“Discite a me”
Serie di meditazioni
sulla vita eucaristica del Cuore di Gesù
di p. Dehon
Fondatore dei Sacerdoti
del S. Cuore di Gesù
MISTERO DI AMORE
Mire d’amore del S. Cuore di Gesù
Osservate Gesù, assiso per l’ultima volta al banchetto della pace, che
tramuta il pane prodotto dalla dura terra e dal duro lavoro, nel corpo che
sarà offerto eternamente per voi. Ammiratene lo sguardo rivolto al cielo, il
sembiante atteggiato ad ineffabile dolcezza. Versa in un’estasi d’amore
perchè alfine può attuare l’ideale della sua vita. Ha voluto dischiuderci
una sorgente di grazie, d’onde potremo attingere celesti benedizioni; ha
voluto darsi a noi. E poiché con l’istituzione dell’Eucaristia asseconda il
suo vivo desiderio e l’ardente sua brama, si sente come inebriato di gioia e
di amore.
I.
Il S.
Cuore ho voluto istiture
l’Eucaristia per comunicarci le sue grazie.
« Ardentemente ho bramato di mangiare questa Pasqua con voi
».
Gesù ha sospirato durante la sua vita di
fare quest’ultima Pasqua, quest’ultimo convito co’ suoi discepoli, perché
nuovi e grandi misteri voleva loro comunicare per la salute di tutti i
fedeli. Gli premeva d’aprire questa fonte di vita e di iniziare questa
intimità con noi.
Nell’Eucaristia il suo Cuore divino ci offre la sorgente di ogni grazia. Non
è quindi un particolare favore, un dono speciale che ci presenta con Essa,
ma bensì l’insieme di tutti i favori che possono sgorgare dal cuore generoso
d’un Dio. Per quanto siano numerosi e svariati i bisogni d’un’anima, quivi
riscontreranno opportuno aiuto, appropriato rimedio.
Anime provate dalle tentazioni e oppresse da disgrazie, anime disorientate e
pericolanti, anime fiacche e bisognose di sollievo, sappiate valervi di
questo farmaco divino.
Anime espansive che avete bisogno di affetto, avvicinatevi a questo Pane di
vita, cibatevi a questo celeste Banchetto.
Quivi saranno appagate le vostre brame. Negli altri ripieghi manca spesso
l’occasione, l’opportunità, il facile accesso; ma in questo ammirabile
sacramento, Gesù è sempre a vostra disposizione, sempre inclinato ad
assecondarvi.
II.
Con l’offrirci questa fonte di
grazie Gesù ci ha dato più di quanto potevamo desiderare.
Tutti i
beni che ci arreca l’Eucaristia sono frutti meravigliosi, ma Nostro Signore
non ha voluto elargirci soltanto i frutti della sua carità, ma volle
regalarci l’albero stesso che li produce. Egli si dà tutto a noi, senza
riserva alcuna: la sua umanità tutta santa con i meriti della sua vita
mortale, la sua divinità con tutti i tesori della sua sapienza, della sua
potenza della sua bontà. Non pone alcun limite ai desideri che abbiamo di
arricchirci all‘infuori di quelli che vi poniamo noi con le nostre
disposizioni.
Gli uomini si accattivano la benevolenza altrui valendosi di piccoli doni,
Gesù non potrà forse conquidere i nostri cuori con la dedizione di tutto se
stesso a noi?
III.
Gesù ha voluto unirsi
intimamente a noi.
Nostro
Signore ha voluto darci nell‘Eucaristia tutte le sue grazie, anzi la stessa
sorgente della grazia, e fornirci così la più eloquente prova del suo amore
benevolo che non ha riscontro; ma, non pago di ciò, volle in questo
sacramento porgerci una palese testimonianza d’amore, d’amicizia e
d’intimità. Ha voluto stare con noi conversare con noi, affin di metterci in
grado di ricorrere a Lui con la più dolce familiarità, come già fu concesso
agli apostoli e soprattutto a S. Giovanni.
Solo la liberalità del suo amore lo indusse a tanto, e, come dice S.
Dionigio. sembra che Egli non abbia più freno quando si tratta dell’amicizia
per noi. E’ desso quel mercante del Vangelo che vende tutti i suoi beni per
acquistare una perla ch‘Egli ritiene peregrina e di gran prezzo. E questa
perla è il nostro misero cuore che a noi chiede con dolce istanza. Vuoi
esser tutto nostro, perché noi, a nostra volta, diveniamo cosa tutta sua.
Risoluzione e preghiera.
O
Gesù, la vostra amicizia mi confonde; l’anima mia ne è umiliata e confusa.
Che ho mai fatto sin qui per corrispondere a tanto vostro amore? Prendetevi,
o Gesù, questo mio cuore, riponetelo nel vostro, onde più non abbia a
palpitare che in Voi e per Voi.
II.
Il Cuore di Gesù nell’Eucaristia
Il
primo prodigio che ci colpisce nel mistero dell’Incarnazione è la dimora di
Dio con noi, quasi fosse uno di noi: <<Emmanuel:
Deus nobiscum»,
—
«
Et Verbum caro factum est
et habitavit in nobis
».
Per la Sua onnipotenza, Dio abita sempre con
noi, ma l’infinito lo separa dalla nostra povera umanità. Iddio non possiede
un cuore d’uomo per sentire, per esperienza, che cosa è la compassione, ed
ecco appunto il Verbo che rende ciò possibile assumendo la natura umana, e
divenendo così nostro amico, nostro compagno, nostro fratello. Questi sono i
secreti che ci han disvelati Betlemme e Nazaret. Là, abbiamo veduto
l’Onnipotente, la sapienza eterna farsi vezzoso, delicato Bambino; umile,
docile tanto da divenire il servo delle sue creature durante tutta la sua
vita terrena fino alla morte. Non era invero nostro servo, Quegli che
trascorreva i suoi giorni sanando le malattie dell’anima nostra e del nostro
corpo? Oh! quanto son mai vere quelle parole «
Il figlio dell’Uomo è venuto per servire e
non per
essere servito
».
Tali sono i prodigi che ha compiuti questo
adorabile Cuore! Egli non pensò che ad innalzare noi e null‘altro desiderò
che abbassare se stesso fino a noi. Neppure il mistero dell’Ascensione
sarebbe riuscito a porre un limite a questo annichilamento. Gesù col salire
al Cielo doveva esser tolto al nostro sguardo; una gloria più fulgida di
quella del Tabor Lo doveva rivestire; un trono posto alla destra del Padre
l’avrebbe accolto; il titolo di Re e la dignità di giudice l’avrebbero
insignito. Con tanta esaltazione come avrebbe l’uomo potuto continuare a
vedere in Lui un fratello? Per lo meno doveva avvenire di noi quel che toccò
ai figli di Giacobbe di fronte a Giuseppe, divenuto vicere d’Egitto. Nel
vedere il proprio fratello elevato a tanta potenza e maestà furono presi da
timore. Il buon Gesù pensò ad eliminare pur questo inconveniente, volle
assicurati i suoi rapporti d’amico nei riguardi nostri, le sue relazioni di
affettuoso e tenero fratello con noi anche per dopo la sua dipartita da
questa terra, istituendo l‘Eucaristia.
I. Mediante
la
istituzione della
Eucaristia Nostro Signore opera
un’estensione del mistero dell’Incarnazione.
Non
esistendo più sulla terra l’umanità santa di Dio, la sorgente di grazie si
sarebbe disseccata, esaurita o trasportata ad una lontananza
incommensurabile, giacché, ricordiamolo, ogni grazia proviene dal S. Cuore
di Gesù, dal quale scorre come il sangue materiale, e si identifica con esso
e col suo amore.
Ora, se questo Cuore s’allontanasse da noi, sia pur lasciandoci tutti gli
altri sacramenti, che solitudine sarebbe quaggiù per noi! che isolamento!
che vuoto! Il più tenero dei fratelli, il più affettuoso degli amici non ci
sarebbe più accanto! Il suo Cuore d’uomo più non ascolterebbe da vicino i
nostri sospiri, più non gusterebbe l’amarezza delle nostre lagrime! Che
sarebbe allora di noi?
Ma questo amabilissimo Cuore ha saputo rimediare a tutto, ed a fine di
rimaner sempre con noi, ha escogitato il sacramento dell’amore. Noi non
vediamo Gesù, ma egli è là; soltanto i dimessi veli eucaristici ci separano
da Lui, ma noi abbiamo per altro la fede che li lacera, ed un cuore sempre
pronto ad Unirsi e perdersi nel Cuore di Gesù divenuto il Cuore del più
tenero tra i nostri fratelli, del più affettuoso tra i nostri amici.
Valendosi di questo ripiego Gesù attuò la promessa «
non vi lascerò
orfani»!
Sotto questo aspetto l’Eucaristia si può
considerare una estensione della Incarnazione. Anzi il Sacramento
dell’Eucaristia unisce Gesù a noi più che il mistero dell’Incarnazione,
giacché le condizioni della vita mortale non avrebbero permesso al Salvatore
di essere presente su tutti i punti dello spazio ed in tutti i cuori che
avrebbero voluto e desiderato la sua visita, mentre colla istituzione della
Eucaristia noi troviamo il Cuore di Gesù dappertutto; lo troviamo in tutte
le chiese; e se la nostra leggerezza e la nostra indifferenza non
impedissero la effusione di quest’amore insaziabile nel dono di se stesso,
ci sarebbe concesso, come già nei primi tempi del cristianesimo, di
custodirlo nelle nostre case e di portarlo sempre sul nostro cuore. Tale
sarebbe la condiscendenza di questo Cuore generoso, se la Chiesa non avesse
preso a rivendicare e tutelare il rispetto che gli è dovuto. Ma se un tale
privilegio non ci è concesso, possiamo però, quando lo desideriamo e senza
grave incomodo, accostarci al Cuore eucaristico, parlargli, fargli le nostre
confidenze, e conquistarlo per disporre di Lui a nostro piacimento. Nella S.
Eucaristia infatti, il suo Cuore s’è reso più dipendente da noi di quel che
non fosse a Betlemme ed a Nazaret. E’ invero facile abbracciare ed
accarezzare un fanciullo, ma è ancor più facile prendere un pezzetto di pane
e farne quell’uso che si vuole. E quando si pensa che sotto questa debole
apparenza vi è il Cuore di Gesù, quando si pensa a quest’amore che ha voluto
dipendere da noi sino a tal punto, come non piangere con il Curato d ‘Ars ed
esclamare con Lui: «Io faccio
di
Lui ciò che voglio, io lo depongo ove mi
garba?!» E pensare che il
privilegio di disporre della santa umanità è uno dei privilegi più preziosi
riservati alle mani del sacerdote, il quale moltiplica questo sacramento su
tutti i punti della terra. Ovunque pertanto noi troviamo il Cuore del nostro
fratello, del nostro amico Gesù sempre pronto a riceverci, sempre pronto a
consolarci, sempre pronto a colmarci di grazie, a illuminarci, a perdonarci.
II.
Nella santa comunione si riproducono in certo modo in noi gli effetti
dell'Incarnazione.
In che
consiste infatti tale mistero ineffabile? In questo: che l’uomo diventa Dio
per la unione ipostatica della natura divina alla natura umana. Ora, non
conveniva al Verbo di incarnarsi in ciascuno di noi. Tuttavia il Cuore di
Gesù, desideroso di unirsi a noi, nell‘eccesso del suo amore disse: fra
tutti i miei tesori, ve n’ha uno, il più prezioso, la mia divinità, che
diventa inaccessibile ai miei fratelli ed amici; essi non godono alla pari
di me dell’unione ipostatica. Ebbene, darò loro la mia carne, li inebrierò
dei mio sangue, porrò nel loro cuore il mio, ed allora la mia divinità santa
si unirà ad essi in un modo tutto particolare, quantunque non ipostatico. E’
in questa guisa che la Eucaristia, pel tramite della S. Comunione, ci fa
partecipi del mistero dell’Incarnazione e lo estende a tutti i figli di
Adamo, che vorranno mettersi in istato di profittarne.
Che v’ha di più grande, di più bello, di più tenero?
Associarsi alla divinità coll’unirci
alla umanità santa di Gesù ed al suo Cuore divino, questo è lo scopo della
S. Comunione. Per tal guisa questo Cuore amante non pago della qualità di
fratello, d’amico o di padre, vuol divenire lo sposo delle nostre anime, ed
il cuore del nostro cuore.
La
mia carne,
Egli dice,
è veramente cibo
ed il sangue
mio veramente
è bevanda
(Joa., VI. 56). Nutrirsi di Dio,
dissetarsi nel Signore, incorporarsi a Gesù Cristo, divenire una stessa cosa
con Lui, Oh! che singolare privilegio! Oh! come l’Incarnazione eucaristica è
veramente un compimento mirabile
dei mistero sublime dell‘Incarnazione!
Risoluzione e preghiera
O
Gesù, che per la S. Eucaristia ci ponete nella possibilità di trovare ad
ogni piè sospinto un cuore di fratello e d‘amico, sempre disposto a
ricevere, a consolare, ad illuminare, a rialzare, a perdonare, perché non ci
è dato di moltiplicare i nostri cuori onde offrirli tutti al vostro
che si moltiplica per noi? Accordateci almeno di sottrarre al mondo i nostri
affetti, di strapparli a noi stessi ond’abbiano ad essere tutti ed
unicamente per Voi, che tanto ci amate.
III.
Il S. Cuore di Gesù
nell’Eucaristia
rinnova la sua Passione
E’ la fede che ce lo insegna. S. Paolo
infatti scrive: « Tutte le volte che mangerete di questo pane e berrete
di questo vino annunzierete la morte del Signore
».
La
Chiesa dal canto suo ci insegna che i
Sacrificio della
messa è sostanzialmente il sacrificio
stesso della Croce.
Noi, per ora, ci limitiamo a
meditare come in questo Sacramento il S. Cuore rinnovi in certo qual modo la
Sua Passione sia nell‘Eucaristia conservata che nella Comunione e
rileveremo, per ciò stesso, come Egli ci dia in questo modo una prova del
suo più tenero e più grande amore.
I.
Gesù nell'Eucaristia si trova i uno
stato ed in uno spirito di vittima.
E’
vero che nell’Eucaristia non v’è più traccia delle circostanze accidentali
della Passione, ne vi è più indizio di pene; ma vi è però l’essenziale, il
Cuore, che ci ha tanto amati da sacrificarsi per noi, che ha sofferto per le
nostre ingratitudini nell‘Orto degli Ulivi, che ha patito pei nostri peccati
e che sul Calvario fu trapassato più dall’amore che dalla lancia. Che se più
non soffre, gode però d’aver patito per ciascuno di noi, d’aver avuto
commiserazione per le nostre miserie e di aver sopportato ogni nostro
languore, ogni nostra afflizione.
Non si considera abbastanza la gioia che prova ora il S. Cuore di Gesù
d’essersi assoggettato per noi ad una dolorosa agonia, gioia che con sì
grande benevolenza ha manifestato a S. Margherita Maria. Le disse infatti
che perseverava sempre nell’intenzione di soffrire per noi e di morire
un’altra volta per quelli che amava e che ama tuttora. Ciò non è più
necessario, tuttavia una tale affermazione vale a dimostrarci
che persiste ancora nel Cuor di nostro Signore una disposizione
d’immolazione mediante l’amore. Ed è appunto per questa disposizione che
Egli offre ognora al Padre i suoi meriti, le sue sofferenze e la sua stessa
morte per noi, e che rinnova lo spirito della Passione, pur non
verificandosi più il fatto cruento esteriore che non fu che accidentale e
passeggero. Or questa oblazione costante delle sue passate sofferenze,
questa gioia amorosa e continua che gli procura il ricordo d’aver patito
t
di esser morto per noi, costituiscono appunto
il Cuore sacro di Gesù nello stato perpetuo di vittima eucaristica, anche
all’infuori del Santo Sacrificio della Messa.
II
. Noi dobbiamo unirci a questa
disposizione d‘immolazione.
La nostra unione a questo stato
sublime, soprattutto nella S. Comunione, fa dire a S. Paolo che noi dobbiamo
annunziare la morte del Signore ed ecco in quale guisa:
Il S. Cuore di Gesù gode d’aver sofferto per noi, orbene, dal canto nostro,
dobbiamo noi pure soffrire per lui con gioia, non però col preferire tale o
tal ‘altra croce che è di nostro gusto, ma coll’accettare generosamente e
con letizia tutto ciò che a Dio parrà opportuno inviarci. Egli infatti si
compiace di veder che noi rinnoviamo sulla terra la sua vita mortale e
sofferente; e gode, quando, per amor suo, noi portiamo quella croce
di cui ha voluto per primo gustare l’opprimente peso per amor nostro.
Orbene, non scegliamo da noi la croce, perché la vittima non s’immola, ma si
lascia immolare, paghi d'accettare con trasporto quella che ci verrà
assegnata dalla Provvidenza divina, sia dessa interna od esterna.
Vi è una gran differenza tra la vittima di giustizia e la vittima
eucaristica. Quella è scelta dal Divin Salvatore per uno scopo speciale di
espiazione ed è relativamente assai rara, mentre la disposizione della
immolazione eucaristica deve esistere sempre in un cuore consacrato a quello
divino di Gesù.
III
. In questa disposizione
attingeremo una forza eroica.
Questa disposizione ci procura le più elette grazie del S. Cuore di
Gesù, grazie che la S. Comunione ravvalora e corrobora ancor di più. Sì, è
soltanto l’Eucaristia, non solamente onorata ed amata, ma ancor ricevuta,
che ha suscitato nella chiesa quei prodigi di forza e di generosità che
soggiogano la nostra ammirazione. I martiri, dice S. Giovanni
Crisostomo, si nutrivano della carne di Cristo, si abbeveravano del suo
Sangue, e si dipartivano dalla sacra mensa come leoni.
Il S. Cuore mentre soffriva nella persona di
coloro che erano pronti a tutto patire per lui, inebriava della sua carità
tali eroi in
guisa da renderli insensibili ai tormenti più
spaventosi. E’ per questo che il levita Lorenzo sfidò sulla graticola dei
supplizi d’inferno e che a Lione, Pontieco, quindicenne appena, spaventato
dapprima dalla prospettiva di crudeli tormenti, una volta ricevuto l’euearistico
Sacramento, si sentì in grado di sopportare il martirio coraggiosamente.
Adunque non saranno soltanto le gioie ineffabili della mensa divina che noi
proveremo ricevendo nella S. Comunione il Cuore eucaristico di Gesù, ma per
ciò stesso arriveremo ad acquistare ben anco l’eroismo del martirio.
O divin Cuore di Gesù, inebriato d’amore per gli uomini, Voi vi siete
assoggettato ad ogni sorta di pene per noi, e noi, dopo esserci inebriati
del vostro amore nulla potremo soffrire per voi O Cuore amabile, Voi rendete
presente nell’Eucaristia la vostra Passione. L’amaro calice a cui vi
dissetaste durante la vostra vita mortale si mescola con il calice del
vostro sangue e del vostro amore. Ah! quanto soave e delizioso è mai desso!
Riescano i
veri discepoli del vostro Cuore a dissetarvi
e ad abbeverare con esso l’umanità sitibonda e stremata di forze! Non è
quivi che la Chiesa attinge la sua energia Acquistiamoci pertanto a questa
fonte di salute con fiducia grande, con ardente carità e con santo
trasporto. Inabissiamoci tutti nel Cuore Eucaristico di Gesù, diamoci tutti
a Lui, giacché Egli s’è dato tutto a noi senza riserva alcuna.
Ah! che l’amore verso il S. Cuore di Gesù ci divampi; allora più nulla noi
paventeremo, e affronteremo tutto, perché, al dire di S. Paolo: l’amore è
più forte della morte e dell’inferno.
Preghiera e risoluzione.
Spesso
mi nutro della vostra Carne e del vostro Sangue, o mio divin Maestro; mi
serva questa partecipazione al divino banchetto d’aiuto a ritrarre in me
anche le disposizioni sante da cui è animato il vostro Cuore Eucaristico e
ad uniformarmi allo spirito d’immolazione che gli è proprio. Mi umilio del
poco spirito che, per la mia tiepidezza, ho ricavato sino ad ora dalle
lezioni di virtù e di santità che, tra i veli eucaristici, mi siete venuto
impartendo, e ve ne chiedo perdono. Cessi d’ora innanzi ogni freddezza ed
ogni languore per me e progredisca sempre animoso nel vostro santo servizio.
IV.
Vita gloriosa del S. Cuore di
Gesù nell’Eucaristia e frutti che possiamo ricavare dalla considerazione di
essa.
Che il
Cuore di Gesù viva una vita di gloria e di beatitudine nel S.mo Sacramento è
una verità impercettibile per noi che nell’Eucaristia vediamo il Cuore di
Gesù Cristo in una mancanza totale di tutti i beni sensibili della terra.
Facciamoci pertanto ad approfondire questa verità onde le anime nostre
abbiano anche da essa a trarre frutti di santificazione.
I.
Vita gloriosa del S.
Cuore nell’Eucaristia.
Il
Sacro Cuore di Gesù raggiante più che il sole ed infiammato ed acceso di
carità rapisce in un’estasi eterna gli angeli ed i santi. Egli, al dire di
S. Giovanni, è il sole della celeste Gerusalemme: orbene, tale è pure nel
tabernacolo, e non già in figura ma in realtà. In Lui risiede la sacrosanta
Triade; e la Vergine Santa, S. Giuseppe, gli Angeli ed i Santi ne forman la
corte. Da questo Cuore divino sgorgano torrenti di letizia, fiumi di pace.
Egli è beato d’infinita beatitudine, perché infinito
è il suo amore e la sua unione con la divinità. E da questa beatitudine
solamente ci separano le meschine specie eucaristiche! Accostiamoci pertanto
al Santo tabernacolo, umiliamoci in profonde adorazioni innanzi al Cuore
Eucaristico di Gesù e dischiudiamogli il nostro cuore ond‘egli possa
discendervi e portarvi i germi di quella beatitudine e felicità di cui siamo
tanto sitibondi, germi che noi scorgiamo in quelle qualità gloriose che il
Cuore di Gesù non può, per l’amore che nutre per noi, non partecipare
all’anima che gli si comunica e che noi riassumiamo tutte nello snodamento
dalle creature e la gioia spirituale.
II.
Frutti dell’Eucaristia
A.
Lo snodamento dalle creature.
-
Lo snodamento dice molto di più del semplice
distacco dalle creature, giacché il distacco dà l’idea d’un‘operazione
dolorosa, trattandosi di tagliare, di strappare, di lacerare mentre il cuore
snodato non ha più impedimenti e ostacoli che si oppongono, per Cui non
cessa di cantare «La queus
contritus est et nos liberati sumus»:
i miei legami sono spezzati, ed io
sono liberato. Essendo sciolto da ogni vincolo, guida tutto a suo garbo
nelle sfere più radiose dell’amore divino, perché non è tenuto più a nulla
quaggiù. Talvolta si vale delle creature, se ne giova, ma senza aderirvi,
senza attaccarsi ad esse. Suo cibo è l’amore del Cuore di Gesù, nella cui
divina bontà trova pur la sua bevanda. La sua conversazione non è più sulla
terra, ma in cielo.
Non dà che uno sguardo distratto alle cose di quaggiù, e per l’appunto nella
stretta misura che il dovere e le necessità assolute della vita lo esigono.
Ah, quanto è desiderabile un tale stato, ma pur quanto è mai raro! Tuttavia
non è al di sopra della misericordia del S. Cuore e neppure superiore alle
nostre forze. Il perfetto amico del S. Cuore non deve esser soltanto
distaccato, giacché col puro e solo distacco si è sempre disposti ad
affezionarsi, e ad aderire a qualche cosa; ma deve avere il cuore snodato,
sciolto da ogni legame, onde possa immergersi nell’amore di questo Cuore
divino e vivervi come in suo natural elemento; deve circondarsi di questa
celeste atmosfera come dell’aria; progredire nelle ascensioni dello spirito,
inoltrarsi nelle sfere dell’amore, cioè nella contemplazione, giacché
contemplazione e distacco dalle creature è tutt’uno. Noi conosciamo già i
mezzi per giungere a tempo il desiderio ardente, la mortificazione
delle passioni, la continua elevazione della nostra mente e dei nostri
affetti al Cuore di Gesù e sopratutto le comunioni ferventi ed i colloqui
infuocati con il divin Cuore nascosto sotto le specie eucaristiche.
Nulla
è più atto della S. Comunione a svincolare il nostro cuore; giacché nel
ricevere il Cuore Eucaristico di Gesù noi riceviamo un fuoco che ci eleva
assai presto al disopra di noi stessi e ci trasporta ben lontano dalle
creature. Che se la Comunione non produce in noi questi effetti
meravigliosi, ciò avviene perché il nostro cuore è distratto dalla sua
presenza.
Noi ci siamo attaccati alle cose di quaggiù, alle creature, a noi stessi e
nel frattempo vogliamo restare uniti anche al Cuore Eucaristico di Gesù. Da
qui deriva la mancanza di desideri, il languore che ci abbatte, l’avidità
che ci esaurisce; noi non abbiamo più fame e sete dell’amore e non siamo né
satollati né dissetati.
Ah, desideriamo il Cuore Eucaristico di Gesù! Rimpiangiamo di non
desiderarlo abbastanza; dimentichiamo tutto e gettiamoci vieppiù nel Cuore
del divin Maestro, facciamo in guisa che ogni manifestazione della nostra
vita sia come una comunione spirituale ed un perpetuo ringraziamento,
ed allora ci sentiremo svincolati da tutto
quanto ci attornia quaggiù, per cui potrà dirsi anche di noi:
E’ risuscitato, non andate a cercare
tra i morti chi è vivo; ed una
volta risuscitato il Cristo più non muore. E’ morto già per il peccato, ma
ora la vita che vive la vive per Iddio:
«Quod autem vivit, vivit Deo»
il che significa, in altre parole, che la
comunione fervente ci pone in una specie di impeccabilità, spezzando tutti i
lacci che ci legavano al peccato, e ricolmando il nostro cuore del divin
amore.
