il traditore: qual esempio di coraggio nel sacrificio!
2° Introduzione. La vostra Provvidenza, o mio buon Maestro, non mi domanderà mai sacrifici superiori alle forze; fate che accetti generosamente quelli che voi m’imponete.

1. Nostro Signore andava con gioia al Calvario per la gloria del Padre e la salvezza delle nostre anime.  Nostro Signore ha voluto passare attraverso i timori e le tribolazioni dell’agonia, per soffrire tutto quanto noi soffriamo e per insegnarci la rassegnazione e l’abbandono nelle difficoltà, di cui la vita è disseminata. Ha voluto anche soffrire in tutte le facoltà, per espiare le colpe commesse mediante tutte le potenze della nostra anima e dei nostro corpo.
In mezzo a questi dolori estremi, egli esprime rassegnazione alla volontà dell’Eterno Padre, ma subito ritorna alla disposizione abituale di gioia nel sacrificio: Surgite, eamus. Alzatevi e andiamo, disse ai suoi apostoli, e s’avviò incontro al traditore. Andò incontro al calice d’amarezza ch’egli aveva desiderato di bere, ed al battesimo di sangue, in cui aveva fretta di esser battezzato per amore dell’Eterno suo Padre e per noi.
L’insieme dei misteri della Passione costituiva la nostra salvezza, la nostra redenzione: era il preludio necessario della Risurrezione, dell’apertura del suo Cuore, della nascita della Chiesa, della discesa dello Spirito Santo e di tutte le grazie attese e preparate dall’origine del mondo. Era la vittoria sul demonio e sul peccato.
Gesù aveva espresso sovente il desiderio della croce; per lui l’attendere era un’angoscia: Baptismo habeo baptizari et quomodo coarctor usquedum perficiatur.
I profeti avevano annunciato questa spontaneità del suo sacrificio: Si è offerto spontaneamente (Is. LIII). Anche quando Pietro e gli altri apostoli vorranno trattenere il traditore ed i complici, nostro Signore reprimerà il loro ardore troppo naturale: Non, berrò il calice che il Padre mio mi ha dato? (S. Giov. XVIII, 11). 

2. Il suo amore per noi gli rendeva la croce leggera. San Paolo ci offre il grande amore di nostro Signore per la croce come esempio ed incoraggiamento nelle prove; nostro Signore prese la croce con gioia (proposito sibi gaudio) sprezzando le umiliazioni (Agli Ebr. XII). Egli portava la croce considerando i motivi che potevano spingerlo a trovarvi gioie. Questi motivi erano, dopo la gloria che ne veniva all’Eterno Padre, l’avanzamento dell’opera della nostra redenzione. Ogni passo che egli faceva sulla strada del Calvario, pagava una partita del nostro debito, e infrangeva un anello della nostra catena. Come non si sarebbe rallegrato egli che tanto ci amava? Solamente sulla croce che avrebbe finite di pagare il nostro. debito. E’ là che egli distrusse l’atto che era stato scritto contro di noi, a nostra rovina (Ai Coloss. lI, 14).
Ad ogni passo che faceva su questa strada, le potenze delle tenebre indietreggiavano. Egli s’avanzava verso la vittoria definitiva del Calvario; perchè non doveva essere felice e trionfante? « S’avanza con confidenza, dice san Paolo, trionfante in se stesso, perchè spoglia i principati e le potenze dell’inferno » (Ai Coloss. Il, 15). Se noi l’amiamo, se noi desideriamo di promuovere il regno del suo Cuore, se noi vogliamo far indietreggiare il demonio, cancellare i nostri peccati, arricchirci di grazie e contribuire alla salvezza delle anime, alla liberazione delle anime sante del Purgatorio, portiamo generosamente la nostra croce quotidiana. La nostra croce è quella di nostro Signore, e nostro Signore ce n’ha date una piccolissima parte, perchè possiamo dimostrargli il nostro amore e dividere la sua gloria: « Compio ciò che manca alla Passione di Cristo » dice san Paolo (Ai Coloss. I, 24).
Gioite dunque nel Signore, anche nelle prove e nei dolori, poichè in essi vi sono vere cause di santa gioia. I sacrifici e le sofferenze sono tanti passi che ci conducono al nostro fine, che ci rendono simili a nostro Signore, e che ci avvicinano al cielo.

3.  La gioia nel sacrificio è la caratteristica delle anime votate al Sacro Cuore.  Le prove sono inevitabili, indispensabili; esse diffondono il regno del Sacro Cuore, e preparano con lui grandi grazie, grandi favori: quindi come non apporterebbero la gioia? Più ostacoli si vincono, e più ci si avvicina allo scopo.
La pazienza, la generosità, l’amore al patire ed al sacrificio sono le virtù che devono distinguere le anime consacrate al Sacro Cuore.
Perseveriamo nella preghiera, nella lode, nel ringraziamento a Dio, ma sopratutto nella pace di Dio, quella pace che vince ogni concetto, che è frutto della croce, della rinuncia di se stessi, dell’abnegazione e del sacrificio; quella pace, che il mondo non può dare, che non conosce, appunto perchè non vuoi conoscere ed amare la croce. Ma il mondo non conosce neanche la gioia, la pace, la felicità che è contenuta nella croce, e che scaturisce dalla croce stessa.
Portando allegramente la croce noi sazieremo la sete d’amore generoso e fedele di nostro Signore, risponderemo alle vive domande che egli ha rivolte a Margherita Maria: seguiremo le tracce di quest’anima privilegiata e di altri santi i più cari al Sacro Cuore, ed affretteremo l’effusione delle grandi grazie che il regno del Sacro Cuore deve portare alla Chiesa.

Proposito. Signore Gesù, voglio procurare di portare d’ora in avanti la croce con gioia. Voglio imitare le disposizioni del vostro Cuore in tutte le prove e le sofferenze della vita: la pazienza, la generosità, l’amor al patire e specialmente l’amore al sacrificio.
Colloquio con Gesù sofferente.

 LA PASQUA LEGALE  (p. Dehon)

Ora il primo giorno degli azzimi si accostarono a Gesù e gli dissero: Dove vuoi che ti prepariamo per mangiare la pasqua? Gesù rispose: Andate in città da un tale e ditegli: Il Maestro dice: La mia ora è vicina, io faccio la pasqua in casa tua con i miei discepoli (S. Matteo, XXVI, 17).

1° Introduzione. L’ultima pasqua del buon Maestro a Gerusalemme è ricca di misteri, e prepara il doppio sacrificio dell’Eucaristia e del Calvario.
2° Introduzione. Signore, fatemi meglio capire i vostri misteri d’amore e di sacrificio.

1. Preparazione della Cena. Nostro Signore sta per celebrare la pasqua annuale, ma essa ha questa volta per lui e per gli apostoli un carattere specialissimo. La pasqua è stata sempre la preparazione e la figura dei sacrifici dell’Eucaristia e del Calvario; ma ora è la realtà che sta per unirsi alle sue figure. L’istituzione del sacrificio eucaristico è unita alla pasqua stessa: ed il sacrificio del Calvario comincia al Cenacolo per mezzo degli avvertimenti che nostro Signore dà a Pietro ed a Giuda.
Una prima lezione si sprigiona dalla preparazione di questa pasqua. Nostro Signore ha voluto, un grande cenacolo ornato di tappezzerie, e questo non fu certo in vista della pasqua tradizionale, ma fu in vista dell’istituzione dell’Eucaristia.
E’ una messa in scena esteriore che ha un doppio significato spirituale. Nostro Signore voleva indicare in questo modo che le nostre Chiese non hanno niente di troppo bello per il culto dell’Eucaristia, ma volle anche significare che le nostre anime che si dispongono a riceverlo, devono essere purificate ed ornate. La Comunione è la visita di Gesù, la visita dell’Amatissimo; è come uno sposalizio con lui; è il festino nuziale. Bisogna presentarvisi con la veste nuziale della purezza, con abiti ricchi adorni di ogni virtù e sopratutto col vestito della carità.

2. La pasqua, figura del sacrificio redentore. L’antica legge aveva avuto il suo sangue redentore, il sangue dell’Agnello immolato in Egitto per preservare le case degl’Israeliti, lungo il passaggio dell’angelo sterminatore. E questa preservazione è figura della redenzione del mondo per mezzo del sangue dell’Agnello divino, che era ricordato ogni anno con tutti i particolari della cerimonia pasquale. Tutti gli anni nostro Signore prendeva parte, in questo modo, alla rappresentazione della sua stessa morte. Ma in quest’anno tutti quei riti come l’avranno commosso, e come gli saranno giunti al cuore! Ecco pronto l’agnello da immolare; lo trapassano con due schidioni in forma di Croce; lo fanno arrostire. Non ne lasceranno sussistere una minima parte. Il suo sangue scorre ai piedi dell’altare.
Prima si mangiano erbe amare ed una vivanda di colore scuro che ricorda l’Egitto ed il peccato; si beve una coppa di vino che rappresenta il sangue dell’agnello, e bevendo questa coppa sì pronunciano queste parole misteriose: «Questo è il segno della nostra libertà ed il memoriale della liberazione d’Egitto... ». Nostro Signore vede in questa coppa la figura del suo sangue. Durante il pasto simbolico si beve cinque volte in questo modo, ad uno ad uno, alla coppa figurativa.
Si recitano poi i salmi 143 e 114 che hanno relazione con la liberazione dell’Egitto. Si mangia l’agnello in fretta, e si brucia tutto quello che ne avanza.
E tutta questa cerimonia era ben crudele per nostro Signore. Era come la ripetizione del grande dramma del Calvario che stava per cominciare la sera stessa.
Nostro Signore che ne era tutto compreso, avvertì San Pietro del suo rinnegamento e Giuda del suo tradimento.
A questo punto non sentirò crescere nel mio cuore tutti i sentimenti d’amore e di riparazione per il Cuor di Gesù?

