TESTIMONI DEL
CUORE DI GESU'
Il
Papa Giovanni Paolo II nel 1980 nella sua visita in Zaire, si inginocchia
sulla tomba di mons. Grison e prega così:
Inginocchiati in questo cimitero
sulla tomba dei missionari venuti da lontano, Signore, noi ti
preghiamo:
Benedetto sia tu, Signore,
per la
testimonianza dei tuoi missionari! Sei tu che hai ispirato al loro cuore di
apostoli di lasciare per sempre la loro terra, la loro famiglia, la loro
patria, per raggiungere questo paese, fino allora sconosciuto per loro, e
proporre il Vangelo a coloro che essi consideravano già come fratelli.
Benedetto sia tu, Signore,
d’aver
sostenuto la loro fede e la loro speranza nel momento delle semine, e lungo
tutta la loro fatica apostolica; di aver donato loro resistenza e
pazienza nelle fatiche, nelle difficoltà nelle pene e nelle sofferenze di
ogni sorta.
Benedetto sia tu, Signore,
d’aver
fortificato il loro attaccamento e la loro fiducia verso i figli di questo
popolo, al punto da stimarli molto presto capaci di aprire loro la via alla
vita religiosa, alla preparazione sacerdotale, con la volontà tenace di
fondare, con loro e per loro, una chiesa locale.
Benedetto sia tu, Signore,
per tutte le
grazie che sono venute dalla loro parola, dalle loro mani. Essi hanno
consacrato la loro vita fino al suo termine per la missione, ed hanno
lasciato a questa terra le loro spoglie mortali. Bisognava che il chicco di
grano cadesse in terra e morisse perchè portasse molti frutti.
Signore, fa che questa chiesa
bagnata dal loro sudore e dal loro sangue giunga a piena maturità. Grazie a
loro, altri possono raccogliere oggi nella gioia ciò che essi hanno seminato
nelle lacrime. Che numerosi si levino, tra i figli e le figlie di questo
paese, coloro che devono
dare il cambio della guardia,
affinché il tuo nome sia glorificato su questa terra d’Africa. Noi ci
guardiamo dal dimenticare questi pionieri del Vangelo, nella memoria del
cuore e della preghiera, e speriamo che tu, li abbia accolti nel tuo
paradiso, perdonando loro le debolezze che hanno potuto segnare la loro vita
come quella di tutti gli esseri umani. Da loro la ricompensa dei buoni e
fedeli servitori. Che essi entrino nella gioia tua o Signore. Dona loro il
riposo eterno e che la tua luce brilli per sempre su di loro. Amen!
Mons.
Giuseppe Wittebols
vescovo di Wamba
P. Juan Maria
della Cruz Garda
Méndez
p. Bernardo Longo
P.
Martino Capelli.
Il 1 ottobre 1944, fu ucciso dai nazi-fascisti tedeschi insieme al salesiano don
Elia Comini e altri 39 uomini, donne e bambini, a Pioppe di Salvaro (a circa 30
km da Bologna). Nell’eccidio di Monte Sole, conosciuto anche come strage di
Marzabotto, dal 29 settembre al 5 ottobre 1944 trovarono la morte 1830 persone.
Preghiera
Dio grande nella bontà,
con amore ci hai chiamati a fare della nostra vita
un dono a te e per i nostri fratelli.
Contempliamo in questo giorno
l’esempio di tanti dehoniani,
che con la loro testimonianza fino al sangue
hanno proclamato la grandezza del tuo amore.
Donaci la grazia di conoscere più profondamente,
di assumere più generosamente,
le storie di vite donate fino all’ultimo respiro,
per la gloria tua
e la salvezza del mondo.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli. Amen.
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MEMORIA DEHONIANA
I DEHONIANI MORTI NELLA I GUERRA MONDIALE
Secondo i dati raccolti, persero la vita nella conflagrazione bellica 33 membri
della
Congregazione: 5 Novizi, 18 scolastici e 10 fratelli. Infine, 23 della Provincia
Tedesca
(GE)
e 10 della Gallico-Belga (GB).