B) La gioia spirituale.
-
Un altro frutto che si ritrae dalla
considerazione dell’Eucaristia è la gioia, e non già quella che nasce
dall’impassibilità, ma quella che deriva dall’unione al S. Cuore di Gesù,
gioia che consiste in una celeste dilatazione del Cuore ed in una pace
sovrabbondante. Questa letizia divina è il soffio dello spirito di fortezza
che ci sosterrà nelle più grandi prove, essendo il soffio dell’amore. Ond’è
che più noi vivremo in un’atmosfera celeste e più leggera ci parrà la croce,
giacché, non vi è una croce piccola o grande, ma solo un grande o un piccolo
amore.
E quale è la nostra gioia spirituale? è quella che forma il gaudio del S.
Cuore, cioè il suo amore. Se la gioia penetra così
poco nel cuor nostro, si è appunto
perché non è sufficientemente distaccato dalle creature; nulla rattrista
l’animo quanto il peso della sensualità e dell’amor proprio. Ah, quanto
risponde a verità il cantico dei Serafini, udito da S. Margherita Maria:
« L’amore del Cuore rallegra »; fa sussultare di gioia, anche quando
ci si trova tra le più dolorose pene, come dice S. Paolo, che è l’apostolo
della croce e della santa letizia.
Nel por fine a queste considerazioni, giova osservare che in particolare il
Sacerdote non deve esser soltanto distaccato, ma svincolato. Allorché i
fanciulli israeli furon precipitati nella fornace ardente, l‘Angelo del
Signore discese con essi e passeggiava liberamente in mezzo alle fiamme
senza che da esse venisse menomamente sfiorato. Così il Sacerdote del
Signore si trova qualche volta in mezzo alle fiamme, se non altro allorché
esercita il suo ministero nel confessionale, od in circostanze analoghe;
orbene, se continuerà a vivere della vita terrena, fosse pur pio, ben lungi
dal portar soccorso alle anime, finirà per soccombere egli stesso.
Si rendano pertanto conto della eccellenza della loro vocazione, la quale li
rende simili agli angeli e si studino di corrispondere del loro meglio ad
essa senza scrupoli, bensì con una
grande confidenza nel Cuore Eucaristico così puro, e così segregato dai
peccatori, come dice S. Paolo
-
Hebr. VII, 26. Desse sia l’unico cibo
dell’anima e del corpo loro.
Risoluzione e preghiera.
Buon
Maestro, io sarò assiduo ai vostri Tabernacoli ed al celeste Banchetto in
cui vengono imbanditi il vostro Corpo ed il vostro Sangue prezioso. E’
infatti ai piedi di quell’umile vostra dimora soltanto ch’io potrò
persuadermi della vanità di quanto quaggiù mi attornia e lusinga, come,
unicamente cibandomi a questa mensa divina, io potrò procurarmi
l’incitamento ed il coraggio per giungere con facilità e prestezza a quel
distacco, da cui dipende la mia santificazione quaggiù, e la mia eterna
felicità lassù.
Benedite, o Signore, questo mio proposito e fate ch’io sia ad esso fedele.
Così sia.
V.
Il Cuore Eucaristico di Gesù
sorgente di tutte le grazie
La
Chiesa è davvero il Paradiso di Dio sulla terra. Essa è fecondata da una
moltitudine di canali i quali tutti, scaturendo da una sola e unica
sorgente, dal Cuore di Gesù, le apportano la grazia. Egli che ha creata la
grazia mediante il suo sacrificio d’amore e d‘immolazione; e, questo Cuore,
che è nascosto sotto i veli eucaristici, vi rinnova tali misteri e diventa
il cuore mistico del suo corpo mistico che è la Santa Chiesa. Nella guisa
stessa in cui il cuore materiale distribuisce il sangue e la vita a tutte le
parti del corpo, così il Cuore eucaristico dissemina nel corpo mistico tutte
le energie del suo amore e della sua grazia, ed esercita sulla Chiesa un
influsso reale d’illuminazione e di santificazione.
I.
Il Cuore di Gesù
sorgente di illuminazione.
Mediante l’influsso d‘illuminazione, il Sacro Cuore dirige la S. Chiesa ed
agisce sul suo capo visibile, onde comunicargli l’infallibilità dottrinale.
Lo Spirito Santo difatti attinge dal Cuore di Gesù, tutte le grazie
d’illuminazione e di santificazione, ed agisce su di esse come il moto sul
Sangue, come l’artefice sulla materia. Siccome poi il Cuore Sacratissimo di
Gesù fu plasmato per opera dello Spirito Vivificatore, così pure al divino
Paraclito dovrà attribuirsi la missione di formare il Cuore mistico che deve
animare il corpo mistico di Gesù: la Chiesa. Ond’è che l’influsso della
grazia può giustamente ascriversi tanto al Cuore di Gesù quanto allo Spirito
Santo...
Per quanto riguarda poi la dottrina e il governo della Chiesa, Nostro
Signore nel darle un capo visibile, non s’è inibita la sua influenza reale
su di essa, anzi noi vediamo che, a mezzo del suo Cuore Eucaristico,
influisce incessantemente su di essa e sul suo Capo visibile, giusta le
parole <<Io sarò in mezzo
a voi sino alla consumazione dei secoli
».
Né ciò egli fa soltanto per un’influenza
lontana, remota, ma anche per una presenza sensibile e reale ed un‘azione
efficace che scaturisce dal divin Cuore, ospite dei nostri tabernacoli.
E l’influsso diretto di questo Cuore divino si esercita sulla Chiesa non
solo per la conservazione gelosa del deposito della fede, riservata
specialmente al Pontefice infallibile, ma ancora esso opera sul suo
organismo e cioè sul clero e sugli ordini religiosi.
L’influsso pertanto che esercita sull’organismo non unicamente alla
illuminazione e alla dottrina, ma pure alla santificazione del Corpo mistico
della Chiesa, Come vedremo.
II.
Il Cuore di Gesù sorgente
di Santificazione.
La santificazione della Chiesa e di
ciascun membro di essa avviene sopratutto a mezzo dei sette Sacramenti, che
sono altrettanti rivi per cui scorre la vita dell’amore.
Ora, il Cuore di Gesù ha escogitato i divini sacramenti, li ha istituiti, e
vi ha deposto la grazia divina, irrorandoli del suo sangue e dell’unzione
del suo amore; ed a fine di diffondere la sua grazia con più effusione, s’è
fatto egli stesso sacramento. S. Tomaso ci dice anzi che l‘Eucaristia è il
centro intorno a cui gravitano ed ove convergono tutti gli altri sacramenti.
Il primo ed il più importante di essi, dal punto di vista della salute
eterna, è il Battesimo. Nascosto sotto le acque lustrali, lo Spirito del
Cuor di Gesù immerge l’anima nel bagno salutare, la purifica dalla macchia
originale e da tutte le colpe attuali, se ve ne fossero; le imprime un
celeste carattere che la trasforma in croce vivente, e vi depone l’abito
delle virtù teologali: la fede, la speranza, la carità; l’adorna dei suoi
ammirabili doni e la nutrisce dei suoi frutti preziosi. Dal giorno in cui
l’anima riceve questo sacramento comincia a
far parte della famiglia di Dio medesimo che può chiamar Padre. Gesù Cristo
le diventa fratello, lo Spirito Santo suscita in essa la preghiera, i
desideri ed i gemiti ineffabili, e le fa dire:
« Dacci il nostro pane quotidiano, la grazia, l’amore, il Cuore di Gesù
nell’Eucaristia, giacché è di Lui che noi abbiam fame e sete
».
La Cresima è il sacramento che ci fa
perfetti cristiani e soldati di Gesù Cristo.
L’unzione santa con il profumo dell’amore è ivi contrassegnata dal segno
della Croce. Il Cuore di Gesù viene ad imprimersi nell’anima per lasciarvi,
con una forza ed una dolcezza tutta nuova, lo Spirito di carità con
l’abbondanza dei suoi carismi e dei suoi doni.
La dedicazione del tempio vivente è fatta: il S. Cuore potrà d’ora in poi
riposarvi, e vi si riposerà infatti per la santa Comunione. La sua Umanità
non fa che passarvi, ma lo spirito del suo Cuore resterà per sempre in
quest’anima a fin di farvi crescere il Cristo e di prepararla come si deve
alla Comunione eterna.
E’ pure da questo divin Cuore che sgorgan le acque salutari del perdono,
onde lavare, nella misericordia inesauribile di Dio, l’anima che ha avuta la
sfortuna di perdere la grazia battesimale, e rimetterla in
istato di potersi nuovamente nutrire del
pane di vita.
E’ ancora questo Cuore che forma i sacri vincoli del matrimonio, simbolo
della sua unione con la Chiesa. E finalmente è
desso
che si trasforma in deliziosa unzione
per consolare e fortificare l’anima del morente, su quale versa un‘onda
della sua infinita misericordia per sommergere in quell’ora estrema le
macchie contratte per condurlo al gaudio perpetuo.
III.
Il Sacerdozio di Gesù.
Ora
consideriamo il S. Cuore eucaristico in un altro sacramento nel quale
riscontrasi in modo particolare la sua impronta e dove esso appare con il
carattere sacerdotale: è il sacramento dell’Ordine al quale si lega tutto
l’organismo della Chiesa e la santificazione dei fedeli.
Quest‘ammirabile sacramento dà al sacerdote il potere di formare il Cuore
eucaristico di Gesù e di deporlo nelle anime. Per esso, l’uomo che ne
riveste il carattere, viene ad esser associato al Sacerdozio di Gesù e di
conseguenza diviene davvero un altro Cristo, non esistendo due sacerdozi, ma
un solo, quello di Gesù Cristo; ed il Cuore di Gesù scendendo nelle mani e
nel cuore del sacerdote, lo fa ministro dei Sacramenti ed il distributore di
ogni grazia.
Se il sacerdote vuol corrispondere alla sua missione sublime è necessario
che il Cuore sacerdotale di Gesù possa formarsi in lui e non solo in potenza
ed in germe, ma in tutta la sua forza ed il suo splendore: cioè con il
carattere di pontefice e di vittima che lo distingue, con lo spirito d’amore
e d‘immolazione mediante il quale il Sacerdote si dedica unicamente alla
dilezione di questo divin Cuore, immolandogli il suo e consacrandogli le
azioni e le opere sacerdotali con i relativi frutti e meriti.
A
quest’opera, per dir così, ufficiale, del Sacro Cuore che si manifesta a
traverso
i Sacramenti, si aggiunge una azione segreta ed intima che si esercita sulle
anime, la quale emana pure dal Cuore eucaristico di Gesù.
Mediante questi suoi ritocchi delicati ed ammirabili, il divin Cuore forma
nel segreto dell’anima che ama quella vita d’amore, di cui S. Paolo ce ne
traccia i caratteri in termini assai eloquenti:
« La
carità è paziente, egli dice, è benigna, non è ambiziosa, non è vanitosa, né
personale, non giudica male, tollera i difetti altrui, crede tutto, spera in
tutto, sopporta tutto » ciò che in altre parole significa amare unicamente
il S. Cuore di Gesù,
non vivere che per Lui e della sua
vita. Tale è il fine dell’opera misteriosa del Cuore eucaristico nelle
anime.
Ma prima di finire queste considerazioni è nostro dovere di rivolgere un
pensiero a Maria che pure è il canale delle divine grazie. E’ dessa che
ottiene infallibilmente a tutti coloro che la supplicano, la salvezza, la
grazia e l’amore del S. Cuore di Gesù. Maria non è l’autrice della grazia è
vero, ma la ottiene dal suo Figliuolo mediante la sua potente impetrazione e
ce la custodisce E’ impossibile che la S. ma Vergine, la quale ha formato
nel proprio seno il Cuore fisico di Gesù, non abbia una cooperazione tutta
speciale nella formazione del suo Cuore mistico, sia nella Chiesa che nelle
anime nostre. Amiamo pertanto questa buona mamma e preghiamola di spiegare
la sua Onnipotenza in favore nostro.
Risoluzione e preghiera.
O mio
buon Maestro, voglio abbeverarmi alla purissima sorgente del vostro Cuore
divino, ed esser docile alla vostra grazia «Audiam
quid
loquatur in me
Dominus » Benedite questo mio proposito e rendetelo fecondo di buoni
frutti.
VI.
Il Cuore di Gesù ha sete di esser amato dagli uomini nel SS. mo Sacramento.
Mentre
gli Angeli ed i Santi adorano ed inneggiano all’amore del Cuore Divino,
negli splendori della gloria, gli uomini sono invitati di preferenza, ad
onorare questo stesso Divin Cuore, sotto i veli eucaristici.
Esso,
per dir così, trovasi in cielo specialmente per i beati comprensori, e se ne
sta nel Tabernacolo particolarmente per noi. Quivi Ei arde di amore per gli
uomini ai quali chiede in compenso di essere riamato.
I.
—
Il Sacro Cuore vuole essere onorato
principalmente nella sua vita eucaristica.
Nostro
Signore, direi quasi, si annoia nel tabernacolo; Egli ha sete di amore, ci
chiama, ci aspetta.
<<Uno dei miei più duri supplizi, così Santa Margherita Maria, lo
esperimentai quando, al momento dell’apparizione del Sacro Cuore, udii
queste parole: Ho sete, ma di una sete così ardente d’essere amato dagli
uomini nel SS. mo Sacramento che questa sete mi consuma; e non trovo nessuno
che si sforzi, come desidero, di refrigerarmi, col rendere un qualche
ricambio al mio amore>>.
Santa Margherita Maria per rispondere
a questo doloroso lamento si studiò di dare alla divozione del Sacro Cuore
di Gesù una forma che si potrebbe chiamare
eucaristica.
Non si vuole con questo affermare
che essa lasci nell‘oblio le diverse testimonianze che Nostro Signore ci ha
dato del suo amore durante la sua vita mortale e quelle ch’Ei darà
eternamente agli eletti nel cielo; no. La Santa le esalta tutte, ma ci
esorta, con insistenza particolare, ad indirizzare, al Cuore di Gesù, nel
SS. mo Sacramento, tutti gli
omaggi che siamo tenuti a rendergli, non soltanto per l’amore che ci
addimostra nell‘Eucaristia, ma anche per quello da Lui manifestatoci sia
nella sua vita nascosta, che in quella operativa, sia nella sua vita di
sacrifizio, che, finalmente, in quella di gloria. (Scritti varii, II, 465).
In questo senso Nostro Signore orientava la Santa, come si può dedurre anche
dal fatto che d’ordinario, il Sacro Cuore le si mostrava nell’Eucaristia.
Pure i lamenti che faceva intendere avevano sopratutto per oggetto gli
oltraggi ricevuti nel SS. mo Sacramento, e gli omaggi ch’Egli
dimandava voleva che gli venissero resi innanzi all’Eucaristia o per
l’Eucaristia.
Ciò d’altronde, è ben naturale. Ogni dilezione, ogni affetto tende a
ravvicinarci all’oggetto amato; ora, è per l’appunto nel Sacramento
dell’Altare che ci è dato di ritrovare il Cuore di Gesù vivente a noi
vicino.
II.
—
Primo frutto della devozione al
Sacro Cuore di Gesù nell’Eucaristia: La
grazia.
« La
grazia e la verità per Gesù Cristo fu fatta
».
Così il discepolo prediletto: (Joan,
I, 16). Il Cuore di Gesù, vivente nell’Eucaristia, fu mostrato a Santa
Margherita Maria come una sorgente di grazie e una fornace di luce.
Il primo frutto della devozione al Sacro Cuore, è la
grazia.
E’, Santa Margherita Maria stessa che ci dà
assicurazioni al riguardo: non vuole, così la Santa, costituire il suo regno
in mezzo a noi se non per accordarci più copiosamente le sue grandi
misericordie e le sue preziose grazie di santificazione e di salute. (Vie et
Oeuvres, II, 191).
Nell’Eucaristia poi il Cuor di Gesù ci da tutto ciò che possiede, senza
alcuna riserva per conquistare i nostri cuori ed
arricchirli di se stesso. Perché tuttavia
ciò si possa avverare, bisogna che noi
corrispondiamo
all’amore del Sacro Cuore, fuggendo tutto
ciò che potrebbe farci perdere la vita della grazia, come ci insegna la
Vergine di Paray, ed offrendoci a Lui come uno schiavo al suo liberatore,
non riservandoci altra libertà all’infuori di quella di amarLo nel disprezzo
di tutto il resto.
La
confidente del Sacro Cuore ci invita a formulare spesso nelle nostre visite
al SS.mo Sacramento degli atti in questo senso.
III.
Secondo frutto: La verità.
Il
secondo frutto è la verità o la
luce.
Non poche volte S. Margherita
vide questo Sacro Cuore sotto l’aspetto di un sole splendente. Essa ce lo
additò come irradiante le anime in due modi: con le sue ispirazioni ed i
suoi esempi.
La serva di Dio non si stancò mai di esortare a ricorrere al Cuore del divin
Consigliere del tabernacolo in tutti i nostri dubbi, in tutte le nostre
incertezze, prima di ogni iniziativa importante e di attendere con fiducia
la risposta partecipata a noi, d’ordinario, sotto forma di ispirazione.
E’ allo splendore di questa luce
che la Santa camminò nella sua infanzia.
Il Cuore di Gesù nella sua vita ci rischiara ancora con i
suoi esempi.
<< Ti voglio far leggere nel libro
in cui è contenuta la scienza dell’amore >> diceva Nostro Signore a Santa
Margherita Maria. Questo libro è il suo Cuore Eucaristico. Gettiamo
frequentemente il nostro sguardo su quelle pagine per impararvi ogni virtù,
ed in particolare l’umiltà, il silenzio, il distacco da tutto, e,
sopratutto, la carità.
Preghiera e Risoluzione.
O mio
Gesù, amarvi, cercare vicino a voi la grazia, il consiglio, la luce, è
adunque cosa così difficile e penosa? Oh! no, io non voglio più rifiutarvi
ciò che mi procurerà il mio bene e la mia santificazione, ossia la fuga
delle colpe ed il disprezzo di quanto non è Voi.
MISTERO DI VITA NASCOSTA
ED OPEROSA DI GESÙ
I.
La solitudine del Cuore di Gesù
Ecco
un altro dei più grandi e
commoventi misteri della vita del
Cuore Eucaristico di Gesù. Egli rinnova nell’augusto Sacramento la sua vita
di Nazaret e s’inabissa in una profonda solitudine; si seppellisce, per così
dire, in un apparente silenzio di cui s’ha riscontro solo in quello che
osservava nel Sepolcro.
I.
La solitudine del Cuore di Gesù nel Tabenaco1o
Entriamo in uno dei nostri santuari: Oh, purtroppo! come l’ingratitudine e
la indifferenza degli uomini ne fanno spesso un deserto. Ma, quand’anche una
moltitudine devota vi si accalcasse, non per questo verrebbe a rompersi la
solitudine del Tabernacolo. Il divino Solitario vi rimane, solo, nascosto
sotto i veli eucaristici. Che lezione sublime imparte quel silenzio a quanti
desiderano di condurre una vita eucaristica! Se vogliono piacere al Cuore
Eucaristico di Gesù, essi debbono menare una vita di raccoglimento e di
ritiro. Che se poi continuano a ronzare nell’attività irrequieta di questo
mondo, la manna eucaristica cadrà invano sui loro cuori agitati perché non
potrà riposarvisi né produrvi il benché minimo effetto salutare.
II.
Imitazione di questa vita di
solitudine.
Ma, in
che consiste questa solitudine eucaristica per noi? Essa consiste nel fare
del nostro cuore una pisside in cui possa riposare solo il Cuore di Gesù. E
così anche quando la nostra bocca, per le esigenze sociali, è costretta a
parlare, anche in tali circostanze il nostro cuore, deve essere in silenzio
di fronte alle creature, ossia deve essere custodito in guisa che non abbia
ad aderire ad esse.
Dobbiamo, anzi, non dirò disprezzare, ma dimenticarci completamente della
creatura se non vi è un dovere che ci obbliga di occuparcene. Essa
deve per noi essere quasi un nulla. Questo solo inno deve echeggiare nella
profondità dei nostri cuori: «Che
bramo?O Dio del mio cuore e Cuore del mio Dio, che altro voglio io in cielo
od in terra se non voi?
».
Tali devono essere le aspirazioni del
nostro Cuore.
Non permettiamo quindi che le creature si impossesino di esso, liberiamolo
da tutte le preoccupazioni che quelle gli procurano, dalle inquietudini che
vi suscitano.
Se è d‘uopo trattar con esse, facciamolo unicamente per la gloria e l’amore
del Cuore di Gesù. Abbandoniamoci pertanto a Lui e preghiamolo d’agire in
noi e in nostra vece.
A’ nostri giorni un simile linguaggio sembra al tutto nuovo; si crede che
per lavorare nel servizio di Dio, sia necesario affaccendarsi
esageratamente, immischiarci in tutte le miserie umane, per sfruttarle in
vantaggio d’un bene. Ciò è frivolo e troppo naturale.
Ricordiamoci che il Santo Curato di Ars, così attivo in apparenza ma in
realtà molto ritirato, diceva:
«Bisogna picchiare alla porta del Tabernacolo, piuttosto che a quella, degli
uomini, ed è appunto perché non si fa in questo modo che
ad
onta degli sforzi più grandi non
si
riesce
a
nulla».
Qualunque opera che non affonda le
proprie radici nel Tabernacolo,
nonostante le più splendide riuscite, paragonabili all'ellera di Giona (IV.
6-7), è infeconda di frutti soprannaturali.
III.
La solitudine
ed il silenzio nella Comunione.
Non
v’ha nulla che onori di più la solitudine del S. Cuore di N. S. del nostro
raccoglimento di fronte a Lui. Soprattutto durante il ringraziamento dopo la
Comunione noi dobbiamo evitare ogni frastuono e chiuder gli occhi dell’anima
nostra a tutto ciò che è estraneo a questo Cuore divino; e là starcene
pronti a ricevere tutte quelle impressioni che a Lui piacerà comunicarci.
Lavorare in opere esteriori se così a lui piacerà, riposarci nel suo amore
se gli parrà di farci in esso riposare; dobbiamo insomma esser le vittime
del suo divin beneplacito e del suo amore.
Il Cuore Eucaristico non vuol vivere ove vi è tumulto, sia materiale che
spirituale, ma bensì nel profondo deserto delle specie eucaristiche. Se poi
noi vogliamo offrirgli degli olocausti, siamo certi che nulla gli tornerà
più gradito dell’olocausto della nostra attività, perché con essa gli
sacrifichiamo pure il nostro amor proprio.
Il
divino Maestro nell’Eucaristia si è svincolato della vita esteriore!
Egli
contempla,
ama, adora le perfezioni di Dio, s‘immola per
la gloria del Padre Suo, al di fuori di ogni cosa creata, come in una vasta
Solitudine, in cui le cose terrene non Possono raggiungerlo. Per imitare
questa vita divina fa d’uopo dimenticare tutto, anche se stesso.
Domandiamo al S. Cuore di Gesù, come un grande favore di poterci di tempo in
tempo appartare in questa solitudine perfetta, sotto gli sguardi di Dio
solo, in compagnia del nostro caro Gesù, senza avere altra libertà ed
occupazione che quella di amare e di adorare il nostro Dio, disposti a
sacrificarci e scomparire per Lui.
Dal suo tabernacolo Gesù non parla ad alcuna creatura; nessun rumore, nessun
movimento, vi si ode, ma al cospetto del Padre
suo,
questo suo silenzio è assai più
profondo, più sublime. Si direbbe che la sua occupazione è il tacere. Egli è
tutto preghiera, amore, annientamento immolazione, ma tutto si svolge nel
silenzio, nella profondità di sé medesimo e della sua divinità. Che
linguaggio eloquente è mai questo silenzio! Esso rende omaggio alle
grandezze di Dio, alle sue perfezioni infinite, al suo sovrano dominio e a
tutti i Suoi attributi che Gesù stesso decanta con
un inno eterno ed incessante tra i
misteri d’un arcano silenzio.
Risoluzione.
Nelle
adorazioni e sopratutto durante il ringraziamento dopo la santa Comunione,
m’adoprerò a far tacere in me la voce delle creature, onde possa meglio
unirmi all’umile adorazione di Gesù verso il Padre suo.
II.
Le occupazioni del Cuore
Eucaristico di Gesù
Si
crederebbe a tutta prima che il Cuore eucaristico di Gesù sia ozioso nei
taciti Tabernacoli; che vi si trovi in uno stato di morte e di assoluta
insensibilità, ma non è così. Egli vi conduce una vita senza strepito
feconda quanto mai, come de l’amore di Dio, parla e non cessa di parlare
nonostante il suo silenzio «
Vivens
ad interpellandum pro nobis
» e quel che è più straordinario è che
la sua preghiera s’accorda perfettamente col suo silenzio.
I.
La preghiera di Gesù Eucaristia per noi.
Ponderiamo bene l’espressione energica di S. Paolo: Vivens ad
interpellamdum pro nobis. Ei vive per intercedere in nostro favore.
Presso di noi la vita è diversa; noi amiamo la vita interiore e la vita
esteriore; le nostre occupazioni sono svariate e traggono seco diversità di
pensieri, di affetti, e di desideri, di guisa che non v’ha unità nella
nostra vita. Or viviamo per studiare, ora per conversare, ora per
consacrarci ad altre opere esteriori e così via. Anzi non v’ha unità neppure
nella nostra vita spirituale giacché ci sentiamo portati ora verso una
virtù, ed ora verso un’altra, a seconda della situazione in cui ci troviamo.