3.  La Pasqua, figura dell’Eucaristia. La pasqua figurava tanto il sacrificio dell’Eucaristia quanto quello del Calvario. Nostro Signore, compreso anche di tal pensiero, lo esprime subito al principio d questo pasto simbolico: «Ho desiderato ardentemente di mangiare questa pasqua con voi, prima di patire (questo principalmente in vista dell’Eucaristia che stava per istituire); poichè, vi dico, non ne mangerò più fino a che si Compia nel regno di Dio » (nella Chiesa), ove la vittima che sta per immolarsi diverrà la pasqua del popolo nuovo, ove il festino eucaristico succederà alla Pasqua figurativa, e ne sarà il compimento.
Poi la cerimonia si svolge: il pane azzimo, benedetto, diviso, viene distribuito; tutti mangiano l’agnello e bevono la coppa del ringraziamento. E per ringraziare recitano pure i salmi 117-120-137. E’ una comunione simbolica, alla quale sta per immedesimarsi l’istituzione dell’Eucaristia e la comunione reale. Nessun’ora della sua vita fu per nostro Signore più impressionante, più ricca d’emozioni: istituisce l’Eucaristia, comincia la sua Passione, mette fine alle figure, inaugura il sacrificio nuovo. C’è da meravigliarsi se egli ha detto: « Ho desiderato di mangiare questa pasqua con voi » ? C’è da meravigliarsi se san Giovanni ha detto di questa ora: « Avendo amati i suoi, li ha amati sino alla fine»  L’ora s’avvicina in cui potrà dire: « Ho dato tutto, ho tutto consumato ».

Proposito.  O Gesù, voi m’avete amato senza misura e senza limiti; vi siete smisuratamente sacrificato in queste ultime ore della vostra vita: che vi renderò io, o Signore? Prenderò, io pure, il calice della riparazione e dell’amore: vi manifesterò il mio amore offrendomi al tuo Cuore divino, in ognuna delle mie azioni.
Colloquio con Gesù ai Cenacolo.

GESU’ LAVA I PIEDI AI SUOI DISCEPOLI  (p. Dehon)

Sapendo che il Padre aveva tutto rimesso fra le sue mani, e com’egli era venuto da Dio, e a Dio ritornava, s’alzò da tavola, tolse il mantello, si cinse le reni con un asciugatoio, mise dell’acqua in un catino e cominciò a lavare i piedi dei suoi discepoli, asciugandoli con l’asciugatoio di cui si era cinto (S. Giov., XIII, 3).

1° Introduzione. Prima, durante e dopo la pasqua era abituale la lavanda delle mani. Gesù fece di più, si umiliò fino a lavare i piedi ai suoi discepoli.
2° Introduzione. Signore, datemi con abbondanza i frutti di questa lezione: l’umiltà e la purezza.

1.  La preparazione alla comunione.
L’ultima Pasqua, che doveva mettere fine all’antica alleanza, era terminata; una pasqua nuova doveva succedere alla pasqua antica. e stabilire una nuova alleanza: la realtà doveva succedere alla figura, ed il vero Agnello pasquale doveva essere il nutrimento delle nostre anime. Ma Gesù doveva preparare i suoi Apostoli all’istituzione ed alla istituzione della santa Eucaristia con una Cerimonia commovente, simbolo della purificazione interiore necessaria alla degna partecipazione al festino dell’Agnello.
Gesù dunque, come aveva amati i suoi in questo mondo, li amò sino alla fine, e si preparò a dar loro un segno supremo della sua tenerezza, l’Eucaristia. Ma prendendo per il momento l’ufficio di servo, si mise a lavar loro i piedi. San Pietro protestò, ma Gesù gli disse: Se io non ti lavo, tu non avrai parte con me, perchè la tua anima non sarà ben disposta a ricevere la Pasqua.
Nostro Signore voleva insegnarci che bisogna purificare le nostre anime il più perfettamente possibile per riceverlo nell’Eucarestja. Allora disse a Pietro: colui che è già lavato, non ha bisogno che di togliere la polvere dei suoi piedi per essere intieramente puro. E voleva dire: Colui che è già in stato di grazia, non ha bisogno che di purificarsi di quelle macchie leggere che offuscano la sua anima; ed è ciò che io sto per fare con questa azione simbolica che vi purificherà sensibilmente di quel resto di  vanità e d’amor proprio che voi avete manifestato qualche momento fa.
Quale lezione per me che mi preparo tanto negligentemente alla santa comunione.

2.  L’umiltà.
Gli apostoli avevano appena finita una contestazione fra di loro, circa gli onori che essi speravano nei nuovo regno: un regno che pensavano dovesse essere temporale. Nostro Signore li riprese: « Queste vane pretese lasciatele ai grandi del mondo. Essi amano i titoli d’onore: presso di voi il primo si faccia il servo degli altri »
Poi volle appoggiare questi insegnamenti con una lezione oggettiva: — Chi è il più grande, chiese, colui che è servito o colui che serve? — Colui che è servito. — Ebbene! vedete, io mi faccio il vostro servitore. — Prese un asciugatoio e, come fosse un servo, versò dell’acqua, e lavò loro i piedi. Che lezione d’umiltà! « Voi mi chiamate Maestro e Signore, disse, e dite bene, poichè lo sono. Dunque se io vi ho lavato i piedi, se mi sono umiliato fino a compiere a vostro riguardo l’ufficio di servo, io che sono il vostro Signore e vostro Maestro, voi dovete, dietro il mio esempio, lavarvi i piedi gli uni gli altri, vale a dire dovete rendervi reciprocamente gli uffici i più umili... ». E non intendeva con questo escludere la gerarchia, poichè aggiunse: « Come il mio Padre mi ha preparato un trono, io pure ho preparato il vostro; e per te, Pietro, ho pregato, perchè la tua fede non fallisca, e tu possa confermare i tuoi fratelli » (S. Luca XXII, 32).
« Voi sarete apostoli, ma dovete essere umili ugualmente, poichè io, che sono il vostro Maestro, ho fatto atto di umiltà»
(S. Giov. XIII, 16).  Quali sono le mie disposizioni circa l’umiltà? Sono veramente il servitore dei miei fratelli mediante la carità e lo zelo?

3. Anche a Giuda.
 Gesù volle lavare i piedi anche a Giuda. Questo gli costò assai, e non lasciò di manifestarlo: « Voi siete puri, ma non tutti ». Certamente non gli sarà costato troppo caro il lavare i piedi a quelli che erano puri o non avevano che colpe veniali. Ma Giuda! Giuda che aveva già concluso con i Farisei il contratto traditore! Pure Gesù s’avanzò per lavargli i piedi, e probabilmente inumidì quei piedi con le sue lagrime. E lui, il traditore, rimase insensibile; egli non ebbe, come san Pietro, una protesta d’umiltà. Non trovò neanche strano che Gesù gli lavasse i piedi. Oh, l’indurimento dell’anima è veramente terribile! Quante emozioni per il Cuor di Gesù in quella sera! Quando comincerà la sua agonia egli sarà già esaurito.
Non mi decido finalmente ad umiliarmi, ad umiliare il mio orgoglio? Non sarò più umile nelle mie confessioni? Nella direzione spirituale? Io vorrei, o mio Signore, riparare quest’orgoglio di Giuda e riparare il vostro Cuore. Il miglior mezzo è di fare atti d’umiltà vera e sincera. Aiutatemi, vedete quanto sono debole, e pieno di me stesso!
Proposito. — Questa meditazione insegna quanto siano necessarie la purezza e l’umiltà a chi vuol prender parte degnamente ai misteri eucaristici. Aiutatemi, o mio buon Maestro!
Come san Pietro, sono profondamente impressionato per l’atto d’umiltà che il tuo Cuore  divino ha scelto ed. ha compiuto. Risolvo fermamente di prepararmi con sincera umiltà alle comunioni.
Colloquio con Gesù alla lavanda dei piedi.

GESU’ VA AL GETSEMANI (p. Dehon)

Quindi usci per andare, secondo il solito, al Monte degli Ulini, ed i suoi Apostoli lo seguirono. Giunto sul luogo disse loro: Pregate, per non cadere in tentazione (S. Luca, XXII, v. 39).

1° Introduzione. Nostro Signore si reca là, ove sa che il traditore deve venire a cercarlo: va e prega mentre lo attende.
2° Introduzione. Datemi, Signore, l’abbandono alla divina volontà, anche nando essa esige sacrifici.

1 . Abitudine della preghiera.
Quando Gesù ebbe terminata la sua ultima conversazione con i discepoli, abbandonò il cenacolo, discese nella vallata del Cedron, attraversò il torrente con i discepoli, e si diresse, come era solito, verso il Monte degli Ulivi.
Il Cedron era il torrente nero, che riceveva il sangue di tutte le vittime del Tempio. Quivi Elia era stato martirizzato sotto il re Manasse: quivi ogni anno s’immolava la mucca rossa per l’espiazione dei peccati del popolo. È pure di là che si lanciava il capro espiatorio che andava a morire nel deserto.
Vi era una fattoria o una villa il cui padrone era, molto probabilmente, in relazione col Salvatore. 11 giardino si chiamava Getsemani, o torchio dell’olio; in esso crescevano bellissimi, opulenti ulivi, sotto i quali il Salvatore andava ogni sera a pregare nella calma e nel silenzio. Quel giorno lasciò gli apostoli all’ingresso dicendo: Sedetei qui, mentre io vado un po’ più lontano a pregare; e prese con sè solo Pietro, Giacomo e Giovanni, e li invitò a pregare poco lontano da lui. Consideriamo che Gesù non domandò a tutti gli apostoli la stessa quantità e fedeltà di preghiera, ma tenne invece conto della formazione delle anime, dello zelo, della vocazione speciale.
Era sua abitudine ogni sera, dopo aver istruito il popolo e guariti i malati, di ritirarsi nella solitudine per pregare. Ed io, mi riservo il tempo necessario a’ miei esercizi di pietà? Vi sono fedele ogni sera anche dopo una giornata di fatica? Non sono divenuti, forse per abitudine, una seconda natura?