I
sacerdoti erano esenti dal portare ed usare armi, e così erano lontani dalla
prima linea
di
fuoco.
Non
era così per i novizi e i religiosi fratelli, la cui professione religiosa non
era
sufficiente per paragonarla all’ordine sacro formando parte dunque dei
battaglioni
regolari. Comunque, non pochi, specialmente tra i fratelli, hanno servito come
infermieri.
Oltre i deceduti, le persone mobilitate durante la I Guerra Mondiale che, in
qualche
modo, erano in rapporto con l’Istituto SCJ sono state:
-
41 Padri
-
43 Fratelli
-
29 Scolastici
-
5 Novizi
-
8 Postulanti
-
8 Aspiranti
-
47 alunni
Questa è la lista dei nomi che vengono ricordati1:
Novizi:
1. Joannes
WINDMÜLLER [GE
2.
Lambertus
SANDER [GE]
3. Michel
Franciscus Xaverius
MICHAELIS
[GE]
4. Alphonsus
Ludgerus
KRÖLING [GE]
5. Paulus
Hubertus
KLAPPROTH
[GE]
Scolastici:
1. Joannes
Franciscus Salesius
GRANGER [GB]
2.
Joannes-Petrus
Paulus
TARRAL [GE]
3. Alafridus
Andreas
RATTAIRE [GB]
4. Joannes
ORTH [GE]
5. Franciscus
Xaverius ROSTOUCHER [GE]
6. Antonius
Joannes
Berchmans
HACKNER [GE]
7. Paulus
Josephus
LAMBERT [GB]
8. Georgius
Stanislaus
SWISSER [GB]
9. Julius
Leo
GÉRARD [GB]
10. Josephus
RIEG [GE]
11. Joseph
Jean
Baptiste
SEYVE [GB]
12. Josephus
Alphonsus
CUNY [GB]
13. Carolus
Bernardus
VERNHOLT [GE]
14. Henricus
Ignatius
WENNMACHER
[GE]
15. Matthaeus
VAN AKEN [GB]
16. Otto
Paulus
MÜLLER [GE]
17. Eugenius
Benedictus
GROSSÉ [GB]
18. Paulus
Raphael
CRÉPIN [GB]
Fratelli:
1. Alphonsus
Werner
LÜTH [GE]
2. Marcellus
Joannes
Berchmans
LEIPRECHT
[GE]
3. Paulus
Andreas
PRANTAUER [GE]
4.
Michael
WILHELM [GE]
5.
Ambrosius
BAUMEIER [GE]
6. Bernhard
Venantius
BADEN [GE]
7.
Aloysius
VAN DE SAND
[GE]
8. Henricus
Norbertus
NILKENS [GE]
9. Joannes
Eusebius
KAMPHAUSEN
[GE]
10.
Bernardus
MEYERS [GE]
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Germania 1941
P. Franz Loh, scj
Martin
Bormann, dirigente nazista di primo piano, scrisse negli anni 30: "Le concezioni
nazionalsocialista e cristiana sono incompatibili… Tutte le strutture che in
qualche modo hanno influsso sulla guida del popolo, e che potrebbero
pregiudicare o addirittura indebolire l'influsso che dev'essere esercitato
esclusivamente dal Führer con l'aiuto del partito nazionalsocialista, devono
essere eliminate" (in Riccardi, Il secolo del martirio, p. 79).
Nell'anno
1935 i nazionalsocialisti colpirono con severe restrizioni valutarie gli ordini
religiosi. Il P. Franz Loh, superiore provinciale dal 1932 al 1936, comprese
subito che la presenza dehoniana in Germania era a rischio. Non potendo salvare
la casa di Sittard con mezzi legali, non restò altro modo che far pervenire del
denaro in modo segreto.