Avviene quindi che la pratica del silenzio per noi sembrerà quasi
incompatibile con quella dello zelo apostolico che richiede la parola e
l’azione, ma non è così per il Cuore di Gesù nell’Eucaristia
Già durante la Sua Vita mortale le sue occupazioni esteriori si fondevano in
una unità mirabile con la sua vita interna; nella vita eucaristica invece è
finita pure ogni azione esteriore, non rimanendovi che la vita del cuore,
vita questa che è assolutamente una, escludendo ogni interruzione,
ogni distrazione, ogni molteplicità.
« Vivens est»
dice S. Paolo, volendo significare con ciò
che il S. Cuore di Gesù è assorto in un unico atto: «ad
interpellandum pro nobis»
cioè per intercedere e pregare per noi; in
altre parole, è l’atto d’amore e d’immolazione che si riproduce senza posa.
Il Cuore eucaristico di Gesù ci ama e s’immola per noi; dimentica se stesso,
né ha interessi propri. Aiutare Dio, amare i fratelli, offrire a Dio per
essi tutti i meriti che ha acquistati, tutte le sue pene, tutte le sue
sofferenze d’altri tempi, continuar sempre
l’Ecce venio
e l’atto di amore dell‘Incarnazione, ecco
l’azione unica del S.
Cuore di Gesù nell’Augusto Sacramento
dell‘Altare.
E’ sempre il Cuore che pensa a noi, che non vive se non per noi, che non ha
altra missione che d’amarci e di intercedere in nostro favore; e che,
nell‘amar noi, nell’intercedere od immolarsi per noi, ama Dio suo padre,
essendo l’amor di Dio e del prossimo, sopratutto nel S. Cuore di Gesù, un
solo amore, un atto unico. E’ in questa guisa che il Cuore eucaristico
continua ad essere il Cuore del nostro Gesù, cioè il Cuore del nostro
Salvatore, del nostro Redentore e del nostro Mediatore.
II.
Fecondità della vita attiva del Cuore eucaristico di Gesù.
Ma che
può esprimere l’efficacia della preghiera, della meditazione,
dell‘immolazione di questo Cuore divino? Questa preghiera che sale nel
silenzio come nube di profumato incenso al trono di Dio, questa mediazione
che si svolge incessante in nostro favore, quest’immolazione che si compie
nella quiete e nel nascondimento in cui si compendia la vita attiva del
Cuore eucaristico, non possono non esser accette, assecondate. Tanta ne è
l’efficacia da non esservi limite che circoscrivere la possa. Tutto ci
proviene da questa vita attiva che si esplica nei taciti tabernacoli dei
nostri altari. Ad essa e non a questo od a quell’altro santo, ad un uomo
eminente in virtù, ad un papa insigne, l’uomo interiore suole attribuire le
grandi opere della Chiesa, essendo noi nelle mani di Dio semplici suoi
strumenti. Da essa deriva e la gloria infinita di Dio e la pace per gli
uomini di buona volontà; come pure l’immenso mare di lume, di affetti, di
santità, di ricchezza spirituale che si diffonde per il corpo mistico della
Chiesa, i santi pensieri che passano per le menti, i salutari movimenti che
scuotono i cuori di chi ne subisce l’influenza salutare.
Quanto è ammirabile il Cuore di Gesù per noi nell’Eucaristia, nei suoi Santi
e nelle sue opere!
III.
La nostra vita interiore.
Nostro
Signore vuole che le anime consacrate al suo Cuore si uniscano a questi atti
ineffabili della sua vita eucaristica, non formando più che un sol cuore con
lui. Onde per rispondere a questa missione gloriosa debbono penetrarsi dello
spirito di essa; un sol atto deve dominarci, sia che siamo chiamati ad
attendere alla vita attiva, sia alla contemplativa, un sol atto: l’amore del
Cuore di Gesù e l’immolazione a questo divin Cuore per amore.
Poco importa che le occupazioni siano varie, il più si è che abbiano ad
essere tutte occupazioni d’amore in cui non vi sia posto alcuno per la
sensualità e l’egoismo. Nel nostro cuore non deve esservi una moltitudine di
pensieri e di affetti, ma soltanto l’amor del S. Cuore. Le diverse virtù,
quali la povertà, la rinunzia, il distacco, la semplicità, lo zelo,
l’obbedienza ecc., debbono impegnarsi nel solo atto d’amore. In una parola
non abbiamo dinanzi allo sguardo che il S. Cuore di Gesù, non pensiamo che a
Lui, non amiamo che Lui. Quando lo visitiamo, quando lo riceviamo, quando
l’offriamo nel S. Sacrificio della Messa, quando lo riceviamo in noi nella
santa
Comunione, unica nostra aspirazione sia d’unirci vieppiù alla sua vita
d’amore. Preghiamolo d’annientare in noi quanto risente ancora della
molteplicità della vita umana e terrestre, in guisa da poter ripetere: la
mia vita è il S. Cuore di Gesù.
Risoluzione.
Vorrei, o Signore, poter dire con S. Paolo: « Non
son
io cke vivo, ma è Gesù che vive in
me» ma che posso io mai senza il
vostro aiuto? Scendete in me, o Gesù! Che il vostro Cuore sia la mia guida,
la mia vita!
III.
Vita
nascosta del Cuore Eucaristico di Gesù
Oh!
Come il Cuore di Gesù predilige il raccoglimento! Egli l’ha praticato a
Nazaret per ben trent’anni e tuttora continua a praticarlo nel Tabernacolo.
I.
Vita nascosta di Gesù nell’Eucaristia.
A
Nazaret la sua divinità si nascondeva nella natura d’un grazioso e povero
fanciullo, dedito alle occupazioni di artigiano, ossequente a quanti avevano
autorità su di lui e particolarmente a Maria ed a Giuseppe, pieno di
dolcezza, d’umiltà e di semplicità per tutti.
Nell’Eucaristia non soltanto la divinità, ma pur l’umanità santa e gloriosa
si cela sotto le meschine specie di pane e di vino.
Apparentemente nulla fa di grande, nulla compie di quanto potrebbe
attirarg1i onore. Lo si direbbe privo d’iniziativa tanto da esser indotti a
crederlo nella necessità di sottostare alla incondizionata dipendenza del
più umile sacerdote! Eccolo infatti che alla parola del sacerdote, Egli
discende dal cielo e si lascia portare e porre ove a lui aggrada. E’ un
nulla per lui quanto sa di gloria esterna e di onore; Egli permette persino
che le specie sacramentali vengano trattate senza rispetto da sacerdoti
tiepidi e indifferenti, e magari calpestate dagli empi e dagli animali.
Non soffre di ciò, questo è pur vero, preservandonelo il suo stato glorioso,
ma queste colpevoli irriverenze costituiscono dei delitti spaventosi da lui
pianti in altri tempi con lacrime di sangue.
Che sublime esempio di annientamento! Quale eccelsa attrattiva per la vita
nascosta! Non è la necessità o il bisogno, ma è il suo Cuore, che
liberamente elegge tanti abbassamenti, tanta viltà di comparsa e di stato e
tanta sete di vita nascosta.
Non
scordiamoci però che S. Tomaso ci assicura essere celato sotto queste
meschine apparenze quanto vi è di più bello, di più grande e di più elevato
<Latent res cximiae
».
Sotto le apparenze di poco pane, di
poco vino trovasi il Cuore divino di Gesù, lo stesso Dio, l’umanità santa
del Salvatore. Né dimentichiamo che in questa vita nascosta Gesù trova le
sue delizie: rare volte, anzi rarissime volte, glorifica con prodigi le
specie sacramentali. Il prodigio per eccellenza si è che un Dio si nasconda
in modo da fare ripetere al profeta: «
Si,
veramente tu sei un Dio nascosto!
Vere tu es Deus abscondibus!
».
Il S. Cuore di Gesù governa la Chiesa
dal fondo del suo tabernacolo, in
modo che nulla rivela la sapienza con cui la governa, la luce di cui la
irradia. Egli vuoi del pari governare ed attirare i nostri cuori mediante le
soavi attrattive della vita eucaristica.
II.
Imitiamo questa vita.
Anche
noi dobbiamo essere come le specie eucaristiche. Il nostro corpo, la nostra
anima, la nostra vita esterna, la nostra vita spirituale, tutto insomma
quanto vi è in noi, deve perdersi nel Cuore di Gesù.
La
nostra vita deve essere, come la sua, totalmente soggetta alla volontà dei
nostri superiori. Noi pure dobbiamo esser trattati come l’ostia santa dalle
mani e dalla volontà di quanti hanno su di noi autorità. Il distacco,
l’umiltà, la povertà, la semplicità, la fuga di tutto ciò che sa di
appariscente, l’oblìo di se medesimo, l’astensione da quelle manifestazioni
che possono soddisfare il nostro amor proprio, ecco altrettante virtù che
debbon formare il velo onde ha da essere avvolto il nostro cuore, sottratto
agli occhi degli uomini, perché possa essere oggetto degli sguardi di Gesù
solo.
Più il Cuore eucaristico si nasconde al mondo, e più si avvicina a Dio; Ei
si perde nel seno della divinità ed ecco perché si ecclissa a tutto ciò che
è creatura. Noi dobbiamo perderci nel S. Cuore, se non vogliamo esser
divagati da quanto ci circonda.
III.
Onoriamo
questa vita.
Questo
sublime esempio di vita nascosta che la Sapienza incarnata credette, a
nostro maggior bene, di darci nel Sacramento dell‘Eucaristia, merita da
parte nostra quella venerazione e quell’onore, che proviene anche dal più
semplice ed elementare senso di
gratitudine e di riconoscenza. Il mezzo poi onde assolvere un compito così
doveroso lo possiamo dedurre dalle considerazioni precedenti; e consiste nel
consacrarci alle opere eucaristiche, con tutte le nostre forze, giacché S.
Tomaso ci assicura che a questo riguardo non si farà mai abbastanza.
Ed anzitutto noi dobbiamo con le nostre adorazioni inneggiare a questo stato
d’umiltà in cui il S. Cuore vuol rimanere sepolto per noi; ed è per
procurargli questo trionfo che vennero istituite anche le processioni
eucarstiche.
Inoltre propaghiamo le opere eucaristiche, comunemente chiamate apostoliche,
ossia quelle opere di cui ci si vale per ispirare ai fedeli una grande
divozione al divin Sacramento.
Prima fra tutte è la comunione frequente.
L’inferno nulla ha lasciato d ‘intentato per distruggere questa pratica in
mezzo a noi.
Diffondiamola, e, nel contempo, caldeggiamo le adorazioni pubbliche, con cui
si rende pure un atto di omaggio al Cuore eucaristico di Gesù e si fa un
atto solenne di riparazione. E’ una delle pratiche più consolanti della
devozione al divin Cuore.
Facciamo inoltre del nostro meglio per non favorire quei discorsi pomposi
che, tenuti nel Santuario, hanno per iscopo di metter in vista l’oratore più
che i misteri d’amore del Cuore di Gesù.
Risoluzione.
Buon
Maestro, vi ho troppo dimenticato; d’ora in poi non sarà più così. Mi
adoprerò per giungere a quella vita nascosta di cui voi mi date mirabile
esempio nel divin sacramento. In ciò io voglio riporre il secreto della mia
santificazione.. Mi assista od aiuti la grazia vostra.
IV.
La conversazione del Cuore Eucaristico di Gesù con l’anima che gli è devota.
Quanto
più Gesù è solitario e nascosto, quanto più la sua bocca è silenziosa nel
divin Tabernacolo, tanto più il suo Cuore ama dischiudersi ed espandersi nei
cuori di quanti lo visitano e lo ricevono con amore nell ‘Augusto
Sacramento, sopratutto allorché le anime loro acconsentono per Lui a
rinunziare alle vane delizie di questo mondo, a dimenticare se stesse ed
immolarsi nel silenzio e nella santa dilezione.
I.
—
Le dolcezze di questa santa
conversazione
La
conversazione di Gesù non ha nulla di aspro, non offre che soavità, come ci
rivela lo Spirito Santo. Io mi sono assìso, dice la sposa dei Cantici
(cap. II, 3-4), ossia l’anima eucaristica, all’ombra di Lui che è
il mio desiderio. Io mi sono cioè separata dal mondo, appartata da me
stessa e mi son riposata nel silenzio dell’amore ed inabissata nella
solitudine del Tabernacolo, ed allora i suoi frutti al mio palato furono
dolci; i suoi frutti, cioè il suo amore, il Cuore suo medesimo che mi
appresta nutrimento e mi stilla bevanda.
Egli mi introdusse nel deposito dei suoi mistici vini; e contro di me
pose in ordinanza la carità; ossia mi ha introdotto nel suo Cuore ed ivi
non ho trovato che amore. La stessa croce, le spine medesime si sono ivi
cangiate in dolcezze.
Venga il mio diletto nel suo giardino, e il frutto mangi dei pomi (cap.,
V, I). Il giardino del mio prediletto è il mio cuore, questo cuore in cui vi
ha con le sue mani divine piantato la dilezione, l’umiltà, la
mortificazione.
Venga a raccogliere i piccoli meriti che ho raggranellati con la mia vita di
amore e d‘immolazione; venga ad esperimentare il desiderio ardente che ho di
possederlo! Le umili ed affettuose aspirazioni della sua sposa sono subito
esaudite, anzi prevenute da quel Gesù che per lei ha vissuto una vita di
stenti, ha sofferto, ha meritato, è morto su di una croce, perocché al primo
invito di Lei risponde con « Egli è già venuto ed ha già raccolto
dei frutti del
suo
giardino; la mirra
e gli aromi, vale a dire le opere di
mortificazione della carne, di annegazione di imitazione di Cristo paziente,
di misericordia verso il prossimo, raffigurate nel miele, di zelo,
simbolizzate nel vino, e d’innocenza indicate nel latte: Son venuto nel
mio
giardino, sorella mia sposa, io
ho raccolto la mia mirra co’ miei aromi: ho mangiato il favo col mio
miele, ho bevuto il mio vino col latte mio (1. c.).
Noi pure dobbiamo essere delle anime eucaristiche, sollecite di null‘altro
che di ritrovare il Diletto dell’anima nostra; cerchiamolo ancor noi con la
affettuosa premura della Sposa dei Cantici, non però nel frastuono e nel
turbamento, ma nella quiete e nella calma silenziosa del Tabernacolo.
All‘uopo liberiamoci, per quanto i doveri di stato ce lo consentono, dai
negozi esteriori, svincoliamoci dalle sollecitudini e dalle cure dell’uomo
vecchio. Affrettiamoci però a compiere quest’opera di epurazione, di
sgombro, chè la voce del Diletto già da tempo ci stimola a ciò. «Aprimi,
sorella mia, amica mia colomba, mia immacolata (c. 1.). Apri a me che
sorella ti feci, allorché per tuo amore mi rivestii di umane spoglie, apri a
me che a Dio ti riconciliai, e nella sua amicizia ti ritornai coi miei
patimenti e con la mia morte; apri a me che ti feci mia colomba, mandando
sopra di te lo Spirito Santo, e immacolata ti feci, mediante la
partecipazione dei Sacramenti e di tutti i doni e grazie celesti che nella
mia Chiesa si dispensano. Aprimi, chè, è da tempo che io picchio alla tua
porta, tanto da avere già il capo pieno di rugiada e i miei capelli
dell’umido della notte. Ci conquida questa ammirabile pazienza e carità
dello Sposo e strappi a sua volta dal nostro labbro il sospiro infuocato
della Sposa dei Cantici: Venga il mio diletto nel suo giardino, e il
frutto mangi dei pomi.
II.
—
Le prove.
La
tribolazione si frammischia pure alle dolcezze di così soavi abboccamenti,
di sì dolci colloqui, piacendo a Gesù di sottrarsi di tempo in tempo a noi
per mettere a prova il nostro amore. Che dobbiamo fare allora? Chiedere con
ansietà informazioni alle sentinelle che stanno a guardia della
città, ossia ai ministri di
Dio,
ai santi del Paradiso, a quanti fanno parte
della sua sorte: Avreste mai
veduto colui che è l’amore dell’anima mia?
(1. c. cap. III, 3);
figlie di Gerusalemme, io vi
scongiuro che se troverete il mio
Diletto, voi gli diciate ch’io d’amore languisco
(cap. V., 8).
Siffatto rimpianto della lontananza del Diletto varrà ad abbreviare questa
prova tanto angosciosa soprattutto per l’anima davvero eucaristica, chè il
buon Gesù le si darà di nuovo a vedere, strappando ad essa l’affettuosa
esclamazione: Io al mio diletto, e
a me il Diletto mio (VI, 2).
Tale è il linguaggio adoprato dalla S.
Scrittura per descrivere le nozze in cui l’Agnello dà se stesso in cibo alle
sue predilette, a quelle anime che sono da lui amate perché lo amano.
E’ a questo divino banchetto che noi troveremo luce, forza, consolazione,
con il disgusto, anzi l’oblio di quanto non è il Cuore Eucaristico di Gesù.
Che se, malgrado le nostre frequenti comunioni, non abbiamo ancor potuto
usufruire di questi mirabili effetti, ricerchiamone la causa in noi stessi.
Forse giacciamo in una paralisi spirituale, forse poltriamo in fatale
tiepidezza?...
Suvvia in questi casi presentiamoci
all’amoroso Gesù come altrettanti ammalati
desiderosi di sanità e di guarigione, proviamo in noi i dolori dell ‘amore
se non ci è dato di sentirne gli ardori; inabbissiamoci nel nostro nulla,
piangiamo e confidiamo. A noi pure ci verrà intimato:
sii
guarito.
Ah!
Cuore divino, Cuore eucaristico, concedeteci di seguire le vostre orme,
traeteci dietro a voi, giacché desideriamo correre dietro all’odore dei
vostri profumi; se fa d’uopo, risuscitateci onde abbiamo a vivere sempre e
soltanto d’amore per voi.
III.
—
Sue condizioni.
Un’anima che vuole disporsi a questa conversazione con Nostro Signore ha da
amare la solitudine ed il silenzio; ha da costituire un punto essenziale del
suo metodo di vita. Deve trovarvi la propria felicità, il proprio riposo, la
propria vita, tanto da riuscirle noioso il dovere attendere a negozi
profani.
Senza
silenzio, infatti, non si ha raccoglimento,
Unione con Dio, rispondenza ai suoi desideri.
Il silenzio esterno si estende pure alle prove, alle contradizioni alle
osservazioni che ci possono essere fatte, O mio Dio, comunicate alle anime
consacrate al vostro Cuore l’attrattiva per tale silenzio!
Gesù
nel Santo Tabernacolo espia con la sua misteriosa taciturnità per tanti
discorsi frivoli, tante parole inutili o peccaminose di cui si rendon
colpevoli le sue creature. Egli vi è vittima per i peccati di lingua
commessi soprattutto dalle anime a lui consacrate e per le quali nutre
predilezione.
Imitiamo a questo proposito il Divin Maestro, siamo vittime con Gesù e come
Gesù.
Riso1uzione.
Concedetemi, o Signore, di esser libera e sciolta da quanto sa di mondo,
affinché possa applicarmi interamente a far tesoro delle parole di verità
che sgorgano dal vostro labbro divino.
v.
Il Cuore Eucaristico di Gesù
c’insegna la purezza
La
castità è chiamata la bella, la santa virtù. E’ davvero bella questa forza
sovrumana che solleva dal proprio avvilimento l’uomo, l’innalza al dì sopra
delle proprie inclinazioni deprimenti, lo pone in un mondo superiore e lo fa
partecipe in qualche modo della natura angelica.
Sì,
bella, santa è questa virtù, tanto che il mondo medesimo, con tutta la sua
corruzione, non può non ammirarla; <O
quam pulchra est casta generatio
cum claritate
>.
(Sap. IV. 1).
I.
Predilezione del Cuore di Gesù per la
purezza.
—
Una perla così preziosa non potrà non godere
le preferenze del Cuore di Gesù, che ama tutto ciò che è bello, tutto ciò
che è nobile, tutto ciò che è grande, e di queste sue attrattive per una
virtù sì cara, oltre le prove magnifiche lasciate a noi nella sua dottrina e
nella sua condotta, noi abbiamo ancora sicuri indizi nella sua vita
eucaristica.
Sbocciato dal virgulto verginale di Jesse, vissuto tra gli incanti dell
‘innocenza e le premure e le attenzioni di anime vergini Egli ha cura di
attorniare quel convito nel quale avrebbe istituita l’Eucaristia, epilogo
della sua vita di amore, di tutte quelle manifestazioni simboliche atte a
dare una ultima eloquente conferma delle sue simpatie per la purezza: la
scelta d’una sala spaziosa e addobbata, la lavanda dei piedi, l’uso di
vasellame prezioso, come dice la tradizione. Né di minor efficacia a questo
riguardo è la prova che deduciamo dall’aver Egli voluto celarsi per compiere
i suoi misteri d’amore sotto candidi azzimi.
S.
Margherita Maria dice: «Il candor dell’ostia ci insegna che bisogna essere
una vittima pura, per essere immolata a Gesù; una vittima senza macchia per
possederlo: puro di corpo, di cuore, d’intenzione, di affetto
».
(Vol. I. pag. 194).
Consoni adunque a questi ammaestramenti che il Cuore di Gesù ci imparte
dall’Ostia santa sono i dettagli, le prescrizioni, le esigenze che mirano ad
escludere ogni macchia, ogni impurità, ogni difetto in chi deve comunque
avere rapporti con questo Augusto Sacramento. E son parimenti conformi a
tali insegnamenti le particolarità minuziose volute riguardo alla forma,
alla materia, alla finezza, alla nitidezza di quanto può in qualche modo
aver relazione con l’Eucaristia.
Come già su questa terra il Cuore di Gesù ha mostrato le sue predilezioni
per le anime candide, così fa ora nel S. Tabernacolo. E’ sulle anime pure
che Egli fa scendere di preferenza gli effluvi del suo amore.
E’ in mezzo ad esse che trova le sue delizie, è in loro compagnia che gode
passeggiare invisibilmente, ossia sotto le apparenze di una piccola ostia.
Ama contemplare questi gigli della terra, posa su di essi uno sguardo di
tenerezza, li ricolma delle sue grazie. Sulla loro candida corolla
fa scendere la rugiada divina che mantiene
la verginità in tutta la sua freschezza.
II.
Chi deve
far
tesoro di questo insegna
mento
del Cuore
di
Gesù nell’Eucaristia.
—
Una virtù così cara al Cuore Eucaristico di
Gesù deve essere da parte di chi ama il Divin Cuore, oggetto di
predilezione; costui la deve tenere in grande stima, ed aver premura di
praticarla nel miglior modo possibile ed a seconda dello stato abbracciato.
La debbono amare le persone coniugate, osservando i propri doveri senza
varcare i limiti dei propri diritti, vigilando sulla innocenza dei propri
figli e premunendoli da quanto potrebbe offuscarne il candore. A queste
condizioni soltanto attireranno sulle proprie famiglie la benevolenza del
Cuore di Gesù, e si assicureranno la pace domestica.
La debbono amare quanti vivono liberamente nel mondo evitando tutto ciò che
può esporli a cadute, vegliando sui propri sensi, evitando le cattive
letture e i ritrovi pericolosi, frequentando spesso i SS. Sacramenti,
nutrendo una tenera devozione per la Vergine Santa, ed il glorioso sposo di
Lei, S. Giuseppe. Il Cuore di Gesù farà sgorgare certamente le sue elette
benedizioni sulle anime che ricorrono a questi ripieghi per sottrarsi ai
contagi degli aliti impuri.
Ma, sopratutto la debbono amare le persone consacrate, vivendo tutte ed
unicamente per lo Sposo Divino. Anime predestinate, abbiate consapevolezza
della vostra dignità. Lo Spirito Santo medesimo vi ammira.
«
Oh! quanto
è
bella
la
generazione casta
».
(Sap.
IV. 1.).
Vegliate pertanto sui vostri
affetti, rinnovate spesso e sinceramente la vostra consacrazione, totale,
assoluta, senza riserva. Sia il vostro cuore un « giardino chiuso » in cui
soltanto lo Sposo Celeste abbia il diritto di penetrare. Questa, non
dimenticatelo, deve essere una delle più grandi preoccupazioni della vostra
vita.
A questa condizione soltanto voi sarete
pure, pure
come il Cuore di Gesù,
pure
come la candida ostia,
pure
come un giglio di fresco sbocciato.
Preghiera e risoluzione.
O
Eucaristico Cuore di Gesù, ho già inteso uscire da codesto tabernacolo una
voce tenera e soave, che rispondendo alle grida di miseria, mi ha calmato le
angoscie del cuore e mi ha reso la speranza e la pace. Confida, mi ha detto,
eccomi a te che mi hai chiamato. Vengo a curarti le
piaghe, a mondarti, a risanarti con quel
sangue che già sparsi per te: vengo a restituirti la candida stola
dell’innocenza, la corona della purezza. Vieni, adunque, dammi il tuo cuore,
avvicinalo al mio, anzi immergiti in questa fornace d’amore, le cui fiamme
benefiche non consumano se non il peccato e dovunque si appigliano recano
purezza e vita.
Questa voce era vostra, o mio Gesù, o mio Dio amatissimo, autore della SS.
