IL NATALE DI UNA VOLTA: quando i nonni erano bambini*

 

Come era vissuto una volta il Natale? Qual erano i valori più sentiti? Cosa si faceva? Che cosa ci si aspettava? Il Natale, raccontato da mia nonna, era vissuto nella miseria, ma questa non si avvertiva, perchè la ricchezza era nei cuori degli uomini.

Mia nonna racconta che il periodo natalizio, quando era bambina, iniziava dall'Immacolata Concezione, anche se l'Avvento inizia dall'ultima Domenica di Novembre, ma per lei questa festa si cominciava a respirare nell'aria con l'8 Dicembre, festa dell'Immacolata Concezione, in cui si faceva un triduo di preghiera e una processione, occasione per incontrare tutti i paesani e i contadini che vivevano nelle campagne. Poi i festeggiamenti continuavano nella sera tra il 9 e il 10 Dicembre, festa della Beata Vergine di Loreto. Lei, che abitava in campagna, ricorda che la sera del 9, dopo il tramonto, era abitudine accendere dei falò, e ogni caseggiato ne accendeva quattro o cinque, gareggiando per quale fosse il più grande e per chi ne facesse di più rispetto a quelli circostanti. Questi falò creavano un favoloso spettacolo e una misteriosa atmosfera che illuminava la notte buia. Mia nonna, durante la notte, quando le campane della Chiesa annunciavano le tre di notte, veniva svegliata da sua nonna e insieme agli altri bambini della famiglia, pregava inginocchiata con un Rosario, perchè la leggenda racconta che in quel momento la Madonna passava con la sua casetta trasportata dagli angeli sui tetti delle case, ed era quello un momento di grande emozione, e lei mentre pregava sbirciava dalla finestra, nella speranza di vedere la Madonna con gli angeli... Poi finalmente la tanto attesa sera della Vigilia di Natale, in cui i numerosi membri della famiglia, formata da tanti nonni, genitori, fratelli, zii e cugini, si riunivano festosi intorno alla tavola per la misera cena. A quel tempo non avevano disponibilità economiche, e ciononostante in quella sera della Vigilia i visi di tutti i familiari segnati dalla sofferenza e dagli stenti, si distendevano in gioiosi sorrisi e allegria, anche se a quel tempo la fame era tanta. In questa occasione la cucina era modesta, ma allo stesso tempo genuina. In quella sera si mangiavano verdure lessate, come cavolfiori e finocchi, poi pastellate e fritte, e per secondo l'immancabile baccalà con patate o uva passa preparato con cura dalla sua nonna. Finita la cena la casa si riempiva di persone che abitavano nelle vicinanze, così da far diventare la serata festosa, chiassosa e gioiosa. Era proprio una sacrosanta veglia perchè a quel tempo era abitudine andare a letto presto, invece questa serata era insolita, eccitante e piena di attesa. Mentre si aspettava l'ora per andare alla Messa di mezzanotte, gli uomini, in gruppo parlavano e giocavano a carte, le donne si radunavano in cerchio parlando allegramente e i bambini si disponevano intorno al fuoco ad ascoltare le fiabe della nonna, che solitamente narrava il viaggio di Maria e Giuseppe e la nascita del Bambin Gesù, il tutto con l'aggiunta di molta fantasia semplice e genuina di quel tempo. Poi arrivava il momento tanto atteso, e allora tutti indossavano quel che di modesto avevano e frettolosamente si recavano verso la Chiesa. Mia nonna ricorda che lungo la strada, nel freddo dell'Inverno, spesso con la neve, si udivano cori di saluti e auguri che scaldavano il cuore e tutto il corpo, tanto da non sentire più il freddo pungente di quella notte speciale. Poi si entrava nella fredda Chiesa, ma nel calore fraterno, e, con immensa gioia, iniziava la celebrazione della S. Messa. Tutti erano ansiosi del momento in cui, al "Gloria in Eccelsis Deo", il sacerdote annunciava la nascita di Gesù scoprendo la statua del Bambinello, e così Gesù nasceva di nuovo fra i tanti cuori palpitanti per la gioia. Poi le campane, mentre accadeva tutto questo, suonavano festosamente, perchè il Figlio di Dio era venuto ad abitare in mezzo a noi, e appunto per questo tutti cantavano "Tu scendi dalle stelle" . Il momento era emozionante e quella bambina di un tempo, cioè mia nonna, aveva il cuore in fiamme e sicuramente avrà avuto gli occhi scintillanti. Dopodichè si usciva dalla Chiesa e si tornava a casa un po' stanchi per l'intensa giornata. Mia nonna, mentre tornava a casa tenendo per mano la sua mamma, che aveva in braccio la sua sorellina, non riusciva a guardare la stradina e rischiava di tanto in tanto di inciampare perchè aveva il naso all'insù con gli occhi sgranati verso il cielo, speranzosa di vedere la cometa e forse anche qualche angioletto. Arrivati a casa, tutti i bambini della famiglia appendevano al camino le calze di lana sferruzzate dalla nonna e, con gli occhi chiusi, nel loro cuore chiedevano a Gesù un dono diverso da quello del Natale precedente. Le loro mamme mettevano a bruciare nel camino un ceppo, affinchè ardesse fino al mattino, poichè questo serviva, secondo la leggenda, a dar sollievo alla Madonna, che stanca e infreddolita, sarebbe passata nella notte insieme al Suo Figlio Gesù per benedire la casa e a portar doni. Poi, il bacio della mamma e tutti a dormire.