Sempre
nel 1935, p. Philippe, dopo la sua consacrazione vescovile a Roma, "venne a
Sittard per ordinare sacerdoti i diaconi della Provincia Tedesca. Ma il giorno
dopo, … arrivò in casa una notizia spaventosa. La polizia segreta (Gestapo)
aveva scoperto tutto. Un confratello tedesco, che lavorava nella tipografia di
Sittard e che simpatizzava con i nazionalsocialisti, aveva tradito." (Bothe,
Dehoniana 2000/3, p. 80)
Nell'aprile 1936 ci fu il processo a Krefeld. Alcuni dei dehoniani accusati
erano già imprigionati, altri come p. Loh erano fuggitivi. 13 Sacerdoti del
Sacro Cuore di Gesù furono processati e poi condannati al carcere e a pene
pecuniarie. P. Loh, considerato come responsabile ultimo, fu condannato a
quattro anni di carcere con lavori forzati...
Quando
nel 1940 anche il Lussemburgo fu invaso, p. Loh fu scoperto, subito arrestato e
portato all'infermeria della prigione di Düsseldorf. " Egli non superò
fisicamente la prigionia. La durezza del carcere, insieme al diabete, ne causò
presto la morte. Solo pochi giorni prima, la comunità religiosa riuscì a sapere
dove era detenuto.. Il p. Loh morì il 20 marzo 1941. Dopo la sua morte, la salma
fu restituita ai Confratelli. Il Padre Schunck (successore come superiore
provinciale) lo fece rivestire e tumulare con i paramenti rossi. Durante i
funerali l'allocuzione era stata vietata. Due impiegati della Gestapo
sorvegliavano, presso la tomba, che questo divieto fosse rispettato. Regnava
un'atmosfera davvero spettrale. I confratelli lasciarono il luogo della
sepoltura sconvolti. Come lo stesso p. Loh poco prima di morire aveva confidato
ai suoi confratelli che lo visitarono, egli volle offrire la sua morte in
solitudine per le comunità dell'Istituto." (Bothe, Dehoniana, p. 81)
Austria 1942
P. Wampach et P. Stoffels
P. Joseph
Benedikt Stoffels (nato il 13.01.1895 a Itzig/Lussemburgo) e P. Nicolas Antonius
Wampach (nato il 03.11.1909 a Bilsdorf/Lussemburgo), ambedue sacerdoti del Sacro
Cuore di Gesù, erano impegnati nella Missione Lussemburghese a Parigi, presso la
futura chiesa parrocchiale di St. Joseph Artisan.
“Nel
1940, quando dopo l’invasione del Lussemburgo da parte dei tedeschi, molta gente
scappava a Parigi, i due sacerdoti del Sacro Cuore insieme a un prete diocesano
presero cura di questi profughi e dopo la sconfitta della Francia aiutarono
migliaia di persone a ritornare in Lussemburgo. In un giornale si legge: ‘In
questo lavoro puramente caritativo… la Gestapo [polizia segreta dei Nazisti]
sospettò una rete di spionaggio’. Dopo diversi interrogatori e incarcerazioni
fin dal 1940 i due padri venivano arrestati definitivamente il 7 marzo 1941,
mandati nel campo di concentramento di Buchenwald e poi trasferiti nel campo di
concentramento di Dachau in data 12 settembre 1941.” (Bothe, p. 19).
Ufficialmente morirono di malattie: Bronchite, angina… Ai parenti di P. Stoffels
furono spedite le ceneri del defunto. Come accadeva in numerosi casi simili, i
funerali si dovette svolgere sotto la sorveglianza della Gestapo, quasi
clandestinamente, senza suonare le campane, senza canti, senza partecipazione
alcuna dei parrocchiali, il 31.08.1942.
“Solo 40
anni più tardi, in seguito a diverse ricerche, si venne a sapere che i due padri
erano stati gasati nel castello di Hartheim (Austria) insieme a due altri preti
lussemburghesi. Il castello si trova 265 km distante di Dachau nel piccolo paese
austriaco di Alkoven vicino a Linz. Vi era istallata una camera a gas per
diversi esperimenti. Il trasporto da Dachau a Hartheim durava ben quattro ore.
Le finestre del pullman erano oscurate e il trasporto fu dichiarato ambulanza.
Nel castello si procedeva come negli altri campi di concentramento. I detenuti
furono costretti di spogliarsi. Sotto il pretesto di farsi fotografare venivano
condotti nelle doccia e vi morivano per il gas che usciva dalle stesse docce” (Bothe,
p. 21).
