ASSISI: sulle orme di S. Francesco*

 Chi era fratello Francesco? Cosa fece di straordinario? Cosa ci dice oggi?

S. Francesco fu un giovane che scelse di essere povero, affidò completamente la sua vita al buon Padre che è nei cieli e fece una cosa straordinaria: vivere una meravigliosa vita ordinaria nell'umiltà, nella carità e nella preghiera, per essere libero e leggero, senza nulla possedere, e consegnato alla Provvidenza di Dio per ogni bisogno fisico e spirituale. S. Francesco è un santo che ha parlato e parla a tutte le generazioni, passate, presenti e future. E' un santo che si sente nel cuore di chiamare fratello, che a distanza di anni dalla sua vita, si sente vicino e sembra di sentirne la voce, riesce a catturare l'anima, il cuore e la mente di ogni persona per elevarli a Dio e sentirsi la gioia e la ricchezza di vivere vicino a Lui. Grazie, fratello Francesco!

Camminando per le vie di Assisi si ha l'impressione di vivere in tempi molto più antichi dove si incontrano personaggi di un tempo, l'emozione è così grande che sembra di essere lì, nel 1181, alla nascita proprio di S. Francesco. S. Francesco nacque in una famiglia benestante di ricchi mercanti. Suo padre si chiamava Pietro di Bernardone e sua madre madonna Pica. Fu battezzato alla fonte battesimale della chiesa di S. Maria Maggiore, dove oltre a lui furono battezzati anche i suoi compagni, come fra Rufino e fra Leone, e anche S. Chiara e Francesco Possenti ovvero S. Gabriele dell'Addolorata, che nacque proprio ad Assisi. Attualmente questa fonte battesimale si trova nella chiesa di S. Rufino. Sostando davanti a questa fonte battesimale si riesce ancora a vedere attraverso il proprio cuore questi tre neonati S. Francesco, S. Chiara e S. Gabriele dell'Addollorata che forse piangono mentre stanno per essere purificati per diventare cristiani. Questo momento regala una grande e forte commozione, ed il pensiero che poi queste piccole creaturine avrebbero vissuto una vita da santi per Dio e per tutte le Sue creature ci fa ondeggiare qualche lacrimuccia negli occhi e l'appannaggio della vista, come essere avvolti in una nuvola, aiuta ad essere lì, nel 1181, mentre l'acqua benedetta bagna la testa di S. Francesco e il progetto di Dio ha inizio...

S. Francesco da ragazzo voleva diventare cavaliere e infatti il padre, contento della sua scelta, gli comprò una splendida armatura e un bellissimo cavallo. Poi Francesco si preparò per andare in guerra, ma la sua vita cambiò quando, alla vigilia della partenza, una voce gli disse: "perchè vuoi diventare un cavaliere al seguito di un conte e non al seguito di un principe?". S. Francesco un po' di tempo dopo capì che il principe era Gesù, e da quel giorno meditava su quello che aveva sentito. Partì per la guerra, ma dovette subito tornare ad Assisi perchè durante il viaggio verso il campo di battaglia si ammalò. Un giorno, poi, mentre passava accanto alla chiesetta di S. Damiano, abbandonata in rovina, Francesco entrò e si inginocchiò. All'improvviso sentì una voce che sembrava provenire dal crocifisso bizantino che lo invitava a ricostruire la chiesa, e Francesco sentì il grande bisogno di mettersi al servizio dei poveri nella Chiesa del Signore. Francesco così decise di abbandonare la casa paterna spogliandosi di tutte le sue ricchezze, ma il padre non volle accettare il desiderio di suo figlio e così lo incatenò al sottoscala, oggi chiamato carcere, che si trova al lato della casa, su cui è stata costruita la chiesa chiamata Chiesa Nuova. Nella Chiesa Nuova possiamo vedere le stanze della casa, come la camera di S. Francesco, su cui oggi c'è l'abside, il sottoscala, la porta principale e la porta del morto, da cui S. Francesco, dopo essere stato liberato da sua madre, uscì per sempre. Toccare le mura di questa chiesa, un tempo casa di fratello Francesco, riempie il cuore di una grande ricchezza, la vera e assoluta, quella di Dio. Con gli occhi chiusi e appoggiati con una mano su queste mura sembra ancora di vivere la decisione di povertà di questo uomo dal cuore umile che i nostri occhi ci fanno vedere povero, ma che in realtà lui decise di vivere nella grande ed ineguagliabile ricchezza: quella di Dio, che ancora oggi ci vuol far vedere, sentire e capire. 

E solo coloro che vivono nella pienezza di Dio riescono a provare questa meravigliosa e unica sensazione che il luogo regala.

Fratello Francesco, abbandonò così la casa paterna lasciando tutto ciò che aveva al padre, anche gli abiti, e, nella solitudine, ma libero e leggero, senza nessuna futilità, sia fisica che spirituale, partì per affidarsi completamente alla unica vera ricchezza, che è il Padre che nei cieli. Ma ora anche noi, a piedi nudi e con il cuore libero e pieno di Dio, insieme a fratello Francesco, camminiamo, corriamo, voliamo verso Dio...

S. Francesco, sempre allegro, pregando e cantando lodi e gloria in onore di Dio, come prima missione riparò la chiesetta di S. Damiano, poi andò a vivere nel Tugurio di Rivotorto, su cui poi è stata costruita la chiesa di Rivotorto. Il Tugurio era un capanno con un tetto di frasche, usato come riparo dai contadini del luogo, ed era situato vicino ad un ruscello. In questo luogo S. Francesco viveva nella povertà e nella preghiera, seguendo il Vangelo, ma da molti veniva preso in giro e creduto pazzo. Bernardo di Quintavalle cominciò ad ammirare la grande pazienza di fratello Francesco per i torti subiti, e, una notte, sentendo le sue parole e vedendolo molto vicino a Dio, fu ispirato dallo Spirito Santo, così Bernardo di Quintavalle decise di abbandonare tutti i suoi averi e diventare il primo compagno di San Francesco. Fratello Francesco fu lieto di avere questo compagno di viaggio dopo un cammino iniziale in solitudine, ma ora non sapeva cosa doveva fare. San Francesco decise allora di recarsi a Messa, e, insieme a Bernardo, si fermarono a pregare perchè fosse Gesù a mostrare loro la sua volontà ed insegnare loro cosa fare. Dio rivelò loro di vivere secondo la norma del Santo Vangelo in questo modo: S. Francesco chiese al prete di prendere il messale, insieme a Bernardo di Quintavalle fecero il segno della croce e il prete, in nome di Gesù, aprì il messale tre volte. La prima parola che Cristo presentò fu:

 

 