2.  Conformità alla volontà divina.
Nostro Signore sapeva che Giuda lo avrebbe cercato là, tuttavia non cambiò le sue abitudini. Andò coniò tutte le sere a pregare al solito posto. La disposizione abituale del suo cuore era di compiere tutta la volontà del Padre suo: « Perchè il mondo conosca, dice, che io amo il Padre mio e che faccio tutto ciò che mi ha ordinato » (San Giov. XIV, 31)
Qui conviene richiamare alcune figure. È di là che David uscì da Gerusalemme, seguito dai suoi nemici, Assalonne ed i suoi complici e, con qualche servitore, passò a piedi il Cedron piangendo ad alta voce (2 lib. dei Re, xv, 16). Seguiamo anche noi in questo modo il nostro Salvatore piangendo lagrime di vera compassione.
Gesù, solo, in disparte, prega lungamente; il grande sacrificio incomincia. Nostro ‘Signore non poteva omettere la preghiera del sacerdote che si prepara ad offrire il sacrificio. E come deve essere stata intensa questa preghiera, poichè il sacerdote stava per offrire il sacrificio della propria vita.
Nostro Signore prende solamente con sè tre discepoli i quali sono come i ministri ausiliari del sacrificio. Il prendere parte alle sofferenze di Gesù Cristo è un favore riservato alle anime privilegiate; il ricevere Io spirito di sacrificio e l’immolazione in unione a Gesù è una grazia insigne e singolare.
Nostro Signore volle mostrarci che gli amici fedeli nell’afflizione sono rari, e ci dà qui una doppia lezione. La prima è che noi dobbiamo saperci rendere vicendevolmente gli eventuali soccorsi materiali che ci vengono manifestati dalla volontà di Dio: la seconda è che dobbiamo amare moltissimo Gesù, se vogliamo che egli ci consideri amici privilegiati del suo Cuore, e ci ammetta come Pietro, Giacomo e Giovanni a prendere parte alle sue sofferenze, mediante la nostra pietà verso di lui, e le nostre prove sopportate generosamente.

3. Il giardino del Getsemani.
San Giovanni fa notare che vi era un giardino: ubi erat hortus. Tutto è mistero nel Vangelo. Nel primo giardino dell’Eden l’uomo decadde; nel giardino degli ulivi sta per cominciare il grande sacrificio riparatore. L’Eden era ricco di fiori luminosi e fulgidi, il Getsemani non ha che scuri ulivi in un burrone sinistro: è il giardino del torchio. Quanto ci ha amato Gesù nel divenire il secondo Adamo, allo scopo di renderci ciò che il primo aveva perduto, ed ancora di più!
Il primo giardino era il paradiso giocondo: paradisus voluptatis; il secondo è il giardino delle lagrime e dell’agonia.
Ma nel Getsemani vi sono grossi ulivi, e l’ulivo è il simbolo della pace e della riconciliazione. Il ramo d’ulivo portato a Noè dalla colomba venne ad annunciargli che il diluvio era finito. Il mondo pagano meritava sì un secondo diluvio, ma Dio si accontenta del diluvio del sangue, del sudore e delle lagrime che inonderanno le membra -di Gesù ai piedi degli ulivi; e l’albero simbolico sarà nuovamente il testimonio della riconciliazione.
E’ qui che fra qualche giorno nostro Signore saluterà i discepoli, lasciando loro la pace, mentre egli andrà a conciliarci col divin Padre, e gli presenterà il suo sangue, le sue stigmate e tutti i meriti della sua passione.
Rispondiamo col nostro amore all’amore del Cuor di Gesù che si offre in sacrificio per noi: Dilexit me et tradidit semetipsum pro me (Gal.II, 2).

Proposito. Andrò in spirito al Getsemani per pregare anch’io: ho tanto bisogno di pregare per ottenere perdono, per prepararmi ai sacrifici giornalieri di questa vita e per la salvezza dei miei fratelli. Signore, datemi lo spirito di preghiera, unitemi alla preghiera ed alla riparazione del vostro Sacro Cuore.
Colloquio con Gesù al Getsemani.

LA PREGHIERA E L’AGONIA AL GETSEMANI

E prese seco Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò ad atterrirsi e rattristarsi. E disse loro: L’anima mia è afflitta fino alla morte: trattenetevi qui e vigilate. E avanzandosi alquanto, si prostrò a terra e pregò che, se era possibile, si allontanasse da lui quell’ora (S. Marco, XIV, 33).

1” Introduzione.’ O santa tristezza! voi ci avete riscattati!
20 Introduzione. Signore Gesù, insegnatemi la preghiera, la contrizione e il coraggio nel sacrificio. 


 
1. La tristezza.
Questa tristezza Gesù l’ha subita volontariamente e con amore. disceso volontariamente nel giardino del Getsemani a cominciare la Passione; sapeva che questa sarebbe stata la Passione del cuore, in preparazione a quella del corpo che avrebbe subita il giorno dopo. Voleva soffrire queste angosce che avrebbero la loro parte d’efficacia nella nostra redenzione.
Appena s’inginocchia questa tristezza l’assale. Ed è una tristezza profonda, intensa, infinita. Che spettacolo doloroso il vedere un Dio tremare, fremere, lottare contro un’oppressione mortale! Ma egli vuoi prendere su dì sè tutte le debolezze e le sofferenze della nostra natura.
Chi cagiona questa paura, quest’abbattimento? Sono le orribili sofferenze della Passione che stanno per cominciare; sono sopratutto i pesi e la responsabilità dei nostri peccati; è la freddezza degli apostoli, la nostra ingratitudine, l’indurimento dei Giudei, il tradimento di Giuda e l’inferno che sussisterà ancora per molte anime ribelli alla grazia. Voleva anche espiare tutti i nostri scoraggiamenti e le nostre debolezze.
agonia di amore verso il suo divin Padre e verso di noi. Gesù soffre al vedere il divin Padre offeso e le nostre anime macchiate ed esposte al pericolo di dannarsi. Veramente era la passione del cuore in attesa di quella del corpo.

2. La preghiera. 
In apparenza Gesù prega per se stesso: in rea1tà prega per noi, per darci l’esempio della preghiera e per ottenerci il perdono, la redenzione e tutte le grazie di santificazione. Sant’Agostino dice: « Gesù nel Getsemani non è un
ammalato che prega per sè, è un medico che prega per noi, suoi ammalati. Non è un infelice che supplica, è un misericordioso che prega per gl’infelici ».
Nostro Signore vuoi insegnarci che nei giorni d’angoscia e di tristezza dobbiamo cercare la consolazione nella preghiera. Vuol insegnarci che dobbiamo pregar bene, che dobbiamo ritirarci nella solitudine ed allontanarci dal tumulto degli uomini e dal loro commercio; c’insegna che la nostra preghiera dev’essere fatta in attitudine rispettosa e con un profondo sentimento d’umiltà e d’annientamento davanti la Maestà divina: proeidit in faciem suam.
C’insegna finalmente con l’esempio che noi dobbiamo, pregando, dare a Dio il dolce nome di Padre per commuoverne il cuore; che dobbiamo anche pregare sottomettendoci intieramente ai disegni di Dio subordinando pienamente la nostra volontà alla sua. Dio mio, la vostra volontà si faccia, e non la mia. »
Ripete la stessa preghiera per tre volte, per farci comprendere che Dio vuoi essere pregato con insistenza e con perseveranza. Questo breve tratto della vita di Gesù è tutto un codice di preghiera. Quante anime provate ha mai sostenuto questo esempio! Quante ne ha salvate dallo scoraggiamento!
O Gesù, permettete che io vi contempli lungamente e piamente durante questa vostra preghiera. Voi v’inginocchiate: voi guardate il cielo domandando grazia; vi prostrate pronunciando il fiat; vi sciogliete in lagrime considerando i nostri peccati, le nostre ingratitudini e l’inferno che ci minaccia.
Quali sono le mie preghiere al confronto delle vostre preghiere divine? Non sono qualche volta un oltraggio a Dio con la loro tiepidezza? Oh! perdono, Signore; che farò per riparare? Offrirò le preghiere e le suppliche del vostro Cuore al Padre, poichè è per me che voi le fate e in riparazione delle mie.

3. I rimproveri.
 Gli stessi apostoli privilegiati si sono lasciati vincere dal sonno. Essi non arrivano a comprendere la gravità del momento, in cui si trovano.
Nostro Signore si rivolge prima a san Pietro: “Simone, tu dormi, tu non hai potuto vegliare un’ora sola con me? “. Ed aggiunge: “Vegliate e pregate per non cadere in tentazione”. Dopo una lunga preghiera nostro Signore ritorna, e li trova ancora addormentati. Non dice nulla questa volta, vedendo che è inutile. Una terza volta ritorna, e parla loro dapprima un po’ sottilmente: “ Dormite ora” ma poi si riprende ed aggiunge: «Alzatevi ed andiamo. Ecco, il traditore viene I rimproveri del buon Maestro sono ripetuti, incessanti, caritativi, premurosi, incalzanti; svelano la sollecitudine di un buon superiore.
Ma quanto soffre Gesù di quest’apatia dei suoi amici! Egli ne prevede le conseguenze. Le grandi prove stanno per venire, ed essi non saranno pronti, saranno impotenti a resistere. Fuggiranno tutti; san Pietro ritornerà, è vero, ma ritornerà per rinnegare il Maestro.
Signore, quante volte anch’io ho rattristato il vostro Cuore sia col trascurare di pregare, sia col pregare male! Voi nell’Orto degli Ulivi consideravate le conseguenze di questa mia negligenza e vedevate come molte volte mi sarei trovata impotente in faccia a gravi pericoli. Oh, lo comprendo ora; tutte le mie colpe furono cagionate dall’insufficienza delle mie preghiere! Perdonatemi, o mio buon Maestro, ed oggi svegliatemi definitivamente!