Il
Castello di Hartheim, un castello idilliaco rinascimentale, aveva diversi
compiti: Era integrato nel programmo di Eutanasia dei Nazisti. Malati e disabili
vi furono sottoposti a esperimenti crudeli e poi gasati. In questo contesto
anche P. Stoffels, che soffriva di diverse malattie soprattutto ai polmoni, fu
trasferito come invalido a Hartheim.
P.
Stoffels fu ucciso in una delle camere a gas il 25.5.1942, P. Wampach il
12.8.1942.
Germania 1944
P. Kristiaan Hubertus Muermans
“Rispondendo alla voce della sua patria umiliata, lavorò in numerosi gruppi di
resistenza. Nel maggio 1944 cadde nelle mani della Gestapo (polizia segreta
tedesca), che ce lo tolse per sempre” (Sint Unum, 1947).
Nato il
9.3.1909, Kristiaan Muermans professò nel 1928 e fu ordinato prete nel 1933 a
Louvain. Negli anni successivi insegnava alla nostra scuola apostolica di
Tervuren. Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, fu arruolato per
l’esercito belga.
Come
risulta da una lettera di suo fratello, Wim Muermans, al P. Bothe, P. Kristiaan
Muermans dopo il suo ritorno in Belgio fu attivo nella resistenza belga:
“Si
dedicò alla stampa clandestina e aiutò molti giovani a nascondersi, impedendo
alla Gestapo di arrestarli e di trasportarli nei campi di lavoro. Quando la
Gestapo scoprì la sua attività, Muermans venne arrestato davanti ai suoi
allievi. Dopo alcuni giorni nel carcere di Bruxelles fu trasferito
successivamente nei campi di concentramento di Buchenwald, Ellrich, Harzungen e
Dora ove morì il 16.12.1945, solo alcune settimane prima della liberazione del
Lager da parte degli americani” (citato in Bernd Bothe, Martiri…, p. 31s.).
Sappiamo
oggi che P. Muermans morì in uno dei 40 sottocampi del campo di concentramento
Mittelbau-Dora, a Blankenburg. Dora servì dal 1943 al 1945 per la produzione di
arme da guerra per l’esercito tedesco. Queste armi erano prodotte in una immensa
fabbrica sotterranea, la più grande a quell’epoca: un gigantesco tunnel, lungo
20 km e alto 30 metri. Su 60 000 prigionieri, trattati come schiavi di lavoro a
Mittelbau-Dora e nei sottocampi, 20 000 morirono, fra questi anche P. Muermans;
ma le circostanze della sua morte sono rimaste sconosciute.
P.
Muermans non ci ha lasciato nessun documento scritto. Il suo impegno in favore
dei giovani nella resistenza al prezzo della sua stessa vita, è il fondamento di
quella memoria che André Jarlan, lui stesso ucciso in Cile, descrisse così:
“Coloro
che fanno vivere sono quelli che offrono la loro vita, non quelli che la tolgono
agli altri. Per noi la resurrezione non è un mito, ma proprio una realtà; questo
evento, che noi celebriamo in ogni Eucaristia, ci conferma che vale la pena di
dare la vita per gli altri e ci impegna a farlo.”
(citato
in Riccardi, Il secolo del martirio, p. 23) [cf. Bernd Bothe, Märtyrer der
Herz-Jesu-Priester, p. 29-35].
Indonesia 1944-45
11 confratelli olandesi
nel campo di concentramento giapponese
La
morte di 11 confratelli olandesi nel campo di concentramento giapponese di
Muntok sull’isola di Bangka/Indonesia negli anni 1944/45 fa parte di una
storia assai complessa: s’incrociano i crimini di guerra dei giapponesi
contro la popolazione civile dei paesi occupati, il crollo dell’Olanda come
potere coloniale, la crescita del movimento di indipendenza indonesiano,
l’insieme della Seconda Guerra Mondiale nel Pacifico e, non ultimo, la vita
e il calvario dei singoli confratelli - tutto sommato, una rete di tanti
elementi diversi e dipendenti l’uno dall’altro che rende fino a oggi
difficile una considerazione adeguata sulla testimonianza di quei
confratelli. E per questo spesso sono abbandonati all’oblio.