 "se tu vuoi essere perfetto, va, vendi ciò che hai, dallo ai poveri e seguimi"; la seconda fu: "non portate nessuna cosa con voi nè bastone, nè bisaccia, nè denari"; la terza: "chi vuole venire dietro me, prenda la sua croce e mi segua". Ora S. Francesco e il suo compagno sapevano cosa fare. Alla felicità di vivere in quel tugurio abbandonato di Rivotorto, presto si aggiunse un altro compagno, ovvero Pietro di Cattano. Dopodichè un uomo di nome Egidio, che fu poi il terzo compagno, venne anch'esso al Santo per abbracciare la sua vita. Egidio rimase alcuni giorni con i vestiti che aveva portato dal mondo, e, mentre era lì nel tugurio, un giorno un povero venne a chiedere l'elemosina a fratello Francesco. Allora S. Francesco, rivolgendosi ad Egidio, disse: "Dona al fratello povero il tuo mantello", ed Egidio, con grande gioia, se lo tolse di dosso e lo donò al mendicante, e di questo ne fu così tanto felice che si liberò di tutti i suoi pesanti vestiti, sia materiali che dell'anima, e si sentì libero di vivere con Dio e con questi suoi nuovi fratelli. San Francesco comiciò a vivere con i primi tre fratelli, a cui poi se ne aggiunsero altri, prima cinque, poi nove, fino ad arrivare a dodici e anche oltre. Questa piccola, umile e povera abitazione era diventata stretta e scomoda, che a fatica potevano stare seduti o sdraiati, ma loro non avvertivano questo disagio, perchè l'ardente amore fraterno e l'affetto spirituale rendevano il Tugurio caldo ed accogliente, anche perchè poi non si giudica una bella casa dalla spaziosità, dagli arredi, dai dipinti o dalle sontuosità, ma per la ricchezza del cuore e dell'animo di coloro che vi abitano. Anche adesso, mentre si sosta all'interno del Tugurio, dove da una parte c'è la stanza dove i frati dormivano con un letto di pietra, e dall'altra un'altro stanzino per stare insieme, mangiare e pregare, in cui ancora oggi si vede il caminetto scolpito nella pietra, si avverte ancora la loro gioia di stare insieme nel vivere poveri, ma nell'ineguagliabile ricchezza di Dio. In questo luogo santo, avvolto dal silenzio, sembra ancora di sentirne le voci, le lodi e i canti salire verso il cielo che magnificano il buon Padre, regalandoci ancora oggi la meravigliosa sensazione di esserne parte. Questo luogo che dalla parola stessa sembra brutto e non accogliente, è invece un luogo unico, perchè pieno d'Amore di Dio, e, chiudendo gli occhi e spalancando le porte del cuore, si può udire il buon Padre che ci dice: "Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi".

Rivotorto custodisce inoltre la memoria della prima approvazione orale della Regola francescana, l'approvazione e l'autorizzazione a predicare ovunque il Santo Vangelo. Con una decina di compagni, intorno alla Primavera del 1209, Francesco si diresse alla volta di Roma per incontrare il papa Innocenzo III. Fu lui a concedere la prima approvazione orale alla nuova Fraternità.

Cresciuti poi di numero, forse per mancanza di spazio o per ispirazione di S. Francesco, si trasferirono alla Cappella della Porziuncola. La Porziuncola è una piccola, graziosa e deliziosa chiesetta che ricevettero in dono dai Benedettini del Monte Subasio (si dice in dono, ma in realtà la diedero ai francescani in "affitto" che consisteva nel dare ogni mese ai benedettini un canestrello di pesce pescato in un fiume lì vicino). La Porziuncola in latino viene chiamata "Portiuncula", che significa "piccola pezza di terra", infatti intorno a questa chiesina c'era un pezzetto di terra, con dei capanni, dove dimoravano S. Francesco e i suoi fratelli. Ora questa chiesina si trova all'interno della Basilica di Santa Maria degli Angeli, una grande e bella chiesa, e questo santuario prende questo nome perchè qui, forse nel 1216, a S. Francesco apparve la Madonna circondata da un coro di angeli che, esaudendo le sue preghiere, ottenne da Dio l'indulgenza plenaria per tutti coloro che in futuro si sarebbero recati alla Porziuncola, e quest'indulgenza si chiama Perdono d'Assisi. Ora torniamo indietro nel tempo, felici intorno alla Porziuncola fra canti e preghiere, dove i frati per vivere e aiutare i poveri lavoravano nel proprio orto e aiutavano i contadini nelle campagne circostanti. Tutto il creato di Dio viveva in armonia con S. Francesco come "fratello e sorella" e lui, in compagnia del cielo, dei prati, dei boschi e delle vigne, lodava il Signore insieme a tutto il Suo creato. Mentre si seguono le sue orme si possono scoprire cose sbalorditive che ci legano al suo cuore in una profonda amicizia anche se a distanza di moltissimi anni, mentre si pensa a tutto questo, si avverte una piacevole sensazione, cioè che Dio sta compiendo un grande miracolo: non fa esistere spazio e tempo, e sembra quindi di essere lì con S. Francesco ad amare il Padre che è nei cieli. Si può rimanere stupiti da una certa affinità con fratello Francesco, legata profondamente dall'amore per Gesù e il suo Vangelo e l'armonioso amore per tutta la natura che Lui amorevolmente ci ha donato; amare non solo tutto ciò che è meraviglioso, ma anche i piccoli animali che agli occhi degli uomini danno schifo, ripugnanza o fastidio. Fratello Francesco, come qualcuno dei nostri giorni, trova Dio in ogni cosa, vede il grande miracolo della vita ed il rispetto per essa, scorge la ricchezza nella semplicità e nei doni del Signore, e quindi si ha voglia di una vita densa e profonda, lontano dalle sfarzosità. Quando si scoprono dal vero e non dai libri le nostre somiglianze nello spirito con questo grande Santo il cuore batte forte perchè ci si accorge che non si è più soli al mondo. Ritornando ora alla vita intorno alla Porziuncola, sembra di vedere i frati a piedi nudi, felici dentro il cuore, che cantano le lodi al Padre che è nei cieli e la natura che li circonda sembra partecipare alla loro gioia. Intanto fratello Sole splende altissimo nel cielo e per San Francesco è l'immagine di Dio che illumina la mente e riscalda il cuore degli uomini, così fratello Francesco dice a tutti: "Lodiamo Dio per questo nostro fratello bello, radioso e pieno di splendore". Mentre fratello Sole illumina sorella nostra madre terra, con fratello Francesco facciamo una passeggiata nell'orticello della Porziuncola contemplando la bellezza delle piante, dei fiori, di tutti i fili d'erba e di ogni insettino che vi giocherella intorno. Nel nostro cuore lodiamo il buon Padre che è nei cieli perchè nostra sorella madre terra produce molti frutti per sostenere il nostro corpo e fiori colorati affinchè possiamo lodare l'Altissimo. E' meraviglioso sentire, a distanza di tempo, ma nello stesso tempo, questo umile buon cuore, perchè è proprio così, infatti ogni creatura, con la sua voce, il suo profumo e i suoi colori, sembra che ci dica: "Dio mi ha creata per te e ora lodiamo insieme il buon Padre che è nei cieli!". Mentre San Francesco passeggia fra queste bellezze del creato lo vediamo che incontra il frate "ortolano" e gli ricorda di non piantare solo erbe commestibili, ma di far nascere anche dei fiori perchè con il loro profumo e i loro colori magnifichino il Signore che li ha creati. S. Francesco, camminando, ovunque ammira il creato come se vedesse Dio, ma soprattutto verso gli animali mostra il suo tenerissimo amore. Ogni animale, dal lupo alla cicala, dall'asinello all'allodola, dagli agnellini alle pecorelle e tutti gli uccellini che volano in cielo li considera fratello o sorella, e questi animali sembrano rallegrarsi quando lui li accarezza oppure danno segni di consenso quando li interroga e obbediscono quando gli ordina di fare qualcosa. Inoltre, mentre a piedi nudi accarezza nostra madre terra, i suoi occhi scorgono un vermicello, così lo prende, lo pone delicatamente sul palmo della sua mano, poi accuratamente lo depone fra l'erba affinchè non venga calpestato. Continuando il suo giro incontra il frate "apicoltore" alla quale raccomanda di somministrare alle api del miele e dell'ottimo vino, affinchè non muoiano di fame durante il freddo dell'inverno.  