Proposito. — La contemplazione di quest’oggi mi dà due grandi lezioni. M’insegna che ho bisogno infinito di preghiera, e di preghiera fervente, raccolta, ardente; m’insegna che ho anche un grande bisogno di lacrime, di pentimento, di amorosa contrizione. Gesù pianse i peccati degli uomini suoi fratelli, io voglio piangere prima i miei, e poi offrire al Cuor di Gesù qualche riparazione per tutti gli oltraggi che gli recano i peccatori.
Colloquio con Gesù al Getsemani.

GESU’ E GIUDA

Mentre così egli parlava ecco arrivò Giuda, uno dei dodici, e con esso gran turba con spade e bastoni, mandata dai principi dei sacerdoti e dagli anziani del popolo. E colui che lo tradì aveva dato il segnale dicendo: Quegli che io bacerò è lui, pigliatelo (S. Matteo, XXVI, 47).

1° Introduzione, che scena dolorosa! Giuda tradisce con un bacio il figlio di Dio!
2° Introduzione. Perdono, Signore, per tutti i miei tradimenti. Datemi la grazia di consolarvi per l’avvenire con una vera e sincera conversione.

1.  Giuda e la sua ipocrisia.
Le ultime parole di Gesù erano state: “Ecco che si avvicina l’ora in cui il Figliuolo dell’uomo sarà consegnato nelle mani dei peccatori. Alzatevi, andiamo; colui che mi deve tradire arriva ». E mentre parlava ancora, Giuda apparve. Questi aveva preso un distaccamento della coorte romana preposta all’ordine nei giorni di festa, i satelliti dei sommi sacerdoti, ed una folla tumultuosa armata di spade e di bastoni e munita di torce e di lanterne. Oh, che spiegamento di forze e d’armi! Questa gente sentiva il bisogno di essere numerosa per essere più audace e più feroce.
Giuda aveva detto: « Quello che bacerò, è lui, prendetelo e conducetelo con precauzione ». Che stupidità.  Egli aveva veduti tanti miracoli! Doveva ben sapere che se Gesù avesse voluto usare della sua potenza miracolosa, non sarebbero stati sufficienti Cinquecento uomini per arrestano.
Giuda camminava innanzi ed avanzatosi rapidamente verso Gesù gli disse impudentemente: « Vi saluto, Maestro » e lo baciò.
In lui non erano più nè vergogna, nè rimorso, poichè Satana era intieramente padrone del suo cuore.
Che orribile personaggio! Io gli assomiglio in qualche modo quando pecco, sopratutto quando adopero qualche ipocrisia, e quando mi comunico senza le dovute disposizioni. L’atto di Giuda è un sacrilegio. Ed io ho sempre rispettato come si deve tutto ciò che è sacro, siano persone, siano cose?

2. Gesù e la generosità del suo Cuore.
Come è buono e dolce Gesù in questa circostanza! Non rifiuta il bacio sacrilego che profana il suo volto divino, ma dice a Giuda con una profonda commozione ed una celeste dolcezza: « Amico mio, perchè sei venuto? ». Che delitto abominevole tu vieni a compiere! « Giuda, con un bacio tu tradisci il Figlio dell’uomo!»
Ciascuna di queste parole avrebbe dovuto penetrare come un colpo di spada nel cuore di Giuda.
Che contrasto! Da un lato tutta la pazienza e la bontà di un Dio; dall’altro tutta la durezza di cuore di un traditore e di un sacrilego.
La turba ignobile che segue Giuda esita un momento, ma Gesù s’avanza verso di essi dicendo: « Chi cercate? — Gesù di Nazareth? — Sono io ». — Essi cadono come colpiti dal fulmine; Gesù comanda loro di alzarsi. « Prendetemi, ma lasciate andare i miei discepoli. »
sempre la bontà del suo cuore che si manifesta. Egli salva gli apostoli poichè li
destina a fondare la Chiesa. E poi aveva ben detto nella preghiera al Padre: « Di quelli che voi mi avete dati, non ne ho perduto alcuno, salvo il figlio della perdizione ». Ecco che Simon Pietro colpisce un servo del sommo sacerdote: Gesù però arresta questa lotta e guarisce il ferito. « Non è necessario che la volontà del Padre mio si compia, e che io beva il calice che il Padre mi ha
dato? Se pregassi il Padre per esser saIvato da questa violenza, invece di dodici apostoli deboli e timorosi egli non m’invierebbe dodici legioni di angeli? Ma allora non si compirebbero le scritture che hanno predetto questi tristi avvenimenti. » Gesù vuoI compiere tutte quelle cose che sono necessarie alla salvezza nostra. Lo vuole, lo desidera vivamente, si affretta di giungervi, e per questo si abbandona volentieri a questa folla che viene ad arrestano. 
Oh, meraviglia incomprensibile della bontà divina! Il Cuore di Gesù non è che amore.

3. La disperazione.
 La passione predominante di Giuda, quella che l’aveva portato al delitto, era una bassa avarizia, un attaccamento grave ai beni della terra. Aveva prima seguito Gesù nella speranza di vederlo costituire un regno sulla terra, nel quale avere un posto lucroso. Poi vedendo che le cose prendevano un altro aspetto, si era accumulato dei risparmi rubando alla cassa comune, infine, credendo perduta la causa di Gesù, per farsi degli amici nel campo opposto vendette il suo Maestro. Non credeva però che le cose andassero a finire con una condanna di morte; quando si trovò a questo punto ebbe pentimento, si sconfortò. Avrebbe voluto rompere il suo contratto, ma i Farisei non accettarono. Allora si diede alla disperazione.
Ah, se si fosse invece pentito! Gesù lo avrebbe perdonato; se avesse pianto come san Pietro, avrebbe ritrovato il suo posto d’apostolo e le sue prerogative. Il Cuore di Gesù è così buono...! Oh tenerezza ineffabile del nostro Salvatore! grida sant’Agostino. O nomen, sub quo nemini desperandum! Oh nome di misericordia, Gesù, Salvatore, nome sotto la cui protezione dobbiamo tutto sperare!
Quante volte io pecco per mancanza di confidenza! Non giungo fin dove è arrivato Giuda, ma non ho la confidenza semplice fedele che ottiene il pentimento e la risurrezione. Non vado al Cuore di Gesù, scelgo e preferisco dì alzarmi da solo, così mi trascino di colpa in colpa senza gioia e senza speranza.

Proposito. — Vedendo il pericolo in cui può trascinare un difetto coltivato segreta niente, rinnovo oggi la proposito di far bene le confessioni e l’esame particolare quotidiano. Resterò sempre nel vivo timore d’offendere il Salvatore e di tradirlo. Voglio anche rinnovare l’ammenda onorevole al Sacro Cuore di Gesù per i delitti di tutti i Giuda.
Colloquio con Gesù al Getsemani.

LA CATTURA  I SOLDATI ED I FARISEI

Ma Gesti che sapeva tutto quello che doveva cadere sopra di lui si fece avanti e disse loro: Di chi cercate? — Gli risposero: di Gesù di Nazareth. Gesù loro disse: Sono io. Appena ebbe detto loro: Sono io , dettero indietro e stramazzarono a terra (S. Giov., XVIII, 4).

1° Introduzione. Gesti può stornare ogni pericolo: ma no, non lo vuole; vuoi incontrare la morto per nostro amore.
2° Introduzione. Signore, non è mai troppa la meditazione sulla misericordia del vostro Cuore; aumentate nel mio la fede e la caritè.

1. I nemici.
Di chi è composta questa turba che s’avanza contro Gesù Cristo? composta prima di tutto di soldati romani: essi obbediscono ciecamente e brutalmente agli ordini che vengono loro impartiti; non comprendono tutto il carattere odioso di questi fatti, per cui non prevedono le conseguenze. Sono però impressionati di particolari insoliti di questa cattura. Vengono poi i servi dei Farisei, suscitati dai loro padroni; essi agiscono allo scopo di percepire un salario. Vi è anche qualche bandito spregiudicato reclutato dai settari. 
Dietro di loro vengono ignominiosamente alcuni sacerdoti e farisei, i più odiosi, benchè minori di numero: sono venuti per incoraggiare e sostenere tutta la banda.
Gesù Cristo incontra sempre i medesimi nemici; l’odio settario, gli incoscienti e la turba immorale.
Il Cuore di Gesù che è sempre misericordioso con tutti vuoi lasciare nei loro cuori un seme di conversione.
Egli colpisce i soldati facendoli stramazzare a terra, ma subito li rialza e raccomanda loro di non far violenza contro gli apostoli; proibisce a questi di servirsi di armi per difenderlo; anzi guarisce Malco.
Non rimprovera i soldati ma i sacerdoti e i Farisei.
Poi si abbandona nelle mani dei soldati e delle guardie come un agnello senza difesa. La sua dolcezza dovrebbe disarmarli; qualcuno di essi ricorderà più tardi questa mitezza divina, e si convertirà come il centurione del Calvario.