Il 15
febbraio 1942, le truppe giapponesi conquistano e occupano Palembang/Sumatra,
isola dell’allora impero coloniale olandese. Dopo l’invasione giapponese in
un primo momento l’opera missionaria non viene impedita. Questa situazione
cambia radicalmente a partire dal 1 aprile 1942, giorno in cui tutti gli
europei (civili e religiosi) vengono internati: gli uomini nella prigione di
Palembang, le donne e i bambini in qualche residenza europea. Più tardi gli
internati dovranno costruire con le proprie mani due campi di
concentramento, rispettivamente uno per le donne e uno per gli uomini.
Nel
luglio/agosto del 1943 i giapponesi svolgono violenti rastrellamenti alla
ricerca di presunti collaboratori con gli alleati. In seguito gli europei
nei campi di concentramento di Palembang, e fra questi numerosi religiosi,
vengono deportati nel campo di Muntok sull’isola di Bangka: una zona arida
con un clima difficile. Le porzioni di alimento quotidiano vanno da 100 a
una massima di 300 grammi di riso. Questo trattamento era la solita prassi
nei campi di concentramento dei giapponesi per indebolire e sterminare pian
piano i prigionieri. La denutrizione fa sì che cessino le attività come
scuola, asilo etc. Spesso gli internati sono addirittura troppo deboli per
partecipare ai funerali di qualche loro defunto. Nel solo campo di Muntok in
seguito a denutrizione muoiono ca. 250 uomini su 942; la quota delle donne è
simile; quella dei bambini probabilmente superiore. Anche undici dehoniani
olandesi non sopravvivono in questo luogo di terrore.
Sono:
01. P. Heinrich Norbert van Oort,
02. P. Peter Matthias Cobbern,
03. P. Francis Hofstad,
04. P. Isidore Gabriel Mikkers,
05. P. Theodore Thomas Kappers,
06. P. Andrew Gebbing,
07. P. Peter Nicasius van Eyk,
08. P. Francis John v. Iersel,
09. P. Wilhelm Francisc Hoffmann,
10. Fr. Matthew Gerard Schulte,
11. Fr. Wilfrid Theodore van der Werf.
Camerun 1959
P. Musslin, P. Héberlé e Fr. Sarron
In molte parti dell’Africa, gli anni dopo la Seconda Guerra Mondiale sono
segnati da percorsi diversi verso l’indipendenza. Camerun è diviso in due
territori fiduciari delle Nazioni Unite, affidati alla Francia e al Regno Unito.
Il movimento d’indipendenza prende sempre più forza negli anni 50, a volte
accompagnato da scoppi di violenza.
P.
Héberlé, dehoniano francese in Camerun per più di 25 anni, aveva percepito la
situazione nel Camerun d’allora:
“I
camerunesi sono ben coscienti dei loro interessi comunitari. Vogliono arrivare a
una vera emancipazione. Attribuiscono i problemi attuali non a una semplice
crisi di crescita, ma piuttosto a un vizio fondamentale, una incapacità, una
usurpazione della potenza tutrice… La Chiesa cattolica si è adattata
perfettamente a queste nuovi circostanze, rimette le responsabilità primordiali
nelle mani del clero autoctono. Si distacca assolutamente dalla politica
occidentale. Denuncia le conseguenze nefaste del laicismo e del materialismo
occidentale.” (lettera citata in: Via Catholique 28.8.1960)
Quando
nel 1959 P. Héberlé si trova in vacanze in Francia, molti insistono di non
ritornare più in Camerun. In una lettera del settembre 1959 spiega in questi
termini la ragione del suo ritorno in Camerun, allora in una situazione di
violenza generale e nazionalista, e nonostante tutti i consigli in contrario:
“Ho
dovuto lottare contro me stesso, contro tutti gli affetti familiari, contro i
miei e ciò fino alla fine. In tali circostanze ci rendiamo conto che bisogna
totalmente morire a se stessi, rinunciare assolutamente a tutto per seguire
Nostro Signore e portare la sua croce. Se sono ritornato nella mia Missione,
l’ho fatto solo per compiere la volontà di Gesù Cristo, per essere insieme alle
anime che Dio mi ha affidate e di cui sono responsabile davanti a lui. Per
questo, nella situazione che stiamo vivendo, bisogna avere una fede
incrollabile, una fiducia assoluta, una carità senza macchia… È il momento della
prova per noi preti e per noi cristiani. Dio ci mette alla prova con il fuoco e
con il sangue. Sia fatta la sua volontà: questo ci impegna a consacrarci
totalmente al suo servizio e a raggiungere con i nostri sacrifici il suo, cioè
la croce.” (9 settembre 1959).