Dopo aver pregato insieme a madre natura, fratello Francesco si reca a parlare nella piazza di Assisi, tutti lo ascoltano parlare amorevolmente di Gesù, ma le sue parole riescono a catturare soprattutto il cuore di una giovane fanciulla nobile di nome Chiara. Dopo aver ascoltato con attenzione Francesco giorno dopo giorno, si lega in una profonda amicizia con il Santo e prova un'attrattiva per il suo stile di vita. Chiara ha diciotto anni e vive nell'agiatezza e nella sfarzosità, ma, in accordo con il Santo, desidera vivere il suo stesso stile di vita, però la sua famiglia non glielo avrebbe mai permesso. Allora Chiara, una notte, in accordo segreto con S. Francesco, con il Vescovo e con la fida amica, Pacifica di Guelfuccio, fugge passando anche lei per la porta del morto. A quel tempo quasi tutte le case di Assisi avevano due porte esterne molto vicine: una era grande e larga, con uno scalino basso dove tutti entravano e uscivano, inoltre i nobili su questa entrata avevano anche delle guardie; l'altra veniva chiamata "porta del morto", era piccola e stretta, con uno scalino altissimo ed era sempre ben chiusa e sprangata,  veniva aperta soltanto quando si era costretti a far uscire un morto dalla casa, che quindi non faceva più ritorno, così un funerale dopo l'altro ci si mettevano contro sempre più mobilie e oggetti per paura che, per una leggera superstizione, qualche altro componente della famiglia uscisse da questa porta. Inoltre, sempre per superstizione, mai un vivo doveva passare per questa porta e mai un morto doveva passare per la porta principale. Per questo Chiara e Francesco poterono usare questa porticina senza che venissero visti da nessuno. Però Chiara trovò un po' di difficoltà nell'aprirla, perchè dopo la morte del padre trovò davanti parecchi ingombri, ma con la preghiera nel cuore e l'aiuto del Signore riuscì ad aprire la porta superando gli ingombri e aprendo anche le spranghe che non erano state più oliate da molto tempo. Spiccò un leggero balzetto e, senza guardarsi indietro, fu libera per sempre di amare il Signore. La casa di S. Chiara si trova ancora oggi vicino alla chiesa di S. Rufino. Di questa casa è visitabile solo una piccola stanzina dove c'è un altarino e un urna nella quale si possono far cadere dentro le preghiere che provengono dal nostro cuore. 

S. Chiara però non fu la prima della sua famiglia a seguire S. Francesco, perchè infatti, prima di lei, fu suo cugino Rufino, uno dei primi discepoli ad abbracciare l'Ordine Francescano, e fu sempre suo cugino Rufino a raccontarle di tutti i discorsi del Santo.

Ecco che tutti i frati con fratello Francesco aspettano sorella Chiara vicino alla Porziuncola, finalmente la vedono spuntare, e i frati le vanno incontro con fiaccole accese. In questa santa notte Francesco riceve la santa promessa di Chiara di vivere il Vangelo alla lettera e di abbracciare "sorella povertà". Ancora oggi suscita grande commozione per l'infinto e vero amore per Dio che, ripercorrendo questi luoghi, si riesce ad aver la visione del momento, tanto che sembra di percepire il cuore di Chiara. Nella piccola chiesa S. Francesco taglia i lunghi capelli color oro della giovane Chiara mettendole sul capo un ruvida stoffa nera, e, spogliandosi delle sue ricche vesti, sia materiali che spirituali, Chiara si consacra a Dio e da qui ha inizio l'ordine delle Clarisse.

Meraviglioso vivere questi momenti dove ci si affida completamente alle braccia del buon Padre che è nei cieli. Ora sorella Chiara sembra proprio contenta! E la sua contentezza oltrepassa il tempo e arriva dritta nel nostro cuore come una freccia.

Fratello Francesco e gli altri frati costruiscono per Chiara un piccolo e delizioso convento proprio accanto alla chiesa di S. Damiano che Francesco aveva ricostruito. Chiara va a viverci con alcune ragazze precedentemente nobili che si sono unite a lei, tra cui le due sorelle Agnese e Beatrice e la madre Ortolana. In questo semplice monastero, ricco della presenza di Dio, Chiara trascorre tutte le giornate lavorando con le sue mani, pregando di giorno e di notte e servendo le sue sorelle. La fama di S. Chiara così si diffonde con rapidità tanto che vescovi, cardinali e persino il Papa desiderano vederla e ascoltarla. Il Papa spesso va a trovarla e un giorno si incontrano proprio presso il monastero di S. Damiano. E' quasi l'ora del pranzo e sorella Chiara dà il pane al Papa affinchè lo benedicesse, ma il Papa rifiuta e le ordina di fare sul pane il segno della Croce e di benedirlo nel nome di Dio. La Santa obbedisce e benedice devotamente quei pani. Subito in tutti i pani appare il segno della Croce perfettamente intagliato. Di quei pani una parte viene mangiata e una parte conservata. Il Papa, visto il miracolo, prende quel pane e riparte benedicendo S. Chiara e ringraziando Dio. 

Fratello Francesco si fidò sempre di lei e si appoggiò al suo spirito e alla sua preghiera finchè visse. Chiara fu sempre fedele all'umiltà di Francesco e del Vangelo, che fu parte integrante della sua vita, senza diminuirlo o accomodarlo, senza timore di fronte a nessuno.

Ancora oggi, nel monastero di S. Damiano, si possono visitare la stanza del coretto, il dormitorio delle suore con il posto dove Chiara dormiva e dov'è morta segnato con un mazzo di fiori, il refettorio con il posto dove Chiara mangiava segnato anch'esso da un mazzo di fiori e un grazioso chiostro. In questo luogo, avvolto dal silenzio, dove il silenzio non è soltanto silenzio, ma preghiera e devozione a Dio, anche senza vedere e chiudendo gli occhi si sente e si gode del profumo della santità. 

S. Francesco e i suoi fratelli poi per pregare andavano all'Eremo delle Carceri sul Monte Subasio per contemplare Dio nel silenzio. Questo luogo è visitabile e già all'entrata dà un senso di raccoglimento e di penitenza. Si ha una grande e meravigliosa emozione nel vedere queste strette, minuscole porte e la stanzina dove S. Francesco si inginocchiava a pregare.  Uscendo dal Santuario ci sono tanti sentieri che attraversano il bosco di faggi. E' un luogo di pace e serenità dove si sta vicini al cielo, ma nello stesso tempo a contatto con la natura: ci sono uccellini che cantano felici fra i rami degli alberi e farfalline colorate che volano leggiadre e accolgono i pellegrini volteggiandogli intorno; la presenza di S. Francesco si vede e si sente. Mentre si cammina per questi sentieri si incontrano tre statue di bronzo che raffigurano S. Francesco sdraiato a terra ad ammirare e contemplare fratello cielo con tutte le creature, poi anche fra Leone chino a terra con un bastoncino che sta disegnando le costellazioni e fra Ginepro che guarda stupito la lucentezza della Stella Polare: il Vangelo è come la Stella Polare, ci indica sempre la giusta direzione.

S. Francesco non sa ancora qual è la sua missione e quella dei suoi compagni, allora manda fra Masseo da sorella Chiara a dirle di pregare affinchè Dio possa mostrarle quale sia la cosa migliore, se vivere solamente in preghiera o dedicarsi anche alla predicazione. Poi manda fra Masseo anche da fra Silvestro a chiedergli la stessa cosa, infatti fra Silvestro era talmente pio e santo che veniva sempre esaudito da Dio e, spesso, parlava con Lui. Fra Masseo così si incamminò e fece quanto detto dal Santo, poi gli portò la risposta, uguale sia per Santa Chiara che per fra Silvestro, e cioè che Cristo voleva che Francesco andasse per il mondo a predicare perchè non l'aveva scelto per stare da solo, ma per aiutare e convertire gli altri. Dio rivelò a S. Francesco che sarebbe stato a predicare in molti luoghi anche quando egli e i suoi compagni si recarono nella chiesa di S. Giacomo di Compostela e qui rimasero tutta la notte in preghiera.

Allora S. Francesco, conosciuta la volontà di Cristo, disse ai suoi compagni: "Andiamo nel nome di Dio". 

Dalla Porziuncola S. Francesco e gli altri fratelli partirono per annunciare il Vangelo all'Umbria, a tutta Italia, in Europa, in Asia e in Africa. Presero poi l'abitudine di rincontrarsi alla Porziuncola due volte l'anno, a Pentecoste e a S. Michele. In questi incontri trattavano come potessero meglio vivere la regola del Vangelo, si raccontavano i viaggi, li commentavano insieme e decidevano le nuove mete della missione.  Comunque dobbiamo sapere che S. Francesco sapeva sempre, attraverso rivelazioni del Signore, il cuore e i pensieri dei suoi santi compagni e, anche se a distanza, sapeva sempre come aiutarli.