Eucaristia, ed io docile all’invito son venuto ai piedi del vostro
tabernacolo a piangere i miei peccati, a chiedervi quella purezza di cuori a
voi sì gradita, quell ‘orrore al peccato che fa fuggire non solo le colpe
gravi, ma ancor le più lievi imperfezioni. Datemi, o Gesù, pel vostro
adoratissimo Cuore, quell‘innocenza e quella vergine castità che solleva
l’uomo al di sopra di se medesimo e di tutte le inclinazioni dei sensi e
della natura corrotta, concedetemi questa purezza di anima e di corpo,
questa castità che vi attrae verso colui che la possiede e lo rende vostro
tabernacolo e santuario, affinché con l’aiuto della grazia vostra io trionfi
della mia debolezza, e dopo aver superati i pericoli della vita, possa
ricevere dalle vostre mani la corona della verginità e seguir voi, Agnello
di Dio, ovunque andiate. Così sia.
VI.
Invito all’amore del Sacro Cuore,
nostro Amico, nella Santa Eucaristia.
Il
Cantico dei Cantici ci aiuta a comprendere il confidenziale abboccamento di
Gesù solitario nel tabernacolo con l’anima da lui visitata e considerata
come sua sposa.
Margherita Maria raffigura questo abboccamento al colloquio d’un amico con
l’amico in un festino d’amore.
Il celeste Amico chiama l’anima a quel festino; essa risponde all’Amico
divino con amorevole confidenza.
I.
—
Dolce invito del celeste Amico.
Questo
invito traspare nel colloquio di Nostro Signore con la Samaritana. Era Gesù
giunto vicino ad una città della Samaria chiamata Sichar, accanto alla
tenuta che fu data da Giacobbe a suo figlio Giuseppe. Quivi era un pozzo,
nel quale possiamo ravvisare un simbolo del Sacro Cuore, abisso di amore e
di grazie. Il Maestro stanco dal viaggio si pose così a sedere sul margine
di esso. Gesù in quel luogo rivolse alla Samaritana quelle parole
che Egli ripeté e ripete tuttora a noi, sia pure sotto forma diversa ed in
circostanze differenti: Se tu conoscessi il dono di Dio, che è il mio Cuore,
mi chiederesti di lasciarti dissetare a questa sorgente di amore ed io ti
permetterei di attingere di quest’acqua viva che sgorgherebbe nel tuo cuore
come una sorgente di vita per l’eternità. (Cfr. Joan IV).
Rispondiamo a questi accorati accenti col mettere in pratica il consiglio di
Santa Margherita Maria: « Entrate nel Sacro Cuore, dice la Santa, come un
amico invitato al banchetto di amore. Il nostro unico e perfetto Amico vuol
trattarci lautamente e inebriarci del delizioso vino del suo sacro amore.
Questo solo può addolcire le nostre amarezze, dandoci disgusto delle false
delizie della terra e non lasciandoci gustare altro piacere che dentro il
Cuore di questo tenero amico. Il quale ci dice amorosamente: Tutto ciò che è
mio, è anche tuo: tue sono le mie piaghe; il mio sangue, i miei dolori son
tuoi: il mio amore rende comuni i nostri beni. Lascia dunque ch‘io possegga
intero il tuo cuore e scalderò le freddezze ed avviverò i languori che ti
fanno così fiacco nel servirmi e così tiepido nell’amarmi
».
(Vie et Oeuvres, II, pag. 728).
II.
—
Gesù è il solo vero amico dei nostri
cuori.
S.
Margherita Maria commenta così l’invito del celeste Amico: Gesù Cristo è
l’unico vero amico dei nostri cuori, i quali plasmò unicamente per
sé,
tanto è vero che non possono trovar
riposo e gaudio... che in Lui...
Egli si è addossato i nostri peccati rendendosi nostro garante presso il suo
Padre Eterno... Ha voluto morire per meritarci, con gli eccessi del suo
amore, una vita immortale e felice.
Ringraziamolo e benediciamolo con quell’ardente carità per la quale dovremmo
consumarci di riconoscenza ed offrirgli un continuo sacrifizio di tutto il
nostro essere.
«Contemplandolo in questa qualifica di amico, potremo affidargli tutti i
segreti del nostro cuore e svelargli le nostre miserie e i nostri bisogni
come a colui che può solo rimediarvi, dicendogli: Oh! Voi, amico del mio
cuore, colui che voi amate, sta male: deh!, visitatemi e guaritemi, poiché
io so che Voi non potete amarmi e nel tempo stesso abbandonarmi nelle mie
miserie
».
(Scritti vari, 146).
Ah! come sono felici le anime che si sono perfettamente dimenticate, che non
hanno amore, attenzioni, pensieri che per questo unico Amico dei nostri
cuori!
III.
L’amico a sua volta invita l’Amico celeste.
Desumiamo questo invito dagli scritti di S. Margherita Maria.
« O Cuore SS.mo, delizia della divinità; io vi saluto e vi invoco nel mio
dolore e vi chiamo per rimedio alla mia fragilità. Cuore misericordiosissimo,
Cuore compassionevole... del mio Salvatore, non ricusate di porgere il
vostro soccorso al mio, così indegno... Voi, o Dio del mio cuore, mi avete
creato per essere l’oggetto dei vostri amori ed il soggetto delle vostre
ineffabili bontà....
« Venite, o fedelissimo, tenerissimo, dolcissimo ed amabilissimo fra tutti
gli amici, avvicinatevi al mio cuore... vi chiedo, per la vostra
incomparabile amicizia e per la vostra parola data, di venirmi a sollevare.
Venite e non permettete che io vi dia motivo di allontanarvi...
« Venite, o vita del mio cuore, o anima della mia vita, o unico sostegno
dell‘anima mia... Venite per farmi vivere di Voi ed in Voi, ma
efficacemente... Venite, o mio Dio, o mio tutto
».
Preghiera e Risoluzione.
O Gesù,
Voi mi chiamate con tale insistenza da fare pensare che non possiate
rimanere senza di me, e m’invitate a Voi, quantunque nulla vi sia in me che
vi possa attirare all’infuori della mia grande miseria. Comprendo
però
il perché di questo Vostro modo di agire:
volete cioè esercitare la Vostra misericordia. Poiché a tanto vi spinge la
vostra bontà, venite, o Voi, che io oso chiamare mio celeste Amico, venite e
mettete nel mio cuore tanto amore da potervi permettere di trovare in esso
qualche gioia e qualche consolazione. Voi, e Voi solo dovete essere l’unico
oggetto della mia dilezione.
MISTERO DI SACRIFICIO
I.
L’atto del
Sacrificio Eucaristico,
ossia la S. Messa
Già in
antecedenza abbiamo detto che il Sacro Cuore di Gesù nell’Eucaristia è
sempre nello stato di sacrificio; l‘immolazione consiste per lui
nell’offerta continua che fa del suo onore, dei suoi meriti, delle sue
azioni e sofferenze e della sua morte in nostro favore.
L’immolazione fu corporale e cruenta,
e non ha potuto esserlo che una sola volta, al momento in cui Cristo
Gesù morì d’amore sulla croce, ma essa è sempre
esistita, in una maniera reale e mistica, nel S.Cuore di Colui che, per
parlare con precisione, è l’amore e l’immolazione incarnata.
I.
—
L’atto del sacrificio.
Era
opportuno che nella vita eucaristica del Salvatore ci fosse un atto esterno
del sacrificio che sensibilizzasse ciò
che si svolge nel suo divin Cuore: quest’atto è l’augusto sacrificio della
Messa, il quale non è che la rinnovazione mistica e la continuazione di
quello della croce, non essendo richiesta necessariamente la morte fisica
per una reale immolazione. L ‘essenza del sacrificio, difatti, quando la
vittima un essere spirituale, consiste soprattutto nell’oblazione del cuore
e non nello sgozzamento della vittima. E’ in questa guisa che la morte di
Gesù è rinnovata realmente per mezzo dell‘oblazione che fa di essa il suo
Divin Cuore.
Gli elementi che costituiscono il santo sacrificio della Messa sono:
1°
la transubstanziazione,
ossia il mutamento della sostanza del pane
nel Corpo di Gesù, e della sostanza del vino in quella del suo Sangue; 2°
l’offerta
che fa il S. Cuore di
se
stesso, del suo Corpo, del suo Sangue; di
tutti i suoi meriti, delle sue azioni, dei suoi misteri e della sua morte
sul Calvario; 3°
la sostituzione mistica
ch’Ei fa di noi in Lui come vittima e come
sacerdote; 4° l’atto del sacerdote
che opera il prodigio della
transubstanziazione ed offre Gesù Cristo a Dio in nome della Chiesa e per la
Chiesa.
Siamo grati al buon Dio per questo sacrificio di carità infinita, che,
consumato sul monte Calvario, misteriosamente e miracolosamente si rinnova
ogni giorno sui nostri altri.
II.
—
La transubstanziazione.
Il
primo elemento adunque del santo sacrificio, quello che fa di esso una reale
immolazione, è la transubstanziazione: mysterium fidei, dice il
sacerdote al momento della consacrazione; appunto perché si tratta del più
inesplicabile di tutti i misteri. Il pane ed il vino non si annichilano come
qualcuno pretendeva, ma la sostanza dell’uno e dell‘altro si tramuta nel
corpo e nel sangue di Gesù. Soltanto le specie, gli accidenti del pane e del
vino rimangono. E ciò, per altro, era più che conveniente poiché, ripugnando
all ‘uomo di cibarsi di carne umana e di bere sangue umano, Gesù, con molta
sapienza diè da mangiare ad esso il suo corpo e per dissetarsi il suo sangue
sotto le specie di quegli elementi (pane e vino) che sono nostro cibo
naturale.
Ma non potendoci qui inoltrare in tutte le questioni di cui s’occupa in
proposito la teologia dogmatica, ci limiteremo a dare solo alcuni
schiarimenti utili. Qualcuno pensò che Gesù divenisse presente nella santa
Eucaristia solo quanto alla sua
sostanza, visto che Egli sì fa presente in questo sacramento, come
sostituendo il suo corpo ed il suo sangue alla sostanza del pane e del vino.
Vi fu anche chi pensò che nel pane consacrato Gesù ci fosse con la sola
sostanza corporea, e nel vino consacrato con la sola sostanza del suo
sangue, dappoiché stando alle forme eucaristiche, Egli alla sostanza del
pane sostituisce il suo corpo ed a quella del vino il suo sangue. Ma. ciò
non è secondo la fede e San Tommaso dice che la presenza intera del
Salvatore è inseparabile ed, indivisibile, essendo impossibile che cose
realmente e naturalmente congiunte si trovino disgiunte. Rimane quindi fuori
dubbio che l’umanità santa tutta intera unita alla divinità discende
sull’altare pel mistero della transubstanziazione.
La transubstanziazione rinnova misticamente: 1°
il mistero dell’Incarnazione,
perché, mediante le parole
sacramentali, Gesù entra nella sua vita eucaristica, come, mediante il Fiat
della Santa Vergine entrò nella sua vita mortale. I veli eucaristici inoltre
rappresentano al vivo la vita nascosta di Gesù a Betlemme ed a Nazaret; 2°
Il mistero della morte di Gesù
mediante il cambiamento di
sostanza, quantunque questo mutamento si riferisca solo al pane ed al vino e
non già al corpo e sangue di Gesù; 3° il
mistero della vita
gloriosa, perché il pane ed il vino si
mutano nel corpo e sangue elevati allo stato glorioso e perché l’umanità
santa glorificata riposa sui nostri altari e nei nostri cuori per la santa
Comunione.
Tributiamo i nostri omaggi di amore e di adorazione a Gesù benedetto,
vittima di inestimabile valore e supplichiamolo caldamente a volerci dare
intelligenza del suo santo sacrificio.
III.
—
L’offerta che il Sacro Cuore di Gesù fa di
se
stesso.
Il
secondo elemento del S. Sacrificio che si congiunge immediatamente alla
transubstanziazione è l’offerta che il S. Cuore di Gesù fa di sé, del suo
corpo, del suo sangue, dei suoi meriti, dei suoi misteri ed in particolare
della sua morte: 1° Quest’offerta parte soprattutto dal S. Cuore di Gesù.
La sua bocca divina non parla, ma è il suo Cuore, il suo amore che si
offre come già si offriva sul Calvario; 2° Quest’offerta si
fa a
Dio
pel tramite del Cuore SS.mo di Gesù onde
procurargli la maggior gloria possibile; e perché il Sacro Cuore di Gesù è
unito al Verbo di Dio, l’offerta è infinita, ha un merito infinito e rende a
Dio una gloria ed un amore infinito. 3° Quest’offerta si fa per noi,
a fin di applicarci tutti i frutti dell’immolazione del S. Cuore di
Gesù, frutti che riceviamo, tuttavia, proporzionatamente alle disposizioni
più o meno perfette in cui ci troviamo.
Dopo quanto siamo venuti dicendo è facile notare come il S. Cuore di Gesù ha
la più grande parte nel sacrificio della Messa. Egli ne è il sacerdote
principale, l’altare, la vittima. O Cuore sacerdotale di Gesù, quanto siete
degno di amore e di riconoscenza!
Preghiera e risoluzione.
O Cuore
divino di Gesù, per onorare la vostra vita d’immolazione nel S. Sacrificio
della Messa, io rinnovo l’offerta di tutto me stesso a Voi. Vi dono il mio
intelletto perché impari una buona volta a conoscere Voi e Voi solo; la mia
memoria perché non si ricordi che di Voi e dei vostri benefizi; la mia
volontà onde non tenda che a Voi e Voi unicamente ami; il mio corpo perché
abbiate a sacrificarlo ed a santificarlo negli ardori del vostro divin
Cuore.
Tutto vi siete dato a me, o Gesù mio, e sacrificato per me, dono e
sacrificio che ogni giorno rinnovate sui vostri altari, ed io propongo oggi
di voler essere tutto vostro per la vita e per la morte. Così sia.
II.
La Santa Messa
(Continuazione)
I.
—
Frutti del divin
sacrificio .
I
frutti del divino sacrificio si distinguono in generale, speciale,
specialissimo e medio. Essendo la Santa Messa atto di culto sociale, in
quanto è latreutico ed eucaristico, dà, a nome di tutti, gloria e grazia a
Dio; in quanto è impetratorio e propiziatorio diffonde sopra tutti i tesori
della liberalità e misericordia di Dio. Ecco il
frutto generale.
Ma,
come in una stanza ove arde un bel fuoco,
sebbene tutti risentano i benefici del calore, in modo particolare li
esperimentano però quelli che sono più Vicini al focolare, così in modo
particolare, risentono il frutto della Santa Messa gli astanti, coloro che
di persona assistono al sacrificio Esco il
frutto speciale.
Inoltre, tra i presenti al
sacrificio, ha una ragione peculiare di vicinanza ad esso, anzi quasi direi
di padronanza, il celebrante, che pertanto deve dalla Messa medesima trarre
un frutto particolare. Ecco il
frutto specialissimo.
Infine, il sacerdote celebrante,
come essere ragionevole e libero, può, con la sua intenzione, far convergere
l‘azione grande che va compiendo, verso l’una o l’altra persona determinata,
la quale per ciò viene a legarsi più strettamente che non fanno gli altri
fedeli. Da questo fatto, detto comunemente applicazione della Messa, l’uomo,
per cui la Messa viene applicata non può non percepire un frutto di essa
distinto dagli altri. Ecco il frutto della Messa detto
frutto medio.
Chiediamo un poco ora a noi
medesimi: quante volte abbiamo posto mente a questa prodigiosa fecondità
della S. Messa? Riconosciamo che molto spesso forse, e, diciamo pure senza
forse, ben poco ci siamo industriati per assicurarci vantaggi così salutari.
Per l’innanzi non sia più così, affinché il buon Gesù non abbia a ripetere
nei riguardi nostri: quae utilitas
in sanguine meo?
II.
—
La mirabile sostituzione che il
Sacro Cuore fa di
noi in Lui.
Il
Sacro Cuore di Gesù, al momento del S. Sacrificio vede le nostre
disposizioni, le nostre preghiere, i
nostri voti, le nostre suppliche, i nostri desideri e si sostituisce a noi
per chiedere a Dio ciò che bramiamo, se ciò è veramente utile per il bene
delle anime nostre. Domanda, sollecita le grazie che noi imploriamo, quasi
fossero per Lui. Lo stesso dicasi dei ringraziamenti, delle adorazioni che
noi facciamo. Ei li ripete, se li appropria e li rende di valore infinito.
In tal modo il Cuore Eucaristico di Gesù viene a compiere un’altra specie di
transubstanziazione; cambia in vino d’amore l’acqua delle nostre
disposizioni imperfette.
Ah! quanto infelici sono coloro che assistono alla Messa con un’attenzione
distratta, con desideri mondani, talvolta peccaminosi. Non si verifica
allora nessuna mutazione per essi, di modo che tali disgraziati escono senza
vantaggio alcuno da quella chiesa in cui il S. Cuore di Gesù li aspettava
per ricolmarli di grazie.
La preghiera, l’azione di grazia, l’atto di amore, di riparazione e
l’adorazione che il Sacro Cuore di Gesù fa in nostro nome sono sempre
accetti alla Maestà divina, non già in quanto derivano da noi che siam nulla
di nulla, ma in quanto provengono dal Cuore stesso di Colui nel quale il
Padre ha riposto tutte le sue compiacenze.
E’il gran mistero della mediazione, l’atto sacerdotale del Sacro Cuore di
Gesù, pel quale le nostre azioni fatte in istato di grazia, le nostre
intenzioni ed i nostri affetti divengono suoi, a seconda tuttavia del grado
d’unione che noi abbiamo con Lui.
Ah! apportiamo al S. Sacrificio un solo desiderio, quello cioè di amare il
Sacro Cuore di Gesù, d‘immolarci con Lui, di vivere della sua vita e
unicamente per suo amore, e saremo sempre esauditi.
III.
-
La cooperazione del sacerdote.
Il
quarto elemento del Sacrificio è la cooperazione del sacerdote; giacché
s’egli non pronunzia le parole della consacrazione, se non ha l’intenzione
di celebrare, il sacrificio diventa impossibile.
Gesù Cristo è in verità il sacerdote principale, come è la vera vittima, ma
Ei associa in modo particolare il prete alla propria azione sacerdotale, e
se lo fa cooperatore in guisa che, se quest’ultimo venisse a mancare, il più
grande e il più fecondo dei misteri non potrebbe aver luogo.
A completare quanto riguarda il S. Sacrificio, giova fermare brevemente la
nostra considerazione anche sui vantaggi immensi che da esso derivano. Ed
anzitutto procura ex opere operato, ossia, astrazione fatta dai
meriti del celebrante, per Iddio una
gloria infinita, e per la Chiesa un bene incalcolabile.
Questo vantaggio è sì grande che, paragonati con esso, son niente i meriti
della Vergine, degli Angeli, dei Santi.
Nei riguardi poi del sacerdote che celebra, dei fedeli pei quali il
sacrificio è applicato e di quelli che assistono, giova notare che la S.
Messa produce anche quoad se
l’effetto impetratorio, e
propiziatorio, ma siccome questo duplice effetto coimplica i rapporti tra
Dio e la creatura, e la creatura può resistere, così non sempre
quoad nos
il S. Sacrificio opera infallibilmente
l’effetto impetratorio e propiziatorio; e, anche operandolo, lo comunica a
noi in proporzione delle nostre disposizioni. Per assicurarsi la fruizione
di questi effetti della Messa, giova molto l’intrecciare alla celebrazione
del sacrificio eucaristico l’invocazione dei Santi, come quelli che, santi,
ci invitano con la loro virtù al bene, e, amici di Dio, con il loro
intervento, in qualche modo suppliscono alla nostra indegnità.
Ci sia di stimolo ad entrare nelle disposizioni volute per beneficiare di
tutta la efficacia della Messa il desiderio sincero di rendere al Sacro
Cuore di Gesù, mediante il santo Sacrificio, la maggior gloria possibile e
il più grande amore che tributar gli si possa.
Preghiera e risoluzione.
O
Cuore dolcissimo di Gesù, lo spirito della Santa Messa deve essere quello
che avviva la mia vita. Mi sia concesso di unirmi alle disposizioni Vostre
nell ‘Eucaristia, così intimamente come le gocce d’acqua si mescolano al
vino del sacrificio. A ciò voglio tendere, ed a ciò voglio giungere con
efficace volontà, con l’aiuto della grazia Vostra, o Vittima adorabile.
III.
Umiliazioni e mistiche angosce del Cuore Eucaristico di Gesù.
Chi
potrebbe scoprire un Dio sotto gli umili veli eucaristici che lo nascondono
e lo celano?La sola fede è in grado di farci penetrare i misteri dei suoi
incomprensibili abbassamenti e rintracciare le angosce che vi ritrova.
I.
—
Le umiliazioni eucaristiche.
Le
meschine specie del pane mi occultano un Dio! Ei potrebbe far pompa della
sua onnipotenza, manifestare la gloria, mostrare la Sua sovranità, e, con
questi ripieghi, parrebbe almeno agli
occhi del mondo, potrebbe farsi più facilmente riconoscere, farsi rispettare
dagli uomini e conquiderne più agevolmente le anime; ma non lo fa
!...
L’opera del Padre suo la vuol attuare e
compiere in mezzo ai disprezzi, agli obbrobri, agli avvilimenti, tra le
tacite pareti d’un angusto tabernacolo, non rare volte squallido, misero e
sudicio. Ivi nulla traspare di quanto potrebbe procurargli onore, nessun
indizio traluce della sua divinità, dalla sua sapienza, della sua maestà,
della sua regalità.
O virtù sublime, o profonda umiltà che incateni Gesù sotto sì frali
apparenze, radicati ognor più nel cuore di chi ti predilige, fa che tutti
gli uomini conoscano le celestiali delizie che racchiudi in te.
Uniamoci agli annientamenti di Gesù, la sola vittima degna di Dio e capace
di rendergli la gloria che gli si addice.
II.
—
Come si deve prender
parte
alle umiliazioni eucaristiche.
L’anima che vuol far tesoro dei sublimi insegnamenti del Cuore eucaristico
di Gesù ed offrirgli se stessa quale ostia di riparazione e di
propiziazione, deve partecipare agli annientamenti eucaristici. Si riconosca
per un essere degno di noncuranza e disprezzo e non rifugga dalle
umiliazioni.
Gesù nell’augusto Sacramento si eclissa sotto le specie più comuni e si
offre in cibo alle anime. Può ritrovarsi un più profondo
abbassamento, può forse riscontrarsi un esempio migliore della più sincera
umiltà? Non è la necessità; è il suo Cuore divino che liberamente elegge
tanta umiliazione, tanta viltà, e ciò a nostro ammaestramento. Intendiamo
una buona volta che la superbia, la vana stima di noi stessi, il naturale
nostro orgoglio, sono il più grande nostro nemico. Di fronte a questo
annichilimento d’un Dio, sbarazziamoci da ogni inganno, da ogni illusione.
III.
Le mistiche angosce eucaristiche.
Nostro
Signore non soffre nell’Eucaristia, essendo divenuto impassibile dopo la sua
risurrezione. Ei si mostrò nondimeno talvolta sotto le sembianze della
sofferenza. Apparve a S. Margherita Maria tutto coperto di piaghe. « Un
giorno, dice la santa, il mio Salvatore si presentò a me come un Ecce
homo, tutto piagato e sfigurato,
dicendomi: cinque anime consacrate al mio servizio mi han ridotto così col
comunicarsi senza fervore
».
Ed il buon Maestro le chiedeva di
baciare le sue piaghe per raddolcire il suo dolore. Ciò significa che le
offese, i peccati che si commettono
contro di Lui sono tali che farebbero sanguinare quel Cuore amantissimo,
qualora fosse ancor capace di soffrire, come per altro faceva notare S.
Paolo (Hebr. VI. 6).
Gli amici dell’Augusto Prigioniero d’amore debbono in qualche guisa provare
le sofferenze alle quali Egli non può più andare soggetto. La vista e la
meditazione delle mistiche angosce di Gesù-Ostia sono quanto mai opportune
per mantenerli costanti nella prova, nella croce.
Queste angosce eucaristiche, Gesù le ha realmente sofferte nel Getsemani,
ove previde tutte le sconoscenze, gli insulti che in tutti i tempi, e nei
nostri in modo speciale, si sarebbero rivolti contro di Lui: vide questo
pauroso mistero di iniquità e di ingratitudine levarsi contro i Misteri più
sublimi dell ‘amor suo: questa vista gli procurò spasimi, angosce, agonie
mortali specialmente nell’ora del martirio del Cuor suo nel giardino del
Getsemani. Le nostre riparazioni gli vennero allora presentate dall’Angelo
nel calice della consolazione. Oh! ricolmiamo questo calice delle nostre
lacrime, dei nostri pentimenti, delle nostre immolazioni! Possa il buon
Maestro trovar tregua ai suoi dolori nel nostro cuore e rintracciarvi
un’umiltà, una purezza, un amore atti a consolarlo!
Gesù
sconosciuto nel S. Sacramento, Gesù toccato da mani profane e posto in cuori
sacrileghi, non sono queste considerazioni idonee forse a risvegliare in noi
atti di compassione, di riparazione, d’ammenda verso di Lui?
Rinnoviamo il nostro fervore per tutti gli esercizi eucaristici, la S.
Messa, la Comunione, la visita al Ss. mo Sacramento.
E’ sotto i veli eucaristici che Gesù vuole esser amato in modo particolare
da noi. «Ho sete, diceva a S. Margherita Maria, ma di una sete sì ardente
d’essere amato dagli uomini nel Ss. mo Sacramento; questa sete mi consuma, e
non trovo chi si sforzi, come io desidero, di dissetarmi, col rendere
qualche corrispondenza al mio amore
».
Riso1uzione e Preghiera.