Il 30 Agosto 1959 P. Musslin è ucciso nella sua missione.
Il 29 Novembre 1959 è assaltata la missione di Banka-Banfang. In un primo
momento P. Héberlé è colpito da una pallottola, poi decapitato. Fr. Sarron
riesce a scappare, ma dopo poco tempo è trovato e anche lui decapitato.
Congo 1964
Congo belga
Nel 1960 il Congo belga
Congo belga era diventato uno stato indipendente. Nel 1961 fu assassinato il
primo ministro congolese Lumumba. Il paese fu percorso da ribellioni di radicali
e lumumbisti, guidate da Pierre Mulele. L’anno 1964 fu l’anno più duro della
ribellione, anche per i dehoniani. La città di Wamba fu occupato dai Simba
nell’agosto 1964 ed ebbe inizio il terrore. Il vescovo Mgr. Wittebols ed altri
missionari dehoniani furono costretti a camminare a piedi nudi e colpiti in ogni
modo. Mons. Wittebols morì per le percosse, anche perché senza occhiali cadeva
continuamente. I prigionieri furono calpestati dalla folle nel cortile della
prigione e fucilati alla presenza della gente, poi costretta a mutilare i corpi.
La nostra congregazione conta ventisette confratelli uccisi nella cosiddetta
rivoluzione dei simba dopo dolorose detenzioni:
01. P. Henry van der
Vegt,
02. P. Joseph Tegels,
03. P. Frances ten Bosch,
04. P. John de Vries,
05. P. Henry Hams,
06. P. Peter v. d. Biggelaar,
07. P. Johnenter,
08. P. Gerard Nieuwkamp,
09. Fr. Damian Brabers,
10. Fr. Joseph Vanderbeek,
11. Fr. Aloysius Paps,
12. P. Charles Bellinckx,
13. P. Leonard Janssen,
14. P. Cristian Vandael,
15. P. Clement Burnotte,
16. P. James Moreau,
17. Fr. Andrew Laureys,
18. P. Herman Bisschop,
19. P. Joseph Conrad,
20. P. John Trausch,
21. P. Amor Aubert,
22. P. Henricus Verberne,
23. P. Arnold Schouenberg,
24. Fr. Arnolf Schouenberg,
25. P. William Vranken,
26. P. Jerome Vandemoere,
27. Mgr. Joseph Wittebols,
28. Il Servo di Dio P. Bernardo Longo.
“Per fortuna che il Sacro Cuore in questo tempo mi dà tanta pace interna e mi
mette in cuore tante belle giaculatorie con cui trovo la forza di andare avanti.
Prima di sera faccio una passeggiata fino dalle povere suore missionarie! Le
assicuro che siamo protetti dalla Madonna e che dobbiamo affidarci completamente
alla Bella Volontà del Signore anche se vorrà portarci in Cielo con una
fucilata!” (Diario del p. Longo, 29.9.1964)
Quanto leggerete ora è stato "rubato" da un
ritaglio di una rivista dehoniana, ritrovato per caso in fondo ad un
cassetto.
Lo pubblico affinchè non si perda la memoria e gli accidentali lettori...sappiano!
(NdR)
I
Sacerdoti del Cuore di Gesù
raggiunsero il Congo Belga nel
lontano 1897; il pioniere di valore indiscusso è stato
Mons. Gabriele Grison,
consacrato vescovo a Roma nel 1908.