San Francesco, insieme a fra Angelo e fra Masseo, un giorno andò a predicare nella piazza di Cannara, a pochi chilometri di distanza dalla sua amata Porziuncola. La popolazione era accorsa ad ascoltarlo, e mentre lui predicava le rondini passavano e ripassavano sopra di lui facendo un gran baccano e coprivano la voce di Francesco. Allora S. Francesco rivolse lo sguardo verso l'alto e disse ad esse: "O mie sorelle rondini, avete già parlato molto, lasciate che adesso parli io. Ascoltate anche voi ciò che dice il Signore e rimanete ferme, in silenzio, finchè non sarà terminato il discorso di Dio". Le rondini improvvisamente smisero di gridare e di volare posandosi ovunque ad ascoltare. Uomini ed uccelli furono uniti dalla stessa gioia e dalla stessa commozione per la santa predica di S. Francesco. Quando il santo ebbe terminato di parlare riprese il cammino, ma una corte di uomini e donne presero a seguirlo lungo la via della povertà e lasciando ogni affetto per seguire il Vangelo, e fu così che proprio in questa occasione S. Francesco ideò e istituì il Terzo Ordine Francescano. Poi San Francesco e i suoi compagni, dopo aver lasciato Cannara, ripresero il cammino tra i campi fino ad arrivare a Pian d'Arca. In questo luogo c'erano grandi querce con una moltitudine di uccelli che cinguettavano freneticamente sui rami. Fratello Francesco li chiamò ed essi subito lasciarono i rami e si andarono a disporre a terra, in cerchio, intorno a lui, così vicini da toccargli il saio. Francesco li invitò a lodare il loro Creatore perchè Lui li aveva coperti di piume, gli aveva dato ali per volare nell'aria pura ed era Lui a provvedere a tutti i loro bisogni senza dura fatica. Mentre lui parlava questi uccellini fissavano S. Francesco immobili e manifestavano la loro gioia con piccoli e graziosi movimenti. Fratello Francesco si mise a passeggiare fra loro ed essi non si spaventavano e non volavano via. Che spettacolo e che meraviglia questo momento! Che bello poter essere stati un uccellino! S. Francesco era simile agli uccelli: libero e leggero, senza nulla possedere e nelle braccia della Provvidenza di Dio. Questo è l'unico modo per vivere nella Gioia e nella Ricchezza, perchè non esiste gioia o ricchezza più grande di quella del Padre che è nei cieli.

Fra tutti gli uccelli Francesco aveva una particolare predilezione per le allodole perchè pensava che hanno la stessa umiltà dei frati: hanno il cappuccio come i religiosi, e sono umili uccelli, che vanno volentieri in cerca di qualche granello. Volando lodano il Signore gioiosamente, come i buoni religiosi che, staccati dalle cose del mondo, vivono nella Divina Provvidenza e, proprio per questo, glorificano Dio. Le piume delle allodole hanno il colore della Terra, e offrono ai frati l'esempio di non avere vesti elegani e di belle tinte, ma di modesto valore e del colore dell'elemento più umile, cioè la terra. Per questi motivi San Francesco ammirava le allodole e godeva solo a vederle.

San Francesco comunque amava tutte le creature, anche quelle che potevano sembrare meno aggraziate e tenere, infatti si narra che un giorno, mentre San Francesco era alla Porziuncola di ritorno dai suoi viaggi, un corvo planò sul tetto. I frati non lo salutarono con gioia perchè si pensava fosse di cattivo auspicio. Il corvo era nero e con un canto sgraziato, proprio il contrario della colomba. Ma con sorpresa i frati videro fratello Francesco avvicinarsi all'uccellaccio e dialogare amorevolmente con esso, considerandolo fratello come le colombe e le rondini, esempio di bellezza e di umiltà. Il corvo iniziò a condividere la vita comunitaria con tutti i frati: frequentava il coro, mangiava con loro, faceva compagnia ai malati e così non faceva più paura a nessuno, anzi fu apprezzato.

...Continuando poi il suo cammino in compagnia del Signore, San Francesco un giorno si trovò nella cittadina di Gubbio dove dimorava un lupo feroce che si aggirava nelle campagne circostanti. Era un vero pericolo per tutti e faceva così paura che gli abitanti di Gubbio non osavano più uscire di casa. Fratello Francesco provò una grande compassione per queste persone e così volle andare ad incontrare il lupo. Facendosi il Segno della Croce si incamminò per le campagne e si affidò nelle mani del Signore. Ad un tratto, sulla strada gli balzò davanti il feroce lupo con le fauci spalancate e S. Francesco facendosi il Segno della Croce iniziò a parlargli affidandosi all'amore di Dio. Il lupo improvvisamente chiuse la bocca e, mansueto come un agnello, si accucciò ai piedi del santo. Fratello Francesco volle perdonare fratello lupo per il male fatto e volle mettere pace fra esso e gli abitanti. Il lupo divenne buono, gli abitanti si meravigliarono, ma divenne lo stesso loro amico e non fece più nessuna crudeltà vivendo con gli abitanti di Gubbio per due anni. Quando frate lupo morì, gli egubini si rattristarono molto, ma ricordarono per sempre la santità di Francesco, ma non la ricordarono solo loro e in quel tempo, infatti anche oggi e per tutto il mondo. Anche i più cattivi e crudeli non potevano resistere di fronte alla santità e alla purezza di cuore di frate Francesco. Sarebbe anche oggi difficile resistere, tanto che non occorre incontrarlo, basta seguire le sue orme e già si sente l'aria che profuma di una particolare e unica essenza, quella dell'amore di Dio.

Un giorno insieme a frate Leone, Fratello Francesco s'incamminò per andare a portare la Parola di Dio nelle zone della Toscana e, mentre il Sole tramontava, ormai stanchi, andarono a riposare nel fienile di un casolare. Frate Leone si addormentò, invece frate Francesco continuò a vegliare a lungo in preghiera contemplando il cielo stellato e sorella Luna che illuminava la notte. Poi San Francesco si alzò e andò al pozzo che era lì vicino. Si avvicinò e si sporse per guardare dentro al pozzo e vide la Luna, che era alta nel cielo, riflettere nell'acqua. Con gran sorpresa vide un volto umano sorridente che assomigliava a sorella Chiara. Fratello Francesco fu preso da allegrezza perchè Dio, facendogli vedere il volto di Chiara riflesso nell'acqua limpida, voleva fargli capire che a S. Damiano sorella Chiara stava bene.

Sapete cos'era per fratello Francesco la perfetta letizia? Lo spiega proprio questo piccolo episodio della sua grande vita...

Dopo aver predicato in tanti luoghi per molti giorni, fratello Francesco, in compagnia di fra Leone, era di ritorno alla Porziuncola. Il viaggio era difficile e pungente, perchè era Inverno. Ad un tratto San Francesco chiamò fra Leone che camminava davanti a lui e gli disse: "frate Leone, anche se i frati potessero fare miracoli ridando la vista ai ciechi e l'udito ai sordi, scrivi che questa non è perfetta letizia". Subito dopo il santo di nuovo gridò: "O fra Leone, anche se i frati sapessero tutte le lingue del mondo e potessero conoscere il futuro, scrivi che questa non è perfetta letizia". Dopo poco lo chiamò ancora e gli disse: "Anche se i frati conoscessero tutte le stelle del cielo, le piante e gli animali della terra, scrivi che questa non è perfetta letizia". Frate Leone come noi oggi, con grande ammirazione, chiese a San Francesco: "Padre, ti prego, dimmi dov'è la perfetta letizia". San Francesco rispose: "Quando saremo arrivati a Santa Maria degli Angeli, bagnati dalla pioggia, infreddoliti,  coperti di fango, affamati e busseremo alla porta del convento, e il portinaio verrà ad aprirci e non ci riconoscerà, anzi ci prenderà per ladri e quindi non ci aprirà la porta facendoci restare fuori al freddo: se noi avremo pazienza e con allegria e amore sopporteremo tutto questo, ora puoi scrivere che questa è perfetta letizia".