2. I rimproveri ai Farisei.
Gesù rimprovera con fermezza, ma anche con dolcezza, ai Giudei la loro ributtante condotta a suo riguardo. « Voi venite a me. come ad un ladro. Conducete tutta una furba di soldati e di servi armati di spade e di bastoni. Ma io ero qui disarmato ed assorto in preghiera. Se voi aveste trovata la mia dottrina falsa e opposta alla divina legge, potevate arrestarmi sul fatto: insegnavo nel Tempio ogni giorno, non mi nascondevo mai, mi sedevo in mezzo di voi, e parlavo tranquillamente e francamente. Non mi avete mai. rimproverato nulla, perchè ora mi trattate come un ladro?».
Aggiunge poi qualche severa parola che dovrebbe farli riflettere.
« Potrei affrontare la vostra impotenza: voi l’avete visto, or ora, mercè la caduta dei soldati vostri; ma vi lascerò fare. l’ora vostra, l’ora della potenza delle tenebre e dell’inferno, di cui voi non siete che i ciechi strumenti. Obbedendo alle sue ispirazioni, voi non siete, dopo tutto, che gli esecutori di una volontà superiore. Voi realizzate le profezie preparando la morte del giusto, il cui sacrificio salverà le anime di buona volontà: Hoc factum est, ut adimplerentur Scripturae prophetarum».
Anche in questo momento d’angoscia Gesù ammaestra i suoi nemici; cerca di risvegliare la loro fede e preparare ,il loro pentimento. E se pel momento essi non sono suscettibili  d’alcun sentimento buono, più tardi qualcuno vi rifletterà.
Ma al Cuore di Gesù è riservata ancora una tristezza ben profonda. Gli apostoli sono fuggiti. Turbati, scossi nella fede, eccoli fuggire malgrado tutti gli avvertimenti che Gesù aveva dato loro. Non pensano più che a mettere in salvo se stessi. Anche noi molte volte lasciamo indebolire la fede, quando vediamo la Chiesa attraversare periodi di prove. Ma lasciamo pur passare l’ora delle tenebre, e vedremo che la Chiesa ha vere promesse di. vittoria.

3. La volontà divina.
Gesù non ha che una linea di condotta: fare la volontà del Padre; compiere tutto ciò che è stato preparato per la salvezza del mondo.
Questa sola è la legge del suo Sacro Cuore. Mentre si abbandona fra le mani dei soldati, egli protegge però gli apostoli giacchè  aveva promesso che li avrebbe preservati da ogni pericolo: « Padre, quelli che voi mi avete dati, li ho tutti custoditi, non ne ho lasciato perdere alcuno i (San Giov. XVIII, 9).
San Pietro vuoi lottare contro gli aggressori, « Ma no, dice Gesù, rimetti la tua spada nel fodero; mi rifiuterà forse di bere il Calice che il Padre mi ha preparato? i.
Ed aggiunge: « Sai bene che se io chiedessi al Padre delle legioni di angeli in mia difesa, egli me le invierebbe. Ma allora come si compirebbero le profezie? i. Isaia non aveva detto che il Redentore viene condotto alla morte come un agnello, e custodisce il suo silenzio come un montone che si lascia tosare? (Isaia LIII). Gesù continua rivolto ai farisel: « Siete venuti a prendermi con le vostre guardie: l’avete potuto fare, perchè è la vostra ora, l’ora in cui il Padre mio lascia agire la potenza delle tenebre per compiere la profezia di Geremia che dice:
Il Cristo è stato preso per causa dei nostri peccati,, o (Lament. IV, 20). Dietro l’esempio di nostro Signore che vuoi compiere tutta la volontà del divin Padre e tutte le profezie messianiche, io mi voglio consacrare liberamente ed intieramente al compimento de1li volontà di Dio.

Proposito. Due parole, o Signore, caratterizzano la vostra cattura: l’amore dei tuo cuore divino per noi, e la conformità ai voleri del vostro divin Padre. Queste pure devono essere le mie proposito: bontà e carità verso tutti, anche verso i nemici; conformità alla volontà divina facilmente conosciuta.
Colloquio con Gesù al Getsemani.

LA CATTURA S. PIETRO E GLI APOSTOLI

Rispose Gesù: Vi ho dello che sono io; se dunque cercate di me, lasciate che questi se ne vadano: affinché si adempia la parola detta da lui: di quelli che hai dato a me, nessuno ne ho perduto (S. Giov., XVIII, 8).

1° Introduzione. Nostro Signore si consegna lui stesso, ma protegge gli apostoli e li difende.
2° Introduzione. Signore, la vostra bontà per gli apostoli non si smentisco mai, e il vostro Cuore manifesta incessantemente la sua carità.

1. San Pietro.
Egli ha amato molto Gesù, ma lo ha amato con i difetti del suo carattere, la foga e l’incostanza. La sua fedeltà ed il suo amore per nostro Signore si manifestano vivamente, quando vede i soldati romani ed i Giudei portare le mani su di lui. Ha la spada e se ne serve: colpisce alla testa il povero Malco, e gli taglia un orecchio.
Nostro Signore ha permesso anche questo, ed ha colto l’occasione per far notare che Egli si serve di ben altri mezzi. Se avesse voluto stabilire il suo regno con la forza non avrebbe avuto bisogno di noi: i suoi angeli avrebbero vinto i ricalcitranti. Ma il suo regno è quello dell’amore, e noi dobbiamo guadagnare l’anime con la pazienza, con la carità, con la dolcezza.
Non dobbiamo essere dei rivoluzionari: dobbiamo rispettare l’autorità ed obbedirla incondizionatamente a meno che ci comandi degli atti ingiusti. « Rimetti la spada nel fodero, dice nostro Signore a san Pietro, perchè chi di spada ferisce di spada perisse ». L’ardore di san Pietro doveva essere però molto effimero, poichè eccolo fuggire con gli altri. Ritornerà, è vero, ma ritornerà per rinnegare il suo buon Maestro. Amiamo Gesù vivamente, ma fortemente. Dimentichiamoci. Interessiamo il suo amore ricordandogli la bontà del suo Cuore, le sue sofferenze, i suoi benefici. Aumentiamo quest’amore nei nostri cuori con atti sinceri e con sacrifici.

2. Gesù ed i suoi discepoli.
Quanto è buono nostro Signore in tutta questa scena! Egli proclama praticamente clic il suo regno è tutto un regno d’amore. I discepoli domandano: « Dobbiamo por mano alle spade? ». — « No, risponde loro, fermatevi » e guarisce Malco.
È pregando, è soffrendo, è spandendo i suoi benefici che la Chiesa si stabilirà, e si dilaterà. Noi lo dimentichiamo ancora troppo facilmente. Siamo ben lontani dalla carità che nostro Signore attende da noi e che trionferebbe su tutti gli ostacoli. Siamo ben lontani da quell’obbedienza ed abbandono alla volontà di Dio, di cui Gesù ci dà sì grande esempio: « Non devo bere il calice che il Padre mi ha preparato? »
Egli vuoi bere il calice per obbedire al Padre, ma anche perchè questo calice costituisce la nostra salvezza. I missionari che amano sinceramente la croce, sono infatti quelli che veramente guadagnano le anime.
Gesù si abbandona intieramente alla volontà del Padre. Potrebbe tentare la lotta come i Maccabei; potrebbe anche chiamare legioni e legioni di angeli al suo soccorso, invece non vuole che la volontà del divin Padre. Lascia che il Padre conduca tutti gli avvenimenti in modo che si compiano le profezie, e se gli fa presentare un calice amaro, egli l’accetta, io ama, perchè vi scorge la paterna volontà divina, la riparazione verso il Padre, la salvezza e la redenzione delle anime.
In un momento così grave eccolo ancora tutto occupato alla formazione degli apostoli, ad istruirli, a dar loro il più anto esempio. Li ama così tanto! Gli sta tanto a cuore la loro eterna salvezza. Dov’è la mia confidenza in Dio? Dov’è il mio abbandono alla Provvidenza? Gli avvenimenti avversi mi turbano; confido sempre nei mezzi umani; dimentico che la preghiera ed il sacrificio sono i grandi strumenti della nostra salvezza, e che nulla succede che Dio non abbia preveduto e permesso. Nostro Signore ci insegna anche a rendere bene per male, e guarisce questi giudei volgari che l’hanno arrestato.
Il Cuore di Gesù è tutto carità. Ed il mio?

3. Contrasto.
Gesù è tanto più buono verso i suoi discepoli, quante essi sono ingrati verso di lui.
Ecco che pensa più a loro che a sè. I soldati romani che non lo conoscevano, avrebbero potuto arrestare gli apostoli. Ma egli si fa innanzi e dice loro: « Chi cercate? — Sono io ». Processit et dixit eis: Quem quaeritis? E riprende: « Sono io, ve lo ripeto; se cercate me, prendetemi, ma lasciate in pace questi altri ».
(gli apostoli ebbero un momento di coraggio, e volendo imitare san Pietro dissero: « Maestro, dobbiamo por mano alla spada? ». Fuoco di paglia. Un momento dopo fuggono tutti. Solamente san Giovanni lo segue di lontano. Avessero fatto tutti almeno come san Giovanni! Da poco tempo Tomaso aveva detto agli altri: « Andiamo in Giudea con lui, e moriamo per lui ». Come furono presto dimenticati tutti questi bei giuramenti di fedeltà e di amore.
Qual contrasto! Da parte di Gesù non vi è che fedeltà, amore, dedizione; da parte degli apostoli invece se vi è un atto di buona volontà, è subito seguito dall’incostanza, dalla paura, dall’amor proprio, dall’ingratitudine. Poveretti! non hanno ancora ricevuto la forza e l’amore dello Spirito Santo.
Io, che ho invece ricevuto tutte le grazie possibili sono stato debole, fiacco e non meno ingrato. Gli è che trascuro queste grazie, che non ne approfitto, e così ricado sempre in una vita debole e fiacca.

Proposito. Gesù è carità. Quando lo comprenderò? Quando risponderò alle sue premure? O Gesù, prendete il mio povero cuore e riscaldatelo nel vostro. La carità deve essere custodita. necessario che io viva alla vostra presenza, in unione ai vostro Cuore sacratissimo e nella meditazione dei vostri misteri.
Colloquio con Gesù al Getsemani.


GESU’ IN CASA DI ANNA

La coorte pertanto e il tribuno e i ministri dei Giudei afferrarono Gesù e lo legarono, e lo menarono di là primiera. mente ad Anna perché  era suocero di Caifa, il quale era pontefice in quell’anno (S. Giv., XVIII, 12).

1° Introduzione. O divin Maestro, che avete subito in questo luogo mi odioso schiaffo, che vi ricordò tutti i nostri peccati, perdonateci!
2° Introduzione. Signore, suscitate nei mio cuore il più profondo pentimento e gradite l’ammenda onorevole che voglio oggi offrire al vostro sacro Cuore.