O mio
divin Maestro, voglio richiamare spesso alla mia mente i vostri
incomprensibili abbassamenti eucaristici, ritrovare nelle considerazioni
frequenti di essi forza e costanza per combattere il mio orgoglio e la mia
segreta vanità. Benedite questo mio proposito e ricevetelo come omaggio e
riparazione all’amor vostro disprezzato dagli uomini nel più augusto dei
Sacramenti.
IV.
Povertà Eucaristica
I.
—
Povortà esterna.
La
povertà eucaristica venne spinta agli estremi limiti del possibile dalla
Vittima santa dei nostri altari!
E’ certo che noi mettiamo a disposizione dell’Ostia divina anche pisside e
calici d’oro, tabernacoli preziosi, ma tutto ciò resta fuori di Lui, tutto
ciò gli è estraneo. Non ha scelto per sé che le apparenze più fragili e più
comuni. « Gesù nella S. Eucaristia, scrive S. Margherita Maria, si è fatto
povero. Vi si trova in un tale spogliamento di tutto, da mettersi in stato
di ricevere dalle sue creature tutto ciò che vorranno dargli
».
Egli potea far precetto nella
cristianità, che l’oro e le gemme più belle si tributassero ai suoi
tabernacoli, come già nel tempio antico, che Iddio si fece fare da Salomone.
Ma in ciò, quantunque non ignorasse lo scapito che ne sarebbe derivato al
proprio decoro ed alla propria maestà, preferì abbandonarsi all’arbitrio
degli uomini, fossero pure i più avari.
Come è sublime e ricca di salutari ammaestramenti la povertà eucaristica!
Fosse più conosciuta e più apprezzata!
II
.—
Povertà interna.
La
povertà esterna apre una bella via a quella interna che è l’essenza della
virtù della povertà. Gesù ha praticata la povertà interna con la perfezione
che Egli solo è capace di raggiungere, perché è in Lui che Dio ha regnato
pienamente. Il Regno di Dio non si stabilisce che nel vero povero, che è
spoglio di se stesso e delle creature, che muore incessantemente a tutte le
cose sensibili, che vive solo dello spirito di Dio, che nulla cerca
all’infuori di Lui e dimora nella propria impotenza e dipendenza. Il vero
povero d’una sola cosa si preoccupa: di arrivare al puro amore. Non è questo
un riflesso del Cuore di Gesù? Un povero religioso ha tuttora qualche
preoccupazione circa il vestito, il vitto ed il suo cuore se ne dà pensiero;
Gesù-Eucaristia invece non si prende pena alcuna dei veli che lo avvolgono,
valgono sì poco agli occhi suoi!
O adorabile Gesù! unico e solo povero in cui Iddio abbia regnato pienamente
senza incontrare opposizioni di sorta, chi potrebbe comprendere il prodigio
della vostra povertà eucaristica?
Questa povertà unica nel suo genere procura una gloria infinita al Vostro
Etemo Padre.
O felice povertà! Sia benedetto il giorno in cui noi, spogli completamente
di ogni terrestre preoccupazione, potremo arricchirci di Nostro Signore, del
suo Cuore Divino, e farlo vivere e regnare nei nostri cuori
III.
—
Applicazioni.
La
povertà eucaristica di Gesù non offre come la sua povertà di Nazaret un
esempio sensibile e facile ad imitarsi, ma insinua quello spirito di povertà
che troverà la sua attuazione nella nostra vita, a seconda della vocazione
di ciascuno.
A noi spetta ricercare quel grado di povertà, anche esterna, che la volontà
divina vuole da noi; e se la nostra condizione di vita non richiede la
pratica della rigorosa povertà esterna, rimane però sempre da osservarsi la
povertà spirituale, il distacco, che è oggetto della prima delle Beatitudini
promulgate da N. Signore. « Beati i poveri di spirito, perché di questi è il
regno dei cieli
».
Resta ancora da praticarsi la povertà
interna, il distacco da noi stessi, dalla nostra volontà, dall’amor proprio,
l’abbandono di tutto noi stessi a N. Signore, al suo beneplacito, alle sue
direttive, manifestantisi per il tramite della Divina Provvidenza.
S. Margherita Maria ci assicura che
l’anima più spoglia e distaccata da tutto possiederà viemmeglio il Cuore di
Gesù e troverà in lui la pace e la felicità.
Risoluzione e preghiera.
Cuore
amabilissimo di Gesù, possa io imitare i sublimi insegnamenti che
continuamente m’impartite dalla vostra prigione d’amore, e diventare alla
vostra sequela povero di quella povertà che fa ricchi di Dio.
V.
Obbedienza Eucaristica
I.
—
Obbedienza perfetta di Gesù nella
Eucaristia.
Gesù
obbedisce a tutti i Sacerdoti, senza eccezione di sorta, senza guardare se
sian buoni o cattivi, e da essi lasciasi porre ove più loro aggrada, sia
pure in un cuore profano e contaminato dall‘alito del demonio. Non ricusa
nemmeno di lasciarsi collocare vicino al suo più implacabile nemico, perché
ha una legge inviolabile davanti agli occhi: l’obbedienza all’eterno suo
Padre.
«
... ut faciam volutatem ejus
qui misit me » (S. Giov. IV, 34). In questa
obbedienza Ei trova il suo cibo, il suo riposo, la sua beatitudine, la sua
gloria, la sua vita.
Gesù-Eucaristia non ha più vita propria di quella che ha un morto.
L’obbedienza ne è l’unico movimento, quell’obbedienza che procura a Dio una
lode infinita. Oh, che esempio! Gesù non ha vita che per l’impulso del Padre
suo. La sudditanza che Egli usa è tanto perfetta quant’è infinito l’amore
che ha per Lui. Non vive che in Dio, non pone un sol atto, che esca dalla
cerchia di questa assoluta dipendenza...
Anche quando si mette a nostra disposizione, anche quando obbedisce agli
uomini, non fa che assecondare i voleri del Padre suo, il quale l’ha mandato
appunto per attuare la redenzione di essi, ed al quale per altro aveva
promesso di comunicarsi a noi. A patto veruno smentisce la sua parola Noi
pure quando assecondiamo i nostri superiori ubbidiamo a Dio, perché da Lui
ci vien imposta la sottomissione e la docilità ai comandi di chi è preposto
al nostro governo, quand‘anche fosse uomo che ha qualità inferiori a quelle
possedute da noi, un uomo dappoco, inetto, scapestrato magari, etiam
disculis.
II.
—
L’obbedienza a Gesù
-
Eucaristia glorifica il Padre
Celeste e ci merita le grazie.
Quale
gloria Gesù rende a Dio, e quale compiacenza Dio trova in questo diletto
Figlio, nel vederlo in una attitudine sì umile, ed annichilito! Egli ha
presa la forma di schiavo, un Dio! Che sublime esempio! Gesù mio, chi
non vorrebbe imitarvi, per l’onore del Padre vostro e la consolazione del
vostro Cuore, vittima d’obbedienza?
Perché l’obbedienza sia perfetta e veramente redentrice deve scaturire dal
cuore; essa deve avere per principio l’amore. Davide non ci mostra forse il
Redentore recante nel mondo la volontà di Dio scolpita nel cuore? (Ps. 39).
Noi abbiamo un sicuro indizio della perfezione di un’anima quando possiamo
rilevare che essa è
talmente morta alla propria volontà da
pretendere o desiderare di compiere non ciò che essa vorrebbe, ma ciò che
vogliono coloro che hanno su di essa autorità, O Gesù, chi ci darà delle
anime veramente morte a se stesse, per continuare il vostro sacrificio del
Calvario e dell’Eucaristia?
III.
—
La pratica dell’obbedienza.
Gesù
non riceve altro impulso all’infuori di quello che gli deriva dal celeste
Padre. « Io non faccio la mia volontà, diceva, ma quella del Padre mio
». A nostra volta non dobbiamo avere
altro movente che non sia lo spirito di Gesù. Ei deve essere il nostro
pensiero, la nostra parola, la nostra azione, il nostro movimento, la nostra
anima, la nostra vita.
Non son più io che vivo, dobbiamo poter dire, ma è
Gesù, il suo spirito, il suo cuore
che vive in me.
Obbedienza totale a Dio, dipendenza da lui solo; che estensione e che
profondità in queste due parole! La mia anima è chiamata ad appropriarsi
questo campo vasto, a vivervi, a scomparirvi sotto la guida di Gesù e del
suo divino Spirito. Gesù nel tabernacolo è come annientato sotto i veli che
lo nascondono: l’anima vittima non ha altro modello da seguire.
Io avrò sempre questo esemplare sotto gli occhi; amerò l’obbedienza come
l’ha amata Gesù, vivrò in essa senza restrizione di sorta. Voglio stabilire
un patto in questo senso con tutta la mia vita personale, con tutti gli atti
della mia volontà ed apprezzamenti naturali. Voglio dare un addio alle opere
ed ai desideri del vecchio Adamo che avanza sempre pretese e vuol governare.
L’obbedienza a Dio è la vita di Dio in noi, in altre parole è il trionfo di
Dio sulle nostre
povere facoltà. « L’anima più obbediente,
diceva S. Margherita Maria, farà trionfare il S. Cuore». E com‘era
obbediente quest’anima sì santa!
Con quale trasporto parlava di questa virtù! « Per ciò che riguarda
l’interno, scriveva, obbedirete fedelmente ai movimenti della grazia... per
ciò che riguarda l'esterno, obbedirete amorosamente a coloro che hanno la
potestà di comandarvi, pensando a queste parole: Gesù s’è fatto obbediente,
ed obbediente sino alla morte: le vostre obbedienze siano compiute per
onorare quelle di Gesù nell’Eucaristia. Se voi sarete fedeli a far sempre la
volontà di Dio nel tempo, vi sarà dato di assecondare la vostra nella beata
eternità
».
« In verità, scrive ancora, mi sembra
che tutta la felicità di un'anima consista nel rendersi conforme alla santa
volontà di Dio. E’ in ciò che il nostro cuore trova la sua pace, il nostro
spirito la sua gioia ed il suo riposo, poiché colui che aderisce a Dio
diventa una stessa cosa con lui. Credo poi che questo sia l’unico mezzo per
fare la nostra volontà; giacché la sua amorosa bontà si compiace di appagare
quella che non gli oppone resistenza alcuna
».
(Lettera XX alla M. di Sourdeilles).
Preghiera e risoluzione.
Mio
Dio, benedite e rendete feconde queste mie risoluzioni!
Io voglio con fermezza, voglio malgrado tutto, immolare sull’altare del
vostro Cuore tutta la mia vita naturale con la sua volontà e libertà.
Mi assecondi la vostra grazia.
VI.
Il Cuore Sacerdotale di Gesù
Gesù è
sacerdote. Nel salmo 109, Davide dice: <<Tu sei sacerdote per l’eternità,
secondo l’ordine di Melchisedech >>.
Dal momento che una persona divina si
incarnava, essa dovea innanzi tutto esser il sacrdote di Dio, perché la
glorificazione del nome divino è il fine essenziale delle opere divine, e
perché un Dio che si fa uomo deve essere il capo della religione di ogni
creatura.
Gesù è sacerdote, ma noi vedremo che nel suo sacerdozio noi dobbiamo
soprattutto considerare il suo Cuore.
I.
E’ per mezzo del suo Cuore che Gesù esercita principalmente il suo
sacerdozio.
E’ il
suo amore, infatti, che l’ispira e lo guida nella sua immolazione per la
gloria del Padre suo e per la nostra salvezza.
La Chiesa ce lo ricorda nelle sante liturgie. Nell’inno del tempo pasquale,
ad regias ogni dapes, ci mostra l’amore sacerdotale, ossia il
cuore sacerdotale di Gesù che offre il sacrificio di redenzione. << E’ la
carità, è l’amore-prete, che ha versato il sangue ed immolato la carne del
divino agnello sulla croce>>.
La vita di Gesù fu tutta un sacrificio d’amore. Ha scelto la povertà ed il
lavoro, per la sua vita nascosta; le fatiche i disprezzi e le contradizioni
per la sua vita pubblica.
« Poiché amava i suoi, li amò sino alla fine » (S. Giov. 13). Non rifuggì
dai suoi nemici, si abbandonò nelle mani dei persecutori, dei carnefici, di
Giuda che lo dovea tradire, dei Sacerdoti e di Pilato che lo avrebbero
condannato, dei soldati dai quali sarebbe stato flagellato, insultato e
crocifisso « E ciò perché il mondo sia testimonio dell’amore che ho pel
Padre mio » (San Giov. 14). Anche S. Paolo ci additò nell’amore la fonte del
sacrificio redentore.
« Egli
mi ha amato e si è sacrificato per me » (Gal. 2).
Nostro Signore disse pure: «La prova più grande d’amore, non è forse quella
di dare la propria vita per chi si ama? » (San Giov. 15).
E’ veramente pel suo Cuore che Gesù ha soprattutto esercitato il suo
sacerdozio.
II.
Il Cuore sacerdotale di Gesù è l’organo d’un culto perfetto d’amore e di
riparazione verso il Padre celeste.
La
lode infinita che questo Verbo personifica nell’eternità, ei l’ha portata
con sé nel mondo. A questa lode eterna si aggiunse l’adorazione, l’azione di
grazie, la preghiera dell’umanità che Egli si è assunta. Essendo poi il
Cristo, benché puro e perfetto in se stesso, il capo del genere umano
decaduto, offrirà al Padre suo pure un sacrifizio d’espiazione per ripararne
la gloria oltraggiata! E quale vittima offrirà egli al Padre Suo? Una
vittima di valore infinito, una vittima divina, perché essa sola può
riparare adeguatamente tanta offesa. Il Cuore di Gesù sacrificherà pertanto
se medesimo, Ei sarà sacerdote e vittima. Si immolerà in ostia d’amore, di
ringraziamento, di riparazione e d’impetrazione. S’immolerà morendo d’amore,
dando la sua vita, nel tempo stesso in cui i suoi carnefici si sarebbero
sforzati di sottrargliela. «Io do la vita mia... Nessuno me la toglie, ma io
da me stesso la do » (S. Giov. 10).
III.
E’ anche per amor nostro che
il Cuore sacerdotale di Gesù ha offerto il suo sacrificio.
Sì,
l’ha offerto per riscattarci, e per conquidere i nostri cuori ha voluto
redimerci con un riscatto così cruento.
Voi avete di certo previsto, o Gesù, che non sarebbe bastato per commuovere
i nostri cuori sì impietriti, di significarci il vostro amore e di
mostrarcelo attraverso le umiliazioni, per cui vi siete detto: « Io
manifesterò ad essi il mio amore con un linguaggio la cui forza li
intenerirà. Dopo una vita di infermità, di fatiche, di avvilimenti, di
sofferenze, morirò, io, Figlio di Dio, su di una croce».
Non basta ancora, o Signore; per
sciogliere i nostri gelidi cuori, avete voluto per di più moltiplicare su
tutta la terra e rendere perpetuo il vostro sacrificio.
Vittima offerta ed accettata sin dal primo istante della vostra concezione,
siete rimasto sacerdote e vittima per l’eternità,
in aeternum!
Voi l’eravate a Nazaret, al
Calvario, e lo siete in cielo, ove gli
angeli ed i santi Vi adorano come agnello immacolato.
Ogni cristiano deve essere in data misura sacerdote e vittima; ogni
sacerdote della nuova legge deve avere un cuore di sacerdote e di vittima
come l’ebbe Gesù.
Preghiera e risoluzione.
O
Gesù, sacerdote e vittima, comunicatemi l vostra grazia, rendetemi simile a
Voi. Il vostro cuore di sacerdote interceda per me, mi benedica, mi consoli,
mi guidi e mi conceda di potere anch’io, a mia volta, immolare il cuore che
mi batte in petto, e iminolarlo senza riserva per voi!
VII.
Il Sacerdozio della nuova legge è
scaturito dal Cuore di Gesù.
Sino
al Giovedì Santo la pienezza del sacerdozio eterno rimase concentrata in N.
S. Gesù Cristo, dal cui Cuore divino il cielo ha visto scaturire, in quel
giorno, un duplice fiume d’amore e di vita: il sacerdozio e l’Eucaristia,
fiume che avrebbe sparso le sue divine acque su tutta la Chiesa di Dio per
vivificarla, rigenerarla, santificarla.
I.
Presenza mistica di N. Signore nel sacerdote.
In quel
giorno vennero costituite quaggiù due presenze di
Gesù:
la presenza fisica della sua carne e del sangue in milioni di tabernacoli e
la presenza morale del sacerdozio in milioni d’anime elette.
La presenza sacerdotale di Gesù ha per fine, prima di tutto, di produrre e
di rivelare la sua presenza eucaristica. N. Signore s’unisce moralmente al
sacerdote ed abita in lui per la sua grazia, onde renderlo capace di
rivelare al mondo i secreti della vita Eucaristica.
Dio segue nella Chiesa una condotta simile a quella che ha usata nella
creazione.
Dopo l’opera dei sei giorni, lo si direbbe ritirato; si vela e lascia alle
creature la
cura di trasmettere il movimento, l’attività la vita...
Così
N. Signore, dopo aver istituito la Eucaristia, costituito il sacerdozio
della Chiesa, si ritira in cielo, e con l’Ascensione si nasconde. La terra
non lo rivedrà più se non alla fine dei secoli; e, s’ei dimorerà con noi, lo
farà in modo invisibile, velato,
benché reale. Ai suoi sacerdoti ha lasciato l’incarico di consacrarlo,
rivelarlo, distribuirlo, d’esser i propagatori della sua luce, del suo
amore, della sua vita.
La
provvidenza rischiara, riscalda, vivifica la natura, soprattutto con il
sole. Il sacerdozio è il sole soprannaturale di cui si serve Gesù, per
illuminare, vivificare, divinizzare le anime! I sacerdoti sono i propagatori
di Dio nell’anima. (Sauvè: Jésus intime).
II.
Esercizio del sacerdozio.
una
delle più funeste illusioni si è di scordare nell’osservare la natura, Dio
che si nasconde dietro di essa come sotto un velo trasparente.
Del pari l’azione universale, continua, infaticabile del divin sacerdozio
che si dissimula sotto l’azione del ministro di Dio, sotto i sacramenti e
gli altri mezzi di santificazione vien dimenticata.
N. Signore agisce molto per sé stesso; nessun’anima sfugge alla sua azione,
ma Ei opra pur molto a mezzo del sacerdote.
Nasconde la sua divina influenza nella parola sacerdotale, nei sacramenti
che il sacerdote amministra, nelle sacre Scritture e negli esempi dei santi
che il sacerdote spiega ai fedeli.
Il
sacerdote lotta contro l'errore e il male. Che sarebbe della terra se non ci
fosse la luce del sacerdozio e la sua azione che si oppongono ovunque al
dominio ed ai cattivi istinti della natura! Quante illusioni, quanti errori
dissipa, quanti peccati previene!
Ma le
grazie positive ch'ei diffonde son assai più meravigliose ancora.
Nella
persona del prete è il sacerdozio di Gesù Cristo che battezza, che assolve,
che consacra, che benedice gli sposi e benedice le vergini. E' il sacerdozio
di Gesù Cristo che porta la fede ai barbari: è lui finalmente che, per santo
sacrificio, onora Dio, rallegra gli Angeli, edifica la Chiesa, aiuta i vivi
e procura riposo ai defunti.
III.
I sacerdoti sono come il cuore della Chiesa.
La
grazia sacerdotale fa si che i preti diventino come il cuore della Chiesa,
l'organo più intimo e più influente di Gesù, il principale movente che
diffonde ovunque la vita. E' duopo che anche il sacerdote dal canto suo
faccia in modo d'esser il cuore della Chiesa, con le proprie virtù, con la
pietà, fervore e zelo.
Il
sacerdozio si perpetua in cielo. Saranno i preti lassù ancor associati
all'azione sacerdotale del Cristo e guideranno i cori dei santi? Non lo
sappiamo. Ma, se essi furun fedeli sulla terra, vi esprimenteranno più
d'ogni altro l'azione del sacerdozio d'amore del Cristo, lassù saranno come
il cuore della Chiesa trionfante. (Sauvé; Jésus intime).
Rallegrati, o sacerdote! Esclama S. Caterina da Siena, prega, lavora, soffri
con coraggio. Quant'è bella la tua corona! Come sarai amato, e come amerai
in cielo! (Dial. 131).
Risoluzione e preghiera.
Non
voglio, o Gesù, dimenticare più oltre la presenza morale del vostro
sacerdozio nei vostri ministri. Tale ricordo che mi studierò di mantenere
sempre vivo in me sia d'incitamento al rispetto del prete e di sprone ad
assencondarlo nella sua missione di pace e di amore. Voglio, o Gesù, questa
grazia; accordatemela e ve ne sarò eternamente riconoscente.
MISTERO D’ INGRATITUDINE
PER PARTE DEGLI UOMINI
I.
Lo Scisma
S.
Paolo dice che nella notte medesima in cui N. Signore istituì il sacramento
dei nostri altari tra gli amici del Salvatore vi fu chi lo tradì accanto ad
altri che lo abbandonarono vilmente. D’allora in poi il grande prodigio
d‘amore scaturito dal Cuore di Gesù si perpetuò tra una serie di tradimenti
e rinnegazioni da un lato, ed una riprovevole negligenza, indifferenza,
dimenticanza dall‘altro.
Il Sacramento d‘amore incontrò sempre sul suo cammino disprezzo e freddezza
e talvolta i furori d’un odio diabolico. E’ questo un contrasto assai
raccapricciante, doloroso di cui dobbiamo renderci conto.
Facciamo quindi dopo aver sin qui meditato l’eccesso d’amore del S. Cuore di
Gesù, a considerare l‘eccesso della malizia umana; ciò, se non altro,
servirà non poco a farci comprendere la necessità di essere delle anime
riparatrici.
I.
N. Signore chiede una riparazione speciale per certi oltraggi.
Gli
oltraggi che si recano alla santa Eucaristia è uno dei motivi su cui N.
Signore ha maggiormente insistito presso S. Margherita Maria, allorché le
chiese l’istituzione della festa e la propagazione della divozione al S.
Cuore.
I nostri tabernacoli sono trasformati in altrettanti Getsemani.
Molti insultano l’Ostia Divina ed il flusso d’un’onda limacciosa di profondi
disprezzi, di nere ingratitudini si dirige verso il Cuore adorabile che vi
palpita, verso quel Cuore che non vive se non per le sue creature e che
discende ogni giorno sui sacri altari per portare ad esse il cielo. Tutto
ciò addolora Gesù ma ciò che maggiormente Lo disgusta è la freddezza e la
indifferenza che incontra talvolta anche in anime a Lui consacrate. La loro
ingratitudine è la ferita sempre aperta, sempre sanguinante del Cuore divino
di N. Signore.
Pensiamo spesso a questa sofferenza intima del Salvatore, profondamente
convinti che se riusciremo a consolare il Cuore Eucaristico di Gesù della
angoscia che gli deriva dai suoi amici, ci sarà anche più facile consolarlo
degli oltraggi che riceve dalle altre anime. E’ un discepolo, un apostolo,
Giuda, che ha inaugurato il tradimento nei riguardi del Cuore del suo Dio,
del suo amico, del suo fratello; egli aveva forse ancora le labbra
rosseggianti del Sangue divino e già pensava a tradire il suo maestro!
II.
Gli scismi fanno
soffrire
N. Signore.
Gli
scismi dell’Oriente continuano in certa misura la loro opera tenebrosa. Non
poche anime vi si posson trovare in buona fede, ma che dire di coloro che li
hanno incominciati e di quelli che intravedendo la luce, non hanno il
coraggio di lasciare l’errore?
Quante offese ne risulta per
Gesù-Ostia! I preti di quelle chiese scismatiche sono veramente sacerdoti.
Essi consacrano senza dubbio il Corpo ed il Sangue di Cristo. N. Signore
è
il loro prigioniero, e come il loro
schiavo. Si è esposto a ciò per potere visitare le anime di buona volontà
che pur si trovano in mezzo a quel gregge errante e comunicarsi ad esse.
I
preti dell’Oriente consacrano, ma non hanno gran rispetto per l’Eucaristia,
allorché la conservano. La loro divoziorie un po'
superstiziosa va piuttosto alle
immagini
che essi onorano. I popoli si
comunicano, ma che valore può avere il più delle volte la loro comunione,
avendo una fede incompleta? Professano persino delle false dottrine intorno
ai sacramenti, non confessano le loro colpe interne. Che comunioni, che
messe! Come mai N. Signore ha potuto esporsi a tutti questi oltraggi? Devesi
veramente dire che ci ha amato a dismisura.
Tutte le anime che sono separate dal Vicario di Gesù Cristo sono pure
separate dal Cristo, che è la pietra fondamentale della Chiesa.
Vi son dei gradi nella separazione dal Vicario di G. Cristo. Tutti coloro
che non gli obbediscono interamente s’allontanano da Cristo, e, senza essere
formalmente scismatici, attristano N. Signore. Se essi non imitano il
tradimento di Giuda, si mostran però fiacchi come gli altri discepoli,
s’allontanano come essi. Gesù-Ostia non deve trovar le sue compiacenze nel
discendere in cuori siffatti.
III.
Come
riparare per questo oltraggio
speciale.
Anzitutto con l’avere un amore smisurato ed un rispetto grande per
l’Eucaristia, e col tributarle un culto interno soprattutto, nutrendo
sentimenti d’amore e di compassione per Gesù-Ostia.
Dobbiam poi obbedire doeilmente al Vicario di Gesù Cristo.
Tutti gli scismatici difettano di semplicità, di umiltà, nutrendo una
fiducia orgogliosa nella propria coscienza e giudizio.
La divozione al Papa e la docilità a tutte le sue direttive deve esser il
carattere proprio di quelle anime che vogliono riparare le offese che
procurano al Cuore Eucaristico di Gesù quei ciechi erranti.