La strada della vita è fatta di sacrifici e momenti difficili che si devono sopportare con pazienza e amore, senza sognare o desiderare altro, perchè questo è il cammino della gioia verso Dio: questa è perfetta letizia.

...poi, dopo aver incontrato i suoi compagni alla Porziuncola, fratello Francesco rispettando sempre la volontà del Padre si rimette in viaggio, questa volta verso le nostre Marche lasciando le sue orme ovunque e per sempre.  Infatti si racconta che, dopo aver predicato ad Ancona, Francesco, mentre si stava diregendo verso Osimo in compagnia di frate Paolo, nella campagna incontrò un pastore che pascolava un folto gregge di capre e montoni, e in mezzo vide una sola ed umile pecorella che buona buona brucava l'erba. San Francesco fu preso da una forte compassione perchè quella umile creatura gli ricordava Gesù circondato e braccato dai farisei e dai sadducei. San Francesco volle comprarla per portarla via dai caproni e dai montoni e venne loro in mente di dargli le due ruvide tonache. Il mercante non accettava lo scambio, ma in quel momento sopraggiunse proprio di lì un commerciante che fu disposto a pagare la giusta somma di denaro per comprare la pecorella e donarla al santo. San Francesco la portò con sè e con fra Paolo, ma non sapevano come trovare una buona sistemazione alla pecorella. La soluzione la diede fra Paolo, propronendo di affidarla alle clarisse di San Salvatore a Colpersito nelle zone di S. Severino Marche. Le suore accettarono il dono con grande gioia e promisero di accudire la pecorella con amore. Poi quando arrivò il momento della tosatura le suore fecero un mantello che poi recapitarono a S. Francesco mentre era in un suo ritiro con i compagni alla Porziuncola. Il Santo fu molto felice di questo dono e invitò tutti i compagni a gioire con Lui. Dopodichè fra Paolo e fra Francesco si rimisero in cammino per le Marche. Mentre camminavano incontrarono un uomo che portava sulle spalle due agnelli legati e belanti. San Francesco si rattristò per questa scena, poi accarezzandoli chiese cosa ne sarebbe stato di quei poveri fratelli agnellini. L'uomo rispose che andava a venderli al mercato e che i compratori sicuramente li avrebbero uccisi e mangiati. S. Francesco allora provò grande compassione per quelle due povere creature e volle comprarle dando in cambio il suo mantello di lana. Il mercante accettò perchè il mantello aveva un valore ben più alto dei due animali. Presi i due agnellini, fra Francesco e fra Paolo si accorsero che era piuttosto difficile tenerli a bada, e ancora una volta fu fra Paolo a suggerire la soluzione, dicendo di ridarle al mercante, sempre lasciandogli il mantello, affinchè non faccia loro del male ma li accudisca con amore, e sembra che questo mercante mantenne la promessa fatta a questo grande Santo.

San Francesco poi continuò il suo cammino predicando per le Marche, accarezzando con i suoi piedi nudi il terreno di tanti paesi e borghi delle nostre zone, fino ad arrivare nella provincia di Ascoli Piceno, donando l'amore di Dio ovunque e soprattutto nel cuore di coloro che l'ascoltavano. Oggi si raccontano tanti fioretti e miracoli più o meno attendibili accaduti durante la sua presenza in questi nostri luoghi. Di certo è che arrivò anche nella piazza di Ascoli dove con le sue sante parole e gesti d'amore dettati dal buon Padre riuscì a svegliare molte anime dei cittadini ascolani tra cui trenta giovani che abbracciarono l'Ordine Francescano. Questo gruppo di frati inizialmente fu sistemato fuori dalle mura della città, e poi fu riportato all'interno, nel luogo proprio dove oggi sorge la chiesa di S. Francesco con l'annesso convento e il chiostro.

Dopo aver toccato il cuore di tante persone nelle Marche e in altri luoghi, San Francesco tornò presso la sua amata Porziuncola per l'incontro annuale con gli altri frati. In questa riunione i frati decisero di andare in missione oltre i confini dell'Italia ovvero negli altri paesi d'Europa, Francia, Germania, Spagna, Ungheria, ma non solo in questo continente, ma anche in Siria, in Egitto, in Marocco e in Terrasanta. ...Tutti i frati si salutarono con vera gioia e amore fraterno e poi partirono...anche San Francesco come tutti gli altri si mise in cammino con i suoi piedi nudi e abbracciato dalla Divina Provvidenza. Mentre era in cammino non fu mai solo perchè incontrò vento, pioggia, grandine, freddo, nuvolo, sereno e caldo e fratello Francesco amava queste creature inanimate in egual misura di quelle animate, e ne lodava e benediceva Dio chiamandole fratello e sorella.

Fratello Francesco percorse alcuni luoghi della Francia fino ad arrivare in Spagna dove predicò intensamente evangelizzando con dedizione. Mentre era in Spagna si ammalò e fu costretto a tornare in Italia, ma in Marocco però cinque dei frati che partirono furono martirizzati. San Francesco desiderò subito seguire il loro esempio e allora, dopo essere passato per la Porziuncola dove fece una breve sosta, appena si sentì meglio, si incamminò per le Marche fino a raggiungere Ancona da cui partì e varcò il mare per recarsi in Egitto.

San Francesco arrivò in Egitto proprio mentre c'era la guerra tra i re cristiani e il sultano d'Egitto. Fratello Francesco attraversò l'accampamento dei cristiani piangendo perchè prevedeva la loro disfatta. Quando incontrò i saraceni chiese di essere portato dal Sultano e fu accontentato: voleva rivelargli Gesù Cristo. Il Sultano lo ricevette bene, perchè, anche essendo musulmano, era uno spirito molto religioso, così tra il Santo e il Sultano nacque una vera e rispettosa amicizia, pur restando entrambi nella propria fede. Per la loro amicizia il Sultano diede a Francesco un permesso speciale per visitare i luoghi sacri della vita di Gesù in Palestina che era sotto il suo dominio e si fece promettere che prima di morire sotto i suoi occhi sarebbero passati altri frati. Da allora e ancora oggi i frati continuano ad essere presenti anche fisicamente nella terra di Gesù.

Tornato poi dall'Oriente, Francesco cominciò ad essere malato e quindi non fece più viaggi molto lontani, ma si dedicò intensamente alla cura dei fratelli, che erano diventati numerosi, continuò con entusiasmo ad annunciare il Vangelo nelle città circostanti ad Assisi e si dedicò alla preghiera e alla penitenza in luoghi solitari come l'Eremo delle Carceri sul Subasio, l'Eremo sul monte della Verna e l'Eremo delle Celle di Cortona. Comunque dopo che aveva visto coi suoi occhi e toccato con i suoi piedi la terra di Gesù ogni fatto della vita di Cristo gli era divenuto sempre più vicino, soprattutto l'umiltà della nascita e la Passione, quindi Betlemme e il Calvario gli erano sempre impressi nel cuore e nella mente, tanto che non voleva pensare ad altro. Infatti nel 1223 volle rappresentare dal vivo a Greccio la condizione di povertà in cui nacque Gesù Bambino, in maniera che tutti potessero comprendere meglio. In una grotta portò un bue e un asinello e preparò una mangiatoia con del fieno. La gente salì a Greccio dai villaggi vicini con fiaccole accese e a mezzanotte la mangiatoia servì da altare per l'Eucaristia. Francesco cantò con voce dolce e limpida tanto che tutto il creato gioì e poi parlò al popolo con dolcissime parole sulla nascita del povero e umile Bambin Gesù. Quella notte fu indimenticabile per tutti: fu una vera letizia! Per merito di San Francesco il Bambin Gesù veniva risuscitato nei cuori di molti che l'avevano dimenticato.

Questo fu il primo presepe e grazie a lui che noi assaporiamo ancora oggi ad ogni Natale questa grande gioia di vivere con Gesù accanto a un Presepe.