1. I pontefici.
Anna era stato sommo sacerdote: dopo di lui lo furono i suoi figli e poi suo genero. I Romani l’avevano deposto, ma di fatto egli continuava a dirigere il Sinedrio insieme ai suoi successori. Ebbe quindi la più grande parte in tutto ciò che avvenne: e fu lui ad suscitare gli invidiosi contro Gesù.
Caifa, dal canto suo, crudele ed odioso, aveva da tante tempo meditata la morte del Salvatore. Dando ai giudei questo consiglio: « è necessario che un uomo muoia per il popolo » egli aveva espresso una profezia senza comprenderne il senso (S. Giov. XVIII, 14).
Anna abitava presso Caifa, ed a lui condussero Gesù, intanto che il Sinedrio si preparava in quella casa.
Ecco quali furono i giudici di nostro Signore: uomini ambiziosi ed avari, ossequenti ai pagani e mossi sopratutto da un desiderio interessato di rimanere in carica. Per loro che hanno tanto bisogno della protezione di Pilato cri profeta non è che un inciampo, per cui sono pronti a tutto pur di conservar questa protezione che tanto sta loro a cuore. Nostro Signore accetta umilmente di sottoporsi a questo giudizio. Eccolo davanti ai giudici solo, senza amici; solamente san Giovanni l’ha seguito da lontano.
Che lezione di generosità, di fedeltà, di sottomissione alla volontà del suo divin Padre!

2. L’interrogatorio.
Mentre sì preparava il Sinedrio Anna s’arrogò il diritto di far subire a nostro Signore un interrogatorio preliminare.
Lo interrogò quindi circa i suoi discepoli e la sua dottrina. Sperava in questo modo cli strappare a nostro Signore risposte compromettenti, di cui valersi poi davanti al Sinedrio.
Ma Gesù ne sviò le mire; egli sapeva che quest’interrogatorio non era conforme ai dettami della legge, per cui non rispose alle domande del pontefice. Eludendole tutte disse: « Ho sempre parlato in pubblico, ho insegnato nelle sinagoghe e nel tempio, ove tutti i Giudei si riunivano. Niente ho detto in segreto. Interrogate quelli che mi hanno udito, essi sanno ciò che ho detto ».
Anna che avrebbe voluto ottenere la confessione di qualche progetto di forma religiosa, l’esposizione di una nuova dottrina, oppure lamenti contro i capi religiosi del popolo, contro gli usi dei farisei, rimase assai deluso potendo saper niente.
Nostro Signore non vuole che noi resistiamo alla giustizia del nostro paese, ma non vuole neanche che noi ci prestiamo ai capricci dei tiranni che agiscono fuori delle norme legali. Bisogna saper conciliare il dovere con la dignità.
Che ora penosa per nostro Signore I Egli è là abbandonato da tutti, davanti ad un sacerdote indignato, davanti ad un preteso giudice che agisce contro il diritto e che non ha in cuore che odio e fiele. E il grande, eterno Giudice dei vivi e dei morti si umilia fino a sopportare quest’interrogatorio ingiusto e crudele.
Non doveva egli sottomettere sè e la sua dottrina ai giudizi dei secoli futuri? Tutti i critici, tutti gli empi, tutti gli orgogliosi tentano lo stesso tiro del pontefice Anna. E nostro Signore sopporta sempre quest’orgoglio. Oggi però domanda a me docilità, confidenza, ammenda onorevole. Signore, perdonatemi i dubbi e le critiche: io le voglio riparare con un raddoppiamento di confidenza e di pietà figliale.

3. Lo schiaffo.
Uno dei satelliti o dei servi che erano là giudicando la risposta di Gesù non sufficientemente rispettosa per colui al quale era rivolta, diede brutalmente uno schiaffo al divin Maestro, esclamando: « così che tu rispondi al Pontefice? ». E sapeva che la sua grossolanità sarebbe piaciuta ad Anna.
La legge giudea proibiva simili offese, e le puniva, ma questa volta non vi era legge alcuna che mitigasse l’odio e la amarezza che essi covavano contro il divin Maestro.
Gesù sopportò come un agnello l’atto insolente, e rispose con calma: « Ho parlato secondo il mio diritte e secondo verità: perchè dunque mi percuoti?»
Oh, Gesù, io mi getto ai vostri piedi per riparare quest’affronto. Vorrei ricevere questo schiaffo al vostro posto, io che ne merito milioni. Ma, ohimè! non sono io stesso l’autore di questo schiaffo? Quel servo è meno colpevole di me. Ciascuno dei miei peccati è stato uno schiaffo per voi. Ed io so chi siete voi, io so quello che mi faccio. Le mie colpe sono più gravi di quella di questo servo, che pur trovo tanto odiosa. Oggi è veramente per me un giorno di duolo, di tristezza, di pentimento: la meditazione di questo schiaffo m’impressiona profondamente. Ma che ho fatto, o Signore, quando vi ho offeso tante volte? Come farete a perdonarmi? Voi non potrete dire al vostro divin Padre che io non sapevo ciò che mi facevo.
Eppure ho confidenza, poichè so che voi avete sofferto questo schiaffo per espiare tutti quelli che riceveste da me. Perdonatemi.

Proposito.  Perdono, Signore, per tutti i miei peccati passati. Imprimetemi profondamente nel cuore l’odio ai peccato. Datemi la grazia d’offrire oggi e tutti i giorni della mia vita un’ammenda onorevole ben sincera e cordiale ai vostro divin Cuore.
Colloquio con Gesù presso il pontefice.
 


GESU’ DAVANTI A CAIFA

E condussero Gesù dal sommo sacerdote, e si adunarono i sacerdoti, gli scribi e gli anziani del popolo. Ma i principi dei sacerdoti e tutto il consesso cercavano testimonianze contro Gesù per farlo morire e non le trovarono (S. Marco, XIV, 53).

1° Introduzione. Ecco tutto ciò che Gesti ha voluto subire per noi: giudici iniqui, falsi testimoni, servi grossolani.
2° Introduzione. Sento benissimo, o Gesù, che i miei peccati sono la causa di tutto questo; datemi lo spirito di riparazione verso il vostro sacratissimo Cuore.

1. L’interrogatorio.
Contrariamente a tutte le regole il processo si svolge nel cuor della notte. Tutto il Sinedrio vi è presente, saturo di odio. Sono tutti decisi di pronunciare la condanna di morte; hanno preparato i falsi testimoni; anche i giorni precedenti avevano inviato spie ad assistere alle predicazioni di Gesù.
I testimoni si contraddicono; tuttavia eccone due che dicono qualche cosa di somigliante. Il primo attesta: «Gli abbiamo udito dire: — Io posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni — » . — Il secondo testifica: « Questo uomo ha detto: — Distruggerò questo tempio fabbricato dalla mano dell’uomo ed in tre giorni ne ricostruirò un altro — ». Tutto questo non è nè esatto, nè coerente. Gesù aveva detto del suo proprio corpo: « Distruggete questo tempio, ed io lo riedificherò in tre giorni i. Pure il sommo sacerdote vuoi scoprire in questa risposta un disprezzo al tempio, e la pretesa di un potere magico. Allora con amarezza dice a Gesù:
« Non rispondi a queste accuse? i. Gesù taceva. Ammirabile silenzio, magnifica manifestazione di pazienza, di dolcezza, di abbandono alla volontà di Dio
Gesù non ha nulla da rispondere a testimoni simili: le loro deposizioni sono false e non concordano: i giudici lo capiscono bene.
Egli tace: non vuoi opporsi alla condanna: ha sete d’essere giudicato, condannato e messo a morte per noi.

2. Il Cristo figlio di Dio.
Questo silenzio accusatore di Gesù, più eloquente di tutto ciò che egli avrebbe potuto dire, turba ed inquieta la coscienza dei giudici e Caifa vuol romperlo ad ogni costo. Le accuse dei testimoni Io confermano nel pensiero che Gesù si sia spacciato per il Messia: vuole allora costringerlo a confessare lui stesso e gli dice solennemente: « Ti scongiuro, per il Dio vivo, di dirci se tu sei il Cristo, Figlio di Dio ». Gesù sa che la sua risposta affermativa strapperà una condanna di morte, ma non vuoi sottrarsi ad una intimazione giuridica, e risponde dignitosamente: « Tu l’hai detto, lo sono i. come se dicesse: « Io sono veramente il Messia atteso, quello che i profeti vi hanno annunciato. Voi dovreste riconoscerlo e proclamano, invece ecco che mi condannate a morte; ma questa morte stessa mi farà entrare nella gloria, ed alla mia volta sarò io che vi giudicherò ».
Ed aggiunge: « Vedrete quindi un giorno il figlio dell’uomo seduto alla destra di Dio onnipotente, venire sulle nubi del cielo per giudicare i vivi ed i morti
Ma Gesù non ha provato la sua missione con i miracoli? questo che essi dovrebbero esaminare, ed invece non ci pensano.
O mio buon Maestro, sì, io lo credo, voi siete il Cristo Figlio di Dio. Lo riconosco, vi adoro, vi faccio ammenda onorevole per questi oltraggi che vi sono prodigati in casa dl Caifa. Ohimèt La mia vita è stata sovente una vera negazione della vostra autorità. Perdonatemi, io mi prostro ai vostri piedi e li abbraccio, con dolore, con amore e con confidenza.