Non vi son forse delle salienti analogie fra il Papa e l’Eucaristia? Non è
N. Signore che ci governa a mezzo
del suo Vicario? Ei vive in lui mediante un’assistenza speciale.
Gesù
insegna, parla per mezzo del suo Vicario.
Egli ha detto agli apostoli: « Chi ascolta Voi, ascolta me, e chi disprezza
Voi, disprezza inc
».
Ciò devesi intendere anche del Papa,
al quale S. Pietro ha trasmesso la pienezza dell ‘autorità apostolica.
L’Eucaristia è Gesù che s’immola, Gesù
che dimora con noi, che si dà a noi, che ci
ascolta e ci consola.
Il Papa, è Gesù che ci dirige e ci ammaestra.
Nell’Eucaristia, vi è la presenza reale di Gesù; nel Papa vi è la sua
autorità ed il suo insegnamento con un‘assistenza speciale.
Risoluzione e Preghiera.
Ammiro, o mio buon Maestro, più che non comprendo, l’immensità dell’amore
per il quale date voi stesso agli scismatici. Oh! potessi consolarvi della
loro indifferenza e freddezza ed amarvi più di quanto essi vi offendono.
II.
L’ Eresia
L’eresia rinnega il S. Cuore di Gesù in qualcuno dei suoi attributi od in
qualcuna delle dottrine che Lo riguardano. Gli antichi eretici rendevano
impossibile la divozione al S. Cuore di Gesù. Ario negava la divinità del
Verbo ed il S. Cuore di Gesù è il cuore dal Verbo incarnato. Se si ammette
l’arianesmo, questo cuore non merita alcuna adorazione. Nestorio, ponendo la
duplice personalità, fa del S. Cuore il cuore d’un uomo. Eutiche,
confondendo le nature, distrugge la vita propria del Cuore di Gesù. Il
monotelismo negando la volontà umana, nega, per ciò stesso, l’amore umano
del S. Cuore.
Ma, veniamo alle tre grandi eresie moderne e fermiamoci sopra: il
protestantismo, il giansenismo, ed il liberalismo.
Il loro alito pestifero ha fatto soccombere un gran numero di anime; ne
risentiamo tutt’ora il fetore, e non rare volte, senza avvedercene, si va
soggetti ai suoi miasmi.
Quanti strali lanciati da questi fautori dell’eresia nuova contro la Chiesa
sono andati a colpire il S. Cuore di Gesù sin nel suo sacramento d’amore!
I.
—
Le
eresie
moderne: il protestantismo.
Il
protestantismo è il capolavoro del diavolo; esso assale il S. Cuore di Gesù
da tutte le parti: nella sua dottrina che rigetta; nella sua Chiesa di cui
vuol scalzare le fondamenta; nei sacramenti, intaccandone o la istituzione,
necessità e natura, od il numero, o l’efficacia, o l’amministrazione. E’ il
sacramento dell‘Eucaristia che essi prendono soprattutto di mira. Il diavolo
in persona insinua a Lutero l’abolizione della Messa; Calvino e Zuinglio si
scagliano contro il Signore che s’immola sull’altare o dimora nel
tabernacolo, come i Giudei si buttarono sull’Umanità santa di Gesù vivente
sulla terra per farne scempio. Vi è di più, un non so che di ributtante
nella sacrilega apostasia di questi eretici orgogliosi; l’amore che ci
dimostra il S. Cuore di Gesù li rende furibondi. Chi potrebbe dire le
profanazioni ed i sacrilegi di cui si rendono colpevoli verso il SS.mo
Sacramento dell’altare questi monaci, questi preti rinnegati?
Vi è ancora qualche cosa di più triste. La loro dottrina ha deposto nei
cuori degli incauti che si sono da essi lasciati abbindolare, un funesto
lievito, un germe di impenitenze. Coloro che negano i prodigi d’amore del S.
Cuore di Gesù verso di noi non tardano a dar esempio di uno smisurato
orgoglio. Questa è la causa delle difficoltà che si incontrano nella
conversione degli eretici e dei paesi infetti d’eresia. Ora, chi potrà mai
aver il trionfo su questo spirito infernale, se non la divozione al divin
Cuore di Gesù e lo spirito di riparazione di cui essa è satura? Soltanto
essa potrà far cadere nuovamente la rugiada delle celesti grazie su quei
cuori disseccati come il Sahara dal vento infocato d‘una inveterata
superbia.
II.
—
Il
giansenismo.
Il
giansenismo ha forse recato più danno del protestantismo. Quest ‘eresia che
affettava il rigorismo più smisurato, si proponeva come fine di annientare
la fiducia nei cuori dei fedeli e distoglierli dall‘accostarsi
all’Eucaristia, esagerando a tale scopo le disposizioni richieste per la S.
Comunione. Volevano uccidere l’amore a forza di rispetto esterno.
Contemporanei poi alla divozione del S. Cuore, i fautori di questa eresia
hanno lottato contro di essa con l‘accanimento che loro ispirava l‘inferno.
Ancor oggi sussistono i germi di questo spirito. Da quanti sacerdoti la vera
dottrina della Chiesa intorno alla Santa Eucaristia è stata sì a lungo
malamente conosciuta! La confidenza e quindi l’amore non esistevano più che
in un piccolo numero di anime, e la Santa Eucaristia veniva trascurata e
lasciata in abbandono. Come era possibile a cuori resi così gelidi
comprendere l’amore del Cuore Eucaristico di Gesù per noi? Anche ai nostri
giorni si trovano, purtroppo, cuori siffatti.
Ecco un campo aperto per le anime buone, una missione riparatrice delle più
feconde, delle più difficili che esse debbono intraprendere. Dobbiamo
struggerci di amore per il Cuore di Gesù, e una volta imbevuti di questa
dilezione piena di compassione per gli oltraggi dei figli ingrati, infedeli,
dobbiamo strappare dalle anime le spine della falsa dottrina e combattere
con la semplicità del nostro amore le astuzie di Satana.
III.
—
Il liberalismo.
Caterina Emmerich segnalava già in questa eresia contemporanea una
afflorescenza del protestantesimo e del giansenismo. Si figurava poi il
liberalismo come un fanciullo insolente, non avente per altro del fanciullo
che le apparenze esterne, unito in stretti rapporti con i nemici di Dio e
pieno di disprezzo per quanto sa di autorità divina od umana.
Non è lo spirito che aleggia a’ nostri giorni Vi son dei liberali cattolici,
per non parlar degli altri, che negano o attenuano il sopranaturale, e non
ammettono che con la bocca il S. Cuore di Gesù. Ne fanno un’astrazione
metafisica e rigettano soprattutto il cuore materiale sotto pretesto di
combattere l’amore sensibile, distruggendo l’amore stesso. Questi cuori
ulcerati d’orgoglio non possono comprendere che un’anima si inebbrii d’amore
pel S. Cuore di Gesù e che quest’amore sia più forte di tutte le follie
dell’amore umano e sensuale che essi, in fondo poi, portano in trionfo.
Un’altra dottrina di questa cattedra di pestilenze è la pretenzione ridicola
di metter insieme lo spirito del mondo con quello di Dio, Belial con Gesù
Cristo, le tenebre con la luce.
Quanta abbondanza d’amore tenero, ingenuo e pieno d’umiltà non occorre per
riparare questi oltraggi che si recano al Cuore di Gesù da coloro che si
credono suoi amici! Da che proviene, infatti, il languore sconfortante,
l’indifferenza smisurata nei riguardi del S. Cuore di N. Signore,
soprattutto nell’Eucaristia, se non dallo spirito mondano e liberale che ha
infettato un troppo grande numero di anime; non esclusi noi forse?
E’ per combattere questo fanciullo infernale, del quale parla Caterina
Emmerich, che noi vogliamo far uso dei mezzi indicati da quell’anima: un
amore ingenuo, ma forte e generoso nel tempo stesso: procurare che venga
impartita ai fanciulli l’istruzione cristiana in tutta la sua semplicità.
Preghiera e risoluzione.
Cuore
divino di Gesù, voglio vivere con semplicità e rettitudine ond’essere più
disposto a risarcirvi degli oltraggi che ricevete dagli eretici. Iradii
intorno a me la semplicità infantile che tanto piace a Voi e rende così
facile l’avvento del vostro regno nei nostri cuori. Non ricusatemi tanta
grazia!
III.
L’ingratitudine e l’oblio
L’eresia e lo scisma producono delle spietate ferite nel divin Cuore di
Gesù, ma che dire di quelle che inferiscono gli amici, anzi certi sacerdoti
e religiosi, fedeli alla loro sublime missione apparentemente soltanto? Se
ne è il Salvatore lamentato con Santa Margherita Maria. «Gli altri
—
e tra questi si possono mettere gli eretici e
scismatici,
—
colpiscono il mio corpo, ma questi si
accaniscono nel dilaniare il mio cuore
».
Ah! Cuore amabilissimo! non dovreste
ricevere da noi che ferite di amore, ed al contrario vi straziamo con le
nostre ingratitudini ed indifferenze e vi attristiamo col nostro oblio.
I.
—
Negligenze relative alla Santa
Messa ed alla Santa Comunione.
Fra
questi oltraggi ve ne sono di quelli che devon esser segnalati; ed anzitutto
la negligenza con la quale parecchi
secerdoti celebrano la santa Messa e l’indifferenza con cui non poche anime
dedite, in apparenza, alla pietà, ricevono la Santa Comunione.
In quest’ultima categoria son compresi pure coloro che non frequentano la
mensa eucaristica per durezza di cuore o dimenticanza.
Nostro Signore medesimo ci fa notare nel Vangelo quanto questa condotta
l’offenda.
Un uomo fece una gran cena e invitò molti; e all’ora della cena mandò un suo
servo a dire ai convitati: « Venite ch’è pronto
».
Ma presero tutti a scusarsi. Il primo
gli disse: « Ho comprato un podere, e bisogna che vada a vederlo, abbimi ti
prego, per iscusato
».
E un altro disse:
«Ho comprato cinque paia di buoi e vo' a provarli: abbimi ti prego per
iscusato
».
Un altro ancora disse: «Ho preso
moglie e non posso venire
».
(Luca XIV-16).
Si avvera così anche per la Santa Eucaristia. Chi ha un debole per la
superbia per l’interesse o la voluttà, pur quando non è conscio d’aver
commesso un peccato mortale, o si astiene di fatto dalla comunione, o se ne
allontana col cuore, in quanto che la fa per abitudine, senza preparazione,
senza desiderio, senza sforzi per migliorare la propria condotta, senza
ringraziamento, in una parola, lo ripetiamo, senza cuore.
E’ così forse che si deve trattare l’amor nel suo stesso sacramento? Si
pensi un po’ al frutto che si ricaverebbe da una messa ben celebrata, da una
comunione ben fatta!
Caterina Emmerich ci dipinge assai vivamente queste distrazioni del tutto
volontarie, che provengono non dall’immaginazione ma dalla volontà, dal
cuore. Ella vide un sacerdote che andava all’altare per celebrare; vi posò
il calice, e, quantunque rivestito dei paramenti sacri se n’andò in una casa
di campagna che possedeva, per vigilare il bestiame di sua proprietà,
senz’altro pensare al S. Sacrificio.
E’ a puntino la parabola degli invitati applicata a coloro che si recano a
celebrare i santi misteri con il corpo, ma con lo spirito altrove, tutto
assorto nell‘oggetto della propria passione. Che dolore per il Cuore
sacerdotale di Gesù! 0v‘è il mio sacerdote, dice egli? Ov’è il mio amico? Ho
il cuore e le mani ricolme di grazie per lui.
—
Non è là, Signore, è dove ama, come dice S.
Agostino, ed egli non nutre per Voi molto amore.
—
Il Cuore Eucaristico di Gesù non può più
soffrire, ma quale sofferenze ha provato per questa ingratitudine,
durante la sua vita mortale, Egli sì tenero, sì buono, sì delicato!
II.
—
L’oblio in cui si lascia il S.
Cuore di Gesù durante il giorno.
La
seconda ingratitudine che deriva della precedente è la dimenticanza in cui
si lascia il S. Cuore di Gesù durante il giorno. Egli è nel suo Tabernacolo,
ma lo vi si lascia solo. Dei ministri di Dio, delle persone chiamate alla
pietà son lì, vicinissimi alla chiesa, ma non entrano per visitare il loro
Dio, il loro fratello ed amico. A che ciò? Non si deve forse prendere anche
dello svago? Non è più opportuno assistere a riunioni, andare a ritrovi per
tenersi al corrente delle novità del giorno? Spesso per far ciò si
affronteranno reali sacrifici, ma per il S. Cuore di Gesù, che è a due
passi, non ci si vuol disturbare. Che dire poi se trattasi di un’anima
dedicata al S. Cuore. di Gesù, di un ‘anima che per vocazione è stata
chiamata ad amarlo, anche per chi non l’ama, a ricordarsene per chi non se
ne sovviene, a riparare per chi cade? Essa avrebbe un mezzo facile ed
efficacissimo di rispondere alla propria vocazione, la contemplazione, ma
una bagatella, un nonnulla la distrae, la divaga. O divin Cuore, dovrete
forse ripetere ancora: Ho cercato un consolatore e non lo ho trovato? Oh!
no, noi vi consoleremo e vi ameremo.
III.
—
Il languore dello
zelo
apostolico.
Una
terza forma d’ingratitudine si è la trascuratezza nel far conoscere le
dovizie del S. Cuore di Gesù alle anime che ci sono affidate o sulle quali
abbiamo una influenza. Se almeno si attirassero alla S. Comunione tante
anime che languiscono prive di questo pane di vita! Se si depositasse in
questi cuori una piccola scintilla di fuoco d’amore per preservarle dal
fuoco della voluttà! Ma, se il cuore è di ghiaccio, come è possibile la
carità d’un apostolo? N. Signore ha tanto chiesto che si propagasse la
divozione al suo divin Core, noi siamo così inerti! Che facciamo, noi
apostoli di questo amabile Cuore? Non abbiamo bisogno piuttosto che si
ripari anche per noi? Ah! non sia più così! Imitiamo quei sacerdoti veduti
da Caterina Emmerich che sostenevano una chiesa sulle proprie spalle, una
chiesa in cui si trovava il tabernacolo con il SS.mo Sacramento!
Noi non parliamo più di messe, di comunioni sacrileghe, di tanti peccati che
si commettono quando si ricevono i sacramenti,
o nel tempio stesso di Dio dalle anime e dai servi del divin Salvatore, e
pertanto, bisogna pur dirlo: che abbominazioni si commettono nel santuario!
No, tiriamo il velo su ciò, e preghiamo per ora piuttosto la misericordia
incarnata del divin Cuore di Gesù di volersi estendere su tante anime che lo
dimenticano e che I ‘offendono con le proprie negligenze, e supplichiamolo
di perdonare a noi stessi la trascuratezza da noi usata nel compiere la
nostra sublime vocazione di zelatori ed amici del Cuore di Gesù.
Pratichiamo d’ora in poi con il massimo zelo la virtù di religione verso il
Cuore eucaristico di Gesù.
Contempliamo Gesù annichilito innanzi al Padre nel santo Sacramento. Gli
atti sublimi d’adorazione ch’Ei compie in cuor suo costituiscono e
costituiranno sempre l’estasi dei beati. Ei, più d’ogni altro, conosce la
grandezza della divinità, l‘esclusivo diritto che essa ha di regnare su
tutti gli esseri. Oh! come adempie Gesù con amore e rispetto questo dovere
religioso verso Dio, suo Padre, e come invita le anime a ciò fare! Ei vuole
che esse partecipino al suo stato di ostia e d’olocausto che è la perfetta
adorazione.
E’ in questa vita eucaristica che il S. Cuore vuole soprattutto essere
onorato e consolato: « Uno dei miei più rudi supplizi; diceva S. Margherita
Maria, lo provavo quando questo divin Cuore mi veniva rappresentato con le
seguenti parole: Ho sete, ma d’una sete sì ardente d’essere amato dagli
uomini nel S.mo Sacramento, e questa sete mi consuma; e non trovo nessuno
che, giusta il mio desiderio, si sforzi di dissetarmi col rendere qualche
compenso al mio amore
».
E’ per rispondere a questo doloroso
lamento che l’umile verginella di Paray si sforzò di dare alla divozione e
alla riparazione al S. Cuore di Gesù una forma che si può chiamare
eucaristica.
Preghiera e Risoluzione.
Io
sono confuso, o mio buon Maestro, per tutte le mie freddezze e per tutte le
mie mancanze. Non so che dirvi: Io credo, adoro; aumentate la mia fede,
infiammate il mio cuore, perché divenga alfine vostro, consolatore.
IV.
Lo spirito di riparazione eucaristica
Vi
sono tre principali specie di riparazione. L’una consiste a riparare per una
determinata persona, praticando tale o tale altra virtù contraria ai vizi
che in essa si riscontrano. Questo genere di riparazione va soggetta a
illusioni e non può essere, in via ordinaria, consigliata. Tuttavia il S.
Cuore di Gesù può esigerla da certe anime altamente favorite da lui.
La seconda specie è contrassegnata da mortificazioni e penitenze esteriori.
Questa è sempre necessaria in una certa misura, ma non è il fine precipuo
della divozione al S. Cuore. E’ mediante il cuore che bisogna soprattutto
riparare le ferite del Cuore. Il Cuore di Gesù nondimeno potrebbe anche
domandare delle penitenze esterne rigorosissime a qualche anima che si è a
lui dedicata; il direttore spirituale può permettere di compierle quando
però vi fosse una prova manifesta della volontà divina, e se la pratica di
esse non presentasse alcun pericolo, quello dell’orgoglio ad esempio, della
singolarità.
La terza specie è quella della quale vogliamo qui trattare, ossia:
I.
—
La riparazione eucaristica.
La
riparazione che è soprattutto richiesta, e verso la quale lo Spirito Santo
orienta or più che mai le anime, è la riparazione eucaristica propriamente
detta. Essa si basa su due principii: 1° Il Sacro Cuore di Gesù nella S.
Eucaristia è il solo vero riparatore
così come Egli solo è il vero organo dell’amore e dell’azione di grazie. 2°
Noi ci associamo al divin Cuore di Gesù per questo sublime compito della
riparazione, avvertendo bene che spetta a noi, aiutati dalla sua grazia, a
presentare l’acqua delle nostre disposizioni raccolte nei nostri cuori, e
che spetta all’amor suo a trasmutarle in atti di amor generoso, come il vino
miracoloso di Cana.
Le disposizioni che dobbiamo avere per ben adempire la nostra missione
riparatrice sono negative, cioè mirano ad allontanare gli ostacoli, e
positive, ossia pongono degli atti reali. Le prime eliminano l’attacco alle
creature con la rinunzia, e l’amor proprio con l’annegazione e l’umiltà.
Ogni affetto sregolato, ogni atto derivante da esso ci impedirebbe di
corrispondere alla nostra vocazione. Onde facilitare questa rinunzia, che
equivale a morire alla natura ed a noi stessi, meditiamo spesso le amabilità
e i benefici del buon Maestro. Tali considerazioni ci stimoleranno a
formulare atti di amore ardente per il S. Cuore e ci spingeranno a prendere
per regola della nostra vita interiore l‘amor Suo.
Le disposizioni positive poi consistono: 1° nell’atto d’abbandono al divin
Cuore di Gesù, pel quale noi siamo disposti a ricevere
tutto ciò che ci manderà per la sua maggior gloria e pel suo amore; 2°
nell’esercizio della contemplazione, con la quale noi ci uniamo a lui, allo
scopo di adempire tutte le sue volontà e di essere suoi strumenti docili.
Queste disposizioni devono poi sempre essere nel nostro cuore e
perfezionarvisi quando ci applichiamo a compiere gli atti propri della
riparazione eucaristica dei quali ci accingiamo a far parola.
II.
—
La Santa Messa.
Noi
abbiamo già parlato della dignità e del merito infinito della santa Messa.
Il sacrificio eucaristico è l’atto supremo d’amore, di riparazione e di
ringraziamento, e, nel contempo, di adorazione. Formuliamo l’intenzione
d’offrire sempre la santa Messa per la maggior gloria del S. Cuore di Gesù e
di rendergli per essa il massimo tributo di amore. Associamo nel santo
sacrificio dell’altare il nostro cuore a quello divino di Gesù e per esso,
con esso immoliamolo ed offriamolo all’Eterno Padre. Questa unione al S.
Cuore, il quale è l’amore, la riparazione ed il ringraziamento vivente ed
incarnato, si compie in modo più o meno perfetto, a seconda del nostro
volere. Tutto il nostro cuore dovrebbe inabbissarsi in questa unione
sacerdotale al Cuore di Gesù, prete e vittima. E’ questa una pratica che ci
dobbiamo render familiare, pratica sublime, fecondissima, che ci sottrae
ognor più a noi stessi, al nostro amor proprio, alla creatura e che ottiene
sempre il suo effetto, se ci troviamo in stato di grazia.
L’unione al sacerdozio del S. Cuore di Gesù, l’offerta sacerdotale che noi
facciamo di lui e di noi con lui, se la si effettua con amore vero e fiducia
grande, cancella all’istante ogni nostro peccato veniale, essendo ciò un
atto d’amore perfetto. Essa paralizza ogni nostra cattiva disposizione e ci
pone in grado di rendere, in realtà, la maggior gloria, il tributo più
grande di amore, una riparazione efficacissima al Cuore di Gesù.
Ex opere operato, ogni Messa quantunque celebrata dal più indegno fra
i sacerdoti, è essenzialmente un atto infinito d’amore, di riparazione, di
ringraziamento per parte di N. Signore, che ne è il principale offerente; ma
quando noi pure ci associamo a queste disposizioni sacerdotali del S. Cuore
di Gesù, mediante un atto positivo e personale, noi otteniamo, ex opere
operantis, delle grazie incalcolabili destinate a formare il cuore
mistico di Gesù nella Chiesa, venendo eliminati per questo atto quegli
impedimenti ed ostacoli che impediscono al sacrificio dell’altare di
produrre quoad nos, ossia nei riguardi nostri, tutti i suoi effetti.
Forse quante negligenze dobbiamo rimproverarci rispetto alla S. Messa?
III.
—
L’Ora santa e l’adorazione.
Ecco
altri due atti propri della riparazione eucaristica. L’Ora Santa,
raccomandata da N. Signore a S. Margherita Maria, deve farsi con
l’intenzione di riparare i peccati, le dimenticanze, le indifferenze ed
ingratitudini dell’anima cristiana. La pratica di essa ci rende veri angeli
consolatori del S. Cuore di Gesù. Ah! se potessimo trasformare tutto
il cuor nostro in amore di compassione per questo divin Cuore!
Tale sia il nostro costante desiderio. Durante questo devoto esercizio
uniamoci alla Vergine Santa, a S. Giovanni, a S. Margherita Maria ed al S.
Cuore di Gesù medesimo per piangere e gemere con essi e per essi sulle
nostre colpe. Questa unione renderà certamente più efficace la nostra
riparazione.
L’adorazione del S. Cuore di Gesù nel suo Sacramento esposto sui
nostri altari è pur essa uno dei principali esercizi della riparazione. A
tempi nostri, lo Spirito Santo spinge con una forza tutta divina la Chiesa a
prendere spesso come oggetto di contemplazione il Santissimo Sacramento
esposto alla pubblica adorazione.
Roma, che è la vindice della vera pietà, ha adottato quest’esercizio con un
tale splendore da farlo primeggiare fra tutte le altre pratiche. Da Roma si
è propagato su tutto l’universo intero. Le esposizioni del Santissimo
Sacramento si sono moltiplicate. Parecchi istituti religiosi hanno
l’esposizione quotidiana, altri ogni settimana; la Vittima divina è
l’oggetto della loro contemplazione.
Gli amici del S. Cuore di Gesù poi non devono scordarsi di considerare nella
Umanità santa del Salvatore, la sorgente ed il fondamento di tutto il resto,
l’amore, il Cuore medesimo di Gesù.
Non vi è, dopo la S. Messa, esercizio che superi in merito ed in efficacia
l‘adorazione eucaristica.
Nel Santissimo Sacramento, la preghiera del Cuore di Gesù, questa preghiera
che è tutto amore, riparazione, ringraziamento, è perenne, fervida,
onnipossente, in grado quindi di riparare tutto. Sappiamo pertanto unirci ad
essa, appropriarcela, deporla nel nostro cuore, onde esso abbia a vivere di
questa vita d’amore e d’immolazione e consumarsi in essa.
Tali sono i sentimenti che devono ispirarci quando ci accingiamo ad adorare
il Cuore di Gesù nel più augusto dei Sacramenti.
La nostra adorazione non richiede sempre molte parole; vi son pure degli
istanti di silenzio fecondo per sé stessi. Nulla di più bello e di più
commovente dell’unione al Cuore divino di Gesù sempre taciturno e pur sempre
operoso ed eloquente per noi.
S. Alfonso dice che questa preghiera al divin Sacramento produce talvolta
delle grazie sensibili come quelle che derivano dalla santa Comunione. In
questa taciturna adorazione è l’amico che parla al suo amico degli interessi
del suo amore e della sua gloria.
Del resto non possiamo dimenticare che la divozione al S. Cuore di Gesù è
nata durante l’adorazione fatta innanzi al Santissimo Sacramento. E’ pel
tramite di questo esercizio, che sì bella divozione si propagherà, si
fortificherà e diventerà l’organo potente dell’amore, della riparazione e
del ringraziamento.
Riso1uzione e preghiera.
Buon
Maestro comprendo che questi santi esercizi, queste pratiche devote compiute
con tiepidezza non sono riparazioni, ma una nuova offesa al vostro Divin
Cuore. Trasformatemi, Signore, rendetemi più fervente, ve ne supplico con
tutto l’animo nei riguardi di esse onde possa avvantaggiarmi e gustare i
frutti racchiusivi. Così sia.
v.