Gli abitanti di Greccio erano molto contenti di avere fratello Francesco fra loro e lo accoglievano con gioia e venerazione. Un giorno andò in barca con dei pescatori su un lago vicino Greccio. Mentre era in barca, un pescatore gli offrì con gran riconoscenza una tinca appena pescata. San Francesco ne fu felice e la chiamò subito sorella, poi si rattristò nel vederla disperata fuori dall'acqua, allora la benedisse e la riconsegnò al mondo da cui era venuta, cioè dalle acque del lago. I pescatori non compresero subito il suo gesto, allora Francesco parlò loro dicendo che tutte le creature devono essere libere per poter lodare il Signore. Ma ecco che accadde qualcosa di straordinario: la tinca ritornò a fior d'acqua guizzando festosamente e saltando intorno alla barca per ringraziare fratello Francesco ed unirsi alle lodi con tutto il creato mostrando tutto l'amore per il Creatore.

Un'altra volta, fratello Francesco era in barca con i suoi amici pescatori e rimase estasiato nel vedere gli stormi di anitre selvatiche. Un pescatore, per far ancor più contento S. Francesco catturò un'anatra con un laccio e la regalò al Santo. Fratello Francesco, prendendola nelle sue mani, sentì il suo cuore battere forte dallo spavento, allora subito la benedisse e la sollevò per farla andare in cielo. L'uccello, nonostante fosse libero di andare, non si mosse, ma si distese nelle mani di fratello Francesco come se fosse il proprio nido. Francesco rimase sorpreso per questa infinità bontà di Dio che provvede a rasserenare ogni cuore spaventato. San Francesco allora si alzò sulla barca, distese verso l'alto le sue braccia e rassicurò sorella anitra che mai più nessuno avrebbe attentato alla sua libertà. L'anitra si quietò e, allargando le ali in segno di ringraziamento, salutò questo fratello tanto umile e buono.

Gli abitanti di Greccio conservarono per sempre questi insegnamenti e vissero in perfetta armonia con gli animali delle montagne, del lago e del cielo.

San Francesco, per celebrare la quaresima dell'arcangelo Michele, volle ritirarsi in preghiera nell'Eremo sul monte della Verna. Siccome non era in buon salute fu accompagnato da un frate. Mentre saliva sul monte, uccelli di ogni specie manifestavano la loro gioia nel vederlo con voli e cinguettii. Il santo rimase estasiato di questo meraviglioso spettacolo e lodò il Signore. Durante questo soggiorno, un falco che aveva il suo nido in quelle rocce si legò a San Francesco con fraterna amicizia. Durante la notte il falco, con il suo canto, svegliava fratello Francesco per l'ora delle preghiere. San Francesco gradiva questa sveglia perchè gli toglieva il sonno e ogni pigrizia. Quando però San Francesco veniva assalito con più forza dai suoi mali e dolori il falco non gli suonava la sveglia durante la notte, ma, come addestrato da Dio, faceva squillare la sua voce solo all'alba. San Francesco, assorto nella preghiera, chiedeva al Signore di avere la grazia di poter sentire il dolore della sua passione, così accadde qualcosa di grande: ebbe la visione di un Serafino che gli mostrava il corpo Crocifisso di Cristo. Dopo questa visione le sue mani, i suoi piedi e il suo costato presero i segni delle stimmate.  

Fratello Francesco venne portato dai suoi compagni nel monastero di S. Damiano dove venne preparata una capanna nell'orticello affinchè potesse riposare. Sorella Chiara, preoccupata per fratello Francesco, cucì delle scarpe di stoffa con dei buchi sopra affinchè le ferite delle stimmate potessero prendere aria. Durante una di quelle notti, mentre San Francesco era tormentato da grandi dolori, ricevette dal Signore l'assicurazione del premio eterno. Preso da grande gioia, compose il "Cantico di frate Sole", cioè il Cantico delle Creature. San Francesco chiamò questo cantico così perchè diceva che il Sole è la più bella di tutte le creature e somiglia a Dio. Infatti proprio grazie a Dio che ci ha donato fratello Sole noi abbiamo il mattino con il giorno che ci permette di ammirare, amare e usare tutte le Sue creature, e il suo calore ci fa vivere e tutto ci dona gioia, proprio come Lui.

San Francesco, dopo le stimmate, visse ancora due lunghi anni malato e anche cieco. Della sofferenza era contento perchè si sentiva sempre più vicino al Padre. Il Vescovo d'Assisi, sapendo che le condizioni andavano peggiorando, gli impose di andare ospite presso di lui per ricevere le cure necessarie. Mentre Francesco era malato presso il palazzo vescovile accadde che tra il vescovo e il podestà di Assisi si creò una profonda discordia. San Francesco si vergognava di questa situazione e si sentiva in colpa perchè pensava che non era riuscito a dare il giusto esempio. Fratello Francesco allora chiamò frate Leone per far aggiungere al Cantico di frate Sole altre strofe. Poi Francesco fece chiamare il podestà e il Vescovo accanto al proprio letto e recitò le strofe di tutto il Cantico delle Creature. Quando recitò le strofe del perdono, il Vescovo ed il podestà si abbracciarono come fratelli, commossi.

In questo meraviglioso cammino che sta giungendo al termine, arrivati a questo punto si ha voglia di smettere di raccontare, non per pigrizia o per mancanza di volontà, ma perchè si ha voglia di rimanere in compagnia con l'umiltà e la santità di fratello Francesco che ci fa camminare a stretto contatto con Gesù e di tutte le sue creature; però poi, pensando bene, non è giusto non finire la storia della sua vita poichè è proprio suo grande desiderio incontrare il Padre e non solo, ma è anche la volontà di Dio che va sempre rispettata ed è sempre giusta.

...Verso la fine del mese di Settembre, frate Elia che assiste amorevolmente fratello Francesco gli comunica che secondo i medici gli resta poco da vivere, allora fratello Francesco vuole tornare alla chiesetta della Porziuncola, il luogo dove aveva conosciuto la vera gioia ed aveva avuto inizio la sua opera di amore e fede per il Padre, per il prossimo e per tutto il creato. Il desiderio di San Francesco viene esaudito e lì alla Porziuncola fa chiamare fratello Angelo e fratello Leone. Quando questi sono accanto a lui San Francesco chiede a fra Leone di scrivere l'ultima strofa del Cantico di frate Sole, in cui loda il Signore per averci donato "nostra sorella morte corporale", poi, con le lacrime agli occhi, i due frati, insieme all'amatissimo Francesco cantano insieme il Cantico completato.

Questo cantico è miracoloso perchè, oltre ad essere sempre attuale, unisce tutte le creature del passato, del presente e del futuro.

La sera del 3 Ottobre 1226, volendo morire nudo come Gesù, si fa spogliare e stendere sulla terra, vicino alla chiesetta della Porziuncola. Dopodichè chiama attorno a sè tutti i frati che al momento sono in quel luogo, frate Elia, frate Bernardo, frate Egidio, frate Masseo, frate Leone e tanti altri. Fratello Francesco dà a tutti la sua benedizione e raccomanda di amare sempre le creature di Dio e con la fiducia di raggiungere al più presto l'amabile Padre si fa leggere un brano del Vangelo e poi recita il verso di un salmo. Mentre i frati stanno raccolti attorno a lui in intensa e commossa preghiera il buon Padre che è nei cieli abbraccia questo suo amato figlio e San Francesco si lascia avvolgere nel suo tanto atteso infinito amore. Mentre poi fratello Francesco torna al Padre, la natura e un piccolo "fratellino di oggi" partecipano al doloroso momento. Improvvisamente si odono nel cielo crepuscolare battiti di ali e cinguettii gioiosi: sono sorelle allodole che hanno superato le ombre del tramonto per dare l'ultimo saluto a fratello Francesco. Il loro canto riempie il cielo, quasi che non sia una notte di Autunno, ma il più chiaro mattino di Primavera nello splendore dell'azzurro e del Sole. Non sembra la tristezza della morte, ma il riveglio di una nuova vita.

