Mio fratello è
malato
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Sulla strada tra Mananjary e Antsenavolo, vi è l’ospedale per i mala ti di
tubercolosi e di lebbra. Si distinguono tre corpi principali nelle
strutture. In alto, presso le araucarie, vi è la zona
infermieristica. Leggermente più in basso le due strutture
parallele, una utilizzata dagli uomini, e l’altra riservata alle
donne. Si è colpiti immediata mente dal contrasto stridente tra la
natura rigogliosa e le persone. Tutto intorno cespugli di cannella,
alberi del pane, e piante di letchi, maestose come querce, cariche
di frutti rossi. Gli uomini guardano, senza affacciarsi, dalle
finestre, per non mostrare le ferite della malattia. Le donne,
alcune con i bambini, stanno stendendo ad asciugare i panni. Dai
volti traspare sofferenza mista a rassegnazione. Non sembra
possibile che nel mondo di oggi, in cui spendiamo cifra astronomiche
per
le armi e per la guerra, oppure per sapere che un tempo su Marte
c’era dell’acqua, non siamo riusciti a guarire i malati di lebbra.
Eppure basta l’igiene e un po’ di medicinali. Questa nostra società
ha una malattia ben peggiore della lebbra, quella dell’egoismo per
il profitto, per cui rifiuta di guardare ai piccoli, ai deboli, ai
sofferenti.
Osservando i
malati, il pensiero va all’ospedale di Andreba. Qui due cicloni:
suor Maria e fratel Filippo, hanno saputo scuotere la situazione.
Padre Giuseppe N., responsabile del distretto missionario,
parla con entusiasmo dell’ultima festa fatta ad Andreba. Circa mille
ex pazienti sono ritornati a dare fiducia ai malati. La piccola
banda dei malati ha rallegrato tutti con la musica. Infermi e sani
hanno danzato e pregato.
- Padre Giuseppe,
la lebbra non era stata sconfitta in Madagascar?
- Il governo
precedente a quello attuale aveva detto che non c ‘erano più
lebbrosi, per motivi politici e per interessi economici privati. La
realtà è quella che vedi-.
- Come è la
situazione reale oggi?
- Bisogna
considerare che non tutti i ricoverati sono lebbrosi. Abbiamo malati
di tubercolosi, lebbrosi e sieropositivi. Per quanto riguarda i
lebbrosi in questi ultimi anni vi è stato un aumento, perché vi è
stato un impoverimento della popolazione dei villaggi. La siccità ha
peggiorato la situazione igienica. Un altro aspetto è la vita
promiscua. Quando un adulto o un anziano si ammala, continua a vive
re accanto ai familiari e il contagio colpisce anche i bambini.-
- Cosa si può fare?
- Da una parte è necessario un censimento dei
malati, per la distribuzione dei medicinali. Chi non può essere
curato in modo adeguato e senza rischi per la salute degli altri,
deve essere portato all’ospedale, per le cure necessarie.-
- Quali sono le
difficoltà?-
- Sono tante, ne
elenco solo alcune: i mezzi economici per procurare le medicine. La
cultura locale, che impedisce l’allontanamento dalla famiglia. A
questo si ovvia con le capanne per l’accoglienza dei familiari.
Il
culto dei morti.
Il malgascio vuole terminare la sua esistenza
presso la tomba del clan familiare, per ricongiungersi ai propri
defunti. Fratel Filippo ha rasserenato molto i malati, col suo
impegno a riportare i defunti nel villaggio di origine.
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