Furono
anni terribili per le stragi delle febbri malariche. Il primo
missionario dehoniano italiano è stato
Fr. Zucchelli Pietro Gerardo, nato ad Ardesie (BG), professò ad
Albino nel 1913 e fu missionario in Congo per un primo periodo dal 1920
al 1928, in Camerun dal 1928 al 1936, poi ancora in Congo fino al 1955.
P. Dehon gli scrisse due lettere in lingua italiana. La prima, inviata
da Bruxelles, portava la data del 9 novembre 1921 e incominciava così: "Coraggio!
Sempre avanti pel regno del S. Cuore e per le anime ". Poi il
Fondatore aggiungeva: "La Provincia italiana è in buona via. Albino
conta cento studenti. Il noviziato [di Albisola] è ben fornito. A Roma
si costruisce [il tempio di Cristo Re] ". Fare memoria di Fr. Zucchelli
vuoi dire risalire agli inizi della nostra Provincia italiana e delle
nostre vocazioni missionarie.
La partenza del Servo di Dio P.
Bernardo Longo fu molto contrastata. Nel 1938 partì da Genova per
l'Argentina e nello stesso anno la nave lo portò finalmente in Congo
Belga. Mons. Verfaillie Camillo (+ 1985) lo destinò alla missione di
Wamba, il centro più importante della missione dell'Ituri, dove giunse
il 3 dicembre 1938, festa di S. Francesco Saverio.
Era stato preceduto da P. Amorese
Michele che era già stato in Camerun, da
P. Sangalli, missionario per un
breve periodo e da un confratello suo coetaneo
P. Gerardo Corbo, rimasto in
Congo dal 1936 al 1955. Partì anche P.
Noacco Luigi, che dopo la morte eroica di P. Longo, divenne
superiore di Nduye. Un sacerdote "Fidei donum"
Don Giacinto Toneatto,
interpellato da Padre Longo, andò sul posto e fondò la missione di
Mambasa.
Altri "Fidei donum" italiani lo seguiranno, soprattutto dalla diocesi di
Udine. Anche i volontari laici italiani si fecero onore accanto ai
dehoniani; ricordiamo solo, per brevità, Costalunga Giorgio e la moglie
Arminda. In seguito partirono ancora molti altri dehoniani italiani a
pochi anni di distanza gli uni dagli altri.
Ricordiamo i padri Stefano Buccella, Caglioni Natale (1931-1997), Gheza
Fiorino (1931-2007), Ravasio Paolo (1932-1990), Maistro Giuseppe
(1935-1975), Bertuletti Girolamo, Colombo Giovanni (1916-2000),
Costalunga Natalino, Fr. Pellegrini Camillo e Fr. Cavaliere Renato.
Nella missione di Basoko, dove si erano concentrati gli italiani, ci fu
la prima vittima dei missionari dehoniani. P. Tegels (1923-1961) fu
ucciso proprio a Basoko per il chiasso fatto dagli alunni delle scuole,
contenti per il giorno di vacanza, concesso per il lutto di Lumumba
ucciso proprio in quei giorni. La soldataglia interpretò malamente
quella gioia sfrenata degli scolari e infuriò contro i missionari.
La strage del 1964 percosse anche i nostri missionari italiani: Buccella,
Maistro, Gheza, ma uno
solo venne ucciso, P. Bernardo Longo, era il 3 novembre 1964. Mons.
Wittebols, Vescovo di Wamba e altri ventisei missionari dehoniani belgi
e olandesi furono sacrificati per la furia scatenata dei Simba, i
terribili "leoni" della rivoluzione congolese.
Negli anni successivi l'ardore missionario della Provincia Italiana
Settentrionale non si spense. Molti nuovi confratelli raggiunsero l'Ex
Congo Belga, divenuto Zaire e poi Repubblica Popolare del Congo. Nella
diocesi di Kisangani era succeduto al dehoniano Mons. Kinsh il vescovo
congolese Mons. Fataki e poi venne Mons. Monsengwo, attuale presidente
della Conferenza Episcopale. Anche nella diocesi di Wamba l'africanizzazione
ha portato subito in cattedra un congolese, Mons. Olombe, ora emerito.