La commozione è così grande che tutti gli abitanti di Assisi, del mondo, di ieri e di oggi, sono uniti per glorificare Dio e proprio grazie a San Francesco ardiamo di amore per Lui.

Il giorno dopo la morte venne portato dalla Porziuncola ad Assisi passando per San Damiano in modo che sorella Chiara e le altre suore potessero vederlo per l'ultima volta in terra e salutarlo, poi fu sepolto nella chiesa di S. Giorgio. Molti soffrirono per questa scomparsa, soprattutto gli animali. Ricordate il corvo che fu accolto alla Porziuncola e che stava sempre con lui e con gli altri frati? Quando Francesco morì non mangiò più e i frati lo viddero struggersi straziato dal dolore recandosi ogni giorno sulla tomba del suo caro fratello. Il povero corvo, sfinito per questa mancanza, morì sulla tomba di San Francesco e fu ritrovato proprio lì successsivamente.

Dopo la morte di San Francesco un frate rivelò agli altri fratelli un segreto che aveva custodito per tutti quegli anni come promesso a San Francesco. Quello che rivelò fu questo: una volta S. Francesco andò a trovare alcuni frati, fra i quali vi era un bambino puro e innocente, da poco accolto nell'Ordine. Come era solito fare, la sera, dopo la preghiera, fratello Francesco andò a dormire per potersi alzare di notte a pregare, mentre gli altri frati dormivano. Il bambino pensò di spiare San Francesco, per sapere quello che faceva la notte quando si alzava. Il bambino allora si mise a dormire vicino a San Francesco legando la corda del suo saio alla propria. La notte, quando tutti dormivano, il Santo trovò la sua corda legata a quella del fanciullo, così facendo piano la sciolse perchè il bambino non si svegliasse e poi andò nella selva a pregare. Poco dopo il bambino si svegliò e, trovando la corda slegata, andò a cercare San Francesco. Si diresse verso la selva e, a un tratto, vide una grande luce all'interno della quale c'era Francesco che parlava con Gesù, la Madonna, San Giovanni Battista, San Giovanni Evangelista e una moltitudine di angeli. A questa visione il bambino rimase impressionato e cadde a terra stordito. Finita l'apparizione e la preghiera, San Francesco trovò il bambino a terra e, con compassione e tenerezza, lo sollevò, lo prese tra le braccia e lo riportò al convento. San Francesco gli chiese poi di non dire mai nessuno ciò che aveva visto finchè fosse vivo. Il bambino divenne un bravo frate e appunto solo dopo la morte di fratello Francesco rivelò ai confratelli questo fatto.

Sorella Chiara, che aveva una salute cagionevole, raggiunse fratello Francesco davanti al Padre che è nei cieli ventisette anni dopo la morte del Santo...

Seguendo il profumo della santità torniamo sulle orme di San Francesco e di Santa Chiara verso la chiesa di Santa Maria degli Angeli. All'interno di questa chiesa e dietro la chiesetta della Porziuncola, c'è la Cappella del Transito, ovvero il luogo dove San Francesco morì. Dalla chiesa si prosegue in un corridoio dove si incontra una statua di San Francesco con un cestino tra le mani in cui c'è il nido di alcune tortorelle discendenti da delle tortore selvatiche...per capire meglio torniamo indietro nel tempo: un giorno un giovane mercante prese alcune tortore per venderle al mercato. Per strada incontrò San Francesco che, guardando le tortore, ebbe una grande pietà per queste, così non volendo che venissero uccise chiese al giovane di lasciargli i poveri uccelli, poichè esse nella Bibbia sono paragonate alle anime pure, umili e fedeli. Il buon giovane, ispirato da Dio, diede le tortore a San Francesco. Il Santo parlò loro e le addomesticò, poi fece dei nidi e le tortore iniziarono a deporre le uova e far nascere altre tortore intorno alla Porziuncola. Le tortore si trovarono bene insieme ai frati e a fratello Francesco che le accudivano come se fossero state galline e loro generosamente donavano le proprie uova. Mai le tortore se ne andarono da quel luogo, tanto che ancora oggi si possono ancora ammirare facendoci sentire fratello Francesco vicino. In quanto al giovane che gliele diede, San Francesco gli disse: "Un giorno anche tu sarai frate di questo Ordine e servirai Dio". Così avvenne e il giovane visse tra i frati santamente.

Proseguendo il nostro cammino nel corridoio, si passa per il roseto di San Francesco, dove avvenne un miracolo: un giorno San Francesco era stato preso da una forte tentazione e per vincerla si gettò tra le spine delle rose, soltanto che queste, per non far male a fratello Francesco, ritirarono le loro spine. Tutta la natura lo amava e nessuno voleva fargli del male e lui... amava loro. Fratello Francesco, infatti, per la sua sensibilità ed il suo tenero amore per tutto il creato, non avrebbe mai strappato un fiore, creato per rallegrare la Terra con il suo colore e per glorificare Dio con il suo profumo; non avrebbe mai sopportato di tenere prigioniero in gabbia un uccellino destinato a far gioire gli uomini e a cantare per Dio liberamente fra il verde degli alberi e nemmeno avrebbe mai tagliato il ramo di un albero perchè su di esso nascono e vivono gli uccelli che rallegrano il mondo. Che bello sentirsi uniti a fratello Francesco da questo stesso sentimento!  

In questo corridoio ci si può soffermare davanti a un quadretto per leggere una tenera storia... Una volta, mentre San Francesco era alla Porziuncola, gli fu regalata una tenera pecorella e lui, contento, la prese con sè. Fratello Francesco insegnò alla pecorella a rispettare i frati e a lodare Dio. La pecorella si sentì legata da una profonda amicizia con San Francesco e obbedì sempre ai suoi insegnamenti; infatti questa pecorella, quando sentiva il coro dei frati, correva e, senza che nessuno l'avesse addestrata, si inginocchiava e belava davanti all'altare della Madonna, come se volesse anche lei cantare in suo onore. Quando si elevava il Santissimo Sacramento, la pecorella si inginocchiava quasi volesse rimproverare gli indevoti e spronare i fedeli a onorare il Sacramento.

Dopo essere stati lì ritorniamo verso Assisi ed entriamo attraverso Porta Nuova, nella via che ci porta alla Basilica di S. Chiara. Appena entrati, ci si dirige verso la Cappella del Sacramento in cui c'è una parte dei resti dell'antica Chiesa di S. Giorgio, dove San Francesco studiò da piccolo, fu sepolto temporaneamente e fu santificato. Poi si fa una lunga sosta nella Cappella del Crocifisso dove appunto c'è il Crocifisso bizantino che parlò a San Francesco. Poi, dopo aver parlato con Gesù, ci si reca nella cripta dove c'è la tomba di Santa Chiara. Davanti alla tomba si rimane in silenzio e a respirare la sua santità che ancora oggi ci dona. In questa parte della Basilica ci sono delle reliuqie: la tonaca e il cappuccio di San Francesco, il cilicio, cioè una corda ruvida indossata come strumento di penitenza e una scarpetta di stoffa cucita da S. Chiara per San Francesco, la prima veste bianca che indossò Santa Chiara, i capelli biondi e lunghi di Santa Chiara tagliati da San Francesco conservati in un cofanetto di vetro e una tavola di legno su cui Santa Chiara pitturò la Madonna. Peccato che ci siano le vetrate, perchè viene una gran voglia di toccarle e sentirne il profumo della santità!

Uscendo dalla Basilica di Santa Chiara, sempre con una gran commozione nel cuore e nell'anima, si prosegue per la via che attraversa Assisi fino ad arrivare alla Basilica di San Francesco, una grande e sontuosa chiesa.