3. Gli improperi.
Le guardie ed i servi che sono presenti non hanno più ritegno quando vedono Gesù condannato come bestemmiatore. Si abbandonano alle violenze le più brutali: « Gli sputano in faccia, e quelli che lo tengono lo battono deridendolo e sgridandolo; gli coprono la faccia, lo schiaffeggiano e percuotono dicendo: “Cristo, indovina, e di’ chi di noi ti ha picchiato,, e preferiscono contro di lui molte e molte bestemmie »
Tutto questo è il compimento di ciò che era stato predetto dal profeta Isaia: » Ho dato il corpo a quelli che mi battevano, e le mie guance a quelli che mi strappavano la barba; non ho voltato il viso agli oltraggi
e agli sputi ignominiosi: sono rimasto alla loro presenza come una rocca: so che io non rimarrò confuso » (Is. x, 6).
O mio buon Maestro, sono io che ho meritato tutto questo: e per espiare le mie colpe voi le subite.
Permettete che io vi consoli per quanto sta da me mercè proteste amorose. Ad ogni oltraggio vi vorrei rendere cento segni di devozione, di fedeltà e d’affetto. Vorrei mettermi fra voi ed i vostri accusatori e ricevere al vostro posto gli oltraggi che vi prodigano. Accettate tutti gli atti di sacrificio e d’amore che oggi potrò fare, e che vi offro con questa intenzione.

Proposito. — Il vostro silenzio, o mio buon Maestro, mi offre una pratica e sublime lezione di pazienza e dì abbandono. L’affermazione della vostra missione mi getta ai vostri piedi. Sì, voi siete il mio Dio ed il mio tutto. Ma gli oltraggi che voi ricevete mi commuovono in modo tutto particolare, perchè anch’io ne sono assai responsabile! Perdonatemi ed accettato le deboli riparazioni che offro al tuo cuore divino.
Colloquio col buon Maestro

 LE CINQUE PIAGHE ( p. Dehon)

Venne Gesù  mentre le porte erano chiuse, e stette in mezzo ad essi, e disse: Pace a voi. Di poi dice a Tommaso: Metti il tuo dito qui e guarda le mie mani e avvicina la tua mano e mettila nel mio costato, e non sii più incredulo ma credente (S. Giov., vx, 26).

1° Introduzione. Il dubbio di Tommaso vi ha addolorato, o Gesù. Con la Chiesa io vi venero di tutto cuore e bacio le vostre cinque piaghe.
 2° Introduzione. Permettete, o Signore, che dalla meditazione
di questo mistero io tragga un accrescimento nello spirito d’amore, di penitenza, di riparazione.

1. li dubbio di San Tommaso. San Tommaso ha già ricevuto molte testimonianze della risurrezione di Gesù: ha udito le sante donne, poi san Pietro, poi tutto il gruppo degli apostoli che hanno già avuto, durante la sua assenza, la visita del Salvatore.
Dovrebbe credere. Invece eccolo esprimere il suo dubbio con molto scetticismo: “ Se non vedo nelle sue mani il foro dei chiodi, se non metto la mia mano nel suo costato, non ci credo.”  Ahimè, quanti cristiani fanno la stessa ingiuria a nostro Signore! Sono milioni che non ammettono d’avere prove bastanti per credere ragionevolmente, ed attendono, e non fanno niente per nostro Signore. Come se non Io conoscessero! Che ingiuria per il caro Gesù! Che pena profonda per il suo Cuore amatissimo!
Però, io ho sovrabbondanti motivi di fede per divenire santo, per vivere nel fervore, nell’unione con nostro Signore, nella pratica di consigli di perfezione. Ma non faccio niente; che aspetto? Quando mi decido? Ogni giorno offendo nostro Signore; ma egli attenderà poi ancora il risveglio della mia fede?
Perdono, Signore, per tanta indifferenza, tanta debolezza e tanta tiepidezza. Io credo, accrescete voi la mia fede.

2. La benevolenza del buon Maestro.  Improvvisamente Gesù appare in mezzo agli apostoli, maestoso e buono. È venuto per guarire Tommaso dei suoi dubbi. « Pax vobis! La pace sia con voi! » È il saluto abituale di Gesù agli amici, saluto affettuoso e veramente efficace. Tommaso osa appena credere ai suoi occhi. È sommamente turbato.
Sopratutto per lui Gesù appare oggi. Viene a compiere un miracolo morale, il cambiamento delle disposizioni di Tommaso, e lo compie mediante queste cinque piaghe. Si rivolge subito a lui e gli dice: « Vieni, metti qui il tuo dito, guarda le mie mani; avvicina la mano, e mettila nei mio costato»,  in questo costato aperto dalla lancia, nel quale si sente battere il più amante dei cuori, « e non esser più incredulo, ma credente».
Gli apostoli guardano ed attendono. Tommaso spingerà la sua incredulità fino a toccare le piaghe del Salvatore? No, egli si getta in ginocchio esclamando: « Signore mio, e mio Dio! ». Nostro Signore ha risposto direttamente alle parole di dubbio che Tommaso aveva pronunciato. Nulla poteva impressionarlo maggiormente. Qui comincia la devozione alle cinque piaghe, che è il introduzione della devozione al Sacro Cuore. Nostro Signore volle mostrarci l’efficacia delle sue piaghe: esse hanno una parte assai grande nella mistica cristiana: sono le sorgenti misteriose dalle quali è colato il sangue redentore Queste piaghe erano state figurate dalle sorgenti del paradiso terrestre, che portavano ovunque la fecondità e la gioia. Erano state profetizzate da Isaia: « Berrete alle sorgenti dei Salvatore ». Appaiono anche nell’Apocalisse sotto forma di sorgenti che zampillano sotto i piedi dell’agnello di vino. Sono state riprodotte nelle membra benedette di qualche santo, come san Francesco di Assisi e santa Caterina da Siena, e formano l’oggetto d’una delle principali devozioni della Chiesa.

3. Beati coloro che non hanno veduto, ed hanno creduto.  San Tommaso ha espressa la sua fede: « Signore mio e Dio mio! ». E’ il Signore mio,  è il Figlio dell’uomo, è il Cristo, è il Messia, è il « mio Dio, il Figlio di Dio; è il Verbo incarnato.
La fede è completa ed esplicita: « Beato tu, Tommaso, dice nostro Signore, perchè hai veduto, ed hai creduto; ma più beati, cioè più meritevoli, coloro che crederanno senza aver visto.
Io dovrei essere di questi, Signore. Non ho veduto le vostre piaghe, ma ho tanti motivi di fede: la testimonianza del Vangelo, la Chiesa, le grazie, i santi, e finalmente l’azione soprannaturale sempre viva ed efficace nella Chiesa.
E non ho, per così dire, toccato col dito le azioni vostre e le vostre grazie, in mille circostanze della mia vita, sia in me stesso, sia nelle anime con le quali ho avuto mia azione?
Non sarei più colpevole di Tommaso, se non avessi una fede viva? E perchè la mia fede è ancora così debole, così inerte e quasi morta? Perchè credo; ma poi vivo come se non avessi fede?
Voglio oggi domandare il miracolo della mia conversione, e lo voglio domandare a Gesù per le sue cinque piaghe. Le contemplo in spirito: vi avvicino le labbra per bere a queste sorgenti l’acqua vivificante di cui parla san Giovanni.
Voglio attingere alle vostre piaghe la bevanda della salvezza. Siate condiscendente verso di me, come lo foste per san Tommaso. Presentatemi le vostre mani ed i vostri piedi, perchè io vi posi le labbra. Ho tanto bisogno di forze, lasciatemi avvicinare al vostro Cuore per attingervi il pentimento ed il fervore. Perdonatemi!
Colloquio con nostro Signore.

LA LANCIA ED I CHIODI

Gli dissero però gli altri discepoli: abbiamo veduto il Signore, Ma Tommaso disse loro: Se non vedo nelle mani di lui le fessure dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato non credo (S. Giov., xx, 25).

l° Introduzione. Le vostre piaghe, o Gesù, sono una grande lezione di penitenza e di amore. Le bacio con pietà e con riconoscenza.
2° Introduzione. O Gesù, suscitate Voi nel mio cuore sentimenti duraturi d’amore o di riparazione.

l. Gesù inchiodato in croce. Consideriamo la croce stesa in terra sul Calvario: i soldati vi coricano violentemente il Salvatore. Gesù si abbandona nelle loro mani silenzioso e dolce, con gli occhi fissi al cielo. Col cuore però egli s’abbandona al suo Eterno Padre, alla sua maestà, alla sua giustizia, al suo amore: ed anche a noi offre il merito della sua crudele crocifissione. I carnefici prendono la sua mano destra, quella che ha benedetto tanti sfortunati ed operato tanti miracoli, la fissano al braccio della croce con un grosso chiodo di ferro. Le carni si lacerano, i muscoli ed i nervi si strappano, le vene si aprono. Poi la mano sinistra viene tirata violentemente ed inchiodata essa pure. I piedi subiscono la stessa sorte. Che dolore, quando quei chiodi penetrano a traverso le mani ed i piedi, offendendo le ossa e lacerando i nervi più sensibili!
Perchè nostro Signore ha voluto tutto questo? Perchè le nostre mani avrebbero commesso tanti delitti, perchè i nostri piedi avrebbero servito a tanti passi colpevoli. Questi chiodi sono stati gli strumenti della riparazione, e sono divenuti venerabili come la croce. I santi avrebbero voluto levare quei chiodi per liberare Gesù. San Paolo diceva: Porto le stigmate del Cristo sul mio corpo; e san Francesco ebbe la grazia di provare questo dolore delle stigmate di Gesù.
Indegno come sono, io mi accontento d’abbracciare i chiodi del mio crocifisso e d’accettare generosamente le piccole sofferenze che la Provvidenza m’invierà.