Elenchiamo i nomi dei nostri missionari italiani che raggiunsero in
quest'ultimo periodo, per la prima volta, il Congo: i padri Biasin Carlo
(1938-1992), Broccardo Nerio, Testa Samuele (1919-1998), Ruaro Silvano,
Ruaro Dino, Lamieri Gianni, Doro Felice, Matti Giacomo, Ceresato Danilo
(1943-1973), Pross Giovanni, Cadei Duilio, Travaglia Renzo, Lazzaro
Antonio (1931-1993), e Fr. Cesare Fumagalli (1939-1991). L'ultima
vocazione missionaria, per la nostra più antica missione africana, è
sbocciata nel recente 2006, nel cuore di P. Renzo Busana. Il buono
spirito dei dehoniani italiani si può valutare anche dalla carica di
Superiore Provinciale, esercitata dai vicentini P. Ruaro Silvano, e P.
Ruaro Dino.
P. Tarcisio Rota
Brasile 1975
P. Paulo Punt
Nel dicembre del 2000 giunse ai Dehoniani il seguente invito:
“Il Sindaco di Tamandaré (Pernambuco, Brasile), Paulo Guimarães dos Santos, si
onora di invitarla alla concelebrazione che si terrà il 15 dicembre di quest’anno
[2000] alle ore 18.00 nella Colonia dei Pescatori in occasione del 25°
anniversario della morte di P. Paulo Punt. Dopo la Messa vi sarà la dedica a P.
Paulo Punt della piazza e l’inaugurazione del monumento.”
Chi era
questo confratello, di cui la memoria rimase tanto viva fra gli abitanti di
Tamandaré?
Nato nel
1913 in Olanda, lasciò la sua patria nel 1936 per irrobustire la presenza SCJ
nel Nordeste del Brasile. Dopo la sua ordinazione nel 1941 e il ministero in
diverse parrocchie, nel 1968 “il p. Paulo iniziò un lavoro nuovo nel distretto
di Tamandaré… e qui cominciò ad esercitare anche il mestiere di pescatore in
forma professionale. Sensibile alla difficile situazione in cui vivevano i
pescatori e i poveri, il p. Paulo li aiutò ad organizzarsi e fondò una
cooperativa professionale. E giunse ad esserne il presidente… Essendo una città
portuale, in Tamandaré era molto diffusa la pratica del contrabbando per bevande
ed elettrodomestici. Il p. Paulo ne venne a conoscenza, e vedendo che i
pescatori avrebbero potuto trovarsi coinvolti, pur senza colpa, e anche essere
pregiudicati, diverse volte il p. Paulo denunciò il fatto e, per questo,
cominciarono a crescere inimicizie e persecuzioni contro di lui.
Nel
tentativo di allontanarlo dalla città fu accusato di essere comunista, accusa
che in quel tempo, con la dittatura militare nel paese, era molto grave. Ma gli
stessi organi della sicurezza nazionale riconobbero che si trattava di denunce
infondate.
Diverse
volte il p. Provinciale di allora, Pedro Neefs, temendo per la sua vita, cercò
di persuadere il p. Paulo a lasciare Tamandaré; ma, pur sapendo del rischio
mortale che correva, egli era convinto che quello era il suo posto…
Impegnato
soprattutto per la vita, il p. Paulo non percepì la trama che sordidamente si
andava tessendo contro di lui.
Il 15
dicembre 1975… era una giornata di festa. Si celebrava la conclusione del corso
del ginnasio locale. Sul finire del giorno, alla conclusione di tante solenni
cerimonie, l’assassino si diresse deciso verso il p. Paulo e gli sparò tre colpi
precisi e micidiali, che segnarono la fine della sua vita terrena.
Nella storia di questa vita tutta dedita ai poveri, ai
semplici e ai piccoli, è importante costatare come quelle pallottole assassine
non riuscirono a estromettere il p. Paulo dalla memoria e dal cuore affettuoso
della gente di Tamandaré.
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