E' sicuramente la più bella casa della preghiera, ma forse non rispecchia l'umiltà di San Francesco che ha voluto essere povero, ma pieno di Dio, come Gesù. Qualche fratellino di oggi, in giro su questa madre terra, avrebbe voluto vedere fratello Francesco vicino alla sua Porziuncola sulla nuda terra dove egli aveva chiesto di essere posto prima di morire; magari abbracciato da un grande albero, ancora in compagnia di tanti e profumati fratellini fiorellini e di tanti fratelli uccellini che con il loro canto rallegrano il creato e continuano a glorificare il buon Padre con l'armoniosa partecipazione dei fili d'erba, dei vermicelli, delle formichine, delle api, delle farfalline, anche di qualche pecorella e ovviamente anche un raggio di fratello Sole che scalda la tomba di fratello Francesco. Ma è anche da capire tutto il bene e tutto l'amore per fratello Francesco che provava frate Elia, a quel tempo vicario generale che volle questa Basilica appunto da lui ideata per onorare la santità del suo compagno. Molte volte il nostro grande affetto per qualcuno porta ad esagerare, ma è semplicemente amore. Quindi lasciamo tutto nelle mani del buon Dio che sa sempre cosa è giusto.

Per rendere più bella e importante la Basilica furono chiamati i migliori artisti e architetti, come Giotto, Cimabue e tanti altri. Questa chiesa è costruita su tre livelli e si entra nella parte superiore. Appena entrati si può osservare che la Chiesa è luminosa, si innalza verso il cielo e, lungo la navata, si può notare che nella parte bassa ci sono affrescate scene della storia di San Francesco. Fa molto piacere ripercorrere in breve questi santi momenti della sua vita. Qui si possono vedere: San Francesco onorato da un uomo semplice, cioè quando un uomo semplice di Assisi stende il mantello per terra davanti a San Francesco per rendere onore al suo passaggio; il dono del mantello, cioè quando San Francesco incontrò un cavaliere nobile ma povero e, spinto dalla compassione per la sua povertà, gli donò il suo mantello; San Francesco e il crocifisso di San Damiano, dalla quale il Santo udì la voce di Gesù che lo incitava a riparare la Chiesa; la rinuncia ai beni terreni che restituì al padre; l'approvazione della Regola da parte del Papa Innocenzo III; la visione del carro di fuoco, un fatto che accadde quando San Francesco e i primi frati dimoravano a Rivotorto: un giorno San Francesco si recò ad Assisi. Mentre lui era assente, verso la mezzanotte, un carro di fuoco di grande splendore vagò per il Tugurio e volteggiò per tre volte nell'abitazione. Sopra al carro c'era un cerchio luminoso a forma di sole che illuminò la notte. Tutti i frati si svegliarono e rimasero stupefatti, soprattutto nel vedere che sul carro di fuoco c'era fratello Francesco, che era assente nel corpo ma presente nello Spirito. Tutti i frati capirono che il Signore mostrava loro la santità di questo fratello. Poi, quando il Santo ritornò dai frati rivelò molte cose sulla coscienza dei compagni. Poi tra i dipinti possiamo vedere e gustare la predica agli uccelli; San Francesco che incontra il sultano; San Francesco in estasi con le braccia protese in alto e avvolto da una nuvoletta; la predica agli uccelli; il presepe di Greccio; il miracolo della sorgente, cioè quando San Francesco, un giorno d'Estate, volle salire sopra un'alta montagna per dedicarsi nella solitudine alla preghiera. Poichè era debole e malato, chiese a un contadino di trasportarlo in cima al monte in groppa al suo asinello. La montagna era arida e rocciosa e non c'era nè un ruscello nè una sorgente. Ad un certo punto il contadino, affaticato dal lungo e difficoltoso percorso, stremato per il caldo, si sentì morire di sete. San Francesco scese allora dall'asinello e si mise in ginocchio tra i sassi aguzzi a pregare il Signore, poi disse al contadino di andare dietro a un sasso, poichè c'era una sorgente di acqua purissima. Il contadino replicò perchè era impossibile, in quanto su quel monte non era mai esistita una sorgente. San Francesco rispose che sorella acqua era obbediente al comando del Signore e che quindi Dio aveva fatto scaturire l'acqua dal sasso. Il contadino corse dietro alla roccia e trovò davvero, con suo grandissimo stupore, una fonte d'acqua fresca e limpidissima. L'uomo bevve a lungo a quella fonte e bevve anche l'asinello, pure lui assetato come il padrone. Da quel sasso non fu mai più vista acqua. Poi ancora possiamo ammirare i dipinti di quando San Francesco ricevette le stimmate; la morte di san Francesco; il dolore delle Clarisse; la canonizzazione di San Francesco.

Scendiamo ora verso la Basilica Inferiore passando per un bellissimo e grandissimo chiostro. Appena si entra in questa parte della Basilica si nota subito che è differente da quella superiore, perchè è bassa e poco luminosa, ma elegantemente pitturata e densa di colori. In questi affreschi vengono rievocate scene del Vangelo, dalla nascita alla Passione di Gesù, nonchè la crocifissione e la deposizione dalla croce. Queste scene sono molto legate a San Francesco perchè, durante la sua vita, ha voluto vivere e somigliare a Gesù, legandosi a Lui anche nel dolore, infatti, prima di entrare nella porta che ci conduce alla tomba c'è la scena dipinta delle stimmate di San Francesco. Appena si accede alla cripta ci si accorge che questo luogo è poco luminoso ed ha un aspetto austero. A distanza si intravede la tomba di San Francesco, un sarcofago di sasso fissato su un pilastro,...e subito si avverte un tonfo nel cuore, le gambe diventano pesanti tanto che sembrano inchiodate a terra, il respiro rimane bloccato in gola e la vista è offuscata da qualche lacrimuccia ondeggiante; l'emozione è veramente grande!

Poi, pian pianino, come se sorretti da fratello Francesco, ci si avvicina alla sua tomba e si gira intorno alla cripta accorgendoci che ci sono anche le tombe dei suoi cari compagni, fra Leone, fra Masseo, fra Angelo e fra Rufino. Mentre si è lì, all'improvviso, il respiro fuoriesce, il cuore si calma e le gambe si alleggeriscono. Un calore ci avvolge: ci si sente come l'anitra selvatica di Greccio e ci si abbandona nelle sue braccia come se fossero quelle di Dio. Allora si rimane un po' lì con lui e con le nostre preghiere che salgono verso il cielo. Con grande sorpresa ci accorgiamo che San Francesco, anche se non è più su questa terra, riesce ancora a trascinare la nostra anima a Dio, riempiendoci il cuore di gioia. La commozione è così grande che la lacrimuccia ondeggiante negli occhi dall'inizio di questo viaggio nel paese di fratello Francesco, finalmente viene liberata,... e via giù per il viso fino a cadere a terra, ai piedi della sua tomba, e come una preghiera la si lascia a far compagnia a fratello Francesco. Questa lacrimuccia è un dono e un ringraziamento di un piccolo fratellino perchè ora ha lo Spirito e il cuore infuocato di Dio e sente la grande ricchezza e la gioia di vivere libero in Lui. San Francesco è un grande esempio di santità perchè ha sempre riconosciuto che ogni virtù e ogni bene provengono da Dio e non dall'uomo, e che quindi nessuna persona si deve vantare delle proprie qualità, ma utilizzarle per diventare uno strumento di salvezza e ringraziarne Dio. Questo è stato San Francesco, ma ognuno di noi è chiamato da Dio per camminare e vivere nella santità. Anche se il nostro cuore rimane in viaggio con fratello Francesco, si chiude la vicenda terrena di questo Santo misericordioso, sempre pronto alla compassione e al perdono. Un uomo con una vita simile a quella di Gesù e che più di ogni altro amò tutte le creature, piccole e grandi, viventi o inanimate, di questa madre terra, ma che soprattutto amò teneramente Dio.

Ora e per sempre cantiamo insieme a fratello Francesco:

LAUDATO SII O MI SIGNORE!!! 

                                                                                      *Giorgio

        * nota della redazione: Giorgio è un bambino di nove anni.

Assisi con Chiara e Francesco: http://www.casasantamaria.it/csm/Assisi.htm

[ASSISI: sulle orme di S. Francesco*  -  Inserita il 02/09/2011]

 

 

 

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