La riparazione e l’immolazione
La
riparazione deve essere unita all’amore nella divozione al S. Cuore.
« Uno dei principali fini della divozione al S. Cuore, così Leone XIII, è la
riparazione, che consiste nell’espiare con i nostri omaggi di adorazione, di
pietà ed amore il delitto dell’ingratitudine, sì comune fra gli uomini, e
nel sedare la collera di Dio mediante il S. Cuore
».
Questa riparazione, deve farsi
soprattutto mediante l’amore, che è formalmente opposto alla ingratitudine;
ma N. Signore domanda pure a qualche anima la riparazione mediante la
sofferenza, quale un olocausto alla sua giustizia.
I.
—
La riparazione mediante l’amore ed
i meriti del S.Cuore.
Un
giorno Nostro Signore disse a S. Margherita Maria: « E’ vero, mia figlia,
che il mio amore mi ha fatto
sacrificare tutto per essi (gli uomini) senza esserne ricambiato; ma io
voglio che tu coi meriti del mio
S. Cuore supplisca alla loro ingratitudine
» (vie II pag. 83).
« Per rianimare la carità così intiepidita e quasi spenta nella maggior
parte dei cristiani, diceva la Santa Visitandina al P. Croiset, Nostro
Signore vuol dare ad essi, con questa divozione, un mezzo di
amare Dio pel tramite di questo Sacro Cuore,
per quanto lo desidera e lo
merita, e di risanare con ciò le proprie ingratitudini
».
Il
culto di riparazione che N. Signore aspetta da noi deve dunque procedere
dall’amore, ma da un amore acceso nel Sacro Cuore e proveniente da questa
divina fornace; da un amore che non si appaga solo di affetti e sentimenti,
ma che si estrinseca negli atti più generosi delle virtù cristiane e che sa
affrontare le prove. Attingiamo dal Cuore di Gesù questo prezioso
supplemento di carità, che solo può rendergli gradite le nostre riparazioni.
Offriamo anzitutto il Cuore stesso di Gesù al Padre Celeste, come vittima di
riparazione, ed aggiungiamoci di poi anche la stilla d’acqua dei nostri
meschini risarcimenti.
II.
—
Riparazioni speciali.
Nostro
Signore ha chiesto a S. Margherita Maria delle speciali riparazioni per i
peccati commessi contro l’Eucaristia. «...In ricambio non ricevo dalla
maggior parte di essi (gli uomini) se non ingratitudine con le loro
irriverenze e sacrilegi e con le freddezze e i disprezzi che hanno per me in
questo Sacramento d’amore...
».
Per questo Egli chiede all’umile
Visitandina che gli sia resa una riparazione per « i mali ricevuti» dal suo
Cuore esposto sugli altari (cfr. Mémoire II, pag. 355).
Le ha chiesto pure delle riparazioni per gli oltraggi recati al suo Cuore
dalle persone consacrate: « Ecco quel Cuore, disse a S. Margherita Maria,
che tanto ha amato gli uomini, che nulla ha risparmiato, fino ad esaurirsi e
consumarsi per attestare loro il suo amore; e in ricambio non riceve dalla
maggior parte di essi che ingratitudine... Ma ciò che più mi amareggia è che
cuori a me consacrati mi trattino ugualmente »
—
«Quelli, ebbe a dire altra volta, si
contentano di battere sul mio corpo; ma questi colpiscono il mio Cuore, che
non ha mai cessato di amarli
».
A
questa occasione, N. Signore si mostrò tutto sanguinante e coperto di
ferite. Ei soffre per le comunioni fatte male, per gli atti di orgoglio e
per le tiepidezze delle anime a Lui dedicate.
Quanta compassione non dovrebbero suscitare in noi queste piaghe dolorose di
Gesù!
III.
—
Vittima
di
giustizia .
S.
Margherita Maria non fu soltanto una vittima d’amore. N. Signore le ha
chiesto pure di offrirsi come vittima di espiazione alla giustizia divina.
Le propose queste due vie: una vita di amore la più felice e una vita sempre
crocefissa e tribolata. Invitandola a scegliere a piacimento tra le due, vi
si rifiutò dicendo: «Oh mio Signore, io non voglio altro all’infuori di voi,
e la scelta che voi stesso farete per me
».
Egli allora le elesse la vita
crocefissa (vie
II, pag.
78).
« Io cerco per il mio cuore, le
confidò in altra circostanza, una vittima che voglia sacrificarsi per il
compimento dei miei disegni, come un‘ostia di pace>>.
La Santa di Paray poi lasciò scritto:
«Il mio
diletto Salvatore non mi concesse tregua sino a che non mi fui sottoposta a
tutto ciò che desiderava da me, che era di rendermi vittima immolata ad ogni
fatta di sofferenze, d’umiliazioni, di contradizioni, di dolori e di
disprezzi, senz’altra pretesa che di compiere i suoi disegni
».
Risoluzione e preghiera.
Salvator mio, non vi chiedo il dono di essere una vittima speciale della
vostra giustizia, sarebbe troppo temerario; ma vi domando lo spirito di
riparazione che si manifesta con una vita di abbandono, di sacrificio e di
amore. Concedetemi un tanto dono pel vostro S. Cuore per cui voglio vivere e
nel quale voglio morire. Così sia!
VI.
Ostia d’amore
Nostro
Signore vuole anche delle vittime di amore la cui più grande premura sia
quella di seguire il cammino della dilezione.
Una di queste fu certo Santa Teresa del Bambino Gesù.
Anime così elette praticano, ben inteso, l’abbandono a Dio e il sacrificio;
accettano e amano le croci che Dio loro manda, ma non chiedono a Lui di
essere guidate specialmente per la via del dolore, sentendosi inclinate
piuttosto a volare per quelle dell’amore.
I.
—
Il cammino dell'amore.
« Oh!
quanto è soave il cammino d’amore, esclamava la piccola Santa Teresa!…
Non ho
più che un’unica brama; amare Gesù alla follìa! L’amore solo mi attrae! Non
desidero più né il soffrire, né la morte, eppure li amo entrambi. Lungo
tempo ho invocato e la morte e le pene quali messaggeri di gioia... Ho
sofferto ed ho creduto di toccare le soglie del Cielo... Nella mia più
tenera infanzia pensai che il
puccolo
fiore
verrebbe raccolto nella sua primavera; ma ora
il solo abbandono nel mio Signore mi guida, e non conosco altra bussola. Non
so chiedere più nulla con ardore, all ‘infuori del compimento perfetto della
volontà di Dio nell’anima mia...
« E’ naturale che si possa cadere, che si possano commettere delle
infedeltà; ma l’amore sa
trarre
profitto da tutto,
consuma presto quello che dispiace a Gesù,
non lasciando più nell‘intimo del cuore che una umile e profondissima pace
». (Autobiografia della Santa).
II.
—
Vittima d’amore.
<<…capisco che tutte le anime non possono però, così la Santa,
assomigliarsi; occorre ve ne siano di varie e differenti famiglie, per
onorare ognuna in modo speciale le singole perfezioni divine. Egli ha
largito a me la sua Misericordia Infinita,
ed io, traverso a questo specchio ineffabile,
contemplo gli altri suoi attributi.
Essi mi appariscono allora tutti sfavillanti di Amore, fino la sua
Giustizia; e questa forse ancora più degli altri mi sembra rivestita
d’amore. Quale gioia ineffabile è mai il pensare che il Signore è giusto,
che tien conto delle nostre debolezze, che conosce perfettamente la
fragilità della nostra natura! Di che mai potrò io dunque temere? Quel Dio
infinitamente giusto, che degnasi di perdonare con tanta misericordia le
colpe del figliol prodigo, non deve esser giusto anche verso di me, che sono
sempre con lui?
».
« Nel 1895 ottenni la grazia di
intendere sempre meglio quanto Gesù desideri di essere amato. Pensavo
un giorno alle anime che si offrono vittime alla divina giustizia per
istornare, attirandoli sopra di sé, i castighi riserbati ai peccatori.
Trovai quest’offerta grande e generosa, ma ero assai lontana dal sentirmi la
forza di farla. O mio divino Maestro, esclamai allora dal fondo del mio
cuore, non vi sarà dunque che la vostra giustizia che riceverà i suoi
olocausti? Il vostro amore misericordioso non ne avrà esso pure bisogno?
Egli è dovunque sconosciuto, rigettato...; quei cuori ai quali vorreste
farne dono generoso, si volgono alle creature, chiedono la loro
felicità al miserabile affetto di brevi istanti, invece che gettarsi fra le
vostre braccia ed accettare la deliziosa fiamma del vostro amore infinito.
O mio Dio! quest’amore disprezzato rimarrà dunque chiuso nel vostro cuore? A
me sembra che, se trovaste delle anime, le quali si offrissero
vittime al Vostro Amore,
le consumereste rapidamente, e sareste felice
di non comprimere punto le fiamme di tenerezza infinita che in voi sono
racchiuse
».
(Opera citata).
III.
—
L’atto di offerta.
« Ella
conosce, così scrive la Santa, Madre mia, le fiamme o piuttosto gli oceani
di grazie che inondarono l’anima mia il 9 giugno 1895, compiuta appena la
mia donazione. Ma da quel giorno l’amore mi penetra e mi circonda; quest’amore
misericordioso mi rinnova, mi purifica ad ogni istante, e non lascia nel mio
cuore traccia alcuna di colpa
».
(Opera citata).
Citiamo la conclusione della sua offerta:
«Allo scopo di vivere in un atto di amore perfetto,
mi offro come vittima
di
olocausto al vostro amore misericordioso,
supplicandovi di consumarmi senza posa, col
lasciare riversar nella mia anima i fiotti di tenerezza infinita rinchiusi
in Voi, onde così divenga martire dell ‘amor vostro, o mio Dio. Questo
martirio dopo avermi disposta a comparire dinanzi a voi, mi faccia
finalmente morire. La mia anima si slanci senza ritardo nell’eterno amplesso
della vostra misericordiosa dilezione!
—
Voglio, o mio Diletto, rinnovarvi ad ogni
battito di cuore questa offerta un numero infinito di volte, fino a che
dileguatesi le ombre,
possa ridirvi il mio amore alla vostra
presenza in eterno
».
Preghiera e risoluzione.
Ed io,
o mio adorabile Salvatore, che vi offrirò mai? Suggeritemelo voi,
indirizzatemi; voglio almeno, con la grazia vostra, potermi applicare a
vivere nello spirito di abbandono di sacrifizio, di amore e di immolazione
in unione con la Santa Ostia del tabernacolo. Così sia.
MISTERO D’AZIONE DI GRAZIA
I.
Carattere dell’azione di grazia
Noi ci
siamo accinti a studiare i grandi atti che formano la vita del Cuore di Gesù
nell’Eucaristia, e fin qui ci siamo indugiati a contemplare l’amore,
l’adorazione, l’impetrazione e la riparazione; ci rimane ora a considerare
un ultimo compito sublime che Esso va svolgendo tra le tacite pareti dei
nostri tabernacoli, vogliamo alludere all‘azione
di grazia. In questa meditazione
cercheremo, dopo di aver presentato, con molta opportunità, nel primo punto
di essa, una sintesi di quanto è stato sul qui oggetto delle nostre salutari
riflessioni, di individuare il carattere dell’azione di grazia nelle
divozioni al S. Cuore.
I.
—
Tutto si
riassume nell’Amore.
Nel S.
Cuore di Gesù l’adorazione, l’impetrazione, la riparazione e l’azione di grazia
non sono soltanto il fine, ma quasi l’essenza medesima del sacrificio.
Nel mistero dell’Incarnazione e della Passione, questi atti interni
si sono aggiunti a degli atti esterni; ma nell’Eucaristia, sussiste la vita
interna unicamente e gli atti relativi ad essa costituiscono tutta la vita
di sacrificio di questo divino Cuore.
Riproduciamo questi medesimi atti in noi stessi ed orientiamoli senz’altro
verso il S. Cuore di Gesù. Essi, in fondo, si riassumono tutti nell’amore.
Come si può dire che Dio è tutto amore, così può affermarsi che Gesù-Ostia è
tutto amore; e, in questo senso, può dirsi parimenti che tutta la vita
cristiana, la vita riparatrice in unione al divino Cuore, si riduce alla
carità: Caritas est vinculum perfectionis. La riparazione, l’azione
di grazia, l’adorazione medesima, sono differenti forme della carità, quando
le facciamo secondo le intenzioni di N. Signore e ci abbandoniamo al suo
beneplacito.
L’azione di grazia deve terminare ciò che l’oblazione ha iniziato; essa è
iniziale quaggiù, ma deve continuare lassù in cielo. In quanto alla
riparazione, durerà anche in paradiso, fino a che vi saranno sulla terra
degli uomini, ma senza espiazione.
L’azione di grazia corrisponde direttamente ai misteri dell‘Eucaristia,
giacché la parola Eucaristia significa appunto azione di grazia. Si
rileva che N. Signore Gesù Cristo rende grazie a Dio in tutti i suoi
principali misteri, ma sopratutto nell’istante in cui istituisce l’augusto
Sacramento dell‘Altare: gratias egit. Il suo Cuore stesso è una
perenne azione di grazia che si è profusa come un olezzo nel Sacramento
dell’amore. Anche i sacerdoti quando celebrano la Santa Messa, innalzano le
mani e gli occhi al cielo per dire: Gratias agamus Domino Deo nostro:
Rendiamo grazie al Signore Dio nostro; offriamo a lui che Egli si aspetta da
noi, l’amore cioè del Cuore del suo Unigenito che è l’azione di grazia
perenne.
II.
—
L’azione di grazia nel Cuore di
Gesù.
Ma, in
che consiste quest’atto così importante nel Cuore di Gesù anzitutto e come
deve essere nel nostro? Nel S. Cuore di Gesù esso è un atto d’amore reso a
Dio per la dilezione dimostrata pel suo divin Figlio e per noi, col
concedergli un Cuore capace di rendere al Padre suo una gloria infinita e
coll’assicurare agli uomini la partecipazione alla divinità mediante la
adozione divina che noi riceviamo in guisa particolare quando ci
nutriamo del Sacramento d’amore. Noi troviamo
la formola di questa azione di grazie del S. Cuore di Gesù nella preghiera
fatta da
N. Signore dopo l’ultima Cena, da cui
rileviamo queste parole: « E per
loro io santifico me stesso, affinché essi pure siano santificati nella
verità
>>,
e cioè:
io mi offro, mi immolo per amore, allo scopo di unirli alla santa oblazione
del mio Onore.
« ...Né soltanto prego per questi,
ma anche per quelli i quali per la loro parola crederanno in me, che siano
tutti uno, come tu sei in me, Padre, e io con te... Io in essi, tu in me;
affinché siano perfetti nell’unità; e affinché conosca il mondo che
tu
mi mandasti e amasti essi come
amasti me >>.
(Giov. XVII passim).
Queste parole divine, alle quali non si fa abbastanza attenzione, ci
rivelano qualche cosa del cantico di ringraziamento del S. Cuore di Gesù. Ei
gode di vedere il suo amore vivente nei nostri cuori, esulta della nostra
unione, pel tramite dell’amore del suo Cuore, con Dio stesso, della nostra
Santificazione in virtù dell’Incarnazione e della Passione, e della sua
consumazione per mezzo dell’Eucaristia.
Ecco in quale guisa Ei diventa, nell’augusto Sacramento, l’azione di grazia
vivente e perpetua che ama, ripara e santifica.
III.
—
L’azione di grazia nei nostri cuori.
Ma,
quale deve essere l’azione di grazia nei nostri cuori?
La Chiesa ci dà traccia sicura al riguardo:
« Gratias agimus tibi propter
magnam gloriam tuam: Noi Vi
rendiamo grazie per la grande vostra gloria
».
Or, la grande gloria di Dio sulla
terra è il Cuore sacro di Gesù; è l’amore con il quale N. Signore ama il
Padre suo; è parimenti l’amore con cui ama noi: è il triplice ed ineffabile
mistero dell’Incarnazione, Passione e dell‘Eucaristia. La gloria di Dio è il
sacrificio del divin Cuore di Gesù di fronte al quale ogni altra
glorificazione divina, sulla terra, è accessoria ed accidentale.
Ci preme far qui risaltare la connessione intima dell’azione di grazie con
la riparazione. Qual è l’oggetto proprio della riparazione? Non è forse
l’ingratitudine? Or, che cos’è l’ingratitudine se non la mancanza di
riconoscenza e d’azione di grazie? L’azione di grazia quindi lavora dal
canto suo
a strappare le spine che traforano il Cuore
di Gesù, ed è per se stessa essenzialmente riparatrice.
Ma nell’Eucaristia è il Cuore di Gesù
l’organo di quest’atto veramente divino;
dobbiamo pertanto unirci a lui per ripetere con la S. Chiesa:
Gratias
agamus Domino
Deo
nostro »: Rendiamo grazie al
Signore, Dio nostro per il Cuore di Gesù, nel Cuore di Gesù e col Cuore di
Gesù: per Cor Jesu et in Corde Jesu et cum Corde Jesu.
Risoluzione e
preghiera.
Mio
Dio, concedetemi la grazia di tenermi costantemente unito al Cuore Divino
del vostro prediletto Figliolo, onde possa per mezzo di esso e con esso
assolvere il meno indegnamente possibile gli obblighi gravi di gratitudine e
di riconoscenza che ho contratti con voi per i benefici innumerevoli
elargitimi. Così spero, e così sia.
II.
L’azione di grazia in unione al S. Cuore
Dopo
la Comunione, ci dice il P. Croiset, dobbiamo entrare in questo Sacro Cuore
che è aperto, onde impararvi a pregare e ringraziare il nostro Dio, a
lodarlo, ad annientarci alla sua presenza, ma sopratutto
ad amarlo. Quante meraviglie non opera in sì
preziosi istanti Gesù Cristo in
un‘anima pura che nutre una tenera divozione
al Sacro Cuore e che lo ama davvero! Profittiamo della divina presenza,
teniamoci in un grande raccoglimento, ascoltiamo N. Signore e lasciamo
operare la sua grazia.
I.
—
Abbandonarsi all’amore
divino: tacere, ammirare, amore, godere.
La
prima cosa che deve fare un’anima in un momento così solenne si è di
abbandonarsi all’amore del suo divin Salvatore, e deliziarsi dolcemente
della sua presenza. D‘ordinario alla presenza di Gesù si sta muti quando lo
si ama assai, e ci si limita a testimoniargli la propria dilezione con degli
atti interni e ferventi. Santa Maddalena che, presa d’ammirazione, sta
immobile ai piedi del Salvatore, è l’immagine delle anime che si sono appena
comunicate. Se queste anime parlano è necessario che le parole da esse
pronunziate siano l’espressione del loro amore, della loro ammirazione, del
loro gaudio, quali sono queste: <<
Ho trovato colui che il mio cuore ama,
lo tengo e non mi separerò mai da lui
».
« Mio Dio e mio tutto!
».
« Il mio Diletto è tutto mio ed io
sono tutto suo >>.
L’anima
sta di poi in ammirazione, ed è presa da un profondo rispetto misto a
stupore nel vedere un Dio, innanzi al quale i Serafini tremano, abbassarsi
sino a venire ad abitare nel cuore di un povero peccatore. « Dopo aver
ricevuto questo pane d’amore, dice S. Margherita Maria, io sto annientata
innanzi al mio Dio, ma con sì grande letizia che il mio interno passa
talvolta un mezzo quarto d’ora nel silenzio ed in un profondo rispetto per
udire la voce di colui che forma tutto il contento dell’anima mia. Nulla è
in grado di procurare una più grande gioia di (quella che fornisce) questo
Pane d’amore
».
II.
—
Ringraziare mediante il S. Cuore e pel
tramite dell’amor suo.
«Voi
l’offrirete al Padre Eterno, dice la Visitandina di Paray, quale vostra
azione di grazie, di lode, adorazione ed amore, e lo pregherete di riparare
in quell’istante a tutti i difetti della vostra vita passata, di compiere in
voi tutti i suoi disegni, ed adempirvi tutte le sue volontà
».
Inviterete quindi le creature a
benedirlo con voi e gli offrirete l’amore che hanno per lui tutti i Santi ed
il fervore col quale tante
anime elette fanno le loro comunioni.
Studiandovi poi di far propri i sentimenti
del Cuore di Gesù, considererete ciò che può trovarsi in voi che a lui
dispiaccia. cercherete di conoscere quali siano i suoi disegni a vostro
riguardo, che cosa si attende da voi e quali cose ostacolino in voi
l’adempimento della sua volontà.
III.
—
Chiedere sopratutto la grazia di
amare il S. Cuore.
Facciamo conoscere al buon Maestro con molta confidenza e sincerità le
nostre debolezze, miserie e bisogni. Diciamogli con Santa Marta: « Colui che
voi amate è ammalato >>.
Signore posso dubitare del vostro amore
dopo quello che avete fatto e state facendo per me? Se mi amate, vi reggerà
l’animo di vedere le mie infermità senza guarirle? E sopratutto tollererete
che io vi ami così poco, lascerete che io mi indugi più oltre ad infiammare
il mio cuore del fuoco sacro del vostro divino amore! Ricusatemi pure tutto
il resto, ma non mi rifiutate il vostro amore.
Non tralasciamo poi in ogni comunione di compiere pel Cuore di Gesù qualche
sacrificio che gli torni gradito, se non altro col metterci di proposito a
correggere quello tra i nostri difetti che sappiamo riuscirgli di maggior
dispiacere.
Non dimentichiamo inoltre che noi proveremo
gli effetti sensibili della comunione, solo se ci faremo premura di passare
il restante della giornata in un grande raccoglimento interno.
Felici, mille volte felici coloro che si accosteranno al divin Banchetto con
queste disposizioni! Come le loro comunioni consoleranno il Cuore di Gesù!
Quali frutti meravigliosi di santificazione ne ritrarranno!
Una
volta, N. Signore fece vedere a S. Margherita Maria tre persone che si
recavano alla Mensa celeste con fervore e le disse: <<Io darò ad esse tre
baci: di pace, d’amore, di confidenza
».
Questi sono i tre principali frutti
della comunione.
Risoluzione e preghiera.
Mio
divin Salvatore, mi sia concesso di uniformare a questi consigli il mio
ringraziamento, ed i miei sforzi a
questo riguardo possano, con la
grazia vostra, esser tali da meritare anch ‘io di ricevere da Voi il bacio
di pace, di amore e di confidenza. Così sia
III.
Sentimenti che deve determinare l’azione di grazia dopo la S. Messa e la S.
Comunione nelle anime consacrate al Cuore di Gesù.
I
fedeli, sopratutto i sacerdoti dedicati al Cuore di Gesù devono amare questo
divin Cuore non solo riparandone gli oltraggi che la natalizia degli uomini
e le loro ingratitudini. Gli procurano, ma anche ringraziandolo del grande
amore ch’Ei nutre per essi e dei frutti di santificazione che fa germogliare
nelle anime loro. Lo ringrazino specialmente d’aver rivelato alla Chiesa la
divozione al suo Cuore amabilissimo, per l’onore che gliene deriva e gli
atti d’amore che per essa gli vengon tributati, atti che, iniziati sulla
terra, non avranno mai fine e lo consoleranno per tutta la eternità:
In servis suis consolabtur Deus.
E’ per raccogliere questa efflorescenza
della gratitudine e del nostro amore che Gesù è disceso sulla terra,
dilezione e riconoscenza a lui dovuta per altro a buon diritto.
I.
—
Sentimenti che ispira l’azione di
grazia.
L’azione di
grazie dopo la S. Messa e la
S.
Comunione deve determinare in noi,
sopratutto, anime consacrate al Cuore di Gesù, una gioia immensa pel fatto
che almeno da noi Esso incomincia ad esser conosciuto, e, nel contempo,
profondi atti di lode. Non temiamo a questo riguardo di esagerare, che, per
quanto ci si sforzerà, si farà sempre di meno di quanto Ei merita:
Quantum potes, tantum aude, quia major omni laude, nec luadare sufficis.
Non si riuscirà mai, infatti, ad uguagliare la nostra lode e la nostra
dilezione ai benefici provenutici da quel Cuore divino, che non soltanto ci
ha lasciato in dolce retaggio la sua Chiesa, la sua Madre Ss.ma, i suoi
sacramenti, ma ha voluto comunicare a noi tutto Se stesso. Si può essere più
amante e più amabile di così? Quid retribuam Domino? Innalziamo verso
il cielo in compenso il calice salutare con quel Cuore adorabile, fornace
del più smisurato amore e fonte d’ogni dono perfetto.
Questa effusione farà per conto suo sbocciare un totale oblio di noi stessi:
al cospetto di tanta carità, non si ha il tempo di pensare al poco che si
crede di fare. Le anime ingrate ed interessate soltanto hanno la
spudoratezza di far dei continui ritorni su se stessi. Questo oblio poi
susciterà in noi, a sua volta, un desiderio ognor maggiore di mostrarci
riconoscenti verso il S. Cuore di Gesù, di esaurirci, consumarci, morire
all’uopo per lui, e, conseguentemente, una generosità illimitata.
II.
—
Zelo ed apostolato, gioia e dolcezze
spirituali.