2. Gesù sospeso alla croce. Per tre ore, il crocifisso non sarà sospeso sulla croce che per mezzo di quattro chiodi che
squarceranno le quattro piaghe, e sosterranno il peso del suo corpo. Non è questa un’agonia intollerabile e superiore alle forze umane?
Sono questi chiodi che lo tengono sospeso, e ce lo mostrano tanto degno d’amore e di compassione! Aveva detto: « Quando io sarò innalzato fra il cielo e la terra, io attirerò tutto a me « (San. Giov. XII, 32). E’ sopra questi chiodi che ora è innalzato e sospeso, ed egli attira tutto a sè con la pietà e l’amore. Il suo dolore fisico è estremo: se si appoggia sui piedi per sollevare le mani, il dolore dei piedi si moltiplica. Se porta il peso sui chiodi delle mani, queste mani si lacerano sempre più: e questo martirio dura tre ore! Ma egli soffre ancora più moralmente, poiché pensa a tutti i misfatti delle nostre azioni e dei nostri passi, di cui ha
accettata la responsabilità davanti al suo eterno Padre, e che deve espiare per mezzo di questi orribili chiodi. Come ha amata la croce, così è lieto di amare questi chiodi che lo lacerano, ma che lacerandolo purificano le nostre anime, e ci salvano. Ecco perchè la Chiesa onora questi chiodi, e li festeggia. Perchè nostro Signore li ha amati come ha amata la croce; perché sono, come la croce, gli strumenti della nostra salvezza.
Anche noi incontriamo chiodi nella nostra vita, sono: le fatiche, le pene, le contraddizioni, i lavori quotidiani. Possiamo farne strumenti di riparazione e di salvezza per noi e per gli altri.
Quando sapremo accettare ed amare i chiodi di ogni giorno, per amore di nostro Signore e per la salvezza delle anime? 


 
3. La lancia. — « Uno dei soldati gli aprì il costato con una lancia ». Tutto è mistero nella vita e nella morte di Gesù. Il suo Cuore ha sofferto per tutta la vita e specialmente nella agonia, per espiare i peccati del nostro cuore, tutti i nostri affetti cattivi, tutti i nostri malvagi desideri. Quando il suo cuore venne aperto Gesù non sofferse più fisicamente; ma questo oltraggio gli venne fatto per completare l’espiazione. Il segreto di questa ferita è l’apertura del petto e del cuore dì Gesù; l’apertura del petto che mette il suo Cuore alla luce, l’apertura del Cuore che simboleggia l’effusione dell’amore.
Oramai è un Cuore aperto per spandere il suo amore ed i suoi benefici. E’ il preludio lontano della devozione al Sacro Cuore. Oh, che aspetto mirabile ha mai questa lancia crudele! Essa ci ha aperto il cuore di Gesù, e Gesù l’ha amata, come ha amato e benedetto la croce ed i chiodi.
Invidio la sorte di questa lancia che ha trapassato il Cuore di Gesù; voglio scandagliare anch’io questo Cuore, ma non come l’apostolo san Tomaso con un sentimento di dubbio e di curiosità ma con una contemplazione amorosa; ne voglio scrutare gli abissi, le disposizioni d’umiltà, di dolcezza, d’amore, di sacrificio.
Voglio continuare per tutta intera la mia vita a scandagliare questo Cuore aperto dalla lancia per sempre trovare in questi abissi nuovi motivi d’amore e di lode.

Proposito.  Bacio i chiodi e la lancia, penetro in queste ferite benedette che sono altrettante sorgenti di grazia e di carità. A queste sorgenti voglio attingere lo spirito d’amore e di riparazione, e da oggi voglio offrire tutte le mie azioni con questo spirito, più e meglio di quello che non l’abbia fatto fin ora. Colloquio con Gesù inchiodato in croce. 

 

IL SACRO SUDARIO

 

E Giuseppe comperata una sindone e distaccatolo lo avvolse nella sindone, e lo mise in un sepolcro scavato nella pietra, e ribaltò una pietra alla bocca del sepolcro. E Maria Maddalena e Maria, madre di Giuseppe, stavano osservando, dove fosse collocato (S. Marco, xv, 46).

 

Introduzione. Io vedo discepoli fedeli che non misurano i sacrifici e portano sudari e profumi.
Introduzione. Quante lezioni di abnegazione e d’amore incontro qui! Aiutatemi, o Signore, ad imitarle.


1.
L’abnegazione dei discepoli.

Giunta la sera, un uomo ricco, Giuseppe d’Arimatea, o di Rama in Giudea, membro del gran consiglio, uomo buono e giusto che non aveva acconsentito nè ai disegni, nè agli atti degli altri, che attendeva anzi il regno di Dio, e che era in cuor suo discepolo, di Gesù Cristo, venne arditamente a trovare Pilato, e gli domandò il corpo ‘di Gesù. Pi- lato si meravigliò che fosse morto così presto:
fece venire il centurione, e gli domandò se Gesù era già morto. Alla risposta affermativa del centurione, egli cedette a Giuseppe il corpo di Gesù. Nicodemo, che era stato già a trovar Gesù durante la notte, si unì a Giuseppe d’Arimatea e portò al Sepolcro una composizione di mirra e di aloe, circa cento libbre, per imbalsamare il sacro Corpo.
Giuseppe aveva comperato un lenzuolo, e staccato Gesù dalla croce, l’avvolse nel sudario che aveva preparato, poi aiutato da

Nicodemo, lo circondò di bende e di aromi, secondo l’usanza dei giudei.
Ecco il racconto evangelico in tutta la sua semplicità. Questo Vangelo ci presenta alcuni uomini ammirabili per abnegazione, per pietà, per cure amorose. Uomini che non hanno rispetto umano, che affrontano la corte, la sinagoga ed il popolo. Essi avvolgono diligentemente Gesù in un fine sudano, e lo cospargono di profumi.
Quali sono le mie cure per Gesù nel santuario che è la sua tomba, nei poveri sofferenti che sono le sue membra? Qual’è il mio zelo, la mia abnegazione per il culto eucaristico?


2.
I dolori di Maria e delle sante donne.

Maria è là con san Giovanni, e le sante donne che non si sono allontanate dal Calvario. Assistono alla sepoltura, ma con discrezione, lasciando Giuseppe e Nicodemo procedere ad una rapida imbalsamazione.
San Giovanni dice che vicino alla croce stavano Maria, madre di Gesù, sua sorella Maria di Cleofe e Maria Maddalena. Maria ricevette un momento fra le braccia il suo Gesù avvolto nel lenzuolo. Chi potrà descrivere il dolore di questa madre? Ella sa che questa morte era necessaria per la nostra redenzione. Ma il suo Gesù era il più bello fra i figliuoli degli uomini, ed ora non ha più figura d’uomo tanto è ferito, sfigurato, lacerato: Non est ei species neque decor. Se è vero che niente uguaglia l’amore d’una madre per il proprio figliuolo; pensiamo che ora siamo davanti a Maria, una madre eccezionalmente perfetta, e Gesù, un figliuolo infinitamente amabile I Perchè lo hanno dunque messo a morte così crudelmente? Perchè hanno lacerato il suo corpo con tanta barbarie? Hanno anche piantata la spada nel suo cuore! Ora il sudano riproduce tutte queste piaghe che lo macchiano del loro sangue.
Eppure Gesù è veramente innocente. Egli è senza peccato. Ha sparso benefici sopra questo popolo crudele, ne ha guarito i malati e soccorso tutte le miserie. Oh, gl’ingrati! Però Maria sa che il suo divin Figliuolo è morto per i peccati di tutti gli uomini: soffre tanto anche per i miei e li deplora: essi hanno tante contribuito a fare soffrire Gesù ed a mandano a morte. Oh, come questi peccati mi pesano I Come li detesto! Come li deploro! Mi perdonate voi, o Maria? Io mi getto ai vostri piedi, e mi copro la faccia implorando una parola di misericordia. Dite come Gesù: Padre mio, perdona loro, perchè non sanno quello che si fanno.
Mi unisco a voi, o Maria, a san Giovanni, alle sante donne; vi offro tutto ciò che posso concepire di dolore, d’ammenda onorevole, di riparazione. Bacio devotamente questo sudano che nasconde il mio Gesù.


3.
La tomba.

Gesù è messo nel sepolcro. Quando, fra poco, egli uscirà glorioso e trionfante lascerà nel sepolcro il sudano come testimonio della sua risurrezione. E Maria ritroverà poi questo sudano tutto macchiato di sangue.
Oh questa tomba! io la ritrovo nel Tabernacolo; la ritrovo nei mio cuore dopo la comunione. L’Evangelo non cessa di ripetere che era un sepolcro nuovo, ben scolpito nella pietra, e nel quale nessuno ancora era stato deposto. Perchè tutti questi particolari?.

Perchè hanno un alto significato. Il mio cuore deve dunque essere affatto nuovo e senza macchia di morte per ricevere Gesù. Gesù non si compiacerà troppo di riposare in un cuore che è stato macchiato, ed in cui è passata la morte del peccato. Egli era là avviluppato in un fine lenzuolo tutto profumato, e nel mio cuore vuol essere avvolto nel lenzuolo del raccoglimento, con tutti i profumi delle virtù della purezza, della lode, dell’amore e della riparazione.
Vuole anche un sepolcro di pietra, cioè un cuore fermo e resistente alle tentazioni. Vuole un sepolcro chiuso e suggellato: chiudiamo il nostro cuore a tutto ciò che dissipa, a tutto ciò che turba, e ci espone al peccato. Mettiamo su questo cuore il sigillo della vigilanza e della grazia divina. Il ricordo della Passione e della morte de] Cristo sarà la nostra forza. « Al ricordo della croce, diceva Origene, la concupiscenza e la passione scompaiono, tutte le potenze della carne e dei peccate si spezzano. »


Proposito. — Il sacro Sudario mi ricorda tutto l’amore di nostro Signore ed il suo supremo sacrificio, e mi mostra anche la traccia della piaga del suo Sacro Cuore. Ed io come amerò il buon Dio? Che sacrificio farò per lui e per le anime? Sarò più diligente ed osservante in tutte le operazioni secondo la mia vocazione, secondo la volontà divina.
Colloquio con Gesù nei sepolcro

 

Da "l'anno col S. Cuore" di p. Leone Giovanno Dehon, fondatore dei Sacerdoti del S. Cuore di Gesù.
 

[SUI DOLORI DEL CUOR DI GESU’ NELLA SUA PASSIONE (p. Dehon) 

 

 

 

 

 

 

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