La mattina di Natale le donne della famiglia si alzavano presto a preparare quel che avevano per questo grande giorno. I bambini si svegliavano nel sentire il profumo del brodo di cappone che bolliva nel pentolone, più che altro era il borbottio del loro stomaco vuoto a svegliarli, poichè era il giorno in cui si potevano riempire la pancia. E via giù dai letti! Poi correvano davanti al camino. Mia nonna dice che i loro occhi si riempivano di gioia nel vedere le calze rigonfie, ma questa gioia si trasformava ben presto in delusione, non appena si scopriva il contenuto, cioè come gli anni passati e per sempre, noci, mandarini e "mele pianelle". Però poi la delusione scivolava via dai visi, nell'ascoltare il suono di sottofondo del ribollire del pentolone che accompagnava a ritmo i canti natalizi delle loro mamme. Poi si aspettava l'atteso pranzo come se fosse un premio, dove tutti potevano acquietare la fame e stare insieme armoniosamente e allegramente. La tavola offriva il brodo di cappone, le tagliatelle fatte in casa, il cappone lesso accompagnato dalle verdure cotte e infine il tacchino con le patate cotto col forno a legna. Poi si continuava a mangiare dolci per tutto il pomeriggio. C' era l'immancabile "fristing", i panetti di fichi, pane con uva passa e croccante di mandorle, fino a quando la nonna proponeva un momento di preghiera con il Rosario e le litanie per ringraziare Gesù di questo grande giorno. Si dissolveva così quel giorno tanto atteso.

E' bello in questo periodo natalizio ascoltare le nonne che dicono con tono nostalgico e un pizzico di sofferenza: "Ai tempi miei..." ed ecco il racconto che ogni anno ci ripropongono ed ogni volta è sempre più suggestivo, facendoci vivere nei nostri cuori i loro tempi, quando ancora tutto sembrava un presepe. 

Oggi il Natale lo viviamo diversamente, ma non è il Natale ad essere cambiato, bensì è il cuore degli uomini che ha perso un po' l'obiettivo e l'orientamento... non si ha tempo più per nessuno, perchè si corre dietro ai regali, alle luci e al divertimento, ma tutto questo poi ci lascia delusi e vuoti, perchè il vero regalo è Gesù, e con Lui c'è il vero dono d'amore, cioè la vita; la vera luce è quella di Dio che illumina ogni uomo, infatti se ci lasciamo accarezzare il cuore da Lui non avremo più bisogno di nulla, noi risplenderemo della sua luce e illumineremo il Natale, senza aver bisogno dell'elettricità. Viviamo il Natale con spirito di amore, per accogliere Gesù... per accogliere il prossimo... e sentiremo il cuore battere forte.

LAUDATO SII O MI SIGNORE!!!

                                                                      Giorgio*

           * Nota della redazione: Giorgio è un bambino di 10 anni

[IL NATALE DI UNA VOLTA: quando i nonni erano bambini*  -  Inserita il 10/12/2011]

 
 

 

 

 

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