I
sacerdoti in particolare e tutti quanti si sono consacrati al Cuore di Gesù
devono sapersi valere di un mezzo possente per alimentare ed estrinsecare la
propria riconoscenza verso il S. Cuore, comunicatosi ad essi nella santa
Messa o nella santa Comunione: è la santificazione delle anime con
l’adorazione, i sacramenti, la predicazione o conversazione che abbia per
oggetto il Cuore adorabile di Gesù. Essi trovano che non basta il proprio
cuore, e sentono il bisogno di trascinarne altri col proprio all'amore di
Colui che ha sacrificato tutto se stesso per gli uomini. Lanciatisi con la
preghiera alla conquista dei cuori, sapranno avere tanta generosità da
superare gli ostacoli che loro sarà dato di incontrare e una sconfinata
fiducia in quel Cuore divino che nulla sa rifiutare ad anime veramente
riconoscenti ed amanti.
I sacerdoti poi di questi frutti di zelo e di apostolato, germogliati dal
ringraziamento dopo la santa Messa, esperimenteranno l’efficacia soprattutto
nell’amministrazione dei Sacramenti, in ispecie della confessione e
dell’estrema unzione ultima prova di tenerezza più che materna del Cuore di
Gesù verso chi s’incammina al tramonto della vita.
Un cuore dilatato sotto l’influenza di così salutari e dolci effluvi,
infatti, potrà più facilmente far dilatare i cuori di coloro che subiscono
la sua azione. Una gioia, finalmente, spirituale, una fiumana di dolcezze
celestiali inonderà l’anima di quanti praticano l’azione di grazia col Cuore
di Gesù. La dolcezza di quel Cuore divino messa a contatto dei loro cuori
nella S. Comunione e dilatati dalla gratitudine per essere stati ammessi a
nutrirsi del Pane venuto dal cielo, si farà sentire. La gusteranno essi e la
gusteranno in molte maniere: ora, sotto forma di lumi che comunicheranno
loro intelligenze consolanti; ora, sotto un aspetto di amore tenero che
produrrà in essi soave compiacenza nel Signore, al quale si sentiranno
dolcemente stretti e vincolati; ora in guisa di sentimenti di amor generoso
che li ingrandirà, li innalzerà al di sopra di sé stessi e li corroborerà di
una sicura e riposata confidenza, tanto da sentirsi forti della fortezza e
tranquillità della pace di Dio ed ora, finalmente, sotto l’aspetto di amore
vivamente acceso, dal quale si sentiranno come struggere in soavi vampe, e
liquefare in desideri, in brame ardenti di assecondare quel Cuore adorabile
con tutte le proprie forze e potenze.
III.
—
L'azione di
grazia
nei riguardi del Sacerdote in
particolare.
Il
cardinale de Lugo fa rilevare che ogni materia in un sacramento esprime una
particolare grazia essenziale. Ora, nella S. Eucaristia, vi è una duplice
materia: il pane ed il vino. Una grazia speciale pertanto va unita a
ciascuna di queste due specie, quantunque ognuna contenga tutto il Corpo,
tutto il Sangue, tutta la Divinità, tutto il Cuore di N. Signore Gesù
Cristo.
Vi è una grazia unita alla comunione del calice, distinta da quella del Pane
eucaristico e di cui oggi il sacerdote solo può godere, comunicandosi lui
solo sotto le specie del vino. Il santo e dotto Cardinale aggiunge che
questa grazia consiste nella ebbrezza spirituale: et calix meus inebrians
quam praeclarus est, nella gioia intensa e generosa: bonum vinum
laetificat cor ho minum, nell’azione di grazia medesima, giacché il
sacerdote non trova altro mezzo per esprimere la propria riconoscenza verso
l’amore si grande del Salvatore se non assumendo il calice che ne contiene
il preziosissimo Sangue: quid retribuam Domino pro omnibus quae retribuit
mihi? Calicem salutaris accipiam... E’ questo un singolare privilegio
che fa del prete l’organo speciale ed ufficiale dell’azione di grazia, come
lo è della riparazione. E’ per questo che lo Spirito Santo rappresenta il
Banchetto eucaristico come un canto di letizia, come il concerto d’un
festino nuziale: In voce exultationis et confessionis, sonus epulantis.
La santa specie del vino produce questa allegrezza e questi trasporti
ineffabili, perché rappresentano in modo singolare il S. Cuore di Gesù, da
cui è sgorgato il sangue, l’amore.
Questa letizia divina è un insieme di tenerezze e di generosità e può
arrivare sino all’estasi.
Essa non teme di manifestarsi all’esterno sotto forma di canti, di trasporti
d’ogni fatta o danze magari: così la manifestò Davide al cospetto dell’Arca.
Il corpo, l’anima, l’intelligenza, il cuore, tutto si deve dimenticare
innanzi al S. Cuore eucaristico e sacerdotale. Giacchè Egli è preso da una
santa follia d’amore per noi, perché non dovremmo fare altrettanto noi per
Lui?
I
preti giansenisti e liberali non raccoglievano né raccolgono nella santa
Eucaristia che una profonda tristezza, perché
l’orgoglio è signore del loro cuore e mentre
gli uni si danno al culto di se stessi gli altri si danno al mondo e quelli
e questi al demonio. La comunione per essi non può generare che disgusto e
noia.
Il S. Cuore di Gesù non vuol produrre questa gioia, questa letizia, la quale
inebriò già i martiri nel momento del martirio, che nelle anime innocenti
piene di semplicità e di rettitudine.
Perché i ministri di Dio la esperimentano si poco alle volte? Perché
ricercano la letizia di questo mondo, e perché il loro cuore non è avido
delle ebbrezze divine di cui parla il Cantico dei Cantici. Più
dimenticheranno se stessi e più si inebrieranno ai torrenti di gioia del S.
Cuore di Gesù. Perché le anime ferventi si mostrano talvolta più giulive dei
sacerdoti? Il S. Cuore dà ad esse, in ricompensa della loro generosità,
ex opere operantis,
ciò che ai suoi ministri avrebbe concesso con
maggior larghezza, se essi le avessero uguagliate e sorpassate nella via
dell’amore.
N. Signore ha detto ciò a S. Teresa e l’ha ripetuto più volte ad altri
santi.
Questo tripudio divino trae poi seco una moltitudine di grazie attuali atte
a far superare ai sacerdoti gli ostacoli che incontrano nell‘esercizio dei
propri ministeri. Certe anime chiamate alla vita di vittima
esperimentano ciò in modo meno sensibile, ma
lo esperimentano sempre, e se l'espressione della loro gioia è meno
apparente, non è da meno però nel loro cuore. In questo caso la letizia
diventa pace, quella pace anzi che supera ogni sentimento.
Risoluzione e preghiera.
Vi
chiedo, o mio Dio, perdono della freddezza che vi ho manifestato si spesso
dopo le mie comunioni a causa della mia cecità spirituale e del mio egoismo.
Riconosco ora le finezze del vostro amore e voglio far si che tutta la mia
vita non sia più che una continua azione di grazie. Così sia.
IV.
La pratica dell’azione di grazia in certe circostanze della vita
Vi sono
certe contingenze che traggono seco necessariamente la pratica dell’azione
di grazia. Fissiamo la nostra considerazione su tre di esse Ed anzitutto
dobbiamo render grazie con una meditazione o piuttosto una contemplazione
speciale dopo la S. Comunione e la celebrazione dei santi misteri.
I.
—
Dopo la S. Comunione
S.
Alfonso insiste con forza ed energia su questa orazione di azione di grazie,
tanto che fa dipendere da essa l’opera della santificazione, e Caterina
Emmerich paragona l’oblio di questo dovere al tradimento di Giuda.
Attualmente i sacerdoti ed i fedeli non osano trascurarla troppo facilmente,
importa però assai che essi vi
attendano con lo spirito ond‘erano
animati i santi nel compierla. Tutto si deve riepilogare in una
contemplazione calma che fa fondere il nostro cuore come il fuoco fa
liquefare ed evaporare l’incenso. Dobbiamo ripetere incessantemente «O
amore, o amore, quanto siete amabile!
Gratias agimus tibi propter magnam glorian
tuam
».
Vorremo noi pure trascurare di
ripetere: « Possa il mio cuore immolarsi per questo Cuore che si immola per
me
».
Noi abbiamo un modello perfetto della
vita eucaristica nella santissima Vergine, durante il suo soggiorno a
Gerusalemme ed a Efeso dopo la Pentecoste. Il Cuore immacolato di Maria è il
modello perfetto dell’amore che noi dobbiamo avere per il S. Cuore di Gesù
sempre vivente per amare. A Nazaret, il Cuore di Maria ci rappresentava
l‘amore che viveva teneramente della
presenza e delle carezze del S. Cuore di Gesù: sul Calvario, il Cuore
addolorato di Maria era il tipo più perfetto della riparazione, quale deve
essere praticata da noi; e nella piccola casa di Giovanni, dopo la
Pentecoste, questo Cuore materno ed immacolato non visse che d’azione di
grazie. Fecti mihi magna qui potens est et sanctum nomen
ejus.
La Divina Madre raffigurante la
Chiesa ed ognuno di noi non cessò di ringraziare il divin Cuore di Gesù per
tutti i suoi prodigi d’amore e per quello che li riassume tutti,
l’Eucaristia di cui Essa custodiva sempre spiritualmente i frutti nel
proprio cuore. Oh, come desiderò che questo Cuore fosse ardentemente
conosciuto ed amato! Come benedisse in antecedenza coloro che l‘avrebbero
fatto conoscere ed amare! S. Giuseppe non fu chiamato, almeno in una maniera
manifesta, alla riparazione; tutta la sua vita trascorse nell‘amore e
l’azione di grazie. Egli può quindi, più di ogni altro Santo, apprenderci
come dobbiamo contenerci dopo la santa Comunione o dopo la santa Messa. San
Giuseppe rendeva grazie annientandosi, dimenticandosi per non vedere il
Cuore di Gesù, l’unico oggetto dell’amore suo. Facciamo noi pure così.
II.
—
Dopo una grazia di vocazione.
Vi
sono altre occasioni in cui dobbiamo rendere grazie in modo tutto speciale;
dopo una conversione ad esempio, o dopo il dono di una vocazione
particolare. Come non dovremmo noi effonderci completamente in inni di
gratitudine e di riconoscenza alla vista di quest’amore speciale del S.
Cuore di Gesù di cui noi esperimentiamo in tal guisa i benefici e salutari
effetti?
Non possiamo estenderci su questo punto particolare, giacché le
considerazioni ch’esso richiama sono diverse per ogni anima e si
diversificano a seconda del favore speciale da essa ricevuto dalla
Provvidenza.
III.
—
Dobbiamo effonderci in azioni di
grazie pel grande favore concessoci di essere del numero di coloro che
conoscono la bella divozione al S. Cuore di Gesù.
Ciò
che deve fare eccitare grandemente la nostra dilezione ed entusiasmo è la
nostra vocazione alla divozione al S. Cuore. Con ciò, diveniamo un vaso
spirituale, Vas spirituale, per il regno dell’amore del S. Cuore in
noi; un vaso onorifico, Vas honarabile, per l’insigne onore che
questo Cuore ci fa nell’associarci alla sua vita riparatrice e nel
contrassegnarci con il segno salutare della sua croce, diventiamo un vaso di
pietà e di tenerezza, Vas insigne devotionis, perché noi custodiamo
nel nostro cuore la sua vita eucaristica, l’organo eterno dell’azione di
grazie sulla terra e nel cielo.
Ma, non consideriamo un tanto favore in noi stessi se non per confonderci
d’averne così poco profittato.
Preghiamo questo Divin Cuore che la falange degli amici di questa divozione
costituisca veramente un cuore mistico, un vaso spirituale, d’onore e di
pietà che sprigioni con abbondanza e senza misura il profumo dell’amore su
tutta la Chiesa e su ciascuno dei suoi membri; tale essendo la missione che
serba a questa eletta schiera il Divin Cuore di Gesù nella sua bontà e nel
suo amore.
Risoluzione
e
preghiera.
Quid retribuam Domino? Che vi
renderò io, o Signore? Come vi mostrerò la mia riconoscenza e la mia
gratitudine? Con l’amarvi, o mio Diletto, con sacrificarmi per voi e
lavorare indefessamente per trovarvi degli amici. Così sia.
V.
Maria farà di noi dei perfetti
discepoli del S. Cuore.
Nel
por fine a queste meditazioni eucaristiche non possiamo dispensarci dal
parlare della Vergine Santa. E’ nei disegni di Dio che ogni grazia passi per
le mani di Maria, tanto le grazie dell’Eucaristia e del S. Cuore quanto ogni
altra.
E’ per Maria che S. Margherita Alacoque è giunta al S. Cuore e spesso nei
suoi scritti la Visitandina di Paray ci invita a seguirla in questa medesima
via.
I.
—
E’ Maria che ha la missione di
condurci al S. Cuore.
Sin
dalla fanciullezza, Margherita Maria sentì dirsi da N. Signore: «Io ti ho
affidato nelle mani della mia Santa Madre, affinché abbia a plasmarti
secondo i miei disegni
».
Da allora aveva promesso alla Vergine
Santa di digiunare nei giorni di sabato e di recitarle ogni giorno qualche
preghiera.
Una volta che le era stato ingiunto di chiedere a N. Signore la salute,
rispose alla sua istanza Maria SS.ma in questi termini: Fatti animo, figlia
mia, nella sanità di cui ti fo dono per parte del mio Figlio; ti rimane
ancora una lunga e penosa strada da percorrere
».
Più tardi, N. Signore le fece vedere
tre cuori indissolubilmente uniti: i cuori di Gesù e di Maria ed un terzo
più piccolo, il cuore di lei. Ciò
per indicare che Margherita Maria
non doveva separare nel suo amore quei due cuori divini. Questa lezione non
la dimenticò mai.
« Non sapremmo fare un atto più gradito a Dio, scriveva la Visitandina di
Paray, dell’onorare Maria. Maria ci renderà dei discepoli perfetti del S.
Cuore di N. Signore. Questo divin Cuore vuole che si chieda alla Santa
Vergine d’interporre la propria mediazione presso di Lui
».
II.
L’amore del Cuore
di Gesù è il più bel frutto della
divozione a Maria.
« E’
per la mediazione della Vergine Santa, narra S. Margherita Maria, che il
nostro Padre, S. Francesco di Sales, ha ottenuto al nostro Istituto il S.
Cuore di Gesù per protettore validissimo».
Essa vide pure la S. Vergine che
trionfava sul demonio con lo strappargli i cuori delle religiose che
mancavano alla carità ed allo spirito di bontà.
Che bell’esempio per le comunità religiose!
Per mezzo di questa buona Mamma potranno ottenere il Cuore di Gesù come
speciale patrono e per essa si sentiranno salde contro gli attacchi del
demonio.
Bisogna tuttavia che le anime assecondino gli sforzi di Maria, soprattutto
col tenere il cuore staccato dalle creature. La S. Vergine, fece vedere alla
Visitandina di Paray una corona di anime che desiderava condurre in cielo.
Parecchie però restarono attaccate alla terra. Non gliene rimasero che
quindici, delle quali cinque soltanto vennero ricevute come spose dal Figlio
suo. Quanto importa di dare tutto il nostro cuore a Gesù con l’aiuto di
Maria!
III.
—
Omaggio
da rendersi a Maria Santissima.
Segnaliamo soltanto qualche pratica specialmente consigliata da Margherita
Maria. Essa raccomanda sopratutto tre cose: l’offerta di noi stessi a Maria;
l’unione alla S. Vergine nei nostri esercizi di pietà e la corona.
« Al mattino, dice, dopo esserci messi sotto la protezione di Maria,
preghiamola di offrirci a Gesù Cristo nel SS.mo Sacramento dell’altare
». Si può recitare con
questa intenzione la preghiera tanto
conosciuta: O
Domina mea, sancta
Maria...
La confidente del S. Cuore raccomandava pure
alle sue novizie la recita della corona quale pratica assai accetta a Nostro
Signore, e la S. Vergine la riprese un giorno perciò la recitava stando
seduta.
In
quanto alla unione a Maria nella vita intima e negli esercizi di pietà
possiamo praticarla «facendo, giusta l’avvertimento di S. Margherita Maria,
ogni giorno una visita intima alla Santa Vergine sul Monte Calvario per
chiederle la sua protezione onde ben portare la croce e morire a noi stessi
»
Per
quanto concerne la S. Messa, sia nella preparazione che nell’azione di
grazia, noi dobbiamo ricordarci i rapporti di Maria con il sacerdozio di
Gesù.
Maria quando portava nel suo seno o sulle braccia Gesù, non era forse come
un altare sul quale il Cuore divino si offriva a Dio per noi? E non fu la
Vergine santa anche vittima con Gesù? Non solo ha somministrato a Lui la
carne ed il sangue del suo sacrificio, ma ha veramente condiviso i suoi
dolori. La spada di cui parla Simeone nel
giorno
della Presentazione non era un mero
simbolo. Il Cuore di Maria fu veramente lacerato, torturato. Essa soffrì con
Gesù, patì delle sofferenze di Gesù ed offrì essa stessa al Padre eterno per
condividere le amarezze del sacrificio di redenzione.
Maria non può disinteressarsi del sacrificio della messa, che è poi lo
stesso del sacrificio della croce. Essa è là in ispirito per offrire ancora
Gesù, e prende parte al sacrificio più del sacerdote, Con lui Essa adora,
ringrazia, ripara, domanda.
Come potremo noi dimenticarci di Maria SS.ma all’altare?
Risoluzione e preghiera.
O
Maria, madre mia prediletta, mi consacro a Voi per sempre. Prendetemi sotto
la Vostra protezione, presentatemi al Vostro divino Figlio, e chiedetegli
per me la grazia d’un ardente amore verso di lui e verso voi. Così sia.
VI.
Quale deve essere quaggiù la
‘vita d’un amico del Sacro Cuore di Gesù
e quale sarà in Cielo.
Un
amico del S. Cuore, come abbiamo rilevato nella serie di meditazioni che con
la presente intendiamo chiudere, deve far rivivere in se stesso il S. Cuore,
e divenire una messa perpetua con la
propria vita di amore e di immolazione.
I.
—
Un amico del S. Cuore deve
far
rivivere in se stesso il Cuore di
Gesù.
Ogni
devoto del S. Cuore deve ritrarre questo divin Cuore in modo particolare e
distinto, a seconda dell‘attrattiva e della chiamata dalla grazia. In tutti
però deve rivivere questo Cuore che ama e s’immola sempre, che si dimentica
incessantemente, e si dà continuamente; questo Cuore che è, ed è vero, il
cuore d’un uomo, ma che è pure il cuore d’un Dio; questo Cuore che non ha
cessato di offrirsi a noi e per noi e che è il primo, il più bello ed il più
grande dei cuori delle vittime d’amore.
Che verrebbe a fare pertanto la vita terrestre in noi? Che possiamo avere di
comune con il mondo ed i suoi piaceri e le sue attrattive? Esso deve essere
sì lontano da noi da non vederlo nemmeno più. Vi può mai essere un mondo per
chi vive soltanto del Cuore di Gesù, non pensa che a Lui e che può dire
davvero: il Cuore di Gesù è il mio cuore?
Facciamoci a possedere il Cuore sacro di Gesù, uniamoci a Lui in modo
mistico e reale. Bisogna che il nostro fervore non si rallenti mai, perché
il fuoco del S. Cuordi Gesù non diminuisce ne si estingue mai.
II.
—
Canfidenza, carità, umiltà.
Ma ciò
che sostiene il fervore è la confidenza. Lo portiamo assieme a noi questo
divin Cuore ed ei ci porta ed è sempre pronto a dissipare il nostro
scoraggiamento con ogni sorta di grazie di cui è fonte.
Stiamo pur certi che Egli non ci verrà mai meno, se per parte nostra non gli
diventeremo infedeli. Nostro Signore vuole la nostra confidenza. E come non
dovremmo nutrir fiducia nel suo
Cuore tanto potente sì misericordioso?
La sfiducia, lo scoraggiamento dovrebbero esserci sconosciuti e lo saranno
se progrediremo nella azione di grazie e nella fiducia nei nostri superiori.
La carità mutua deve parimenti informare la nostra vita. Ricordiamoci delle
parole del Vangelo «Vi do un comandamento nuovo, ed è di amarvi gli uni gli
altri come vi ho amati. Tutti conosceranno che voi siete miei discepoli, se
avrete dell’amore gli uni per gli altri
».
Ah! con l’amarci teneramente noi
amiamo il S. Cuore di Gesù che vive in noi. Sia però quest’amore tutto sopra
naturale. Noi ci dobbiamo amare,
affinché il S. Cuore vivente in noi, viva parimenti in tutti i suoi membri.
Per noi l’egoismo non deve esistere; tutto deve essere amore e dilezione,
perché noi dobbiamo dimenticare noi stessi per non vivere che del Cuore di
Gesù, e il Cuore di Gesù non è che soavità e misericordia. Quando la carità
sarà saldamente stabilita nel nostro cuore, noi non penseremo che ad una
cosa: consumarci in profumo di riconoscenza e di azione di grazia. Tutto il
nostro desiderio sarà di diventare l’eucaristia vivente del Cuore di Gesù
come questo divino Cuore è la nostra.
Finalmente dobbiamo aver il coraggio di riconoscere sempre la nostra
miseria. Siamo oppressi da un cumulo di grazie e noi ne abbiamo profittato
si malamente! Ah! la nostra ingratitudine è pur grande. O Cuore
misericordioso di Gesù, se teneste conto di tutte le nostre iniquità ed
ingratitudini, non potremmo sussistere; ma Voi stesso siete la sorgente
inesauribile d’ogni misericordia e d’ogni riscatto. Fatene rifluire i flutti
su di noi. Non guardate la nostra miseria, ma ricordatevi della vostra
bontà; si, voi lo farete, perché noi dal canto nostro riconosciamo la nostra
indegnità illimitata, lo farete perché siete un Cuore prodigo verso gli
umili.
III.
—
Gli
amici
del S. Cuore in cielo.
E
quando un amico del S. Cuore sarà ammesso in paradiso, che farà mai lassù?
Se sarà stato perseverante nella propria vocazione, verrà collocato vicino
al Cuore di Gesù e sommerso nel torrente di delizie ineffabili che da esso
sgorgano.
Se sarà stato assiduo all’esercizio della contemplazione, ammirerà per
sempre quel Cuore che è la fonte di esultanza per gli angeli ed i santi.
Allora, unito alla Vergine, a S. Giuseppe, ai felici Comprensori, ripeterà
l’inno di azione di grazia che già quaggiù si sarà preparato ad intonare:
« Occicus es, o Cor Jesu, et
redemisti nos Deus in sanguine tuo..., et fecisti nos Deo nostro regnum et
sacerdotes: Voi avete sofferto la
morte, o Cuore di Gesù, e ci avete riscattato per mezzo del vostro sangue
per farci principi e sacerdoti del vostro regno
».
Sì, questo inno si addirà più a noi
che agli altri, perché noi avremo di più amato quel Cuore divino. Ma che
sarebbe di noi se mancassimo di generosità e privassimo il Cuore di Gesù
della gloria che attende da noi Ah!
Sursum corda!
Eleviamo i nostri cuori in alto, eleviamoli
verso il Cuore di Gesù che, per conquistarli meglio, risiede
nella santa Eucaristia e ripetiamo con tutto
il nostro amore: Ecce venio.
Risoluzione e preghiera
Rinnovo, o Cuore di Gesù, la
consacrazione totale di me stesso, del mio essere e di tutta la mia vita a
Voi. Vi amo, sono tutto vostro. Così sia.
INDICE
PROEMIO
pag. 5
VITA DI
AMORE
Mire
d’amore del Sacro Cuore di
Gesù
" 9
Il Cuor di Gesù
nell'Eucaristia
" 13
Il Sacro Cuore di Gesù nell'Eucaristia rinnova la sua Passione
" 19
Vita gloriosa del Sacro Cuore di Gesù nell’Eucaristia e frutti
che
possiamo
ricavare dalla considerazione di essa
" 25
Il Cuore Eucaristico di Gesù sorgente di tutte le grazie
" 31
Il Cuore di Gesù ha sete di essere amato dagli uomini nel SS.mo
Sacramento
" 39
VITA
NASCOSTA ED OPEROSA DI GESU'
La
solitudine del Sacro Cuore di
Gesù.
" 47
Le
occupazioni del Cuore Eucaristico di
Gesù
" 52
Vita nascosta del Cuore Eucaristico di Gesù
" 57
La conversazione del Cuore Eucaristico di Gesù con l’anima che gli è
devota
" 62
Il Cuore Eucaristico di Gesù c’insegna la purezza
" 68
Invito
all’amore del Sacro Cuore, nostro Amic, nella Santa Eucaristia
" 74
MISTERO
DI SACRIFICIO
L’atto del sacrificio eucaristico, ossia la Santa Massa
» 81
La Santa Messa (continuazione)
» 87
Umiliazione e mistiche angosce del Cuore Eucaristico di Gesù
» 92
Povertà Eucaristica
» 97
Obbedienza Eucaristica
» 100
Il Cuore Sacerdotale di Gesù
» 105
Il sacerdozio della nuova legge è ma scaturito dal Cuore di Gesù
» 109
MISTERO
DI INGRATITUDINE PER PARTE DEGLI UOMINI
Lo
scisma
» 117
L’eresia
» 122
L’ingratitudine e l’oblio
» 128
Lo spirito di riparazione eucaristica
» 134
La riparazione e l’immolazione
» 142
Ostia d’amore
» 146
MISTERO
D'AZIONE DI GRAZIA
Carattere dell’azione di grazia
» 153
L’azione di grazia in unione al Sacro Cuore
» 158
Sentimenti che deve determinare l’azione di grazia dopo la santa Messa e la
santa Comunione nelle anime consacrate al Cuore di Gesù
» 163
La pratica dell’azione di grazia in certe circostanze della vita
» 170
Maria farà di noi dei perfetti discepoli del Sacro Cuore
» 175
Quale deve essere quaggiù la vita di un amico del Sacro Cuore di Gesù
e quale sarà in cielo
» 179
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